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esperienze, Politica Novembre 4, 2013

Politica-Bostik: incollati alla poltrona

 

Flavia Perina la chiama “nevrosi del parlamentare”. Lei che parlamentare lo è stata, e dalle ultime elezioni non lo è più a causa dell’evaporazione del suo partito (Fli), si è riassestata nella sua vita: fa la giornalista free lance, è alquanto tosta e continua ad amare e seguire la politica. Ma ha visto da vicino la sindrome di chi, eletto nelle istituzioni, vive nel terrore di perdere la poltrona, per dirla in modo pop. Terrore che oggi ha raggiunto i livelli di guardia e dal quale la politica è fortemente condizionata: quello che conta è che il governo duri il più a lungo possibile per evitare di andare a nuove elezioni, con il rischio di non venire ricandidati. Una quota considerevole di parlamentari che rinuncia alla propria autonomia di giudizio e a rappresentare il suo elettorato per evitare di indispettire la nomenclatura di partito, che potrebbe decidere di non ricandidarli. Le ragioni personali pesano sempre e ovunque. Ma nella politica di oggi sembrano pesare ben oltre il livello fisiologico: la rappresentanza democratica coincide sempre più strettamente con la rappresentazione del proprio utile.

“Il fatto è che ormai nei partiti è una roulette russa” dice Perina. “Nel Pd molti veterani non potranno godere di ulteriori deroghe, e poi ci sono i miracolati delle primarie di Capodanno, entrati con una manciata di voti, che rischiano di tornaresene per sempre a casa. Nel Pdl, il “padrone” che, come se gestisse una sua azienda, potrebbe decidere di nominare una qualunque soubrette al posto tuo, senza doverti alcuna spiegazione. Il terrore di non rientrare è trasversale alle larghe intese. E colpisce anche il Movimento 5 Stelle”.

Anche se questo fa in qualche modo parte del patto a 5 stelle: negli incarichi si ruota, sai che potresti durare giusto una legislatura…

“Sì. Ma anche per loro la carne è debole. Anche qui pesa l’istinto di autoconservazione. Sai che sei entrato con un consenso occasionale e contingente. Che non ci sarà il secondo giro e che non diventerai mai un professionista della politica”.

E questo è un male? Per loro sì, certo: ma per noi?

“Be’, alcuni cominciano a “studiare” da ragazzini per fare questa carriera: prima consiglieri di zona, poi in comune, poi tenti il salto regionale e nazionale. Una costruzione faticosa”.

Come per una carriera professionale. Salvo che poi in questo modo vengono eletti quelli che hanno “timbrato”, i padroncini delle tessere, piccoli funzionari, burocrati. E mai i talenti che magari non hanno frequentato circoli e sezioni, ma che servirebbero davvero al Paese. Raro che i due profili coincidano.

Qui c’entra la crisi dei partiti. Una volta c’era una forte attività di scouting nel senso nobile del termine: per riequilibrare l’eccesso di nomine interne e per evitare un andamento asfittico si cooptavano esterni talentuosi. Intellettuali, professionisti, imprenditori che portavano la loro visione e il loro valore aggiunto, e magari anche la scomodità di un po’ di eresia e di anticonformismo, che al partito facevano bene. Poi è intervenuto un mutamento genetico profondo, connesso al racconto berlusconiano-televisivo: pochi esterni e tutti mediatici, a destra come a sinistra. Per lo più gente passata in tv: le veline candidate in Europa, previo corso accelerato di politica, ma anche figure come quelle della sportiva Valentina Vezzali, deputata di Scelta Civica. La quale, mi dicono, alla Camera si vede molto poco…”.

Tornando al tema, un Parlamento in cui le logiche autoconservative sono prevalenti: che soluzioni vedi?

“Una legge elettorale basata su piccoli collegi e con doppio turno, sul modello della legge per i sindaci. Questo obbliga i partiti a candidare gente presentabile, con una biografia riconosciuta dalla comunità locale, bypassando le logiche mediatiche. Si tratta di rivalutare le reputazioni. Così oltretutto si potrebbe anche ridurre la nevrosi del parlamentare: se lavori bene, la tua comunità ti riconfermerà e un secondo giro lo farai”.

E stabilire un limite del numero di mandati? E magari pure degli emolumenti?

“Il limite dei mandati potrebbe anche essere un aiuto psicologico: sai che in ogni caso dopo il secondo vai a casa, e sei più libero. Quanto agli stipendi, sono meno d’accordo”.

Ricordaci quanto porta a casa un parlamentare.

9-10 mila euro netti. Lavoro ben pagato, certo. Ma se lo fai bene è molto impegnativo e comporta spese cospicue. E se guadagni abbastanza puoi permetterti di dedicarti solo a quello, evitando conflitti di interesse”.

Da europarlamentare Alex Langer non volle una lira in più rispetto al suo stipendio di insegnante.

“Scelta nobilissima. A Roma gli assessori prendono 2500 euro. Ma quale professionista di valore si sentirebbe di rinunciare ai suoi introiti e di mettere in discussione la sua reputazione per meno di quella cifra? Mentre per uno che per esempio fa l’impegato e prende 2000 euro il salto è enorme: proprio questa tipologia di parlamentari è la più soggetta a tentazioni, disponibile a ogni compromesso e salto della quaglia in cambio di una garanzia di permanenza”.

Ma perché questa “addiction”? Perché non essere rieletti è talmente devastante? Ci sono molte cose da fare a questo mondo. Anche la politica, da non eletti.

“La droga dello stare in quei posti è lo status. Una cosa che può dare alla testa, specie se sei un neofita. Il 90 per cento dei parlamentari non vive nelle metropoli, non sta a Milano o a Roma, vive in piccole realtà. Ti chiamano onorevole, ti senti un principe. Ho visto neo-eletti rifarsi daccapo il guardaroba. E’ una nuova nascita nella casta”.

Fuoruscirne, quindi, è una pre-morte… Tu però sei ancora viva, mi pare.

“Dirigevo un giornale. Non ho perso solo il posto da parlamentare, ho perso anche quella direzione per volontà di Berlusconi, e la perdita più grande è stata questa. Ma continuo a seguire la politica e a farla, da un’altra posizione. Dicevo che è più che altro una questione di status, perché poi il potere del parlamentare è pressoché nullo. Sia il Pd sia il Pdl hanno rinunciato da tempo all’idea di vincere. L’idea definitivamente introiettata è quella di una politica che gestisca consociativamente gli interessi. Qualcuno l’ha chiamata la politica del Gps, ovvero del posizionamento: non sei lì per la polis, per portare temi, per rappresentare i cittadini. Il gioco è tutto interno, stretto sulle alleanze e sugli accomodamenti tra schieramenti. Il consociativismo al suo massimo livello“.

 

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 10, 2013

Rodotà, Civati, le donne: dal dire al fare

Annarosa Buttarelli, autrice di “Sovrane, e Stefano Rodotà al Festivaletteratura di Mantova (tra loro, io)

Sabato al Festivaletteratura di Mantova, davanti a una platea affollatissima, ho avuto il piacere di presentare “Sovrane”, ultimo libro della filosofa Annarosa Buttarelli (ne parleremo qui diffusamente e presto). Insieme a me, a commentare le tesi esposte nel saggio, Stefano Rodotà. In platea, ad ascoltare, Pippo Civati. Due protagonisti della politica italiana (maschile), e non per caso proprio loro due: l’uno candidato pochi mesi fa alla presidenza della Repubblica (e ancora acclamato come presidente in pectore), l’altro attualmente candidato alla segreteria del Pd, entrambi ad ascoltare -finalmente- quello che aveva da dire su questioni come sovranità, democrazia, rappresentanza una donna impegnata da molti anni nella politica della differenza

Il libro di Buttarelli è un testo di intenso amore per il mondo, e quindi un libro squisitamente politico -perché la politica è amore per il mondo, è districare le nostre vite dal potere. E di grande fiducia in una conversione trasformatrice, in un ricominciamento politico a partire dal due che siamo, donne e uomini. Non aver tenuto conto di questo due e della differenza femminile secondo Annarosa Buttarelli è all’origine di ogni altra ingiustizia, che non può essere sanata se non in questa prospettiva. E’ vano sperare in un mondo più giusto e meno infelice senza pensare a un’idea di sovranità diversa da quella che orienta la democrazia rappresentativa, ovvero senza tenere conto delle donne, del loro pensiero, e della fonte della loro autorità. A questo pensiero, all’idea dell’esercizio di un’autorità che non coincida con l’esercizio del potere, di un dispositivo di regolazione della convivenza umana che non abbia a che vedere con la brutalità del dominio e dei rapporti di forza, il mondo della politica maschile resta ostinatamente sordo. Ed ecco invece alcune eccezioni a questa sordità.

L’attenzione pubblica di Rodotà alle tesi di Buttarelli ha avuto un forte impatto simbolico: si è trattato di un alto riconoscimento e di un omaggio -del tutto opportuni- al pensiero politico di una donna radicata nella differenza femminile. Rodotà ha riconosciuto la “debolezza dell’idea di sovranità”, si è detto “in debito” con la sapienza delle donne, ha affermato di avere “imparato molto”, ha parlato di “fondazione di un pensiero”, ha ammesso la necessità del “primum vivere”. Anche da Civati, frequentatore più assiduo del pensiero della differenza, parole di grande apprezzamento.

Si tratta però ora che questo pensiero venga metabolizzato e diventi finalmente carne viva della politica di questi uomini, che ne cambi geneticamente il linguaggio, che se ne faccia un’esperienza autenticamente trasformativa da cui siano impossibili inerziali ritorni indietro. Si tratta che questi uomini che sanno ascoltare sappiano anche assumere fino in fondo un pensiero realmente in grado di infrangere i codici di una politica sterile, scadente e senza prospettive.

Si tratta di essere pronti a un salto quantico. A un salto di civiltà. Niente meno di questo.

Stiamo a vedere.

 

 

Donne e Uomini, Politica Luglio 17, 2012

Se Non Ora Quando: nessuna lista civica

Diversamente da quanto riportato da alcuni organi di stampa, Se Non Ora Quando (quanto meno, questo è l’orientamento del comitato promotore) non presenterà proprie liste civiche alle prossime elezioni (né proprie candidate alle primarie). Il che, naturalmente, non esclude che altre, singole o associazioni, pensino invece di farlo.

Il percorso in vista delle elezioni dovrebbe essere questo:

una supermobilitazione in autunno (modalità e date ancora da decidere) per sensibilizzare le donne sul tema della rappresentanza. Tema sul quale le italiane, inutile nascondersi dietro un dito, sono sempre state e restano molto tiepide. Mentre questioni come aborto e violenza -tristemente, i minimi vitali- coagulano interesse ed energie, la rappresentanza politica interessa solo una minoranza.

La mobilitazione potrebbe articolarsi in un’unica grande manifestazione nazionale o in più iniziative locali. La sfida è fare comprendere alle donne che senza una forte presenza femminile nelle istituzioni rappresentative, difficilmente i temi che stanno loro a cuore -dal macrotema lavoro-welfare ai temi “biopolitici”- diventeranno prioritari nelle agende.

Riportare la vita al primo posto, anche nella politica seconda: questo, a mio parere, è l’obiettivo che può unirci tutte, trasversalmente. L’altro obiettivo è il 50/50: non solo a livello di candidature, ma anche nelle squadre di governo. Su questo secondo obiettivo Snoq sembra piuttosto ferma: chiedere a tutti i partiti questo impegno, invitare a votare solo i partiti che promettono di mantenerlo.

Il resto -quali candidate, come sostenerle- è ancora in discussione, anche se l’orientamento sembra essere quello di non indicare formalmente dei nomi (informalmente è un altro conto).

Io la vedrei in questo modo: potrebbe essere utile che Snoq si ponesse come “agenzia” di consulenza, di informazione e di sostegno al desiderio di quelle che vorranno candidarsi, ancorché non “agenzia” esclusiva. E’ giusto che ognuna faccia riferimento ai suoi legami, alle sue relazioni politiche, ai suoi ambiti.

Potrebbe essere altresì utile che Snoq indicasse tra tutte le candidate, e in modo “soft”, per esempio con una lettera pubblica, quelle con un comprovato e non improvvisato legame con il movimento delle donne, che sui temi cari alle donne lavorano da tempo, e la cui storia testimonia un impegno costante che promette di continuare anche all’interno delle istituzioni rappresentative.

La -brutta- vicenda del CdA Rai ha avuto quanto meno il merito di evidenziare una forte doppia domanda da parte di moltissime: 1. che il merito, la competenza, l’autorità riconosciuta (vale per le donne quanto per gli uomini) contino sempre di più, e il familismo, le protezioni, le lobby maschili -donne di uomini- sempre di meno (vedi qui l’iniziativa Il rogo dei curricula) ; che quelle che vanno siano in legame efficace con il movimento delle donne, e che questo legame dia senso prioritario al loro impegno: in questo Paese machista è una priorità assoluta.

Stiamo a vedere.

Donne e Uomini, Politica Giugno 30, 2012

Donne! C’è da finire il lavoro!

No, io non mi arrendo. Non mollo, nemmeno a morire. Sono fatta così.

Il lavoro va finito. E il modo in cui si finisce questo lavoro –un lavoro di decenni, compresi i miei decenni- è uno solo: mandare tante, tantissime donne nei posti in cui vengono prese decisioni per le nostre città, per le nostre regioni, per il nostro Paese. Per la vita di tutti.

Occuparsi anche del resto, certo. Anche della violenza, anche dei femminicidi, anche dell’aborto: siamo tornate al Pleistocene dei diritti, a quanto pare. Ma non lasciamoci prendere dallo sconforto, sono solo brutali colpi di coda dell’Animale Morente.

Guai a dimenticare che questi diritti minimi, e anche qualcosina di più, sperabilmente, saranno consolidati e garantiti soltanto quando tante donne potranno decidere insieme agli uomini, che al momento continuano a decidere da soli per tutte e per tutti.

Siamo multitasking, congegnate per fare minimo dieci cose per volta, e tra le dieci cose ci sarà da fare anche questa: non mollare sulla rappresentanza, non mollare sulle primarie, sulle elezioni, sui rinnovi dei cda. Cominciare finalmente a fare dei nomi. Metterli in rete. E lavorarci con accanimento.

Ma il primo lavoro che c’è da fare è suscitare il desiderio di quelle che vorrebbero, che hanno le qualità necessarie, che si sentirebbero pronte ma da sole non osano autorizzarsi. Non aspettare che siano gli uomini ad autorizzare e a cooptare quelle che fanno comodo a loro. Incoraggiare chi è portata per questa o quella posizione.

Fare, insomma, precisamente il rovescio di ciò che troppo spesso le donne fanno con le altre donne: scoraggiarle, tagliare loro le gambe, interrompere il volo. Intravedere nell’altra quel desiderio che annaspa, non trovando parole per dirsi. E offrire a questo desiderio linguaggio ed energie.

Porsi in relazione e dire a lei: il tuo guadagno è anche il mio. Perciò desidera, combatti, arriva dove vuoi arrivare. Niente è più potente di quello che Alessandra Bocchetti chiama “il desiderio perfetto”. Ma il desiderio non può mai perfezionarsi se non risuona nel desiderio di un’altra.

Il resto –il come, il quando, i mezzi, gli strumenti- viene di conseguenza. La cosa principale resta questa: restituire campo e visuale a quello sguardo interrotto tra madre e figlia da cui si origina tutto. E che può tutto.

Donne e Uomini, femminicidio, Politica Giugno 8, 2012

Aborto: l’agenda delle donne la dettano gli uomini

E rieccoci qui a parlare d’aborto.

L’appuntamento è per il 20 giugno. La Corte Costituzionale dovrà decidere se la legge 194 è anticostituzionale. La questione è stata sollevata da un giudice di Spoleto che ha negato l’interruzione di gravidanza a una minorenne, riferendosi a una sentenza europea del 2011 che dichiarava l’inviolabilità dell’embrione umano (sentenza che però si riferiva alla ricerca scientifica).

Secondo l’amica Marilisa D’Amico, costituzionalista, sono ottime probabilità che la consulta giudichi inammissibile il quesito (la ragazza ha avuto il permesso dei genitori e ha già abortito). E un conto è la ricerca, un altro l’interruzione di gravidanza. Ma se capitasse invece che la Corte decidesse di esaminare la questione, non c’è dubbio: le donne di questo Paese dovrebbero tornare a mobilitarsi in favore della legge 194, già sostanzialmente inapplicata e disattesa causa massiccia obiezione di coscienza.

Nessun dubbio anche sul fatto che di fronte al numero impressionante di femminicidi (siamo sulla settantina di casi in poco più di 5 mesi) e alla pervasività della violenza maschile, non è possibile sottrarsi alla stramobilitazione e all’impegno su questo fronte.

Ma ritrovarsi oggi a dover parlare di violenza e di aborto, che io oggi sia qui a scrivere di questo, come ieri ho scritto di violenza, è già una sconfitta, e va letta come tale.

Viviamo un  momento cruciale e potenzialmente “rivoluzionario” per la nostra democrazia. Che le donne, già vessate, indebolite e infiacchite dalla riforma del lavoro e delle pensioni e dall’assoluta mancanza di welfare debbano spendere le poche residue energie per difendere i minimi vitali (non morire d’aborto, non morire per mano di un uomo), sottraendone alla battaglia per la partecipazione al governo del Paese, fa gran comodo alla politica misogina.

Gli uomini ci stanno dettando l’agenda politica.

Corriamo grandi rischi. Se dopo aver proclamato l’obiettivo del 50/50 dovessimo portare a casa solo modesti risultati, com’è molto probabile in assenza di una forte e immediata iniziativa, il backlash, il contrattacco, potrebbe essere davvero terribile, con un attacco concentrico sul piano dei diritti.

Solo potendo contribuire a decidere le agende politiche porteremo a casa veri risultati sulle questioni che ci interessano: lavoro, welfare e anche violenza e aborto. Per questo dico che dobbiamo rimanere ben concentrate sul tema della rappresentanza.

Stanno facendo di tutto per distrarci. E ci stanno riuscendo

Donne e Uomini, Politica Maggio 18, 2012

Dell’aborto non mi importa nulla

 

Titolo un po’ fortino, lo so. E poi non è del tutto vero.

Dell’aborto mi importa, e precisamente mi importa questo, in una logica di riduzione del danno. Nell’ordine: 1. che ricorrere all’aborto sia sempre meno necessario 2. che quando è necessario ricorrervi, sia possibile farlo in condizioni di minore sofferenza fisica e psichica possibili, e quindi con tutte le garanzie igienico sanitarie, e senza aggravare la pena psicologica 3. che sia queste condizioni si realizzino (e oggi, purtroppo, non si realizzano).

Ciò detto: non intendo essere ricondotta dal contrattacco a parlare dei minimi vitali, violenza sessista e aborto. Non voglio essere costretta in difensiva. Non ci casco. Intendo delegare, nella massima fiducia, ogni discorso sulla violenza sessista e sull’aborto a donne che se ne occupano con competenza da molto tempo, sempre pronta ad accorrere per sorreggerle e supportarle in caso lo richiedessero. Nel caso della violenza per esempio: prontissima a lottare perché i centri antiviolenza e le case delle donne abbiano finanziamenti adeguati e continuativi (no ai finanziamenti a pioggia, no ai progettifici di chi si improvvisa per intercettare fondi o per cavalcare il tema).

Ma non mi piace che tutte siamo inchiodate lì, che continuiamo a parlare di questo, in una sorta di autovittimizzazione secondaria, e che perdiamo di vista l’orizzonte grande. Perché potremo risolvere i problemi, anche quelli della violenza e quello dell’aborto, solo tenendo lo sguardo alto, puntato su quell’orizzonte. Il che ci consentirà di arrivare a occupare posizioni che ci consentano di decidere le priorità, la destinazione delle risorse, e così via.

E allora torniamo a parlare di rappresentanza, torniamo a parlare di organizzazione del lavoro, creiamo le condizioni perché le nostre pratiche siano massimamente efficaci, perché ci sia possibile parlare la nostra lingua politica, e basta con la formazione permanente! ci siamo già formate a sufficienza.

Non è più il momento dei cahier des doleances. E’ quello dei risultati.

Donne e Uomini, Politica Maggio 1, 2012

Scampato femminicidio n. 55

valentina pitzalis di carbonia: nell'aprile 2011 il marito ha cercato di ucciderla con il fuoco

 

Ieri a Monza un uomo, lasciato dalla moglie per la sua violenza, ha puntato la pistola contro la donna per convincerla a tornare con lui. Poi l’ha puntata contro se stesso. Ma quando ha visto sua figlia quindicenne che piangeva, ha infilato la porta e se n’è andato senza sparare. I carabinieri l’hanno arrestato mentre vagava in stato confusionale.

Qui si vede bene quello che è: patriarcato in agonia. Il dispositivo del dominio che diventa inefficace a causa della libertà femminile. Che è come ritrovarsi senza baricentro, senza identità, senza scheletro. I maschi più fragili, i più poveri di spirito non sanno affrontare il passaggio di civiltà. Ma è anche la prova che il passaggio di civiltà sta avvenendo, che la civiltà del dominio di un sesso sull’altro sta finendo, ed è su questo grande orizzonte occorre tenere con fiducia gli occhi mentre si fa conta dei femminicidi, terribile colpo di coda del patriarcato morente.

Quello di Monza poteva essere il femminicidio n. 55, e non è stato. Mi piace pensare, anche se so benissimo che non è così, che quell’arma si è abbassata anche per ciò che è avvenuto, per la grande risposta da parte di donne e uomini di buona volontà all’appello di Se non ora quando, diffuso da noi blogger unite e ripreso da mezzo web.

Prendiamo quell’arma che si abbassa come un guadagno simbolico, come un segno di ciò che può e deve avvenire sempre più spesso. Come la comprensione da parte degli uomini che la strada dev’essere un’altra, quella del poter essere uomini rinunciando al dispositivo del dominio, assumendo la libertà femminile, avendo fiducia nel fatto che camminando fianco a fianco -l’embrione di quella che l’antropologa Riane Esler nel suo bellissimo saggio “Il Calice e la Spada” chiama nuova Civiltà Gilanica– c’è meno infelicità per tutti.

Le donne hanno già fatto tutto ciò che c’era da fare perché questo capitasse. Ora tocca agli uomini. Lo diciamo ormai da tanto tempo. Il più di quello che deve capitare sul fronte della violenza sessista, come tante volte abbiamo detto, oggi capiterà nella testa e nel cuore degli uomini. Teniamolo sempre ben presente, quando penseremo a nuove iniziative a progetti contro il femminicidio: oggi si tratta essenzialmente di un fra-uomini.

L’iniziativa di Se non ora quando segna una vigorosa ripresa di protagonismo politico da parte di questa complessa organizzazione, definendone meglio l’identità di rete in grado di catalizzare e valorizzare ciò che di vero e di meglio capita tra le donne, con un ottimo senso del tempo e dell’opportunità (kairòs).

Anche se qualche problema si è visto, e vale la pena di tenerlo presente: a fronte di un’adesione massiccia, immediata e di slancio, alcune hanno ritenuto di dover chiosare, puntualizzare, analizzare, eccepire, o addirittura tristemente affondare il comitato centrale Comencini&Co (che) approfitta della vicenda di Vanessa e dell’onda emozionale che questo suscita per infilare qualche rigo sul 13 febbraio (tutto oramai viene diviso in Avanti13feb e Dopo13Feb), giusto per attribuirsi la nascita delle lotte contro la violenza sulle donne”. 

Tutto, naturalmente, può essere discusso, e tutto può venire meglio. Ed è certo che sul tema del femminicidio siamo stramobilitate in molte e da molti anni -anche in questo blog ne abbiamo parlato tantissimo- in particolare quelle, come Marisa Guarneri a Milano, Elvira Reale a Napoli e decine di altre, oscurate dai media e praticamente senza aiuti, che stanno in prima linea nel sostegno alle donne maltrattate. Ma, mi dico, se nemmeno su una questione “blindata” come la violenza e il femminicidio le ansie di protagonismo si placano per convergere senza esitazioni in una strategia condivisa, che cosa capiterà su temi che predispongono naturalmente al conflitto, come quello della rappresentanza?

Come molt* sanno, anche sulla rappresentanza c’è molto lavoro in atto: almeno su un fatto, il 50/50 –che ora piace pure a Hollande!- siamo tutte d’accordo. Ma prova ad azzardare un’ipotesi sul “chi”, e si scatena l’inferno dei veti incrociati. Appena una mostra di avere le caratteristiche auspicabili -desiderio, capacità politiche, quel minimo di visibilità- per una candidatura, parte la sparatoria e la guerriglia. Ma queste 50 da contrapporre ai 50 da quelche parte andranno pur trovate, io credo. A meno che, quando sarà il momento, non le importiamo dall’estero.

E ora, per aver detto questo, vado a infilarmi il giubbotto antiproiettile.

Buon Primo Maggio.

p.s. Nella foto, Valentina Pitzalis, di Carbonia. Nell’aprile del 2011 il marito l’ha cosparsa di kerosene e ha appiccato il fuoco, incapace di accettare la separazione. Valentina è molto forte, e lotta per ricominciare a vivere. Ha bisogno di cure costose e di amicizia. Contattatela sulla sua pagina Facebook.

Donne e Uomini, Politica Marzo 17, 2012

Se non ora quando, le elezioni, i partiti

Incontro di tutti i comitati locali Se non ora quando, domani a Roma, Casa delle donne. Per individuare il modo migliore di coordinarsi efficacemente in quest’anno cruciale per la nostra democrazia rappresentativa.

I movimenti delle donne hanno sempre fatto fatica con dispositivi come quello della delega. Non basterà una giornata di dibattito per venirne fuori. Ma si potrà pur sempre trovare una soluzione interna provvisoria, delineando una struttura “a tempo” che consenta a Snoq di non distrarre energie dall’obiettivo prioritario: portare il maggior numero possibile di donne nelle istituzioni rappresentative nel 2013, puntando dritto al 50/50.

E tenendo ben presente che questo sarebbe solo il primo passo. Che il lavoro da fare è ben altro. Che portare la differenza femminile nello spazio pubblico, sfuggendo all’omologazione, significa ingaggiare un corpo a corpo quotidiano con “quella” politica scaduta e scadente, per cambiarne modi, tempi, linguaggio, agende e priorità. E si dovrà essere in molte per fare questo, strette in un patto di genere.

In che cosa consiste questo patto, che tiene insieme le molte differenze e trasversalità politiche? A me pare che cammini su due gambe:

1. portare nella politica e nello spazio pubblico la lingua femminile, quella che parliamo da sempre nel “privato” in cui siamo state chiuse per millenni. Cambiare il linguaggio della politica vuole dire cambiare forme, modi e tempi della politica: una forte presenza femminile nelle istituzioni fa cambiare la democrazia. Si va lì anche per disfare.

2. “primum vivere”: riportare al primo posto nelle agende della politica ciò che è primo, la vita, i bisogni, i desideri, le relazioni, la salute in senso lato, e rimettere al secondo posto le cose che oggi usurpano il primo posto: la finanza, il consumismo, la “necroeconomia”, la falsa crescita, eccetera.

Su queste due gambe dovremmo poter camminare tutte insieme.

Penso che si debba tenere conto anche di un altro fatto: oggi la fiducia nei partiti -tutti- è al 4 per cento, cioè tendente a zero. Ma in molti comitati locali di Se non ora quando la presenza di donne dei partiti, in particolare dei partiti di centrosinistra, e dei sindacati è molto forte. Cioè: il movimento è fatto prevalentemente da donne che non appartengono a partiti o sindacati, ma in un buon numero di comitati operativi locali sono le donne di partiti e sindacati a essere più attive. Un’anomalia che pone il problema della cosiddetta “doppia fedeltà”: fare la politica delle donne, ma doverne rendere in qualche modo conto alla politica degli uomini.

La storia ci insegna che questa doppia fedeltà si è quasi sempre risolta in un’infedeltà al proprio genere. Che tra le due fedeltà, quella all’organizzazione maschile di appartenenza ha sempre vinto. Ma in questo modo le donne -tutte, anche quelle che fanno parte di queste organizzazioni- hanno sempre perso. Il che dovrebbe fare riflettere le donne dei partiti e dei sindacati, e convincerle dell’inevitabilità di un conflitto con le loro organizzazioni, che oggi stanno al punto zero della fiducia.

Per concludere: iniziative come la Lettera ai partiti per ottenere un’equa rappresentanza sono passaggi importanti e in qualche modo inevitabili, ma si dovrà comunque tenere conto dell’estrema debolezza di questi interlocutori -i partiti- e della probabile moltiplicazione di alternative civiche alle prossime elezioni politiche: liste civiche vere, e anche liste “civetta” controllate dai partiti. Come intende muoversi Snoq, in questo scenario possibile? Come intende articolare la propria presenza?

Una possibilità sarebbe, oltre alla pressione forte per il 50/50 e il proprio sostegno unicamente a quelle forze che lo garantiranno -a livello di incarichi, e non solo di candidature-, l’indicazione a votare nelle varie liste quelle candidate la cui storia -e non solo una promessa dell’ultim’ora- garantisca un impegno forte al patto di genere di cui dicevamo.

L’altra possibilità sarebbe quella, più complessa, di liste civiche proprie, o di una compartecipazione a liste civiche.

Infine: la legge elettorale. Una delle prime questioni da affrontare sarà questa, evitando di delegarla ai partiti che non hanno alcuna intenzione di rinunciare all’esercizio del controllo consentito dal Porcellum, e indicando i meccanismi più favorevoli ad aumentare la partecipazione e l’elezione delle donne (es: doppia preferenza di genere?)

Infine-infine: il donna-vota-donna. Sappiamo benissimo che non ha mai funzionato. Si tratterà quindi di riflettere molto attentamente e di non lasciarsi ingannare da trompe-l’oeil consolatori come questo, adottando il maggiore realismo possibile. Anche se oggi, per la prima volta, potrebbe funzionare, chissà…
IMPORTANTE P.S.: esiste un oggettivo conflitto di interesse tra Snoq e i partiti. I partiti non hanno alcun interesse a candidare molte donne, Snoq dichiara invece questo obiettivo. Difficile tenerli insieme. Le donne dei partiti e le donne che non stanno nei partiti devono tenerlo molto ben presente. E lottare insieme, dentro e  fuori, per vincere insieme la loro battaglia.

 

 

 

Donne e Uomini, Politica Marzo 7, 2012

Caro partito ti scrivo

Non vi voteremo.
O vi impegnate per il 50/50, o non vi voteremo. In occasione di Ottomarzo, la minaccia si alza da più parti.
Figuratevi se non sono d’accordo. L’ho profferita a Bologna, chiamata a parlare da Pippo Civati. E a Siena, all’incontro di Se non ora quando. Sono quasi un paio d’anni che lo strillo appena posso. Non vi voteremo.
Registro perciò la lettera ai partiti che pubblico qui, e la sottoscrivo. Ci mancherebbe.
Ricordando tuttavia che, per dirne solo alcune.
a) il 50 per cento delle candidature non significa affatto il 50 per cento di elette
b) nulla può sostituire la volontà politica, che deve essere espressa chiaramente dai partiti, di sostenere le candidate e soprattutto di formare una squadra di governo paritaria: il 50/50 di Milano, per esempio, è frutto dell’impegno assunto -e mantenuto- dal sindaco Pisapia in campagna elettorale, e non esito delle elezioni: in consiglio comunale il 50/50 non c’è, mentre c’è in giunta e negli altri incarichi di governo
c) non basta porsi “nell’attesa che riusciate a mettervi d’accordo su una nuova legge elettorale che possa eliminare ogni discriminazione di genere”. Si tratta di essere interlocutrici attive e di formulare proposte su questa materia complessa. Tenendo presenti alcuni paradossi: per esempio, in presenza della chiara volontà politica di cui sopra, il famigerato Porcellum a liste bloccate può consentire l’elezione di molte più donne che altri meccanismi
d) valutare attentamente il “donna vota donna”: finora non ha funzionato
e) tenere ben presente quello che sta capitando ai partiti, messi sotto assedio dalle proposte civiche: si rischia di aprire una faticosa interlocuzione con chi sta perdendo
f) avere pronto un piano B, valutare l’idea di liste civiche che accolgano e promuovano questo forte desiderio femminile di politica.
Ciò detto, ecco la Lettera ai partiti che viene presentata questa mattina a Roma.
Lettera aperta ai partiti: il voto delle donne
Siamo cittadine di questo Paese, alcune di noi lavorano, altre studiano, sono disoccupate o dedicano il loro tempo alla famiglia. Ma tutte noi, nel lavoro, nello studio, fuori e dentro la famiglia, ogni giorno facciamo il nostro dovere, e lo facciamo al meglio perché ci crediamo.
Anche per questo non ci rassegniamo a lasciare questo Paese nelle mani di un’oligarchia, quasi tutta maschile, di “professionisti della politica”. Perché la politica riguarda la vita di tutte noi.  
Scriviamo questa lettera, anche a nome di tutti gli uomini che ne condividono lo spirito, sia a titolo individuale che a nome di varie associazioni e gruppi appartenenti alla società civile perché abbiamo deciso di cambiare l’unica cosa che possiamo cambiare subito: il nostro comportamento!mVe lo comunichiamo perché la cosa vi riguarda direttamente in almeno due punti: 

1) Nell’attesa che riusciate a mettervi d’accordo su una nuova legge elettorale che possa eliminare ogni discriminazione di genere, noi abbiamo deciso di votare solo per quei partiti che presenteranno liste con ugual numero di candidati dei due sessi.
Questo per rafforzare la presenza delle donne nelle istituzioni, dalle quali finora siamo state metodicamente escluse, in nome del principio di uguaglianza sancito dall’art.3 della Costituzione italiana.
Quindi:
I partiti che non presenteranno liste con il 50% delle donne tra i candidati, non avranno il nostro voto

2) Nell’attesa di una legge elettorale che restituisca il potere di scelta alle elettrici e agli elettori, abbiamo deciso di votare solo quei candidati e candidate che, attraverso i partiti che li sostengono, metteranno a disposizione dell’opinione pubblica la loro biografia completa, con la storia dettagliata del loro percorso professionale, patrimoniale e politico, ivi compresi meriti e competenze che noi ci riserveremo di controllare nella loro completezza e veridicità.
Questo in nome di una necessità di trasparenza essenziale al miglioramento della qualità della rappresentanza politica, sia maschile che femminile, che ormai si è ridotta a rappresentare soltanto se stessa.

Quindi:
I partiti che non forniranno i profili dettagliati delle loro candidate e dei loro candidati, non avranno il nostro voto. 
Se queste due richieste saranno disattese, non vi voteremo; lo faremo privatamente, a partire da noi stesse, dalla rete delle nostre relazioni familiari, amicali, professionali, e lo faremo pubblicamente, in modo più organizzato, utilizzando tutti i canali possibili delle donne e della comunicazione politica, sociale, culturale.
Poiché crediamo nell’urgenza di questa battaglia di democrazia e di civiltà, invitiamo tutte le cittadine e tutti i cittadini che ne condividono lo spirito a firmarla e a diffonderla.
Alle donne dei partiti che condividono le nostre richieste chiediamo di farsene interpreti presso le loro segreterie e di rendersi disponibili per un incontro/confronto che contiamo di organizzare al più presto.  
Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.