Dunque, mettiamo il caso: oggi mi telefona, che so io, Adriano Celentano. Io non lo conosco, non ci siamo mai parlati. Ma non dubito affatto che sia lui, nemmeno per un istante. Gli chiedo come sta Claudia, e poi gli spiffero tutti i fatti miei: mi capita questo, penso quello e quell’altro, il Tale è così, il Talaltro cosà. E quella faccenda? Guarda Adriano, è del tutto inutile.

L’atroce gaffe del professor Valerio Onida, saggio tra i saggi –ieri gli ha telefonato una pseudo-Margherita Hack per dirgli che questa cosa dei saggi le pare “una bischerata”, e lui ha convenuto: sì, è una cosa inutile, “serve a coprire questo periodo di stallo“, Berlusconispera di avere qualche vantaggio o protezione“, “è anziano, speriamo che si decida a godersi la sua vecchiaia“, e invece lui che ha la sua stessa età due anni fa voleva fare il sindaco di Milano- a molte donne probabilmente fa pensare che quando la parata virile non tiene più, quando la monumentale messa in scena scricchiola, gli uomini sono proprio dei bambinoni che giocano, e tutto l’immenso castello messo in piedi in millenni di storia appare come un giocattolone sul punto di andare in frantumi. La sensazione che si stia giocando ai soldatini -bellissimo gioco, ci giocavo anch’io, intorno ai 6 anni, avevo anche due rare soldatine- è ricorrente e non confortevole.

A proposito di telefonate burla: mi viene in mente il grande Cesare Musatti, decano della nostra psicoanalisi. Lui sì, l’ho conosciuto, poco prima che ci lasciasse. E mi aveva detto che tra i privilegi della vecchiaia c’era quello di poter impunemente giocare. Lui per esempio adorava gli scherzi telefonici.

Intanto proprio questa mattina in qualche località segreta -anche qui, sembrano le avventure di Huckleberry Finn- il Movimento 5 Stelle incontra Beppe Grillo, deus ex machina, per rimettere a punto la linea (ma i dissidenti non partecipano). Mi permetterei, se posso, di far presente questo: nella vita associativa umana, quando è libera, le situazioni a dissenso-zero non esistono. C’è sempre qualcuno che scarta -per i più nobili, o anche per i più ignobili motivi-. Tanto vale quindi dare per certa l’esistenza del dissenso e provare a vedere se si trova qualche sistema meno grossolano del pugno sul tavolo per venire a una linea condivisa. Mi permetterei altresì di ricordare che nel suo “Manifesto per la soppressione dei partiti politici”, più volte menzionato da Grillo come fonte di ispirazione, Simone Weil dice che nella nuova situazione gli eletti si assocerebbero e si dissocerebbero secondo il gioco naturale e mobile delle affinità, e non dice affatto che dovrebbero muoversi intruppati e in blocco. Perché poi quello sarebbe un partito. Anzi, il peggiore dei partiti.

Cerchiamo di crescere. Tutti.

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