Che cos’è precisamente questa crescita che si continua a invocare? A noi umani ordinari a volte pare che si stia parlando soprattutto di crescita dei consumi. E che cos’altro cresce, quando crescono i consumi: cresciamo noi? evolviamo come esseri umani? decresce la nostra infelicità? cresce la bellezza, la bontà, il benessere, l’allegria? cresce la qualità delle relazioni umane? o invece crescono solo i soldi, i profitti di pochi?

Questa parola, crescita, a tratti suona come un ordine, come una minaccia. Tornare ai livelli di crescita, rilanciare la crescita. O crescita, o morte. Noi non-economisti non dovremmo permetterci di parlare di queste cose. Non è richiesto che diciamo la nostra. Dobbiamo limitarci a crescere e fare crescere, spingendo come ossessi in quell’unica direzione. Fare in modo che, anche diminuendo o non aumentando le entrate, non si riducano, e anzi crescano le uscite. Dobbiamo farlo per il bene del paese.

Oddio, non che sia semplice. Ci viene chiesta una cosa piuttosto complicata. Chi fa la spesa mi capisce, sempre a cercare occasioni, offerte speciali, outlet, discount, anche a scapito della qualità. Ma nel caso ti sarà data una mano. Aumenteranno la benzina e il gasolio, per cominciare. E quando aumenta la benzina e il gasolio in genere aumenta anche tutto il resto. Cosicché quello che riuscirai a risparmiare da una parte, diminuendo la quantità di cose che compri, lo spenderai subito dall’altra, perché queste cose costeranno di più. E allora crescita diventa il sinonimo della nostra lotta quotidiana.

Possibile che non ci sia qualcos’altro, che potrebbe e dovrebbe crescere, qualcos’altro da mettere al centro? Possibile che se non crescono i consumi tutto andrà inevitabilmente a rotoli? Qui gli economisti potrebbero aiutarci a capire: esiste un altro modo di fare andare le cose, un’alternativa a questo modello? Perché questa idea di economia, che fa pur sempre parte dei costrutti umani e non delle leggi di natura non può essere eventualmente decostruita? Perché i bisogni umani fondamentali –quei quattro bisogni, sempre quelli, da sempre: il cibo e l’acqua, le relazioni e l’amore, l’aria da respirare, un tetto sotto il quale ripararsi- non possono e non devono stare al centro di quella che chiamiamo economia, e che si comporta come un’ideologia?

E perché quando si pongono domande come queste ci si sente un po’ in colpa, come se si violasse un tabù?

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