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economics, Politica, Senza categoria Agosto 1, 2013

Sentenza Berlusconi: l’attesa che non c’è

Se le tv  si eccitassero un po’ di più per quello che riguarda l’insieme dei loro palinsesti -in questa estate magra, con tanta gente in città, la televisione potrebbe offrire un servizio meno scadente di quello che offre- e un po’ di meno per la sentenza della Cassazione su Berlusconi, saprebbero anche rappresentare meglio l’umore del famoso Paese reale. Che della sentenza Berlusconi sostanzialmente se ne sbatte, all’insegna della diffusa e non del tutto infondata convinzione che “tanto non cambia nulla”.

In effetti potrebbe essere così: condannato o non condannato Berlusconi resterebbe il deus ex-machina che è, unico garante dell’esistenza di questo centrodestra che senza di lui evaporerebbe. Il vero problema politico ce l’ha il Pd, che al legno di questo “patibolo” potrebbe auto-crocifiggersi e perire. Ma cosa volete che importi di questo alla stragrande maggioranza del Paese, tutto preso ad arrabattarsi e a tentare di costruire qualcosa -eventualmente in nero- per non perdere il refolo della supposta “ripresina”, e non grazie alla politica, ma nonostante la politica?

Le troupe si eccitano davanti al Palazzaccio come di fronte al St Mary Hospital, in attesa del royal baby: un evento è pur sempre un evento. Stasera ci diranno in diretta. Ma quello che conta è che il governo del fare fa poco e fa male, e ben pochi si aspettano che faccia più di tanto.

Al prossimo giro politico, nel 2014 o nel 2015, sperando di disporre di una legge elettorale non antidemocratica, si dovrà fare in modo di mandare nelle istituzioni gente davvero valida e capace, e in spirito di servizio, altro che i miracolati delle Parlamentarie di Capodanno. L’esorcismo del merito resta il principale problema della nostra classe dirigente. Vale per la politica, ma non solo. Nella burocrazia (il decreto Letta sulle semplificazioni burocratiche consta di 93 commi articolati in sottocommi, punti e sottopunti) si annidano corruzione e familismo. La burocrazia è la vera nemica dei talenti, che nel nostro Paese, se Dio vuole, fioriscono spontanei come il sambuco. Nel piccolo, nel locale, il genio e le capacità hanno più chance.

Continuiamo a lottare e ad avere fiducia, radicati alla terra dei nostri contesti.

 

economics, Politica, Senza categoria Luglio 26, 2013

Sciopero fiscale, arma di lotta non-violenta

Il viceministro per l’Economia Stefano Fassina: ha parlato di “evasione per sopravvivenza”

 

No, non è vero che il viceministro Pd per l’Economia Stefano Fassina che parla di “evasione di sopravvivenza” è uguale al presidente del Consiglio Berlusconi che nel 2004 parlava di “evasione morale”. E per almeno due ragioni:

1. dal 2004 a oggi la pressione fiscale in Italia è ulteriormente aumentata fino a raggiungere un complessivo 54 per cento, primato assoluto fra i Paesi occidentali; negli Stati Uniti si paga il 27 per cento, e l’evasione è giustamente e durissimamente punita, in Europa la media si attesta intorno al 40 per cento.

2. il 2013 non è il 2004. Nel contesto di questa enorme crisi si pone un problema, appunto di “sopravvivenza” che allora non si poneva. Insomma, è come se ci fossero due evasioni: quella di chi lavora in nero, magari per procurarsi un secondo reddito (un sommerso che si valuta abbia generato nell’ultimo anno almeno 540 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 35 per cento del Pil ufficiale) e quella di chi falsifica i bilanci d’impresa e altro per arricchirsi.

Traggo da una nota Eurispes: “dal 2002 ad oggi la perdita del potere d’acquisto ha superato il 40 per cento deprimendo i consumi e minando la qualità della vita di milioni di famiglie. Le retribuzioni italiane sono tra le più basse d’Europa. Continuiamo ad essere pagati in lire anche se, da più di dieci anni, compriamo in euro. A ciò si aggiunge l’impressionante aumento del prezzo dei carburanti, arrivato alla soglia di due euro per litro. Solo poco più di un terzo delle famiglie italiane riesce ad arrivare con serenità alla fine del mese. In molti negli ultimi anni si sono rivolti ai compro-oro per avere liquidità o sono caduti nelle mani dell’usura. E questo non vale solo per i privati cittadini, ma anche per molte piccole e medie imprese. L’evasione fiscale è un fenomeno duplice che riguarda sia chi intende in maniera fraudolenta arricchirsi quanto chi invece è costretto a compiere atti evasivi al solo fine di poter aumentare il proprio reddito disponibile e provvedere alle proprie necessità familiari. L’ evasione fiscale è figlia della pressione fiscale e della spesa pubblica improduttiva».

C’è anche, volendo, un problema di ingiustizia sostanziale (vedi qui): la grande parte degli introiti fiscali certi derivano da una minoranza di cittadini, i lavoratori dipendenti -sempre meno, e proprio a causa del loro costo fiscale- che pagano fino all’ultimo centesimo e ai quali ci si rivolge a colpo sicuro ogni volta che si rende “necessario” incrementare le entrate dello Stato. Esiste, quindi, una diseguaglianza in questo “diritto all’autodifesa”. D’altro canto le misure di lotta all’evasione sono assolutamente insufficienti, e la spesa pubblica non dà segno di diminuire efficacemente. Né del resto vi sono segni la volontà di importare a applicare chiavi in mano modelli fiscali già esistenti, più giusti e più efficaci.

L’evasione per sopravvivenza a cui fa riferimento Fassina somiglia almeno in parte a un disordinato e spontaneo sciopero fiscale. Varrebbe allora la pena di nominarlo e legittimarlo come tale, uscendo dall’ambiguità. Se in Europa, poniamo, la tassazione media si attesta al 40, si tratterebbe di autoridursi le imposte per la quota eccedente, pari al 14 per cento.

Del resto lo sciopero fiscale è una serissima arma di lotta non-violenta. La Rivoluzione Americana cominciò in questo modo. Il Mahatma Gandhi lo utilizzò come strumento nella lotta per l’indipendenza dell’India: “Rifiutarsi di pagare le tasse” disse “è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo”. Nel 1972 il senatore democratico americano Philip Hart diede il via a uno sciopero fiscale contro la guerra nel Vietnam.

A Susanna Camusso, che definisce le dichiarazioni di Fassina “un drammatico errore politico” (nientemeno!), faccio rispondere dal disubbidiente civile americano Henry David Thoreau: “Se mille uomini non pagassero quest’anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle”. E’ strano doverlo dire alla segretaria della Cgil.

p.s.: quanto a Fassina, che non è il tema del post, il suo è stato un acting out non ideologico, che apprezzo.

 

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile, Senza categoria Maggio 20, 2013

#Tisaluto

 

Giorgia Vezzoli propone a noi Blogger Unite(D). E noi pubblichiamo

In Italia l’insulto sessista è pratica comune e diffusa. Dalle battute private agli sfottò pubblici, il sessismo si annida in modo più o meno esplicito in innumerevoli conversazioni.

Spesso abbiamo subito commenti misogini, dalle considerazioni sul nostro aspetto fisico allo scopo di intimidirci e di ricondurci alla condizione di oggetto, al violento rifiuto di ogni manifestazione di soggettività e di autonomia di giudizio.

In Italia l’insulto sessista è pratica comune perché è socialmente accettato e amplificato dai media, che all’umiliazione delle persone, soprattutto delle donne, ci hanno abituato da tempo.

Ma il sessismo è una forma di discriminazione e come tale va combattuto.

A gennaio di quest’anno il calciatore Kevin Prince Boateng, fischiato e insultato da cori razzisti, ha lasciato il campo. E i suoi compagni hanno fatto altrettanto.
Mario Balotelli minaccia di fare la stessa cosa.


L’abbandono in massa del campo è un gesto forte. Significa: a queste regole del gioco, noi non ci stiamo. Senza rispetto, noi non ci stiamo.

L’abbandono in massa consapevole può diventare una forma di attivismo che toglie potere ai violenti, isolandoli.

Pensate se di fronte a una battuta sessista tutte le donne e gli uomini di buona volontà si alzassero abbandonando programmi, trasmissioni tv o semplici conversazioni.


Pensate se donne e uomini di buona volontà non partecipassero a convegni, iniziative e trasmissioni che prevedono solo relatori uomini, o quasi (le occasioni sono quotidiane).


Pensate se in Rete abbandonassero il dialogo, usando due semplici parole: #tisaluto.


Sarebbe un modo pubblico per dire: noi non ci stiamo. O rispettate le donne o noi, a queste regole del gioco, non ci stiamo.

Se è dai piccoli gesti che si comincia a costruire una società civile, proviamo a farne uno molto semplice.
Andiamocene. E diciamo #tisaluto.

 

Oltre che da Giorgia Vezzoli e da me, questo post è pubblicato in contemporanea anche da altre blogger.

Giovanna Cosenza

Loredana Lipperini

Lorella Zanardo

e da molte altre che stanno rebloggando, come si vede nei commenti. Grazie!

 

Se ti va, copincollalo anche tu!

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Senza categoria Marzo 29, 2013

Ciao Enzo, grazie di tutto (el gh’aveva i oecc de bun)

Quando ha scritto questa canzone Enzo Jannacci aveva 26 anni. Era questo Jannacci come lo amavo io, dolce, stralunato, surreale, spaesato. Era un milanese vero, cioè un terrone. Ha fatto la mia città, amandola così tanto, insieme a tanti altri arrivati da giù. Grazie, Enzo, ti voglio bene. Mi dispiace tanto, tanto, che tu te ne sia andato.

IL CANE CON I CAPELLI (1961)

Il cane con i capelli, quando andava per la strada, si molleggiava:
se passava davanti a una vetrina, si rimirava, si pettinava i suoi capelli
che erano finti e belli, disperazione dei suoi fratelli:
“non s’è mai visto, non s’è mai visto un cane con i capelli”.

Voleva sembrare un altro, e si illudeva di essere diverso
perchè per strada la gente lo guardava, lo accarezzava, gli accarezzava i suoi capelli
che erano finti e belli, disperazione dei suoi fratelli:
“non s’è mai visto, non s’è mai visto un cane con i capelli”;
“non s’è mai visto, no, non si è mai visto un cane con i capelli”.

Un giorno, ormai convinto d’essere diverso, il cane coi capelli
entrò bel bello in una tabaccheria: “tre sigarette, mi dia tre sigarette”;
nessuno rispondeva, no, non gli davan retta, anche se aveva dei bei capelli:
non si dà retta, non si è mai visto un cane con i capelli;
non si dà retta, non si è mai visto un cane con i capelli.

qui potete sentirla,

e qui un’altra canzone meravigliosa, Vincenzina e la fabbrica, colonna sonora di “Romanzo Popolare”.

Condivido, per finire, il bellissimo ricordo di Alfonso Gianni, che dà l’idea di come ci sentiamo, noi milanesi, dopo aver saputo che Enzo non c’è più:

E’ morto Enzo Jannacci. Era malato da tempo. La notizia non sorprende ma il vuoto che lascia è abissale. Forse è difficile per chi non è milanese capire fino in fondo Jannacci. Probabilmente è stato il più grande. L’unico che ha saputo cantare la dimensione urbana, la Milano operaia, quella delle periferie, quella della piccola ligera (in milanese malavita), quella degli emarginati, del non sense, cioè di quella particolare ironia surreale che nasce nel cuore di chi abita in una città che si avvolge nella nebbia, la Milano delle osterie, delle piccole meschinità di un popolo che amo, del fascino ingenuo delle macchinismo e della fabbrica, come luogo della fatica e allo stesso tempo della sicurezza del proprio futuro. Ricordate “Vincenzina davanti alla fabbrica” una delle canzoni più belle che siano mai state scritte. Il cantore di un mondo che non c’è più. E quando ti telefonavo Enzo, per invitarti a cantare rigorosamente a gratis alle feste del Movimento lavoratori per il Socialismo, dopo che ci incontrammo per la prima volta di notte a un picchetto davanti a una piccola fabbrica metalmeccanica davanti a un falò, sembrava sempre che ti svegliassi, qualunque fosse l’ora. E tu cominciavi a spiegarmi come era fatto il mondo, e come andava male, e come cazzo, insomma si sarebbe potuto, no, capisci, dovuto, se fossimo d’accordo ecco… Poi alla festa non saresti venuto perchè avevi le prove, o una registrazione o non ti girava. Ma nella mia testa continuavano a girare le tue parole. Ci riconoscevo dentro la vita di mio padre, che lavorava la notte in piazza Cavour, operaio nella tipografia dove si stampavano tutti i giornali, di destra e di sinistra, e spesso, sempre più spesso mi toccava andarlo a prendere all’osteria ( ora al suo posto c’è un orefice) perché da solo non sarebbe mai tornato a casa. E quando ti vidi per la prima volta nella Tv in bianco e nero, presentato da Mike Bongiorno, cantare “El purtava i scarp de tennis” mio padre era già morto da cinque anni, ma era come se me lo vedessi davanti, perchè lui se di notte ubriaco fosse tornato a casa da solo e avesse visto un “barbone” sotto un mucchio di cartoni si sarebbe fermato, avrebbe cercato di svegliarlo per offrigli qualcosa da bere. L’indifferenza, lui come te, non sapeva cos’era, perchè tu Enzo odiavi gli indifferenti. Te se andaa via. Ciao.

Politica, Senza categoria Febbraio 18, 2013

Movimento 20 Stelle

La piazza straripante per Grillo a Torino, che vedete qui sopra -la composta, sabauda, atarassica Torino, che noi milanesi stralunati ed estroversi da sempre fatichiamo a capire – dovrebbe aver sciolto ogni riserva di dubbio: che arrivi al 18, al 20 o anche oltre, il Movimento 5 Stelle entrerà in Parlamento alla grande, terzo o forse secondo (io credo) partito. Il che comporta senz’altro una cosa: non sarà più possibile pensare di cavarsela dileggiando, minimizzando o intasando la rete di rumours e notizie tossiche. L’ultima, stamattina, sul fatto che i 5 Stelle sarebbero contro la legge 194 sull’aborto: dal sito non risulta, ma alcune dichiarazioni della capolista al Senato nelle Marche, Serenella Fucksia, autorizzerebbero dubbi in questo senso.

In attesa che Fucksia chiarisca, ribadirei questo: con quella forza politica, con i suoi parlamentari eletti ci si dovrà misurare, e già da tempo il buon senso suggerirebbe di abbandonare il piano dei gossip e dei veleni per mettersi sul piano del confronto reale. La piazza di Milano (domani in Duomo alle 18.30) sarà molto significativa.

La litania più insistente recita che il Movimento 5 Stelle è un movimento di protesta e non di proposta: il che non corrisponde al vero. Il programma dei 5 Stelle, che potrà piacere o non piacere- è online da molti mesi. Puoi essere d’accordo o non d’accordo sul reddito minimo di cittadinanza o sul no-Tav, ma le posizioni sono molto chiare. La vera nebulosa -forse è un mio problema, ma non credo- riguarda i meccanismi di democrazia interna: non ho ancora ben capito come ci si regolerà per stabilire le posizioni del movimento, eventuali alleanze o convergenze programmatiche e così via. Una volta lì dentro, poi, protesta e ostruzionismo non basteranno più. L’altra cosa che non mi è chiara -ma data la configurazione dei 5 Stelle forse non è primaria- è chi sarebbe il candidato premier. C’è un altro dubbio, che ha a che fare con il nostro digital divide: se, com’è stato nel caso delle Parlamentarie, la maggior parte della vita interna del movimento si svolge online, le decisioni vengono prese lì e così via, questo taglierebbe fuori molti cittadini che non sono in rete.

Quello che colpisce, a pochi giorni dal voto -pur tenendo conto delle necessità della competizione- è l’asprezza dei toni, andata e ritorno. Grillo, che dovrebbe forse cominciare a mostrare la sua faccia meno urlata e più “di governo”, ma anche i suoi competitor, che insistono a trattare una forza politica con un enorme seguito come se avesse ancora di fronte un comico pazzo + 4 amici.

Dal 26 febbraio, la musica dovrà cambiare. Per il nostro bene, dico.

Senza categoria Febbraio 12, 2013

Stavolta tocca a noi

I giornalisti di Rcs periodici sono in sciopero, da oggi a venerdì compreso, dopo aver appreso che il nuovo piano industriale prevede 800 esuberi sui circa 5 mila dipendenti complessivi. Per quello che riguarda il comparto periodici, è prevista la vendita o la chiusura di 10 testate. I quotidiani oggi sono invece in edicola “per senso di responsabilità mostrato dai giornalisti del Corriere della Sera in forza degli avvenimenti eccezionali” (ndr: l’addio del Papa). La redazione del Corriere ha comunque affidato al comitato di redazione un pacchetto di dieci giorni di sciopero. Annunciata dall’azienda anche la volontà di dismettere la sede storica di via Solferino e di trasferire le redazioni. I dettagli del piano si conosceranno nella prima settimana di marzo.

Il comitato di redazione del Corriere parla in un suo comunicato di “attacco inaudito e inaccettabile da parte dei vertici dell’azienda”.

Questo blog aderisce allo sciopero e riprenderà la sua attività sabato 16 febbraio.

Senza categoria Gennaio 31, 2013

Finti mitra, Pd, e… Brutte storie dall’Ohio

carmela mazzarelli, vittima di un oscuro agguato

 

Ieri, 30 gennaio, sulla pagina Facebook di Francesca Terzoni, candidata del Pd nelle liste per la Camera a Milano, leggo quanto segue:

Verso le 18 di ieri sera (29 gennaio, ndr) da un furgone che rallentava sulla rotonda nei pressi del Forum di Assago, è partita una scarica di mitra contro l’auto con a bordo una mia cara amica e compagna del PD e una giornalista (corrispondente per il sud ovest). La mia amica (…) è sempre stata in prima fila nella lotta antimafia, denunciando anche distorsioni nei comuni dove è stata consigliera comunale o anche solo militante. Ciò che davvero mi spezza il cuore, è che il mio partito – nonostante lei abbia sempre coinvolto il segretario provinciale informandolo di tutto, abbia deciso di non rinnovarle la tessera per il “disturbo”, anche di immagine, che lei avrebbe arrecato. Sono molto arrabbiata“.

La giornalista è Francesca Santolini, cronista del Giorno. Si occupa di criminalità e traffico di droga e recentemente ha scritto sugli sgomberi di campi rom. L'”amica e compagna del Pd” è Carmela Mazzarelli, vicepresidente del Pd in provincia di Milano, ex-consigliera a Buccinasco (detta la “Platì del Nord”), da sempre attenta agli intrecci tra politica e ‘ndrangheta, e recentemente oppostasi alla candidatura della collega di partito Bruna Brembilla, indagata (e poi archiviata) per supposti rapporti con le cosche.

Il mitra che ha sparato da un camioncino Ducato affiancatosi all’auto delle due donne era ad aria compressa, pallini di plastica, che tuttavia hanno lasciato evidenti segni sul vetro del finestrino: se fosse stato aperto, avrebbero potuto fare male. Al momento l’ipotesi più accreditata dagli investigatori, anche se la zona è ad alta densità mafiosa, è quella di una bravata.

 

Parlo con Carmela Mazzarelli. E’ ancora scossa.

“Continuo a rivedere la scena”, dice. “Il Ducato ha fatto in modo di affiancarci sulla destra e ha rallentato. Io ho guardato, ma a quel punto ho visto solo la canna del mitra poggiata sul vetro del finestrino abbassato. La cosa è stata studiata, non aveva affatto l’aria di una goliardata“.

E a chi ha pensato?

“A nessuno in particolare. Ma non ho potuto non pensare alla mia attività politica negli ultimi anni. La mia vita privata è assolutamente serena, piena di belle persone”.

E la politica, invece?

“Ho sempre lavorato per la buona politica, facendo battaglie sia contro il centrodestra sia contro il centrosinistra. Sempre dalla parte dei cittadini. Io sono di sinistra da quando sono nata. Ho 54 anni, andavo in sezione con mio padre che ero ancora una bambina. Sono stata consigliera comunale a Buccinasco dal 2007 al 2011, quando hanno arrestato il sindaco di centrodestra Loris Cereda per corruzione e falso in atto pubblico. Ho fatto quello che dovrebbe fare ogni amministratore pubblico: ho studiato gli atti, ho cercato di capire quello che non era chiaro, ho fatto interpellanze senza mai guardare da che parte arrivavano i problemi. Se il precedente sindaco di centrosinistra Maurizio Carbonera e il capo della sua commissione urbanistica vanno a pranzo con personaggi legati alle cosche di Buccinasco, io voglio capire, perché resto convinta che un primo cittadino non può permettersi certe frequentazioni. E’ di lì che sono cominciati i miei problemi nel partito, dal fatto che continuavo a fare domande”.

Poi c’è stata la questione di Bruna Brembilla

“Lei attualmente è consigliera provinciale ed era stata sindaco a Cesano Boscone. Avevo letto sul Fatto di sue relazioni con certa gente che tra l’altro avrebbe dovuto procurare voti per una sua amica. Quando ho sentito che si sarebbe dovuta candidare alla Camera ho dato battaglia: lei deve chiarire chi sono questi personaggi con cui è in relazione, deve dimettersi dal consiglio provinciale e dalla gestione del Parco agricolo Sud Milano. Del resto lo stesso presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano, David Gentili, aveva espresso la sua preoccupazione: Le notizie in merito al comportamento tenuto da Brembilla e contenute negli atti di indagine sono tali che ho chiesto al comitato dei garanti, come prescrive il Codice etico del Pd, di verificare se possano condizionare l’attività del partito o lederne l’immagine pubblica e quindi se sia opportuno candidarla al Parlamento”.”.

Nel frattempo Brembilla ha ritirato la sua candidatura.

“E dalla vicesindaca di Cesano, Lilia Di Giuseppe, cara amica di Brembilla, ho ricevuto email come quella che segue: “Un augurio di cuore a Carmela e a tutte/i quelli che come lei  pretendono di mettersi al di là e al di sopra della magistratura: di giustizialisti ne è piena la cronaca… spesso anche di come sono finiti giustiziati“.

Giustiziati???

“Come vede non sono molto popolare nel mio partito. Sempre più isolata, ho comunque cercato di partecipare alla primarie per la scelta del sindaco di Buccinasco alle ultime amministrative, a fine 2011. A patto, avevo chiesto, che il partito garantisse rinnovamento e discontinuità. Quando ho visto che queste condizioni non c’erano, ho ritirato la mia candidatura. A quel punto l’isolamento è stato pressoché completo”.

Mi dice di questa storia della tessera non rinnovata?

“A marzo 2012 chiedo il rinnovo, e il segretario del Pd di Buccinasco, David Arboit, mi risponde con un sms in cui spiega che prima “c’è da fare una lunga chiacchierata“. Io questa “lunga chiacchierata” non l’ho voluta fare. Quindi mi ritrovo in questa situazione paradossale: sono vicepresidente del Pd provinciale (il presidente è Ezio Casati), ma senza tessera. Credo sia un caso unico”.

E allora cos’ha fatto?

“I garanti del Pd di Buccinasco mi volevano espellere dal partito. Mi sono rivolta ai garanti provinciali. C’è stato un incontro a fine settembre: Arboit ha accennato al fatto che io avevo danneggiato l’immagine del partito. Alla fine i garanti hanno ingiunto ad Arboit di rinnovarmi la tessera, riservandosi “se mai in seguito, dopo eventuale esplicita documentata e sintetica denuncia e relativa verifica, la possibilità di chiedere la restituzione della medesima“. I garanti fanno cenno anche a “pagamenti delle quote a cui finora si è sottratta“. Ma io ho sempre pagato tutto, regolarmente. E non accetto una tessera sottoposta a condizioni. Vado avanti. Voglio giustizia, dentro e fuori dal Pd”.

Che conclusioni politiche trae dalla vicenda?

“Che nel Pd chi rompe le scatole non è gradito. O forse le battaglie che io conduco sono ritenute irrilevanti. Ma il Pd è fatto di tante persone diverse. Non mi è mai mancato, per esempio, l‘appoggio di David Gentili, di Nando Dalla Chiesa (autore del libro “Buccinasco. La ‘ndrangheta al Nord”, che il vicesindaco della cittadina ha definito un “isterico sfogo”)  di Pierfrancesco Majorino, dell’attuale vicesindaca di Milano Ada Lucia De Cesaris. Quanto alle conclusioni umane: oggi ho solo voglia di andarmene di qui. Voglio tornare in Lucania, la mia terra. Non voglio più dover dire ai miei figli di tenere nascosto che sono figli miei: questo dovrebbe capitare alle persone per male, non a quelle per bene”.

Ieri, per la prima volta, il Pd ha espresso a Carmela Mazzarelli la sua solidarietà, senza se e senza ma.

Forse è tardi. Senz’altro è troppo poco.

 

 

 

Politica, Senza categoria Gennaio 13, 2013

Houston, qui Ohio. Abbiamo un problema

Da quando vivo a Milano, cioè dalla nascita, ho sempre visto la sinistra, e in particolare tutta la filiera dal Pci al Pd, rimbalzarsi l’oggetto non identificato “Lombardia” come una patata bollente. Capita un po’ come -posso dire?- nei giornali: quelli meno graditi ai direttori, o ritenuti meno bravi, o meno protetti, mandati un po’ miopemente al confino nell’online. Senza pensare che l’online sta diventando, com’era ampiamente prevedibile, il reparto strategico.

Ecco, la Lombardia per la sinistra è un po’ così. A parole importante, importantissima, strategica. E del resto tutte le cose politicamente rilevanti sono sempre cominciate qui, compresa l’ultimissima svolta arancione. Ma a uno sguardo romano, la Lombardia e Milano restano totalmente incomprensibili. A parole, l’Ohio. Nei fatti, la provincia dell’impero. Eventualmente luogo di confino, dove piazzare qualche candidatura imbarazzante. Gli stessi funzionari lombardi, appena possono, tentano la fuga a Roma: in tanti stanno andando in Parlamento, lasciando sguarnita la prima linea e dando l’idea di non crederci. Ci aveva pensato anche il segretario regionale Maurizio Martina, che poi però ha cambiato idea (o gli hanno suggerito di cambiarla). Ma forse a spiegare tante cose basta il fatto che ci abbia pensato, a  operazione Ambrosoli aperta.

Leggo che perfino il Wall Street Journal e il Financial Times si occupano di noi: qui si gioca una partita decisiva per gli eventuali Stati Uniti d’Europa, o anche per quelli disuniti. Ma il fuggi-fuggi generale fa ritenere che a sinistra quei giornali non li leggano, e dà il senso di una smobilitazione preventiva.

Il centrodestra, ben più radicato territorialmente -che cosa sia la Lombardia, Maroni e i suoi colleghi lo sanno invece molto bene -è dato più avanti: sia alle regionali, dove se non ci fosse l’impuntamento di Albertini, la partita sarebbe bell’e chiusa, sia al  Senato, date un’occhiata a questo sondaggio . E le due partite si giocano insieme. L’incredibile rimonta di Berlusconi è guardata con sconcerto, disprezzata come “fatto mediatico”, in sostanza solo “virtuale”. “Gli italiani non saranno così imbecilli”, si dice. “Non avranno la memoria tanto corta”. E invece a quanto pare ce l’hanno. O meglio -ed è un fatto, mica un fattoide, con cui si devono fare attentamente i conti- forse non bastano i pur freschi ricordi di mazzette, corruzione, ndrangheta a spostare i lombardi a sinistra.

Forse ci vorrebbero buone idee, che senz’altro ci sono, ma stentano a circolare. Forse servirebbero più coraggio e meno ambiguità, e un’idea diversa e meno ottocentesca dei cosiddetti “moderati”. Forse ci vorrebbe un maggior numero di facce che rappresentano con immediatezza le nuove e buone idee, e si dovrebbe saper parlare alla “pancia” degli elettori, intendendola non come i più bassi istinti, ma come il robusto buon senso di un  popolo, usando parole semplici e buone come il pane. Forse si sarebbero dovuti schierare qui i propri talenti migliori, mix tra territorio reale e visionarietà, evitando di collocare certi scarti azotati di Roma: perché oggi gli elettori aguzzano lo sguardo, umiliati dal Porcellum vogliono conoscere anche il numero di scarpe di chi votano.

L’idea è quella di trovarsi su un taxi impazzito, con il tassametro che viaggia alla velocità della luce. E alla fine del viaggio potrebbe esserci il blocco nordista, dal Piemonte al Veneto. Il che significa secessione sostanziale. Siamo al fondo di un enorme imbuto, e tutto accelera all’impazzata. Può capitare di tutto, da un giorno all’altro.

Mi torna in mente un’amica, importante politica del Pci che poi diventò anche ministra, a cui un giorno -ormai milioni di anni fa- segnalai i primi sommovimenti leghisti, dicendole -conosco la mia gente- che quella era una cosa vera, da osservare con attenzione. Mi guardò con un sorriso di compatimento: “Sai che ti voglio bene. Non dirle in giro, certe stupidaggini”.

Io le mie stupidaggini, qui dall’Ohio, continuo a dirle. Fra cui questa: la sinistra ha ancora tempo. Ma ne ha poco.

 

 

Donne e Uomini, femminicidio, questione maschile, Senza categoria Dicembre 27, 2012

Il prete brutto

Mentre don Pietro Corsi affiggeva una stampata di queste schifezze sul portone della sua chiesa a San Terenzo -in sintesi: «Le donne devono fare un esame di coscienza: provocano gli istinti e vanno a cercare guai”-, all’altro estremo della Liguria, Bordighera, un uomo uccideva la moglie e la cognata, tentando poi il suicidio, incapace di accettare la separazione. Le ultime vittime, speriamo, di un anno record. 

San Terenzo, frazione di Lerici, è un borgo marinaro così bello, fateci un salto se non lo conoscete, e non merita un parroco così brutto. Il vescovo di La Spezia ha ingiunto a Don Corsi di rimuovere subito quel manifesto obbrobrioso (il sito Pontifex da cui è tratto reagisce parlando oggi di “crociata dei pezzenti”, cioè noi). Forse la curia farebbe bene a rimuovere il parroco e non solo il manifesto, destinandolo a funzioni meno delicate di quella pastorale, per la quale forse non è portato.

Nei piccoli paesi il prete è forse il primo se non l’unico, insieme al medico di base, ad accogliere il segreto di donne che vivono in situazioni di violenza. E anzi, i sacerdoti andrebbero adeguatamente formati per gestire correttamente queste situazioni.

Non contento di quello che aveva fatto, Don Corsi ha invece dato del “frocio” al giornalista del Gr2 che lo intervistava, sbattendogli la cornetta in faccia.

Accusando le donne di essere delle provocatrici e dando sprezzantemente del “frocio” a un uomo evidentemente diverso da lui, il prete brutto ha delineato un efficace sexual self-portrait, e forse dovrebbe seriamente chiedersi perché odia fino a questo punto le donne e il femminile, e se non è il caso di capire qualcosa di più di se stesso. Alla triste vicenda di cui è protagonista, che ha avuto un’eco internazionale, va attribuito quanto meno il merito di mostrare la faccia del demone che agita il cuore di molti uomini.

La gran parte dei misogini violenti, messi davanti ai loro misfatti, si giustificano esattamente nello stesso modo: lei mi provocava, era esasperante. Ci vuole un bel po’ perché riconoscano i propri atti come violenti e assolutamente inammissibili.

Quando un uomo molesta, perseguita, picchia, violenta o addirittura uccide una donna, quello che sta facendo è cercare di ridurre a cosa a propria completa disposizione chi non accetta di esserlo. E’ questo il cuore della questione maschile.

Domani 28 dicembre a San Terenzo, ore 17.30, un presidio con candele accese e fiori gettati in mare per ricordare le tante vittime di femminicidio in questo sanguinoso 2012 italiano.

 

Senza categoria Ottobre 29, 2012

E’ arrivato il freddo. Ed è arrivato Grillo

 

il trionfale tour di beppe grillo in sicilia. qui a catania

Sono solo exit poll, ma il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo sarebbe il primo partito a Palermo. Secondo le rilevazioni di PalermoReport.it e dell’emittente televisiva Trm il candidato governatore grillino Giancarlo Cancelleri otterrebbe oltre il 27 per cento. A seguire ci sarebbero Musumeci, Crocetta, Miccichè.

Accertato invece che quello dell’astensione è il primo enorme partito siciliano, al 52.58 per cento, ben oltre quanto previsto dai sondaggi che indicavano un 44-48 per cento di non votanti. Alla chiusura dei seggi si è recato alle urne il 47.42 per cento degli aventi diritto, pari a 2.203.885 elettori. Nel 2008 la percentuale fu del 66.68 per cento.

Quanto al boom di Grillo, vedremo a ore se l’exit poll sarà confermato, e com’è andata nel resto della Sicilia. Ma se è vero che Grillo ha stravinto, meglio non perdere tempo in analisi consolatorie tipo “la Sicilia fa caso a sé”. Non raccontiamoci balle. Se in Sicilia è andata così, al Nord potrebbe essere una valanga. Se Grillo ha vinto in Sicilia, stravincerà nel Paese: moltissimi salteranno sul carro del vincitore.

Insomma, la corda potrebbe essersi davvero spezzata, e il sistema dei partiti potrebbe essere sul punto di collassare.

In altre parole, una rivoluzione.

Aspettiamo, e vediamo.