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beppe grillo

Politica Aprile 26, 2013

5 Stelle, ultima chiamata

Incontro Enrico Letta- Movimento 5 Stelle

Per carità, non voleva dire quello, ma quell’altro: affermando che il 25 aprile è morto, Beppe Grillo non intendeva dire che la festa della Liberazione è ormai una celebrazione retorica e priva di significato, ma che oggi, di fronte a questo sistema dei partiti che la usurpa, “i partigiani piangerebbero”. Sta di fatto che tutti hanno capito quell’altro, bell’autogoal, e la colpa non si può dare ai riceventi, ma è tutta dell’emittente.

Poi quellincontro in streaming con il presidente incaricato Enrico Letta, “Pd-M5S, il Ritorno”. Una cosa stanca, film bruttino che ti rivedi in tv giusto perché non hai altro da fare, Crimi-Lombardi & C fiaccati dalla seduttività pacata e un po’ ipnotica del “giovane” Letta. Lui che li incoraggia a discutere, ad abbattere i muri, a scongelarsi, e li mette di fronte ai risultati dei loro “niet”. Lombardi che a un certo punto, disorientata, se ne esce totalmente fuori contesto con la questione dei doppi incarichi: suggestiva, per carità, ma che nulla aveva a che vedere con il tema in oggetto, governo e programmi.

Insomma: brutta giornata per il M5S. Una delle peggiori, forse, da quando il Movimento è entrato nelle istituzioni rappresentative, a conferma di quell’arietta che ha cominciato a spirare in Friuli Venezia Giulia, con il deludente risultato del candidato di Grillo alla presidenza della Regione. La sensazione è che Grillo sia un ottimo leader di lotta, ma non altrettanto di governo. Confermata da tutti quelli/e (e sono tanti/e, anche tra i giovani, il loro principale bacino elettorale) vanno dicendo che “la prossima volta non li voto più”.

Questi sono tempi strani: oggi porti un milione di persone in piazza, domani ti ci ritrovi solo con i parenti stretti. Pensate a quello che è capitato con Se Non Ora Quando: l’enorme potenziale del 13 febbraio sperperato per assoluta incapacità politica, e ridotto a ufficio romano di collocamento di 4 candidate 4. Potrebbe capitare anche ai 5 Stelle: cosa che spiacerebbe ad alcuni -per esempio a me, che attribuisco allo scossone benefico della loro presenza quel poco di innovazione che stiamo portando a casa- e invece piacerebbe ad altri.

Al di là di ogni valutazione, è ora che il M5S cambi registro, e anche in fretta. Da tempo suggerisco meno rabbia e un po’ di mitezza gandhiana. Ora mi permetto di suggerire anche una logica di maggiore efficacia qui-e-ora. Che consenta di dire: questo risultato lo abbiamo portato a casa noi, e anche questo e quest’altro.

In caso contrario, i successi del Movimento resteranno affidati unicamente agli insuccessi, agli errori -e alle malefatte- dei partiti.

E tutti continueremo a ballare al ritmo battuto da quel signore che ieri, dal Texas, telefonava a Roma per dettare le sue condizioni, questo sì e questo no, e che resta, al momento, il principale protagonista della politica italiana.

Politica Aprile 18, 2013

PdmenoellemenoPd e M 5000 Stelle

Ora non si potrà più dare dei disfattisti ai 5 stelle, che per il Colle al Pd hanno fatto una proposta di quelle che non si possono rifiutare –Stefano Rodotà– lasciando intravedere che subito dopo si sarebbe parlato di governo.

Nei colloqui di qualche settimana fa, nomi per la premiership dai 5 Stelle il presidente Napolitano non ne aveva voluti sentire. Come fanno i bambini, sapete, quando si tappano le orecchie e ululano. Ma stavolta ha dovuto ascoltarli, lui e tutti gli altri. E i nomi erano -sono- tutti degnissimi, da quello di Milena Gabanelli, che con grandissimo stile si è sfilata dalla partita, a quello di Rodotà, che ha accettato la sfida. Talmente degni che ieri sera davanti al teatro Capranica -e dappertutto in rete- i militanti del Pd sono andati a dire che per quello che li riguarda il candidato è Rodotà, e a ribadire che l’inciucio non lo vogliono: “Le salsicce alle feste del Pd annassero a cocersele loro” dice un manifestante, vedere qui). Per quello che riguarda il gruppo dirigente del partito, invece (tolto un centinaio di dissidenti: i renziani, Pippo Civati, Laura Puppato e altri) il candidato è Franco Marini. Cosa che ha comportato a Pierluigi Bersani la spiacevolezza di dover sgattaiolare dall’uscita secondaria del teatro, il che dovrebbe bastare a fargli capire che se la dirigenza del partito si è relativamente compattata, il partito non c’è più, e non è fatto poco rilevante.

Inciucio doveva essere, fin dal principio, e inciucio è stato. Il nome di Franco Marini, la grande “sorpresa” preannunciata poche ore prima dalla zelante Alessandra Moretti, è quello che si presta meglio a garantirlo: meglio di D’Alema, che comunque attende nell’ombra, non si sa mai, ieri circolava il suo nome anche per la presidenza del futuro governo, meglio di Giuliano “31 mila euro” Amato, meglio di Anna “Ikea” Finocchiaro. Il nome che, secondo i conti di Bersani, avrebbe ridotto il dissenso al minimo fisiologico. Non è andata così, a quanto sembra.

Berlusconi è stato abilissimo, Grillo pure, Bersani molto poco. Quel “buon senso” che tanti gli hanno sempre riconosciuto sembra smarrito, in vertiginoso calo dalle primarie a oggi, se per buon senso si intende la capacità di captare gli umori del Paese.

Salvo raffiche dei franchi tiratori, tra un’ora o due il Presidente della Repubblica potrebbe essere Marini. Con 4/5 degli elettori di sinistra che non smettono candidamente di chiedersi: ma perché non Rodotà?

Franco Marini, veterano della politica politicante, colui che ammise: “E’ vero, io e D’Alema complottammo contro Prodi” (vedi qui). Marini, “nome di garanzia per tutti”: non per Sel, però, né per i 5 Stelle, che evidentemente di garanzie non ne meritano. Non per la grande maggioranza di elettori e iscritti del Pd. E non per la grande parte dei cittadini, che -questo è certo- avrebbero voluto un presidente di svolta.

Potrebbe esserci ancora qualche sorpresa. Stiamo a vedere. Tutto sommato converrebbe anche al PdmenoellemenoPd, che rischia di vedersi sbranato alle prossime urne da un Grillo alle 5 mila stelle.

Politica, questione maschile Aprile 5, 2013

Bambinoni

Dunque, mettiamo il caso: oggi mi telefona, che so io, Adriano Celentano. Io non lo conosco, non ci siamo mai parlati. Ma non dubito affatto che sia lui, nemmeno per un istante. Gli chiedo come sta Claudia, e poi gli spiffero tutti i fatti miei: mi capita questo, penso quello e quell’altro, il Tale è così, il Talaltro cosà. E quella faccenda? Guarda Adriano, è del tutto inutile.

L’atroce gaffe del professor Valerio Onida, saggio tra i saggi –ieri gli ha telefonato una pseudo-Margherita Hack per dirgli che questa cosa dei saggi le pare “una bischerata”, e lui ha convenuto: sì, è una cosa inutile, “serve a coprire questo periodo di stallo“, Berlusconispera di avere qualche vantaggio o protezione“, “è anziano, speriamo che si decida a godersi la sua vecchiaia“, e invece lui che ha la sua stessa età due anni fa voleva fare il sindaco di Milano- a molte donne probabilmente fa pensare che quando la parata virile non tiene più, quando la monumentale messa in scena scricchiola, gli uomini sono proprio dei bambinoni che giocano, e tutto l’immenso castello messo in piedi in millenni di storia appare come un giocattolone sul punto di andare in frantumi. La sensazione che si stia giocando ai soldatini -bellissimo gioco, ci giocavo anch’io, intorno ai 6 anni, avevo anche due rare soldatine- è ricorrente e non confortevole.

A proposito di telefonate burla: mi viene in mente il grande Cesare Musatti, decano della nostra psicoanalisi. Lui sì, l’ho conosciuto, poco prima che ci lasciasse. E mi aveva detto che tra i privilegi della vecchiaia c’era quello di poter impunemente giocare. Lui per esempio adorava gli scherzi telefonici.

Intanto proprio questa mattina in qualche località segreta -anche qui, sembrano le avventure di Huckleberry Finn- il Movimento 5 Stelle incontra Beppe Grillo, deus ex machina, per rimettere a punto la linea (ma i dissidenti non partecipano). Mi permetterei, se posso, di far presente questo: nella vita associativa umana, quando è libera, le situazioni a dissenso-zero non esistono. C’è sempre qualcuno che scarta -per i più nobili, o anche per i più ignobili motivi-. Tanto vale quindi dare per certa l’esistenza del dissenso e provare a vedere se si trova qualche sistema meno grossolano del pugno sul tavolo per venire a una linea condivisa. Mi permetterei altresì di ricordare che nel suo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”, più volte menzionato da Grillo come fonte di ispirazione, Simone Weil dice che nella nuova situazione gli eletti si assocerebbero e si dissocerebbero secondo il gioco naturale e mobile delle affinità, e non dice affatto che dovrebbero muoversi intruppati e in blocco. Perché poi quello sarebbe un partito. Anzi, il peggiore dei partiti.

Cerchiamo di crescere. Tutti.

Politica Aprile 4, 2013

Tentazione Renzi (piacione come pochi)

A un certo punto la prospettiva di vincere facile sbaraglia tutte le riserve, o forse è semplicemente la possibilità di mettere finalmente in piedi un governo in quattro e quattr’otto, con una maggioranza senza se e senza ma. Sta di fatto che nel Pd -parlo degli iscritti e degli elettori, non delle truppe parlamentari- la tentazione Renzi cresce in modo palpabile. Ma cresce anche fuori dal Pd: tra gli elettori di centrodestra, che nel renzismo vedono una possibile evoluzione del vecchio berlusconismo -e un’emancipazione dall’ormai troppo vecchio Berlusconi-, e tra molti di quelli che hanno provato a votare il M5S per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Insomma, un piacione come pochi.

Ieri Renzi, a cui va riconosciuto un gran senso del timing, è partito con decisione all’attacco: basta manfrine, il Paese sta soffrendo, o ci si allea con il Pdl o si va subito al voto. E per dimostrare che fa sul serio, scatena i suoi senatori, che depositano una proposta di legge per abrogare interamente il rimborso elettorale ai partiti.

Bersani, intanto, incassato il rifiuto definitivo dei 5Stelle, sta giocando la sua partita definitiva, quella del Quirinale. Al governissimo continua a dire no, ma sul tema del Colle il dialogo con il Pdl è aperto. E da ieri, l’abbraccio tra Bersani e Berlusconi si è fatto anche più stretto: Renzi potrebbe fare molto male a tutti e due (anzi, a tutti e tre: pure ai 5 Stelle).

Dal punto di vista estetico, la scena è suggestiva, un seducente trompe-l’oeil, il bel giovane contro tutti quei vecchi. Uno che fa sembrare vecchio pure Grillo. Una chiave passepartout, che apre tutte le porte e scardina gli schieramenti.

C’è da queste parti qualcuno che non ha votato Renzi alle primarie e che oggi invece lo sosterrebbe? E ha voglia di raccontarci perché ha cambiato idea?

 

 

 

media, Politica Marzo 8, 2013

Caro Presidente dei giornalisti

barbara d’urso e il finto grillino

 

Caro Presidente Enzo Iacopino,

detto tra colleghi: non è bello, no, sentirsi dare dei “lupi“, dei pennivendoli e dei venduti, soprattutto se sei fra quelli che hanno sempre svolto la professione meglio che hanno potuto, con onestà, dignità e rispetto della deontologia. Perciò ti comprendo bene, quando avverti Beppe Grillo che “questo suo continuo insultare i giornalisti non è degno di un uomo che dice di voler moralizzare la vita pubblica”.

Sparare nel mucchio non è mai una scelta saggia, perché poi i primi a parlare di “casta” sono stati Sergio Rizzo e Gianantonio Stella, e se in questi anni è maturata una coscienza collettiva sulla corruzione, sugli sprechi e sulle ingiustizie, è stato soprattutto grazie al lavoro coraggioso, puntuale e tenace di tanti colleghi. Il nostro lavoro, quando è ben fatto, è garanzia di libertà per tutti. E, come ho già detto più volte, non mi dispiacerebbe che Beppe Grillo, dopo lo straordinario exploit del suo Movimento, decidesse di adottare un linguaggio più consono al ruolo di responsabilità che ha assunto.

Non possiamo nasconderci tuttavia il fatto che l’accoglienza riservata da molta stampa ai nuovi “marziani a Roma”, i neoparlamentari del Movimento 5 Stelle, non è stata una gran prova di professionalità. Cittadini liberamente eletti da altri cittadini -un quarto degli elettori, a voler essere precisi, tra loro anche molti giornalisti- e comprensibilmente spaesati in mezzo alla selva di flash e di telecamere, sono stati messi alla gogna, ridicolizzati, sbeffeggiati, passati ai raggi X con intento aprioristicamente demolitorio. Tutti in cerca dello scoop, della gaffe, dello svarione, del particolare bizzarro -un ingegnere elettronico o un docente universitario che si prestano generosamente alla politica, in uno spirito da civil servant, lo sappiamo bene, sono decisamente meno divertenti da raccontare dello studente che parla un po’ goffamente dei microchip sottopelle- quando invece quello che sta capitando meriterebbe ben altra attenzione e uno sguardo acuto e libero da pregiudizi. Peraltro le biografie degli eletti, ed è una cosa alla quale non siamo abituati, sono online da mesi, a disposizione di tutti: se davvero vogliamo raccontare chi sono, questi “marziani”, basta andare umilmente a guardare.

Perciò, caro Presidente, invitiamoci a un lavoro più rispettoso, attento e davvero utile al nostro Paese, che oggi ha bisogno del massimo impegno di tutti. E casomai rivolgiamo tutta la nostra attenzione critica a chi, svolgendo (abusivamente?) la nostra professione e godendo di ampia visibilità, offre del lavoro giornalistico un’immagine davvero degradante. Dopo l’impressionante “intervista” al suo datore di lavoro Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale, la signora Barbara D’Urso, spregiudicata e pronta a tutto per qualche decimale di share,  si è esibita l’altro giorno su Canale 5 nel falso scoop del collegamento con il “finto” grillino. Un’offesa grave per Grillo, per il Movimento 5 Stelle, per i telespettatori, per la politica e per la nostra categoria professionale.

Poi non ci si stupisca del fatto che Beppe Grillo rifiuta e inibisce ogni contatto con i giornalisti italiani.

Auspicherei al riguardo un tuo severo richiamo.

 

Politica Marzo 3, 2013

Un governo “a progetto”: parla Civati

 

Se un dialogo ci fosse, il neodeputato Giuseppe Civati detto Pippo sarebbe uno dei pochi rappresentanti del Partito Democratico a poter dialogare con il Movimento 5 Stelle: per oggettiva convergenza su molti temi, e per avere da sempre considerato i grillini interlocutori politici a pieno titolo. La sua ipotesi è quella di un “governo a progetto” appoggiato dai 5 Stelle.

“Non si può pensare di procedere con i soliti schemi” dice. “Ovvero: prima si trova una maggioranza a tavolino e poi la si riempie di contenuti. Il quadro si è rovesciato. Meglio, è stato rovesciato dagli elettori. Non essendoci una maggioranza chiara, si individuino le priorità, ovvero quei punti che escono con maggiore chiarezza dal voto, e si discutano con la massima trasparenza. Se l’accordo su quei 5 o 10 punti si trova, allora c’è anche una maggioranza per fare un governo. Mi pare invece che il Movimento 5 Stelle mitizzi un po’ l’idea della “fiducia”. Dare la fiducia a un governo non significa sposarsi, significa fare un accordo a termine. Giusto per il tempo che serve a portare a casa le riforme condivise. Alla fine si tirano le somme, e si vede come andare avanti”.

Sta parlando dei punti di Bersani?

Sto parlando dei miei punti. Pubblicati e ampiamente argomentati un anno fa, e non il giorno dopo le elezioni: legge sul conflitto di interessi, nuova legge elettorale, legge contro la corruzione, riduzione delle spese militari, cancellazione dell’Imu sulla prima casa fino ai 500 euro, reddito di cittadinanza, revisione della spesa, riforma del sistema bancario, sostegno all’economia con incentivo al microcredito e abbassamento delle tasse su chi lavora e produce, e ovviamente riforma della politica, con riduzione di compensi e indennità per parlamentari e ministri e tetto massimo per gli stipendi dei manager”.

Non mi pare siano diventati centrali nella campagna del Pd.

“Nemmeno a me, purtroppo. Ma su buona parte di questi punti, se non su tutti, con i 5 Stelle la convergenza c’è”.

C’è consapevolezza, nel Pd, degli errori commessi nella gestione del patrimonio-primarie?

“Molti hanno capito. Altri invece sostengono di non aver condiviso l’impostazione della campagna elettorale: curiosamente proprio quelli che sono andati di più in tv, e che questa campagna l’hanno fatta in prima linea… E poi ci sono quelli, come me, che hanno tentato di lanciare messaggi “stellari”, con scarso successo”.

Oggi la sua impostazione è condivisa nel partito?

“Molto, tra gli elettori. Tra i dirigenti le posizioni sono le più varie. I più giovani sono convinti della necessità di un progetto alto e a termine. Per il resto si va dal Monti-bis, al governo del Presidente, all’ “inciucione” Pd-Pdl: e se i toni del confronto continueranno a essere quelli di oggi, il rischio che si concretizzi questa ipotesi è piuttosto alto”.

Che segnali arrivano dai 5 Stelle?

“Vedremo l’esito dei loro incontri. Sostanzialmente c’è una tendenza costruttiva e una più distruttiva, tanto peggio-tanto meglio. Ma se si dovesse tornare al voto, l’esito sarebbe insondabile: i 5 stelle potrebbero fare il pieno oppure ridimensionarsi. Potrebbe vincere Berlusconi. Oppure noi… Il quadro è molto mobile. Per questo dai 5 Stelle mi aspetto segnali chiari, e massima serietà: dicano che cosa intendono fare. Anche solo per cambiare la legge elettorale un governo serve”.

In che tempi si chiarirà il quadro?

“Nel giro di un paio di settimane, suppongo. Quando ci vedremo per la prima volta in Parlamento, il 15 marzo, sapremo dove si va a parare. Se tutti rimangono fermi sulle loro posizioni, il presidente Napolitano darà un incarico in base alla congruità dei programmi”.

Si fa il nome di Giuliano Amato

“Poi lo voglio vedere tagliare i costi della politica, con una pensione che supera i 31 mila euro al mese!”.

Me ne fa qualche altro?

Fabrizio Barca. O Stefano Rodotà. Entrambi molto stimati. Ma io penso che il primo a provarci dovrebbe essere il leader dello schieramento che ha vinto le elezioni, come capita in ogni Paese civile. Ovvero Pierluigi Bersani”.

Qualcuno auspica l’incarico a un giovane o a una donna, come segno di forte discontinuità.

“Purché chiunque venga incaricato dimostri coraggio e senso di responsabilità. E non faccia prevalere ragionamenti di convenienza personale, o la paura di essere bruciato”.

Si riferisce a Matteo Renzi?

“Mi riferisco a chiunque, uomo o donna, sia incaricato dal Presidente. In sostanza, tutto ruota intorno a due cardini: niente snobismi nei confronti di nessuno; e un po’ di rigore da parte di tutti gli attori, altrimenti si rischia di dover tornare al voto. E ribadisco: a vantaggio di chi è tutto da vedere”.

 

Donne e Uomini, Politica Marzo 2, 2013

Beppe Grillo? No: Simone Weil

 

“I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime il senso della verità e della giustizia… Il fine primo e, in ultima analisi, l’unico fine di qualunque partito politico è la sua propria crescita, e questo senza alcun limite… Ogni partito è totalitario in nuce… Se si affidasse al diavolo l’organizzazione della vita pubblica, non saprebbe immaginare nulla di più ingegnoso… La soppressione dei partiti costituirebbe un bene quasi allo stato puro… La democrazia, il potere della maggioranza non sono un bene. Sono mezzi in vista del bene”.

Al posto dei partiti, libere candidature in cui “i candidati non direbbero agli elettori “Ho questa etichetta”… ma “penso tale, tale e tale cosa riguardo a tale, tale e tale grande problema. Gli eletti si assocerebbero e si dissocerebbero secondo il gioco naturale e mobile delle affinità… Fuori dal parlamento, dato che esistono riviste di opinione (o blog, social forum, associazioni culturali etc, ndr), si creano intorno ad esse, in modo naturale, altrettanti circoli… Naturalmente esisterebbero i partiti clandestini. Ma i loro membri avrebbero cattiva coscienza… Non potrebbero fare alcuna propaganda in nome del partito… Un esame attento non sembra lasciar intravedere nessun inconveniente di nessun tipo legato alla soppressione dei partiti”.

Beppe Grillo? No: Simone Weil, 1950 (“Manifesto per la soppressione dei partiti politici”).

 

Politica Febbraio 19, 2013

La Milano di Grillo

 

Mi pare che non ci sia molto da aggiungere a quello che vedete qui sopra. Il Movimento 5 Stelle è quasi certamente il secondo partito, e manca ancora piazza San Giovanni. Piazza Duomo piena di giovani. Presenti le tv di tutta Europa, dalla Gb alla Grecia. Dario Fo dal palco dice che gli ricorda una piazza del Dopoguerra, e supplica: “Vi prego, non mollate”.

(la piazza dall’alto guardatela in questo filmato)

ultim’ora, 21 febbraio ore 16.40:

Parte dei voti a Grillo non sono rilevati dai sondaggi:
lo votano e non lo dicono

http://affaritaliani.libero.it/roma/chi-vota-grillo-non-lo-dice-la-politica-morta-in-diretta-tv-21022013.html?refresh_ce
Politica, Senza categoria Febbraio 18, 2013

Movimento 20 Stelle

La piazza straripante per Grillo a Torino, che vedete qui sopra -la composta, sabauda, atarassica Torino, che noi milanesi stralunati ed estroversi da sempre fatichiamo a capire – dovrebbe aver sciolto ogni riserva di dubbio: che arrivi al 18, al 20 o anche oltre, il Movimento 5 Stelle entrerà in Parlamento alla grande, terzo o forse secondo (io credo) partito. Il che comporta senz’altro una cosa: non sarà più possibile pensare di cavarsela dileggiando, minimizzando o intasando la rete di rumours e notizie tossiche. L’ultima, stamattina, sul fatto che i 5 Stelle sarebbero contro la legge 194 sull’aborto: dal sito non risulta, ma alcune dichiarazioni della capolista al Senato nelle Marche, Serenella Fucksia, autorizzerebbero dubbi in questo senso.

In attesa che Fucksia chiarisca, ribadirei questo: con quella forza politica, con i suoi parlamentari eletti ci si dovrà misurare, e già da tempo il buon senso suggerirebbe di abbandonare il piano dei gossip e dei veleni per mettersi sul piano del confronto reale. La piazza di Milano (domani in Duomo alle 18.30) sarà molto significativa.

La litania più insistente recita che il Movimento 5 Stelle è un movimento di protesta e non di proposta: il che non corrisponde al vero. Il programma dei 5 Stelle, che potrà piacere o non piacere- è online da molti mesi. Puoi essere d’accordo o non d’accordo sul reddito minimo di cittadinanza o sul no-Tav, ma le posizioni sono molto chiare. La vera nebulosa -forse è un mio problema, ma non credo- riguarda i meccanismi di democrazia interna: non ho ancora ben capito come ci si regolerà per stabilire le posizioni del movimento, eventuali alleanze o convergenze programmatiche e così via. Una volta lì dentro, poi, protesta e ostruzionismo non basteranno più. L’altra cosa che non mi è chiara -ma data la configurazione dei 5 Stelle forse non è primaria- è chi sarebbe il candidato premier. C’è un altro dubbio, che ha a che fare con il nostro digital divide: se, com’è stato nel caso delle Parlamentarie, la maggior parte della vita interna del movimento si svolge online, le decisioni vengono prese lì e così via, questo taglierebbe fuori molti cittadini che non sono in rete.

Quello che colpisce, a pochi giorni dal voto -pur tenendo conto delle necessità della competizione- è l’asprezza dei toni, andata e ritorno. Grillo, che dovrebbe forse cominciare a mostrare la sua faccia meno urlata e più “di governo”, ma anche i suoi competitor, che insistono a trattare una forza politica con un enorme seguito come se avesse ancora di fronte un comico pazzo + 4 amici.

Dal 26 febbraio, la musica dovrà cambiare. Per il nostro bene, dico.