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Senza categoria Settembre 2, 2012

Non se ne vogliono andare (causa “alto livello”)

Leggo esterrefatta che secondo Fabrizio Cicchitto è necessario che una parte degli attuali onorevoli venga garantita da liste bloccate:  “almeno un terzo” dice altrimenti diversi parlamentari di alto livello non entrerebbero in Parlamento”. Il fatto è che se “diversi parlamentari di alto livello” non dovessero entrare in Parlamento, capiterebbe semplicemente perché il popolo sovrano li giudica incapaci, o indegni, e non ce li vuole più mandare. Il meccanismo è molto semplice e porta il nome di “democrazia”.

La serenità con cui Cicchitto porge il suo ragionamento dà la misura perfetta dell’arroganza di questa gente, della sua intollerabile lontananza dal Paese reale -genere “mangeranno brioche”- e offre argomenti sempre più convincenti a favore di chi, come Grillo e il Movimento 5 Stelle, propone di fare semplicemente piazza pulita.

Che cosa significa “di alto livello”? Provo a interpretare: di lungo-lunghissimo corso, ovvero con 4, 5, addirittura 8 legislature alle spalle? garanti di lobby e poteri forti? capaci di fare il loro mestiere? incapaci di farne un altro? indisponibili a rinunciare ai privilegi? convinti della propria indispensabilità?

La buona notizia è che se perfino un parlamentare “di alto livello” come Fabrizio Cicchitto, anzi di altissimo livello (se non ho fatto male i conti è alla sua sesta legislatura, ha cominciato dalla Cgil, è passato per il Psi, poi l’Alleanza per i progressisti contro Berlusconi, infine Forza Italia e il Pdl, tessera loggia P2 n. 2232) non teme di esporsi, esplicitando con candida chiarezza le reali ed esclusive preoccupazioni che attanagliano la nostra classe politica, be’, vuole dire che stanno proprio morendo di paura, e che si stanno già scannando su chi entrerebbe nei listini e chi no.

L’altra notizia non è proprio una notizia, l’ho già data più di una volta, ma vale la pena di rinfrescarla, per Cicchitto e per tutti:

possiamo tranquillamente fare a meno della stragrande parte di voi. Siete solo uomini e donne (pochissime) qualunque, di livello variabile, anche bassissimo, che hanno fatto male il loro mestiere. Il rischio che correte (non entrare in Parlamento) coincide con la volontà e con la speranza della gran parte dei cittadini di questo Paese.

 

 

Donne e Uomini, economics, esperienze, lavoro, Politica, Senza categoria Giugno 26, 2012

Primum Vivere. Femministe a Paestum

 

frida kahlo le due frida

Una boccata d’aria, per tante di noi. Tornare nel luogo dell’origine. Coming back home.

Il manifesto di convocazione dell’incontro di Paestum

“Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre)

parla la mia lingua, e quella di molte di noi.

La lingua che abbiamo parlato per molti anni quando, secondo alcun*, eravamo chiuse nel silenzio. Ma quel silenzio diceva solo l’ostinata sordità di chi non sapeva o non voleva sentire.

 Il testo integrale del manifesto lo allego qui sotto, comprese istruzioni per partecipare.

 

Con Giordana Masotto, Libreria delle Donne di Milano, una delle organizzatrici dell’incontro, ragiono sul significato di questo appuntamento.

 

“Esiste una rete di relazioni tra donne di molte città italiane” dice Masotto “rimasta viva in tutti questi anni, la rete del femminismo che dagli anni Settanta a oggi ha continuato a generare pensieri, gruppi, realtà, pratiche. Questa rete si è attivata nel comune desiderio, come si dice nel titolo dell’incontro, di portare la sfida del femminismo al cuore della politica, di mettere pensieri e pratiche di donne alla prova di questa crisi politica ed economica, e misurarne l’efficacia”.

Qual è il rapporto con il cosiddetto neofemminismo, quello del 13 febbraio e di Se Non Ora Quando, e con i suoi obiettivi?

“Ci interessa molto confrontarci con quelle che sono dentro la politica seconda e le istituzioni, e anche con quelle che desiderano entrarci. Vogliamo ragionare a fondo sulle pratiche. Discutere di che cosa può essere cambiato di quella politica e che cosa invece no. Intendiamo andare a verificare, e anche offrire una sponda a chi è già dentro. Leggiamo questo protagonismo come una molla, come qualcosa di interessante. Anzitutto come un desiderio che non può essere tabuizzato, né inteso come “non etico””.

ºººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººººº

Ed ecco il manifesto di convocazione dell’incontro, con tutti i temi proposti alla discussione.

 

C’è una strada per guardare alla crisi della politica, dell’economia, del lavoro, della democrazia –tutte fondate sull’ordine maschile – con la forza e la consapevolezza del femminismo? Noi ne siamo convinte.

Davanti alla sfida della libertà femminile, la politica ufficiale e quella dei movimenti rispondono cercando di fare posto alle donne, un po’ di posto alle loro condizioni che sono sempre meno libere e meno significative. No. Tante cose sono cambiate ma le istanze radicali del femminismo sono vive e vegete. E sono da rimettere in gioco, soprattutto oggi, di fronte agli effetti di una crisi che sembra non avere una via d’uscita e a una politica sempre più subalterna all’economia.

All’incontro di Paestum aperto al confronto con gruppi, associazioni, anche istituzionali, e singole donne, vorremmo verificare, discutendo e vivendo insieme per tre giorni, se la politica femminile che fa leva sull’esperienza, la parola e le idee, può in un momento di crisi, smarrimento e confusione, restituire alla politica corrente un orientamento sensato.

 

1. Voglia di esserci e contare

La femminilizzazione dello spazio pubblico – comunque la si interpreti: opportunità, conquista delle donne o rischio di diventare solo “valore aggiunto”, “risorsa salvifica” di un sistema in crisi – ha reso per alcune (molte?) non più rinviabile il desiderio di “contare”, visto come presenza nei luoghi dove si decide, equa rappresentanza nelle istituzioni politiche, amministrative, partiti, sindacati, e nelle imprese.

Noi consideriamo il protagonismo in prima persona di ciascuna donna una molla dinamica importante. Quello che ci interessa è discutere con chi si impegna nei partiti, nelle istituzioni e nel governo delle aziende: che esperienza ne hanno, che cosa vogliono, che cosa riescono a fare e a cambiare. E valutiamo che oggi questo confronto possa avere esiti interessanti per tutte.

Il femminismo d’altra parte, criticato per non avere investito della sua spinta trasformativa le istituzioni della vita pubblica, può avvalersi oggi di una lunga elaborazione di autonomia per ripensare il senso di concetti come “genere”, “democrazia partecipata”, “soggetto politico”, “organizzazione”. Viene dalla pratica dell’autocoscienza, del “partire da sé”, la critica più radicale all’idea di un soggetto politico omogeneo (classe, genere, ecc.), di rappresentanza e di delega. Pensiamo che un collettivo si costruisca solo attraverso la relazione tra singole/i. E oggi vogliamo interrogare la connessione tra questa pratica politica e la modificazione visibile del lavoro, dell’economia, e più in generale del patto sociale.

In questo contesto, anche la scelta di Paestum come luogo dell’incontro non è casuale, ma vuole essere un richiamo alla necessità di articolare soggettività e racconti nei contesti in cui si vive e agisce. Vogliamo così far crescere una rete di rapporti tra donne e gruppi di donne già ricca e intensa. In particolare, sappiamo che alcune caratteristiche del Sud – sia i beni sia i mali – hanno un’invadenza sulla vita e sul pensiero di chi lì abita che non può essere ignorata, né da chi vive in altri luoghi, né soprattutto dalle meridionali stesse.

 

2. Economia lavoro cura

Molto è il pensiero delle donne sui temi del lavoro e dell’economia a partire dalla loro esperienza. Che ha questo di peculiare: hanno portato allo scoperto e messo in discussione la divisione sessuale del lavoro (quello per il mercato – pagato – e quello informale ed essenziale di cura e relazione – gratuito); in più, sanno che la cura non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti.

A partire da questo punto di vista, e sollecitate anche da una crisi che svela sempre di più l’insensatezza oltre che l’ingiustizia dei discorsi e delle politiche correnti, possiamo delineare una prospettiva inedita: quella di liberare tutto il lavoro di tutte e tutti, ridefinendone priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito e rimettendo al centro le persone, nella loro vitale, necessaria variabile interdipendenza lungo tutto l’arco dell’esistenza, e avendo a cuore, con il pianeta, le persone che verranno.

Vorremmo articolare questo discorso valutando insieme le recenti esperienze di pratiche politiche e analizzando le contraddizioni che incontriamo (in primo luogo le conseguenze del rapido degrado del mercato del lavoro) in modo da rendere più efficace il nostro agire.

 

3. Auto–rappresentazione/rappresentanza

Nella strettoia della crisi i cittadini non hanno più libertà politica; la politica è ridotta a niente; decidono tutto l’economia e la finanza. In una situazione dove tutto sembra prescritto a livello economico finanziario, la pratica e il pensiero delle donne hanno una carta in più per trovare nuove strade.

La nostra democrazia è minacciata da pulsioni, spinte estremistiche; le sue istituzioni elettive depotenziate o addirittura esautorate. La rappresentanza è messa in crisi e oggi ne vediamo i limiti.

Perché una persona possa orientarsi, deve avere un’immagine di sé, di quello che desidera e di quello che le capita. Il femminismo che conosciamo ha sempre lavorato perché ciascuna, nello scambio con le altre, si potesse fare un’idea di sé: una autorappresentazione che è la condizione minima per la libertà. Invece la democrazia corrente ha finora sovrapposto la rappresentanza a gruppi sociali visti come un tutto omogeneo.

La strada che abbiamo aperta nella ricerca di libertà femminile, con le sue pratiche, può diventare generale: nelle scuole, nelle periferie, nel lavoro, nei luoghi dove si decide, ecc.

Che la gente si ritrovi e parli di sé nello scambio con altre/i fino a trovare la propria singolarità, è la condizione necessaria per ripensare oggi la democrazia.

Vorremmo declinare questi pensieri nei nostri contesti, confrontandoci sia sulle pratiche soggetto/collettivo, sia sui modi per dare valore al desiderio di protagonismo delle donne. E quindi ci chiediamo: come evitare che in alcune la consapevolezza basti a sé stessa e si arrenda di fronte all’esigenza di imporre segni di cambiamento e alla fatica del conflitto? E in altre la spinta a contare le allontani dalle pratiche di relazione?

 

4. Corpo sessualità violenza potere

“è già politica” (sottinteso: l’esperienza personale): il femminismo ha incominciato lì il suo percorso. Ha scoperto la politicità del corpo e della sessualità, della maternità, del potere patriarcale in casa, del lavoro domestico. Ha affermato che la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, è un fatto politico. Radicale è stato prendere il controllo sul proprio corpo e insieme ribellarsi a un femminile identificato con il corpo: ruolo materno, obbligo procreativo e sessualità al servizio dell’uomo.

Oggi la sfida è più complessa: si esibisce lo scambio sesso/denaro/carriera/potere/successo occultando il nesso sessualità/politica; si esalta il sesso mentre muore il desiderio; si idolatra il corpo ma lo si sottrae alle persone consegnandolo nelle mani degli specialisti e dei business; si erotizza tutto, dal lavoro ai consumi, ma si cancella la necessità e il piacere dei corpi in relazione.

Sintomi estremi di questa fase sono il rancore maschile verso l’autonomia e la forza femminile e il riacutizzarsi della violenza, dell’uso della brutalità.

Ma qualcosa si muove. Non solo i gruppi (Maschile/Plurale) e i singoli uomini che ormai da anni si impegnano nella ricerca di una nuova identità maschile, spesso in relazione con le femministe. Ma anche le moltissime blogger femministe (e blogger “disertori del patriarcato”) che ragionano su desiderio e sessualità e si impegnano contro la cultura sessista e autoritaria.

Soprattutto le relazioni tra donne e uomini sono cambiate. Ma non abbastanza. Sulla scena pubblica questo cambiamento non appare perché il rapporto uomo-donna non viene assunto come questione politica di primo piano. Eppure, solo in questo modo, possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per una nuova organizzazione del vivere.

 

Di tutto questo vogliamo parlare a Paestum.

 

 

Le promotrici:

Pinuccia Barbieri, Maria Bellelli, Maria Luisa Boccia, Ornella Bolzani, Paola Bottoni, Maria Grazia Campari, Luisa Cavaliere, Patrizia Celotto, Lia Cigarini, Laura Cima, Silvia Curcio, Mariarosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Donatella Franchi, Sabina Izzo, Raffaella Lamberti, Giordana Masotto, Lea Melandri, Jacinthe Michaud, Clelia Mori, Letizia Paolozzi, Gabriella Paolucci, Antonella Picchio, Biancamaria Pomeranzi, Carla Quaglino, Floriana Raggi, Bia Sarasini, Rosalba Sorrentino, Mariolina Tentoni

 

 Programma dell’incontro

 

L’incontro di Paestum non sarà un Convegno. Quindi niente relazioni introduttive, generali o sui singoli punti. Non ci sarà una struttura preordinata di interventi. Tutte sono libere di parlare. Abbiamo solo previsto un’alternanza di momenti in cui siamo tutte insieme a momenti di confronto più ristretti per approfondire i temi proposti (cui potranno eventualmente aggiungersi altri).

 

Venerdì 5 ottobre

Pomeriggio/sera: arrivo, sistemazione, cena

 

Sabato 6 ottobre             

Mattino: tutte insieme

Pomeriggio: divise in gruppi sui temi

Voglia di esserci e contare

•Auto–rappresentazione/rappresentanza

Economia lavoro cura

Corpo sessualità violenza potere

Sera: cena e spettacolo

 

Domenica 7 ottobre       Mattino: tutte insieme

 

 

Informazioni pratiche

Ospitalità e ristorazione

Paestum offre una scelta estremamente varia di strutture ricettive: da agriturismi e b&b a hotel a 5 stelle.

L’Associazione Artemide ha promosso, in occasione del nostro incontro, delle convenzioni con alcune strutture, alberghiere e non, per assicurare prezzi convenienti. In particolare, presso le strutture convenzionate si potrà avere pernottamento e prima colazione a 20 euro (in camera multipla), a 30 euro (in camera doppia) e a 50 euro (in camera singola).

Per queste prenotazioni è possibile rivolgersi a Maria Bellelli: mariabellelli@tiscali.it cell. 3288324032.

Per quanto riguarda i pasti, ulteriori convenzioni sono state attivate e sono ancora in corso di attivazione con ristoranti che assicureranno un menu fisso a 15 euro a persona. A ridosso della data dell’evento forniremo l’elenco dettagliato degli esercizi presso i quali si potrà godere di questo trattamento.

 

Trasporti

Paestum è raggiungibile in auto, treno, aereo.

Auto: autostrada Salerno Reggio-Calabria, uscita Battipaglia, strada statale 18 fino alla zona archeologica di Paestum.

Treno: stazioni di Paestum, Agropoli o Salerno; info www.trenitalia.com.

Aereo: aeroporto Costa d’Amalfi a Salerno per voli da Milano Malpensa, Verona, Olbia e Catania.

Per ogni ulteriore informazione relativa a trasporti e spostamenti è possibile rivolgersi a Ecady Travel, Via Magna Grecia, 85 – Capaccio. Tel. 0828 19622540, fax 0828 725485, e-mail info@ecadytravel.com.

 

Senza categoria Giugno 5, 2012

Se Non Ora Quando, i partiti, la società civile

Mi telefona stamattina di buon’ora l’amica Cinzia Romano da Roma per segnalarmi un articolo di Gian Enrico Rusconi su “La Stampa” di oggi, titolo: “L’assalto alla società civile”.

In sintesi, se non avete tempo per leggerlo tutto, Rusconi dice che oggi c’è una gara a presentarsi come “società civile” intesa come antagonista della “brutta politica”. Ricorda che “anche quella che credeva nel berlusconismo era “società civile”. E poi scrive -ed è il passaggio che sottopongo alla vostra attenzione-:

“Discorso diverso meriterebbe l’ultimo grande movimento, quello delle donne «Se non ora, quando?» la cui successiva dispersione e mancanza di incidenza politica è (stata) una dura lezione molto istruttiva. Se c’era un movimento che poteva avanzare più degli altri il diritto di esprimere valori di «civiltà sociale» trasversali e alternativi all’anima profonda del berlusconismo, era quello delle donne. Proprio per questo è stata clamorosa la sua incapacità di fecondare una nuova politica, una volta che il Cavaliere se n’è andato”.

Ho sempre inteso il 13 febbraio come un vero e straordinario moto di popolo, di tipo risorgimentale, guidato dalle donne. In una prospettiva storica, il momento di inizio del grande rivolgimento in corso. E io credo che il potenziale protagonismo di Snoq non sia affatto esaurito, e che, come spesso capita nei movimenti di donne, vi sia anche in questo caso un andamento carsico, con lunghi momenti di lavoro sottotraccia. Del resto, Snoq non nasce dal nulla, ma raccoglie l’eredità di un pensiero delle donne la cui elaborazione non si è mai interrotta negli anni, anche se la sua rappresentazione mediatica è stata scarsa e nulla.

Quanto ai media, stesso destino è toccato a Snoq: super-notiziato quando si trattava di condurre a termine l’esperienza storica berlusconiana, poi dimenticato, poi di nuovo recentemente tornato visibile sul tema della violenza, sulla cui ambiguità -il fatto di tornare “funzionalmente” a ritrarre le donne come vittime, rischiando di indebolirne il protagonismo politico- ho già ampiamente scritto.

Ma il problema che Rusconi indica esiste, e a mio parere può essere letto in questo modo: almeno il 50 per cento dei comitati Snoq è composto oggi di donne che fanno riferimento ai partiti e alle organizzazioni maschili. E’ l’antica questione della “doppia fedeltà” -quella al proprio genere e quella al partito maschile- che poi quasi sempre si traduce in una fedeltà prioritaria al padre.

Il paradosso, quindi, è che mentre la società civile, quella vera, si distacca ogni giorno di più dai partiti -nel Pd ha ragione Fassina, a mio parere, a volere il voto in ottobre: aspettare sarebbe pericoloso- in Se Non Ora Quando la presenza dei partiti e delle organizzazione maschili è ancora molto forte. Ma l’anima del 13 febbraio non era solo la rivolta al Berlusconismo. Quel giorno -come poi si è visto, nello svolgersi degli eventi- si manifestava clamorosamente anche quella che viene sprezzantemente liquidata come antipolitica, e che invece è amore per la politica e severa critica al potere dei partiti maschili, tutti. Quel giorno si esprimeva il potenziale di una politica davvero nuova. 

L’amore delle donne per i loro partiti va riconosciuto e onorato: il meccanismo, si diceva con Cinzia, è un po’ quell’“io ti salverò” che noi donne pratichiamo con ostinazione nelle nostre relazioni private. Ma si deve riconoscere anche che questo legame, oggi sovrarappresentato in Snoq -sovrarappresentato sia rispetto al 13 febbraio, sia rispetto alla società civile attuale- rende ambigua e incerta l’azione e indebolisce il protagonismo politico di Snoq, specialmente guardando alle imminenti elezioni e della rappresentanza femminile. La gran parte delle donne di questo Paese dei partiti non ne vuole più sapere: occorre guardare in faccia questa realtà, con tutti i rischi che contiene.

Io credo che in Se Non Ora Quando si debba considerare la dialettica tra donne dei partiti e donne”single”, trovando prima possibile un punto di mediazione, con una discussione franca, aperta e trasparente (le donne dei partiti in Snoq non amano che si dica che sono lì in quanto donne dei partiti) per evitare che il giudizio espresso da Rusconi diventi un epitaffio definitivo, e per non rischiare di perdere il treno di un’occasione storica, quella delle prossime elezioni.

Se si perdesse, care amiche, il backlash, il contrattacco, sarebbe ferocissimo. Per tutte. Per quelle dei partiti e per tutte le altre.

 

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.

Senza categoria Marzo 5, 2012

Ottomarzo: a noi la festa, a voi la parola

Sarebbe bello che per questo Ottomarzo le cose andassero un po’ diversamente.

Che per una volta non toccasse alle donne elencare di tutti i guai causati a questo Paese da un’irriducibile “questione maschile”: il monopolio, come lo chiama Chiara Saraceno, dei posti di potere, l’applicazione di cospicue quote non scritte (tra l’85 e il cento per cento) a favore degli uomini.

Sarebbe interessante che stavolta fossero i nostri colleghi giornalisti, opinionisti e blogger, a dire “I care”.

A scrivere: la violenza e il femminicidio sono un mio problema, e rivelano l’incapacità della sessualità maschile di liberarsi dalla tentazione del dominio.

Come posta un lettore, Claudio Losio, sul blog “Il corpo delle donne”, commentando la vicenda della ragazza stuprata da un militare a L’Aquila (http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=10755),  “il quadro che ne esce ci riporta indietro di 30 anni, al documentario di Tina Lagostena Bassi sul processo per stupro. La giovane studentessa dell’Aquila è nostra figlia, dobbiamo trovare il modo di sostenerla e proteggerla”.  

“I care”: è un mio problema di uomo lo sfruttamento commerciale e mediatico della bellezza femminile, che indebolisce le donne inchiodandole a stereotipi umilianti.

E’ un mio problema che l’agenda politica e quella economica siano decise quasi esclusivamente da vecchi maschi che bloccano qualunque innovazione per il loro vantaggio personale.

E’ un mio problema la mancanza di welfare e di servizi, freno all’occupazione femminile e allo sviluppo.

E’ un mio problema l’eccesso maschile che sta danneggiando tutti, donne e uomini.

E serve anche il mio impegno perché le cose cambino.  

Sarebbe bello.

 

8TH MARCH: WE CELEBRATE, YOU DECIDE

It would be great if for once on this International Women’s Day things could be different.

It would be interesting to see our male colleagues, both columnists and bloggers, saying “I care”.

If they wrote: “violence towards women and femicide are my problem” and if they could reveal men’s inability to free themselves from the temptation to domineer.

Following the rape of a girl by an army man in L’Aquila,  a reader, Claudio Losio, posted the following on the “The Women Body ” (http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=10755) blog: “This bring us back 30 years, back to the documentary by Tina Lagostena Bassi on the trial for rape. The young student from L’Aquila is our daughter, we have to find a way to support and protect her”.

“I care”: I care as a man about the exploitation of women beauty in the media. It makes women fragile, confining them to a humiliating cliché’.

I care that both politics and the economy are controlled by old men who prevent any change from happening to protect their own gain.

I care for  the lack of health, social and welfare services, which prevent women’s employment and development.  I care for men’s excesses, which are detrimental to both women and men.  .
I need to make a commitment for things to change. It would be great.

 

Postato in contemporanea da – Contemporaneously posted from


Roberta Carlini

Giovanna Cosenza

Femminileplurale

Ingenere 

Loredana Lipperini

Manuela Mimosa Ravasio

Lorella Zanardo

 

Le blogger che condividono questo post pubblicano periodicamente thread comuni, in particolare sul tema della rappresentazione pubblica della donna e su quello della rappresentanza politica.

Women bloggers sharing this post regularly publish common threads, specifically on issues regarding public portrayals of women and their political representation.

Senza categoria Febbraio 22, 2012

L'ambigua trasparenza

Dunque la ministra della Giustizia Paola Severino è straricca (e paga un botto di tasse): 7 milioni di reddito, 4 di imposte. E a seguire Passera (3 milioni e mezzo), Gnudi (1 milione e 700 mila), il premier Monti (sul milione e mezzo) e così via. L’elenco lo trovate dappertutto.

L’operazione trasparenza, per quanto encomiabile, ha un esito ambiguo: dà l’idea precisa che questo paese affaticato e in crisi è governato da un’elite di ricchi, ricconi e ricchetti che dei problemi medi dell’italiano medio (per non parlare di quello della quota crescente di cittadini sotto la soglia di povertà) non può nemmeno vagamente avere idea. Per sapere che cosa significa vivere con 1000 euro al mese è utile provare a pagarci spesa, bollette, affitto o mutuo, assicurazione auto, ticket sanitari, scuola per i figli, e via dicendo.

Io guadagno più di 1000 euro al mese, e sono tra quell* che non possono lamentarsi. Per quanto, come tutt*, sono sempre lì a fare conti, e le cifre che leggo mi lasciano a bocca aperta.

Ho la sensazione che questa trasparenza alimenti mortificazione, rabbia, odio e invidia sociale, sfiducia, frustrazione. Insomma, che i cattivi sentimenti superino la soddisfazione per la trasparenza e per il fatto che il premier e i suoi ministri pagano regolarmente le tasse.

Insomma, questa trasparenza aiuta? Che cosa ci fa guadagnare?

E’ davvero questo che ci serve?

 

 

Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Gennaio 28, 2012

No, il dibattito no (Ahi, Carmela…)

A Milano, per decisione della giunta, un pezzo dei 6 milioni del “fondo anticrisi” andrà in aiuto ai nuclei familiari in difficoltà, intendendo per famiglie sia gli sposati sia i coabitanti “con vincolo affettivo”, senza precisare se questi coabitanti siano di sesso diverso o uguale. Insomma, anche le famiglie gay potranno usufruirne.

Bagarre! A parte quella dell’opposizione, come da copione, che butta giù con nonchalance una prima pagina come quella di Il Giornale di ieri, “A noi Schettino, a voi Auschwitz”, Gesù, mi ripugna perfino scriverlo, ma sulla “sacralità della famiglia” no-no, non transige, si inalberano anche alcuni consiglieri del Pd.

Per la precisione la bizzarra capogruppo Carmela Rozza, che non perde occasione per manifestare la sua notevole eterogeneità e una cultura di riferimento che si distanzia notevolmente dai quei quattro principi quattro assodati della cultura democratica: in campagna elettorale per raccattare un po’ di voti aveva definito “discarica sociale” la zona di via Padova, a suo dire “invasa” dai rom. E ora si agita sulle coppie di fatto, definendo la decisione della giunta un errore politico e chiedendo un ampio dibattito in consiglio comunale (ne ha fatte anche altre, sulla commissione antimafia, ma lasciamo stare). Domanda: gliel’ha ordinato il medico di essere del Pd? altra domanda: al gruppo consiliare Pd lo stesso medico ha forse ordinato una capogruppo pseudoleghista?

Con mia viva sorpresa, si inalbera anche la consigliera Marilisa D’Amico, anche lei non cattolica, professora di Diritto Costituzionale: pure lei parla di “fuga in avanti” della giunta e vuole il dibattito.

Ma quale dibattito? Una di quelle estenuanti e retoriche disfide verbali con coda notturna tra rappresentanti dei “cattolici” e “cultura laica”? E io che sono laica e cristiana e femminista e casalinga e blogger e yogini e scrittrice ed eterosessuale e con un sacco di amiche e amici gay come mi devo vestire? Ma in quale mondo vivono?

Io non conosco un cattolico, dicasi uno, ma nemmeno un prevosto o un sacrestano che di fronte alla necessità di dare un aiuto a qualcuno che non ce la sta facendo si domandi “ma con chi va a letto?”.

La sensazione è che qui si difendano i propri ruoli, più che gli interessi veri dei cittadini.

 

Senza categoria Gennaio 12, 2012

Stile di vita in saldo

Apro la posta la mattina e vengo sommersa da decine di “offerte del giorno“, immagino arrivino anche a voi.

Tra le altre, oggi: Love kit con massaggiatore, manette, gel, palline da geisha e anello; aperitivo o cocktail scontato in corso Como (nientemeno!); seduta in spa con finger food (accidenti!), minipiscine a idromassaggio (però). Cachemirini a mazzi. Ci manca solo un po’ di coca special price.

Stile di vita in svendita. Tutta roba che non va più, in saldo a pochi euro.

Lele Mora è in carcere, Corona è pentito, Brosio, quello del Twiga, sta fisso a Medjugorie.

E’ proprio finita un’epoca. The party is over.

Sollievo.

 

 

esperienze, media, Politica, Senza categoria, tv Dicembre 14, 2011

Non dire B. Neanche se sei B.

Servizio Pubblico di Michele Santoro non sta andando come si sperava. Dal 12 per cento del debutto è sceso intorno al 5 per cento di share. Il sogno del terzo polo tv non si infrange, ma fa una certa fatica. Qualcosa andrà rivisto, a partire dallo zoccolo duro di un milione e something di telespettatori, audience comunque ragguardevole.

Gira voce di altri importanti organi di informazione che stanno registrando cali preoccupanti e repentini. La caduta del Cav. non fa male solo ai suoi amici, ma pure ai suoi nemici.

Venute meno le ragioni dell’antiberl. -non lo dico per intero, non si sa mai…-, crolla anche l’appeal di lo ha cavalcato per anni, per fede o per business. Comici che non sanno più su cosa performare -perfino Benigni da Fiorello è stato moscio-, giornali che non sanno più di che parlare, manifestanti che non sanno più contro chi manifestare, oppositori professionisti che non sanno più a chi opporsi.

Le avvisaglie c’erano già da qualche mese: già la scorsa estate un sondaggio Demetra verificava che la parola B. si piazzava bene tra quelle da archiviare, insieme a partiti, Padania,  stato, individuo e veline. Guardate le prime pagine dei giornali, che nominano il Cav. giusto lo stretto indispensabile.

Forse anche B. oggi non userebbe il brand B.

Si dovrebbe imparare a parlare “per”, e non solo “contro”. Parlare “contro” è una forma di resa al nemico. E quando cade lui, incespichi pure tu.

Riflettere attentamente su questo.