A un certo punto la prospettiva di vincere facile sbaraglia tutte le riserve, o forse è semplicemente la possibilità di mettere finalmente in piedi un governo in quattro e quattr’otto, con una maggioranza senza se e senza ma. Sta di fatto che nel Pd -parlo degli iscritti e degli elettori, non delle truppe parlamentari- la tentazione Renzi cresce in modo palpabile. Ma cresce anche fuori dal Pd: tra gli elettori di centrodestra, che nel renzismo vedono una possibile evoluzione del vecchio berlusconismo -e un’emancipazione dall’ormai troppo vecchio Berlusconi-, e tra molti di quelli che hanno provato a votare il M5S per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Insomma, un piacione come pochi.

Ieri Renzi, a cui va riconosciuto un gran senso del timing, è partito con decisione all’attacco: basta manfrine, il Paese sta soffrendo, o ci si allea con il Pdl o si va subito al voto. E per dimostrare che fa sul serio, scatena i suoi senatori, che depositano una proposta di legge per abrogare interamente il rimborso elettorale ai partiti.

Bersani, intanto, incassato il rifiuto definitivo dei 5Stelle, sta giocando la sua partita definitiva, quella del Quirinale. Al governissimo continua a dire no, ma sul tema del Colle il dialogo con il Pdl è aperto. E da ieri, l’abbraccio tra Bersani e Berlusconi si è fatto anche più stretto: Renzi potrebbe fare molto male a tutti e due (anzi, a tutti e tre: pure ai 5 Stelle).

Dal punto di vista estetico, la scena è suggestiva, un seducente trompe-l’oeil, il bel giovane contro tutti quei vecchi. Uno che fa sembrare vecchio pure Grillo. Una chiave passepartout, che apre tutte le porte e scardina gli schieramenti.

C’è da queste parti qualcuno che non ha votato Renzi alle primarie e che oggi invece lo sosterrebbe? E ha voglia di raccontarci perché ha cambiato idea?

 

 

 

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