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Donne e Uomini, media, Politica, tv Febbraio 18, 2012

A tutte le blogger italiane

A tutte le blogger (e anche ai blogger di buona volontà).

Penso a Lorella Zanardo, alla 27a ora, a Loredana Lipperini, alle tantissime che fanno uno straordinario lavoro sulla rete (ma sui giornali hanno pochissima voce): ogni giorno nasce qualcosa di nuovo tra le donne online, su Facebook e su altri social network, tanto che non è possibile seguire tutte, ed è un vero peccato.

La farfalla di Belen inquadrata in primo piano e in primetime (e i manifesti di Miss Patata affissi nelle nostre città, l’ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti e attuale vicepresidente del Salone del Libro di Torino Lorenzo Del Boca che pubblica culi sulla sua pagina Fb, tanto per dirne solo alcune) dimostra che la “dignità delle donne” non interessa più a nessuno, e che l’alto monito del Presidente della Repubblica ai giornalisti è caduto nel vuoto.

Caduto Berlusconi il machismo della nostra politica, delle nostre istituzioni, dei mass media sopravvive intatto, e torna impunemente a manifestarsi all’inizio di quello che sarà un anno cruciale per le donne di questo Paese.

Nel 2013 si va al voto. Verosimilmente il numero dei posti nelle nostre istituzioni rappresentative diminuirà (è già così per gli enti locali): tradotto, altro che 50/50, vuole dire che la rappresentanza femminile, già scandalosamente esigua, rischia addirittura di diminuire.

Il 13 febbraio i partiti l’hanno già serenamente archiviato.

Una rappresentazione indegna delle donne e del loro corpo e il ricorso a stereotipi umilianti non è sono solo terreno di coltura di misoginia e violenza, ma svolgono anche la preziosa funzione di tenere le donne al loro posto, negando la loro forza e la loro competenza, indebolendole e infiacchendole.

Tutte noi blogger, insieme pur nelle differenze che resterebbero intatte, possiamo costituire la punta di diamante della resilienza a questo meccanismo misogino, vigilando, analizzando, attivandoci insieme per denunciare, stigmatizzare e anche punire, sottraendo consenso.

Questa unità di analisi e di intenti che si è espressa spontaneamente nel caso della squallida vicenda di Sanremo (vedi i post di 27a ora online e sul Corriere cartaceo, Flavia Perina oggi su Il Fatto, i miei post e molto altro), dimostrazione che ci siamo, e che ci muoviamo nella stessa direzione, sarebbe enormemente potenziata da un coordinamento attivo, che ci veda muoverci insieme sui temi rappresentazione /rappresentanza, strettamente interconnessi.

Insieme possiamo moltissimo.

Attendo di sapere che cosa ne pensate. Diffondete, se ritenete.

Buon lavoro, e gratitudine per tutte.

Aggiungo qui una precisazione che può essere utile: non si tratta di costituire una nuova rete. Si tratta solo che alcune di noi, che ritengono cruciali le questioni rappresentazione/rappresentanza (viste nella loro connessione) e che ne scrivono singolarmente, adottino una firma collettiva per postare sull’argomento,  proponendo ai propri lettori e condividendo in rete e nei social network come abitualmente facciamo da singole. Si tratta di unire periodicamente le nostre firme e i nostri “pubblici” per dare maggiore forza a opinioni, riflessioni ed eventuali iniziative. Alcune esperienze di questo tipo nel recente passato (per esempio il lavoro condiviso tra Lorella Zanardo e me su Expo, che ha avuto risonanza internazionale, dall’Australia alla Spagna, e ha costretto il segretario generale del Bie a un pubblico impegno) ci incoraggiano in questo senso. E’ una cosa in più, non “invece di”, che si aggiunge e si connette al fitto lavoro della rete.

Oltre a Lorella Zanardo e Loredana Lipperini, aderiscono all’idea Giovanna Cosenza, Manuela Mimosa Ravasio e altre (daremo al più presto l’elenco completo, mi scuso se non sono in grado di farlo ora, e preciseremo il “format” dell’inizativa).

Chiunque sia interessata si faccia viva. Grazie.

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 10, 2012

Polis femminile: primo anniversario

Mentre continuiamo a discutere del governo Monti e dell’asse Roma-Washington -oggi mi sento più yankee che mai- vorrei dire qualcosa della politica delle donne.

Io credo che le vere novità -la fase 2, dopo quella della rimessa-in-pari- verranno di lì, da un’intensa partecipazione femminile, da un profondo mutamento di linguaggi e forme, dall’irruzione della politica prima (quella che le donne fanno da sempre, e che ricondurrei al concetto di cura) nella politica seconda, quella della rappresentanza e della delega. Da una nuova e inedita agenda, che pian piano si va costruendo, che riporti in primo piano ciò che è davvero primario nella vita di tutti, donne e uomini.

Questa novità di forme e di linguaggi è visibile in embrione nel percorso di “Se non ora quando”, a quasi un anno dal 13 febbraio.

Si vanno cercando modalità organizzative, assumendo -mi pare- quella fatica, quel disagio della democrazia (una testa=un voto) di cui parlavamo qui qualche post fa   http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2012/02/01/le-donne-e-il-disagio-della-democrazia/

Niente è scontato. Ci si assume anche qualche rischio. Come quello della trasversalità. E quello della non-delega (userei un’altra parola, ma non mi azzardo). Diciamo di una lingua materna.

Ecco un documento del comitato nazionale Snoq, che si ribadisce non-elettivo. Diciamo così, primum inter pares. E invita invece i comitati territoriali alla massima apertura.

Per chi fosse interessata al tema, ci sono spunti su cui ragionare e discutere.

(ne approfitto per dire che causa maltempo la due giorni organizzata da Snoq Bologna su lavoro è welfare dovrebbe essere spostata al 3-4 marzo)

 

“… in merito alla differenza tra il Comitato Promotore e i Comitati Territoriali.

Sì, noi crediamo che il Comitato Promotore sia diverso dai Comitati Territoriali.

Lo è di fatto, se non altro per la sua storia. Non riconoscerne il ruolo di promozione e di indirizzo sarebbe sbagliato, perché porterebbe alla dissoluzione del movimento.

Il Comitato Promotore ha saputo, il 13 febbraio, parlare a tutte e a tutti. Ha avuto come primo riferimento le singole donne, senza usare bandiere. Ha pensato e scritto la “carta d’identità” come base per la riunione di Siena. Tutte ne hanno preso atto senza obiezioni. Comitati Se Non Ora Quando si sono moltiplicati in tutta Italia. Ne sentiamo la responsabilità.

Continuiamo a lavorare attraverso il web e a tenere i contatti con tutte, incoraggiando piena libertà di espressione nei Comitati locali, chiedendo solo il rispetto della trasversalità e l’attenzione alle donne singole che vogliono partecipare a Se Non Ora Quando.

Chiediamo anche a Snoq Milano questa apertura e attenzione.

Ad un anno dal 13 febbraio, forti del lavoro fatto e delle relazioni costruite con i Comitati Territoriali, stiamo elaborando un documento politico sulla forma organizzativa di Se Non Ora Quando. Lo discuteremo tutte insieme al prossimo incontro.

Il Comitato Promotore

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 1, 2012

Le donne e il disagio della democrazia

Leggo sulla pagina Facebook di Se non ora quando Milano il seguente post a firma Cristina Pecchioli:“Sarebbe bene che gente come la Tinagli eviti di usare se non ora quando per veicolare i suoi “pareri”. Io non li condivido. Allora faccia meno la furba!”.

Tinagli (Irene) è stracurriculata, docente all’Università Carlos III di Madrid, esperta di innovazione, creatività e sviluppo economico, consulente del Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU, della Commissione Europea e di numerosi governi regionali, enti e aziende in Italia e all’estero, ma essendo che il suo parere non piace a Cristina Pecchioli, si deve ammutolire. 

Il succoso curriculum non esclude che Tinagli abbia detto una grandiosa cretinata (non si capisce a quale “parere” Pecchioli si riferisca, e quindi non si può valutare).

Ma qui il tema è un altro. Ovvero che una è titolata a esprimere solo pareri conformi al parere maggioritario di un gruppo, Se non ora quando, che per assunto condiviso dovrebbe essere aperto a tutti i contributi e politicamente trasversale. A quanto pare invece a Milano, dove il gruppo è blindatissimo e monocolore di sinistra, è all’opera una “commissione pareri” che deve decidere se il tuo parere può essere espresso oppure no, secondo i più squisiti modi dei soviet. 

Una mostruosità, insomma. Una posizione grottesca che esprime quello che chiamerei “disagio della democrazia”, questione invece serissima e di grande rilevanza fra le donne.

Per disagio della democrazia, intendo questo: la fatica che le donne fanno con un dispositivo, quello democratico, che si sono trovate bell’e fatto, che non hanno contribuito a congegnare e che per alcuni millenni non ha tenuto conto di loro. La democrazia è nata proprio così, tenendole fuori. Quando cercano la loro strada nello spazio pubblico, non è strano che facciano fatica con dispositivi come la delega e la rappresentanza, e si ritrovino a sperimentare dell’altro.

La cosa molto interessante è per esempio che in Snoq si discuta di rappresentanza “fuori” (il 50/50, la partecipazione paritaria alle istituzioni rappresentative maschili) ma si faccia una certa fatica a discuterne “dentro”. Come se quel dispositivo venisse ancora buono nelle situazioni miste, ma tra donne l’idea e l’utilità della rappresentanza si indebolissero.

La grande parte delle donne che ama la politica ha ancora molta paura di ammettere questa fatica della democrazia, anche se poi nei fatti, come si vede, le pratiche sono rivelatrici.

Simone Weil non si fece problemi a dirlo: “Tutto spinge al limite della democrazia”.

Forse questo imbarazzo con i dispositivi democratici va interrogato. Lì è in corso, forse non del tutto consapevolmente, un vero e proprio laboratorio politico. Women at work per inventare la loro polis.

(anche di questo ragiono nel mio prossimo libro, in uscita il 7 marzo per Rizzoli, titolo: “Un gioco da ragazze- Come le donne rifaranno l’Italia”: si fa tanto fatica a scriverli, un po’ di pubblicità).

 

Donne e Uomini, economics, Politica Maggio 30, 2010

L’IMBROGLIO DELLA RAPPRESENTANZA

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Reduce da una piccola ma infelice esperienza con un’elezione di non primaria importanza, qualche pensiero sul tema della rappresentanza.

La rappresentanza è svuotata di significato, in quanto i rappresentanti al 99 per cento rappresentano sé medesimi come singoli e la categoria dei rappresentanti nel loro insieme. La grande parte delle energie e delle risorse sono impiegate per regolare i conti tra rappresentanti, mentre i rappresentati, i cittadini, le loro necessità, le loro vite, sono solo un fastidio con cui di tanto in tanto dover accettare fare i conti.
La difficoltà sta nel saper convivere con questo fatto senza frustrazioni, svuotando ed erodendo progressivamente di politicità i luoghi della rappresentanza. Si tratta di un processo probabilmente fatale, ma certamente troppo lento.
Per esempio: mi fa un’enorme rabbia assistere allo spreco costante delle risorse di tutti, non soltanto ai ladrocini delle svariate cricche -ce n’è ormai dappertutto- ma alla non-economicità delle scelte che vengono intraprese e alla miopia di certi investimenti. Come tutte le donne sono oculata e risparmiatrice, vado in sofferenza per i soldi buttati, per le occasioni mancate, anche in quei rari casi in cui non c’è imbroglio. So che questo sentimento è molto diffuso nel mio sesso.
Mi viene spesso in mente una scena di Schindler’s List, quando lui alla fine, spogliandosi di quel poco che gli è rimasto, un anello, una penna d’oro, dice piangendo: “Con questo ne avrei salvati altri quattro… Con quest’altro ne avrei salvati cinque…” (vado a memoria). Ecco, mi capita tante volte di ritrovarmi a ragionare così: con queste risorse buttate avremmo potuto fare questo, con queste altre quest’altra cosa, così importante per tutti.
Ora ci toccheranno altre lacrime e altro sangue, a quanto pare: daremo ancora più soldi ai nostri rappresentanti, sotto le più svariate forme. E sono certa che tutti parteciperemmo volentieri al sacrificio se sapessimo da che parte si va, come capita nelle nostre case e nelle nstre famiglie quando si dice per esempio: quest’anno niente vacanze di Natale, perché dobbiamo cambiare la vecchia cucina, una rinuncia economica, ovvero la rinuncia a un agio in cambio di un agio più grande. Ecco, questo non lo vediamo mai, e ci sentiamo ridotti all’impotenza. Scoprire cricche e cricchette al lavoro è solo vedere la punta di un gigantesco iceberg di ruberie, avidità, arroganze ed egoismi individuali. Questo ci fa soffrire molto, e fa soffrire, ripeto, soprattutto noi donne, condannate per via del sesso di cui siamo nate a non poter mai prendere decisioni secondo il nostro buon senso, secondo logiche di non-azzardo e oculatezza, a doverci piegare a logiche che si sono ampiamente dimostrate perdenti anche nei rari casi in cui veniamo incluse tra i decisori.

Non sono vecchia, ma neanche una ragazzina, ho l’età giusta per poter governare, ma ho sempre più paura di dovermene andare di qui senza avere visto come sarebbe questo mondo se le donne potessero farlo a modo loro. Mi viene in mente un uomo illuminato come Sanjit “Bunker” Roy, fondatore dell’Università degli scalzi del Rajastan, quando ha raccontato di insegnare la tecnologia solare alle mamme e alle nonne dei villaggi africani, che tornate a casa mettono subito in pratica il loro sapere per il bene di tutti. “Se la insegnassimo agli uomini” dice “andrebbero subito a rivendersela in città”.

Forse la sola possibilità è che le donne stringano un patto con uomini illuminati come lui, e anche con molti giovani uomini, capaci di riconoscere l’autorità femminile senza sentirsene diminuiti. Quell’autorità, quella competenza e quel merito che al contatto con i meccanismi della rappresentanza si dissolvono come neve al sole, e non contano più nulla, vengono sopraffatti da logiche di scambio, alleanze perverse, mostruosità pseudo-politiche che rispondono unicamente a logiche di autoconservazione. Per esempio, nella piccola elezione che vi dicevo, e il cui ballottaggio è ancora in corso, una lista “di sinistra” che per vincere si allea con una corrente dichiaratamente “di destra”, nonché familistica in senso letterale-gestita da un’intera famiglia- pur di tenersi i suoi poveri seggiolini. “Con queste logiche imperanti” dice giustamente un mio amico “se alle elezioni politiche si presentasse anche Gesù Cristo verrebbe fatto fuori”.

Su questo voglio riflettere. Su questo tema vorrei che stessimo a lungo per tirare fuori qualcosa di buono.