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AMARE GLI ALTRI, economics, Politica Aprile 11, 2013

La politica che verrà

 

Alex Langer: “Continuate in ciò che era giusto”.

La grande condivisione del mio ultimo post, quello su Vandana Shiva e Davide Serra (rimbalzato al momento su oltre 7000 pagine di social network, tra Facebook e Twitter) sinceramente mi ha un po’ sorpreso. Si vede che i tempi sono finalmente maturi, mi sono detta. Alcune delle cose che ho scritto lì arrivano dritte dal mio ultimo libro “Un gioco da ragazze”, che ho scritto nel 2011. Sono già state profondamente dibattute e, tra l’altro, fanno parte del patrimonio vivo del pensiero della differenza femminile. Ma forse il momento giusto per dirle è questo, con un terribile 2012 alle spalle e nel corso di un 2013 ancora più faticoso.

Mi riferisco a un’altra idea di economia e in definitiva a un’altra idea di mondo. Penso all’amico Alexander Langer che, generalmente inascoltato, più di vent’anni fa diceva cose come queste:

Il piccolo potere è il potere del “consumatore”… Qualcuno dovrà pur cominciare, e indicare e vivere un privilegio diverso da quello della ricchezza e dei consumi: il privilegio di non dipendere troppo dalla dotazione materiale e finanziaria”.

Una scelta di espansione … è una scelta di riarmo. Una scelta di contrazione è una scelta di disarmo”.

Esiste un “impatto generazionale di tutto ciò che noi facciamo, sia a livello macrosociale che micro sociale”.

Si tratta di “perdersi per ritrovarsi… Se non si trovano nel presente (per esempio nel rapporto di amore) sufficienti ragioni per volere un futuro, non vi potrà essere nessuna astratta ragione, nessun rapporto del Club of Rome o delle Nazioni Unite”.

Ecco, oggi sta succedendo precisamente questo, ci stiamo faticosamente perdendo per ritrovarci, siamo in cammino, e ho fiducia che un bel pezzo l’abbiamo fatto, perdendo molti pezzi per strada, e forse anche tante zavorre inutili. A quanto vedo, oggi siamo in tanti a condividere il desiderio di vivere in un modo diverso, di vedere in azione un’altra politica, un’altra economia, di partecipare all’edificazione di un’altra civiltà. Questo è il modo in cui intendiamo ritrovarci.

Ho immaginato un prossimo scenario politico che potrebbe vedere contrapporsi chi, come Davide Serra e i suoi amici, pensa a questo mondo come l’unico possibile, eventualmente con qualche Tobin Tax a temperarne gli eccessi. E chi invece, come Vandana, come Alex, e come tanti altri, e in particolare altre, testimoniano già la praticabilità e l’urgenza di una vita più semplicemente e immediatamente giusta e felice per il maggior numero possibile dei viventi, in cui non siano più le logiche della finanza e l’interesse dei pochissimi a tenere il mondo in ostaggio.

Poi chiamamola destra e sinistra, oppure vecchio e nuovo -le età anagrafiche, come si vede, non c’entrano, e anzi possono ingannare-, oppure politica giusta e politica ingiusta, o non chiamiamola affatto. Quello che conta è non perdere la fiducia.

Forse è la prima volta che guardando la faccia di Alex ho voglia di sorridere e non mi arrabbio con lui.

“Continuate in ciò che era giusto”, ha lasciato detto. Oggi ci stiamo provando finalmente in tant*.

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, economics, esperienze Giugno 16, 2012

99 a 1: all’osso, solo egoismo

Leggo sul “Sole 24ore” un articolo di Alfonso Berardinelli che comincia così: “Di tutte le parole che possiamo scrivere con la maiuscola sarebbe bene diffidare: contengono quasi sempre un pericolo di retorica e pretendono un rispetto che la loro astrattezza illusionistica non merita. Essere, Stato, Mercato, Rivoluzione, Patria, Partito eccetera: in ognuno di questi temi è nascosta qualche trappola”.

Lui dedica la sua digressione alla Poesia. Io invece, tra le parole maiuscole che lui indica, prenderei per esempio Partito e Mercato. Di una certa attualità, mi pare. Per provare fare, intorno a questi due muri che non si lasciano scalfire, un ragionamento che chiamerei “riduzione all’atomo”.

I partiti non cambiano, non si innovano, frenano il cambiamento. Come ogni istituzione di potere (cosa ben diversa dalla politica), non hanno alcun interesse a muovere e a cambiare. Il potere è un trattenimento, un ingorgo di energia. Ogni minima variazione può comportare smottamenti e perdite.

Questi partiti sono fatti di uomini che in gran parte dei casi, come si vede bene, pur di salvare se stessi mettono a repentaglio la vita del partito. E di conseguenza la vita della nostra democrazia, che sulla dialettica tra partiti si è sempre basata. Può essere che impareremo a farne a meno, ma al momento l’alternativa è ben poco chiara.

Questi uomini sono i veri antipolitici. Ridotto all’atomo, il problema dei partiti è solo egoismo personale.

Si può ragionare allo stesso modo sul Mercato, sull’Economia, sulla Finanza. Su quel Moloch invisibile e invincibile che sta sbranando le nostre vite. All’atomo, nient’altro che questo: l’egoismo di alcune migliaia di persone del pianeta. Straricchi che diventano sempre più ricchi, al soldo del Denaro, divorando e distruggendo risorse e affamando il resto del mondo.

Secondo l’ultimo Global Wealth Report, mentre alcuni stati sono sull’orlo del default, il patrimonio degli investitori privati è salito quest’anno a 122,8 bilioni di dollari. Più o meno il doppio del Pil dell’ultimo anno di tutte quante le nazioni della Terra messe insieme.

Nient’altro che egoismo, quindi. Nient’altro che miseria spirituale produttrice di infelicità. Poche migliaia di persone che ne affamano miliardi.

A me pare che, messe in questo modo, le cose assumano un altro aspetto. E che ciò aiuti a sentirsi molto meno impotenti.

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.

Corpo-anima, economics Novembre 7, 2011

Crescita: e di che cosa?

Che cos’è precisamente questa crescita che si continua a invocare? A noi umani ordinari a volte pare che si stia parlando soprattutto di crescita dei consumi. E che cos’altro cresce, quando crescono i consumi: cresciamo noi? evolviamo come esseri umani? decresce la nostra infelicità? cresce la bellezza, la bontà, il benessere, l’allegria? cresce la qualità delle relazioni umane? o invece crescono solo i soldi, i profitti di pochi?

Questa parola, crescita, a tratti suona come un ordine, come una minaccia. Tornare ai livelli di crescita, rilanciare la crescita. O crescita, o morte. Noi non-economisti non dovremmo permetterci di parlare di queste cose. Non è richiesto che diciamo la nostra. Dobbiamo limitarci a crescere e fare crescere, spingendo come ossessi in quell’unica direzione. Fare in modo che, anche diminuendo o non aumentando le entrate, non si riducano, e anzi crescano le uscite. Dobbiamo farlo per il bene del paese.

Oddio, non che sia semplice. Ci viene chiesta una cosa piuttosto complicata. Chi fa la spesa mi capisce, sempre a cercare occasioni, offerte speciali, outlet, discount, anche a scapito della qualità. Ma nel caso ti sarà data una mano. Aumenteranno la benzina e il gasolio, per cominciare. E quando aumenta la benzina e il gasolio in genere aumenta anche tutto il resto. Cosicché quello che riuscirai a risparmiare da una parte, diminuendo la quantità di cose che compri, lo spenderai subito dall’altra, perché queste cose costeranno di più. E allora crescita diventa il sinonimo della nostra lotta quotidiana.

Possibile che non ci sia qualcos’altro, che potrebbe e dovrebbe crescere, qualcos’altro da mettere al centro? Possibile che se non crescono i consumi tutto andrà inevitabilmente a rotoli? Qui gli economisti potrebbero aiutarci a capire: esiste un altro modo di fare andare le cose, un’alternativa a questo modello? Perché questa idea di economia, che fa pur sempre parte dei costrutti umani e non delle leggi di natura non può essere eventualmente decostruita? Perché i bisogni umani fondamentali –quei quattro bisogni, sempre quelli, da sempre: il cibo e l’acqua, le relazioni e l’amore, l’aria da respirare, un tetto sotto il quale ripararsi- non possono e non devono stare al centro di quella che chiamiamo economia, e che si comporta come un’ideologia?

E perché quando si pongono domande come queste ci si sente un po’ in colpa, come se si violasse un tabù?

AMARE GLI ALTRI, ambiente, Donne e Uomini, economics, Politica Settembre 18, 2011

Penelope a Davos

Se vi è mai capitato di pensare che l’economia è una scienza triste, lontana non solo dalla produzione e dall’allegria del fare, ma dalla vita reale tout court, dai bisogni, dal desiderio umanissimo di felicità; e se dopo averlo pensato vi siete sentiti impotenti al cospetto di questo Superleviatano e delle sue leggi date come immutabili, rassegnati di fronte questo pensiero triste che paradossalmente ci sta rendendo anche più poveri –tutti, tranne pochissimi-, allora il libro di Ina Praetorius, teologa protestante svizzera, “autrice di saggi, casalinga e madre di una figlia” è scritto per voi.

In “Penelope a Davos” (ed. Quaderni di Via Dogana), Praetorius guarda al disordine di fine-patriarcato, alla crisi irreversibile di una civiltà che ha preso forma dal dominio maschile. Il compito elettrizzante che oggi abbiamo, dice, donne e uomini insieme, è quello di costruire un pensiero post-patriarcale. Di trovare parole, immagini, un simbolico che fa nascere il mondo nuovo. Senza lasciarsi scoraggiare: “un ordine che sia stato costruito è logicamente anche modificabile”.

L’economia è l’epicentro del grande disordine, ed è “urgente e indispensabile… restituire alle donne e agli uomini che se ne occupano la libertà di ripensarla in un modo nuovo”. Sentendosi liberi di pensare che “il mercato, quando si costituisce erroneamente quale prima istanza dell’economia, è destinato a fallire, e lo si desume dal fatto che in un’economia di mercato globale migliaia di persone muoiono quotidianamente di fame”. Vale in particolare per un mercato in cui lo scambio avido è ormai solo tra denaro e altro denaro, senza alcun rapporto con i bisogni umani reali.

La soluzione non sta in leggi che vincolino queste transazioni, ma nel fatto di non pensare più al mondo come mercato per ricominciare a vederlo come l’ambiente domestico, la casa, l’oikos –radice del termine economia- di 6 miliardi e mezzo di umani, tutti ugualmente bisognosi e interdipendenti. Si tratta di rimettere le cose al loro posto, tornando a vedere il mercato come istanza secondaria, e  bisogni e relazioni come primari. Anche a costo di sembrare ingenua e naïve, dice Praetorius: “aggettivo che viene dal latino nativus, relativo alla nascita”. Ma è proprio a partire dalla nascita, dalle relazioni, dalla vulnerabilità, da un’idea di libertà che non è indipendenza assoluta ma “partecipare al gioco del mondo con nuove pratiche” (Hannah Arendt), che lei intende ripensare le cose.

esperienze, TEMPI MODERNI Dicembre 3, 2010

ITALIA 2010: INFELICITA' SENZA DESIDERI

Traggo in velocità da Libero.it.

Un’Italia “appiattita” che stenta a ripartire. E’ l’analisi del Censis, contenuta nel 44esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010, presentato oggi a Roma dal presidente del centro studi, Giuseppe de Rita e dal direttore generale, Giuseppe Roma. Il Censis registra un “declino parallelo” della legge e del desiderio.

LE REGIONI – In alcune regioni a complicare la situazione è la presenza della criminalità organizzata, radicata specialmente nel Sud Italia (soprattutto in Sicilia, Puglia, Calabria e Campania). Molti dei provvedimenti varati negli ultimi anni, scrive il Censis, hanno avuto un modesto impatto reale. Da qui il venir meno della fiducia nelle lunghe derive e nell’efficacia delle classi dirigenti. Di là dai fenomeni congiunturali economici e politico-istituzionali dell’anno, suggerisce il Censis, “adesso occorre una verifica di cosa è diventata la società italiana nelle sue fibre più intime“.

LAVORO AUTONOMO IN DECLINO – Diminuisce il lavoro autonomo, notoriamente motore che allontana dalla crisi, difatti si puo notare un calo del 7,6%: dal 2004 al 2009 c’è stato un saldo negativo di 437 mila imprenditori e lavoratori in proprio. Cresce la disoccupazione nei primi due trimestri, pari al 5,9%, rispetto allo 0,9% della media europea. Nel nostro Paese sono 2.242.000 le persone tra i 15 e i 34 anni che non si dedicano allo studio, non lavorano e neppure cercano un impiego, anche perchè, come da loro dichiarato, alcuni lavori sono meno interessanti e appetibili.

ITALIA E L’EUROPA – I motivi della crisi economica vanno ricercati, secondo il Censis, anche in altri fattori e, soprattutto, nel confronto con quanto accade all’estero. Tra il 2000 e il 2009 il tasso di crescita economica italiana è stato più basso che in Germania, Francia e Regno Unito. Il made in Italy diminuito dello 0,3% su scala mondiale, attestandosi su una quota di mercato globale del 3,5%. A risentirne maggiormente sono stati i comparti a maggiore tasso di specializzazione, dalle calzature ai mobili, notoriamente orgoglio nazionale all’estero. E non è tutto: l’Italia non sfrutta a pieno una ripartizione flessibile degli orari lavorativi. Ed è inoltre,  in Europa, quella in cui meno si osservano modelli di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda: ciò avviene solo nel 3% del totale, contro una media europea del 14%..

MATTONE BENE RIFUGIO – Secondo italica tradizione, il 40% degli intervistati dice di non avere risparmi a disposizione, ma i nuclei familiari che possono investire nutrono eterna fiducia nel mattone. Nel 2010, dopo tre anni di recessione, è in leggero progresso la compravendita di case, in salita d el 3,4 per cento. Per il 22,7% degli italiani, investire nel mattone è il miglior canale per investire dei capitali.

IL DESIDERIO – Sono evidenti manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa: comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e futuro. E una società appiattita “fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa”. Così all’inconscio, ammonisce il Censis, manca oggi la materia prima su cui lavorare: il desiderio. “Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita”, è la ricetta proposta.

Aggiungo io: noi donne siamo piene di desideri. Lasciateci fare.

economics Luglio 1, 2010

VECCHIO CARO BOBBY

robert kennedy, 1968

robert kennedy, 1968

Un gran bel pensiero che desidero condividere con voi, mentre le borse vanno in altalena e la speranza di un buon secondo semestre è sempre più lontana.

“Oggi il nostro prodotto interno lordo ha superato gli 800 miliardi di dollari. Ma questo pil include l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine. Include le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per chi cerca di forzarle. Include la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostre meraviglie naturali. Include il napalm, le testate nucleari e i mezzi blindati usati dalla polizia per reprimere le rivolte nelle nostre città. Include i programmi della tv che esaltano la violenza per vendere più giocattoli ai nostri bambini. Il prodotto interno lordo, però, non include la salute dei nostri bambini, la qualità della loro istruzione o il piacere dei loro giochi. Non include la bellezza della nostra poesia o la forza dei nostri matrimoni, l’intelligenza del nostro dibattito politico o l’integrità dei nostri dipendenti pubblici. Non misura la nostra vivacità né il nostro coraggio, la nostra saggezza o il nostro sapere, la nostra compassione o la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, tranne quello per cui vale la pena vivere. E può dirci tutto sull’America, tranne perché siamo orgogliosi di essere americani”.

Robert Kennedy, università del Kansas, 18 marzo 1968.
Nemmeno due mesi dopo, il 6 maggio 1968, Bob Kennedy morirà assassinato.
Donne e Uomini, TEMPI MODERNI Novembre 25, 2008

MAMMA, AIUTAMI!

un toro. non una mucca

un toro. mica una mucca

Scrive in un commento Giuly: “C’è questa ricerca dell’Università di Cambridge che sostiene che ci sia la possibilità che le bolle economiche siano un fenomeno maschile legato al livello di testosterone.
Mettiamola in termini di ormoni, di yin e yang, usiamo qualsiasi archetipo o simbolo ma mi sembra veramente incredibile che si possa ancora pensare che il fallimento che è sotto gli occhi di tutti possa essere sanato dallo stesso pensiero unico che lo ha causato. Scusate, sono ripetitiva ma mi sembra ogni giorno più incredibile…”.

Mettiamola così -e per l’ennesima volta, prima o poi ci entrerà in testa…-: che se il genere umano è bisessuato, una ragione ci sarà; e se uno dei due sessi impone la sua differenza come assoluto, se pretende di rimanere solo a decidere delle cose del mondo, lo squilibrio è inevitabile; e se dopo parecchi millenni di questo sistema monosex il pianeta è affaticato e isterilito, a qualche correttivo in direzione di una gestione collaborativamente bisessuata si dovrà pur pensare. Quanto all’economia in particolare, propongo a Giuly e a tutti gli altri una lettura “di genere” della crisi, confortata dalle opinioni di una signora che se ne intende.

Questa mia intervista a Loretta Napoleoni è comparsa su Io donna – Corriere della Sera sabato 22 novembre (un po’ lunghetta, lo so, per un blog, ma fate un sforzo, credo che ne valga la pena).

Se sulla crisi si facesse un sondaggio tra le donne di tutto il mondo, se si chiedesse loro come la stanno vivendo si registrerebbe un’immensa rabbia. Non solo perché non sono state loro a inventare il gioco anti-economico globale che ci ha messi ko, ma anche per il fatto che il loro saper fare economico, con al centro la vita e il desiderio, non viene interpellato.
Vale anche per le dottore in economia. Salvo rare eccezioni: come Loretta Napoleoni, romana trapiantata a Londra, grande esperta mondiale di terrorismo ed economia, consulente di Bbc e Cnn, editorialista per The Guardian, Le Monde, El Paìs, L’Unità e autrice di numerosi saggi.
Una che interviene senza timidezze. Nel suo “I numeri del terrore”, scritto con Ronald J. Bee (Il Saggiatore), ha lucidamente previsto la crisi globale. E condivide l’opportunità di darne una la lettura “di genere”.

“C’è molto malcontento tra le addette ai lavori” conferma “anche se solo a porte chiuse. La paura di esporsi è molto forte. Nel Women in Banking and Finance, network internazionale di operatrici del sistema bancario e finanziario, si dice che se alla guida delle banche ci fossero state delle donne tutto questo non sarebbe successo. Ma far passare i propri criteri è ancora più difficile che arrivare al top”.

E quali sono questi criteri?

L’uomo tende al gioco e all’azzardo: qui, poi, il rapporto tra il rischio e l’eventuale guadagno era sproporzionato. Anche se fosse andato benissimo, cioè, il gioco non sarebbe valso la candela. Per le donne invece il perno è il risparmio”.

L’Islanda alla bancarotta ha chiesto aiuto alla “mamma”: a traghettare il paese sono state chiamate due donne, Elìn Sigfùsdòttir e a Birna Einarsdòttir, con l’idea di “cambiare la cultura rischiosa dei bonus e delle stock option”. Che cosa hanno in mente di fare?

“Hanno impostato un programma di carattere keynesiano: in poche parole, incentivi all’economia reale e abbandono di ogni logica di rischio”.

Ma su questo, più realtà e meno azzardo, oggi sembrerebbero d’accordo tutti, donne e uomini…

“Solo a parole. In realtà di fronte alla necessità di un vero cambiamento gli uomini sono molto reticenti. Il terreno della finanza ad alti rendimenti non è stato affatto abbandonato. La convinzione è che si debba resistere fino al 2009, e poi le cose torneranno come prima. Oggi in borsa si specula al ribasso: il caso più eclatante è stata la Volkswagen. La logica resta l’azzardo. Che si tratti di una crisi di sistema non è stato affatto metabolizzato. La parola d’ordine maschile è ‘tenere duro’. Quella femminile è ‘fuori di qui’”.

E fuori di qui che cosa c’è?

“L’accettazione vera della fine di questo sistema. L’adesione convinta alla necessità di un mercato regolato. Una logica del risparmio che poi è la stessa che le donne agiscono con competenza nella gestione dei bilanci familiari. La centralità dell’attività reale. L’accettazione del rischio d’impresa, ma riducendo al minimo quello legato al debito. Un’idea del denaro per la vita, non del denaro per il denaro. L’applicazione in grande, insomma, di quelli che sono già i comportamenti economici femminili”.

La teologa svizzera Ina Praetorius dice che i modi in cui si organizza l’ambiente domestico –‘economia’ vuol dire questo: legge della casa- dovrebbero diventare il modello per il mondo intero. Si può fare?

“Ci sono banche, come l’australiana Westpac, che lavorano già così. Che hanno sezioni femminili, dove le clienti, dall’imprenditrice alla donna di casa, vengono seguite, finanziate, assistite nei loro business. Il microcredito, al 90 per cento gestito da donne, è applicabile con successo anche nei paesi sviluppati, non solo in quelli poveri. Sempre in una logica di legame con l’attività reale, la vita e i bisogni”.

Nel suo libro lei dice che la crisi è maschile anche perché la causa principale è nell’enormità di risorse investite dagli Usa nella lotta al terrorismo.

“Bush aveva ereditato da Clinton un piccolo surplus. Oggi lascia un deficit di 9500 miliardi: tutto per la guerra al terrorismo. In più le restrizioni imposte dal Patriot Act hanno indotto il sistema bancario internazionale a dirottare gli investimenti dal dollaro all’euro. Diminuendo la domanda mondiale di dollari, la moneta Usa si è indebolita. E i paesi che vendono petrolio e materie prime, pagati in dollari svalutati, hanno alzato i prezzi. A tutto questo si è intrecciata la paura del terrorismo: a ogni minaccia di attentato il mercato ha reagito alzando il prezzo del petrolio. Che almeno fino al 2004, quindi, è salito solo per la speculazione sulla paura e per la caduta del dollaro”.

Lei dice anche, dati alla mano, che questo allarme terrore non è giustificato…

“A dispetto dell’opinione comune, dall’11 settembre l’attività terroristica è cresciuta solo nel mondo musulmano. L’Occidente è stato molto più insicuro negli anni della Guerra Fredda, sia per numero di attacchi che di vittime. L’unica ad aver guadagnato dalla paura, quindi, è stata l’alta finanza, che ha potuto speculare. In più il terrorismo ha distratto dall’economia il governo americano, e anche quello inglese. Hanno lasciato andare il mercato. La crisi dei mutui, l’impoverimento e l’indebitamento delle famiglie si inseriscono in questo scenario di guerra”.

Come ne usciremo?

“Solo con politiche veramente rivoluzionarie. Un nuovo New Deal. Il modello neoliberista non funziona, verità che le donne hanno accettato. Servono regole. Se non una “global governance”, regole rigide applicate in tutti i paesi, come prima della globalizzazione. Ho cominciato a lavorare nella City nel 1981, e quando suonava la famosa campana il mercato si chiudeva. Oggi sulle piazze telematiche compri e vendi quando ti pare. Non si può tornare alla campana, ma gli stati devono poter controllare quello che succede, stabilendo regole del gioco da seguire, pena l’esclusione”.

Quanto tempo ci vorrà per uscirne?

“Dipende da che cosa si farà. E non è detto che si farà quello che si deve. Non meno di 4-5 anni, comunque”.

Quello che faranno gli Stati Uniti è decisivo?

“Decisive saranno le scelte di Cina, Russia, Brasile e India, i 4 paesi “brick”, come si dice. La Cina ha già tagliato i tassi di interesse e sta investendo nelle infrastrutture statali: in pratica un New Deal. La Russia è intervenuta sul mercato finanziario e sta per farlo sull’economia. E ha molti soldi, il 12-13 per cento delle riserve mondiali di danaro. Soldi reali. Economia reale: quella che piace alle donne”.

Come possiamo far sentire la nostra voce?

“La crisi è una grande opportunità. Bisogna dire quello che pensiamo, sempre e ovunque: nei canali alternativi, sui blog, nel web… Bombardarli di pensiero femminile, senza paura. Perché il problema è anche questo: le donne tacciono. Sono bravissime e competenti, ma non osano. Per questo bisogna fare network, aiutarci, imparare a riconoscere l’autorità dell’altra. Non accontentarci di essere poche prime della classe, mosche bianche tra gli uomini. Così non si combina nulla”.

Corpo-anima, Politica, scuola, TEMPI MODERNI Novembre 16, 2008

ED ECCO IL NEW-NEW DEAL

Stralcio del videodiscorso di Obama, ieri:

“…. Make no mistake: this is the greatest economic challenge of our time. And while the road ahead will be long, and the work will be hard, I know that we can steer ourselves out of this crisis — because here in America we always rise to the moment, no matter how hard. And I am more hopeful than ever before that America will rise once again.

But we must act right now. Next week, Congress will meet to address the spreading impact of the economic crisis. I urge them to pass at least a down-payment on a rescue plan that will create jobs, relieve the squeeze on families, and help get the economy growing again. In particular, we cannot afford to delay providing help for the more than one million Americans who will have exhausted their unemployment insurance by the end of this year. If Congress does not pass an immediate plan that gives the economy the boost it needs, I will make it my first order of business as President.

Even as we dig ourselves out of this recession, we must also recognize that out of this economic crisis comes an opportunity to create new jobs, strengthen our middle class, and keep our economy competitive in the 21st century.

That starts with the kinds of long-term investments that we’ve neglected for too long. That means putting two million Americans to work rebuilding our crumbling roads, bridges, and schools. It means investing $150 billion to build an American green energy economy that will create five million new jobs, while freeing our nation from the tyranny of foreign oil, and saving our planet for our children. It means making health care affordable for anyone who has it, accessible for anyone who wants it, and reducing costs for small businesses. And it also means giving every child the world-class education they need to compete with any worker, anywhere in the world.

Doing all this will require not just new policies, but a new spirit of service and sacrifice, where each of us resolves to pitch in and work harder and look after not only ourselves, but each other. If this financial crisis has taught us anything, it’s that we cannot have a thriving Wall Street while Main Street suffers – in this country, we rise or fall as one nation; as one people. And that is how we will meet the challenges of our time -together. Thank you.

Tutto il videodiscorso qui: http://www.change.gov/.

Donne e Uomini, Politica Novembre 7, 2008

DONNE, PARLIAMO DI ECONOMIA!

Sì, infatti. Non occupiamoci di Berlusconi e dell'”abbronzatura” di Obama. Amiche, parliamo di economia. Abbiamo due cose: una gravissima crisi di sistema, ma anche la rete. Soprattutto, abbiamo la competenza con cui da sole sappiamo gestire il day-by-day dei bilanci familiari, dei risparmi, degli investimenti.

Non facciamoci spaventare dal fatto che non capiamo il gioco finanziario degli uomini. E’ solo un gioco! Ed è un gioco che si è rivelato disastroso. Invadiamo la rete con il nostro pensiero economico. Diciamo quello che pensiamo, con tutto ciò che sappiamo della vita e tutto il nostro cuore. Usate questo spazio per dire la vostra. Dite anche alle vostre amiche di farlo. Scrivete voi quelo che hanno da dire, se non sanno usare Internet. Non abbiate paura! E’ la nostra vita! Aspetto di leggervi. Resto all’ascolto, con amore e attenzione.