La neosenatrice Pd Laura Puppato, capolista in Veneto, venne a suo tempo insignita da Beppe Grillo della qualifica di “prima sindaca a 5 stelle” per l’efficacia della sua amministrazione a Montebelluna (TV). Eletta in una lista civica, più tardi Puppato entrò a far parte nel Partito Democratico (e Grillo non apprezzò affatto). Figura politica di confine, fortemente segnata dal suo imprinting civico, Laura Puppato si è presentata, unica donna, alle primarie per la scelta del candidato alla premiership per il centrosinistra. Potrebbe essere una figura chiave nel dialogo con il Movimento 5 Stelle.

“Dialogo” ammette “che al momento non c’è. Ma che si fonderebbe su una corrispondenza oggettiva tra i punti di programma presentati da Bersani e quelli dei 5 Stelle”.

Punti sui quali, tuttavia, il Pd non ha giocato la sua campagna elettorale…

Nella comunicazione e nell’informazione del Pd sono stati oggettivamente commessi molti errori. Faccio un esempio: le Usl spendono ogni anno la bellezza di 796 mila euro di consulenze. Corrisponde quasi esattamente a quanto i cittadini pagano per i ticket sanitari: perché poi ci siamo concentrati molto sull’Imu, ma c’è ben altro. Ebbene, il Pd ha proposto di togliere i ticket, eliminando questa enorme e insensata spesa per le consulenze. Proposta equa ed economicamente compatibile. Ebbene, ne parlavo l’altro giorno con l’ex-ministro per l’Ambiente Edo Ronchi, persona generalmente piuttosto informata. Il quale mi ha detto che di questa proposta non aveva saputo nulla. Evidentemente la comunicazione non ha funzionato”.

In effetti è uno dei problemi cronici del Pd…

“Poi ovviamente c’è stato dell’altro: la bomba Monte dei Paschi, la permanenza di una generazione che politicamente ha fallito…“.

Veniamo al non-dialogo con i 5 stelle: a suo parere sono manovre per alzare il tiro, o  la porta è davvero chiusa?

“Se devo basarmi sul sito di Grillo e sulle interviste ai giornali stranieri, mi verrebbe da pensare che l’unico auspicio dei 5 Stelle è quello di spingere il Pd tra le braccia del Pdl, costringendo la vecchia politica a sprofondare insieme. Non essendoci da parte del Pd alcuna intenzione di fare questo, significherebbe andare fatalmente a nuove elezioni. Ma io credo che prima o poi Beppe Grillo si renderà conto del fatto che non scherziamo quando diciamo che un governissimo non ci sarà. E che in un nuovo voto lui stesso perderebbe consensi, perché è illogico che non metta sul piatto le sue richieste, come Bersani lo invita a fare, perfino con umiltà. I 5 Stelle possono anche dire che di Bersani e di D’Alema non vogliono più sentire parlare. A me pare che il segretario stia anteponendo il bene del Paese alle sue questioni personali, e che sia disposto a discutere di tutto, anche delle persone”.

Pensa che per Grillo tornare al voto sarebbe un autogoal?

Non credo che gli elettori premierebbero questo ostruzionismo a oltranza. Il segnale di cambiamento è arrivato in modo potente, ora si tratta di andare avanti”.

Che cosa potrebbe favorire l’apertura di un dialogo?

“In Parlamento incontreremo persone capaci e di buona volontà. Confido nel loro buon senso. E’ impensabile l’idea di condividere quell’aula e non parlarsi. Parlarsi è un dovere. In modo trasparente, e alla luce del sole, senza ricorrere ai metodi della vecchia politica: su questo sono con loro. I cittadini ci chiamano ad affrontare la crisi in tutti i suoi aspetti. Le domande che ci vengono poste sono molto chiare e inaggirabili”.

Non spera in un gesto di pace anche da parte di Grillo?

“Ho letto stamattina su “Repubblica” un’intervista a Renzo Piano. Piano dice che Beppe Grillo è “un buono che fa la faccia cattiva“. E intendo questo “buono” nel senso più grande. Non posso pensare che prevalga il cinismo, il calcolo, o la vendicatività da animale ferito. Mi attendo il meglio”.

E se non capiterà?

“Se non capiterà faremo un bel governo di donne. Siamo tante, nel Pd e nel Movimento 5 Stelle. E siamo molto più concrete, razionali, capaci di trovare le mediazioni, di risolvere i problemi. Ci parleremo noi. E’ una provocazione, ma nemmeno troppo”.

 

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