La piazza straripante per Grillo a Torino, che vedete qui sopra -la composta, sabauda, atarassica Torino, che noi milanesi stralunati ed estroversi da sempre fatichiamo a capire – dovrebbe aver sciolto ogni riserva di dubbio: che arrivi al 18, al 20 o anche oltre, il Movimento 5 Stelle entrerà in Parlamento alla grande, terzo o forse secondo (io credo) partito. Il che comporta senz’altro una cosa: non sarà più possibile pensare di cavarsela dileggiando, minimizzando o intasando la rete di rumours e notizie tossiche. L’ultima, stamattina, sul fatto che i 5 Stelle sarebbero contro la legge 194 sull’aborto: dal sito non risulta, ma alcune dichiarazioni della capolista al Senato nelle Marche, Serenella Fucksia, autorizzerebbero dubbi in questo senso.

In attesa che Fucksia chiarisca, ribadirei questo: con quella forza politica, con i suoi parlamentari eletti ci si dovrà misurare, e già da tempo il buon senso suggerirebbe di abbandonare il piano dei gossip e dei veleni per mettersi sul piano del confronto reale. La piazza di Milano (domani in Duomo alle 18.30) sarà molto significativa.

La litania più insistente recita che il Movimento 5 Stelle è un movimento di protesta e non di proposta: il che non corrisponde al vero. Il programma dei 5 Stelle, che potrà piacere o non piacere- è online da molti mesi. Puoi essere d’accordo o non d’accordo sul reddito minimo di cittadinanza o sul no-Tav, ma le posizioni sono molto chiare. La vera nebulosa -forse è un mio problema, ma non credo- riguarda i meccanismi di democrazia interna: non ho ancora ben capito come ci si regolerà per stabilire le posizioni del movimento, eventuali alleanze o convergenze programmatiche e così via. Una volta lì dentro, poi, protesta e ostruzionismo non basteranno più. L’altra cosa che non mi è chiara -ma data la configurazione dei 5 Stelle forse non è primaria- è chi sarebbe il candidato premier. C’è un altro dubbio, che ha a che fare con il nostro digital divide: se, com’è stato nel caso delle Parlamentarie, la maggior parte della vita interna del movimento si svolge online, le decisioni vengono prese lì e così via, questo taglierebbe fuori molti cittadini che non sono in rete.

Quello che colpisce, a pochi giorni dal voto -pur tenendo conto delle necessità della competizione- è l’asprezza dei toni, andata e ritorno. Grillo, che dovrebbe forse cominciare a mostrare la sua faccia meno urlata e più “di governo”, ma anche i suoi competitor, che insistono a trattare una forza politica con un enorme seguito come se avesse ancora di fronte un comico pazzo + 4 amici.

Dal 26 febbraio, la musica dovrà cambiare. Per il nostro bene, dico.

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