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misoginia

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Marzo 30, 2013

Nessuna è abbastanza “saggia” per Napolitano

 

Caro Presidente Napolitano,
scegliendo come “saggi” soltanto uomini Lei ci ha offese tutte.

E’ proprio quel tra-uomini, quell’idea patriarcale del mondo, della politica, dell’economia, che è giunta definitivamente al capolinea. E’ questo, ciò a cui diamo il nome di “crisi”, e che non casualmente nel nostro Paese tremendamente misogino morde con particolare ferocia.
Ed è della saggezza e della sapienza femminile che il mondo ha assoluta necessità per non finire.

Quella stessa sapienza e quella stessa saggezza che ogni uomo, Lei compreso, sperimenta ogni giorno della propria vita, a cominciare dalla propria madre. 

Non si tratta di metterci una toppa. Si tratta di un cambio di paradigma e di civiltà.

Donne e Uomini, esperienze, tv Marzo 11, 2012

Eva contro Eva. Tanto per cambiare

 

 

 

 

L’ho visto su Youtube, e mi ha molto turbato. Luisella Costamagna era al debutto della sua nuova trasmissione, e voleva graffiare.

Si è fatta male lei. E ha fatto male a tutte.

Non ho mai granché amato Mara Carfagna, la ministra più bella del mondo. Troppe ombre sulla rapidità della sua carriera, in un Paese tanto misogino. Inutile fare finta che non sia così. Soprattutto, una performance politica scarsa.

L’avevo intervistata -al telefono- poco prima che diventasse ministra, e avevo saggiato la sua inconsistenza politica. Tra molte ombre anche qualche luce, però, qualche scarto di autonomia, in una donna che doveva quasi tutto agli uomini,  anzi, a un uomo solo.

E tuttavia, se l’avessi affrontata in un pubblico dibattito, avrei riflettuto empaticamente con lei su questo, il “dovere agli uomini” per farcela a questo mondo, la fatica di muoversi senza un maschio alfa di riferimento: cherchez l’homme, se poi sei carina non parliamone, e Costamagna lo sa benissimo. L’avrei accompagnata a tirare fuori la sua propria rabbia per questo, perché certamente, in una così fiera -lo si è visto, ieri sera- un po’ di rabbia contro gli uomini da qualche parte c’è. Mi sarei posta sì come sua avversaria politica, ma offrendole il rispetto che si deve alla nemica.

E invece Luisella Costamagna si è lasciata prendere la mano dai cattivi sentimenti, non ha tenuto le redini del dibattito, si è assunta la parte della “perbene” contro la “permale”. Ha fatto vincere gli uomini, che su queste relazioni invidiose fanno conto da sempre. (ne parlano  anche Giovanna CosenzaLoredana Lipperini)

Venivo da una presentazione del mio libro, avevamo parlato di compassione per le invidiose -e per l’invidia che c’è in noi-, retaggio ancestrale di millenni di penuria, in cui siamo stato costrette a strapparci l’una con l’altra l’osso spolpato che ci veniva lanciato dal dominus, e del fatto che restare nell’invidia è perpetuare una miseria che oggi, grazie alla lotta di tante, non c’è più. Che si deve essere saper essere grate all’altra, e non perdere mai di vista il nemico principale.

Ho visto quel dibattito, e sono rimasta pietrificata dallo sconforto.

Donne e Uomini, media, TEMPI MODERNI Novembre 11, 2011

Porco maschio troll

Un blogger maschio, Paolo Baldini, sul Corriere di oggi (“Misoginia online”, pag. 33) parla di noialtre blogger femmine, e dei troll che ci perseguitano. E’ un fenomeno mondiale e piuttosto studiato: che fare? affrontare o censurare?

Qui noi ce ne intendiamo, vero? E potrei dire al collega Baldini e a tutti che i troll misogini sono sostanzialmente di tre tipi:

1. i violenti, gli odiatori di donne puri, quelli che nascosti dai nick ti danno della p…a e altre cose del genere. Quelli che se non gli dai ragione esplodono furiosamente -nella vita reale sarebbero botte-, come quel tal Roberto Mazzuchelli che su Facebook scrive, rivolto a me e ad altre donne che stanno discutendo: “Ma allora hanno ragione quelli che dicono che le donne hanno un neurone solo!”. Bloccato.

2. i negazionisti: questi sono militanti veri pro-patriarcato e anti-misandria, organizzati in blog sfigatissimi dove non va nessuno, che cercano in ogni modo di dimostrare in modo più o meno garbato che le donne stavano molto meglio prima quando agli uomini era permesso essere “veri” uomini, e che oppressione, emarginazione, sfruttamento e violenza sono tutte balle. Uno che per esempio mi ha sottoposto una sfilza di domande assurde via Facebook, e poiché io mi ostinavo a non rispondergli ha provato con le brutte: “Marina, str..a, perché non rispondi alle mie domande?”. (bloccato) O come quest’altro, autore di questa formidabile cretinata: “Marina, stai prendendo un granchio enorme: sono meno di 200 le donne che ogni anno in Italia perdono la vita per mano maschile… Il cancro è invece responsabile della morte di migliaia di donne ogni anno in Italia e nel mondo”.

3. i paternalisti: quelli che chiosano ogni cosa che tu dici, che commentano il tuo stile, che ti spiegano bonariamente che cosa devi pensare-dire-fare, a cui dà un terribile fastidio la tua libertà di pensiero: e anche qui, guai se obietti, perché partono i vaffa. (bannati). Sono i più insidiosi, perché si presentano amichevolmente, salvo strapparsi la maschera quando non li assecondi e non gli dici “Certo, caro. Hai ragione tu, caro”.

Tutti questi uomini compongono online la questione maschile. La stessa che vediamo, sperimentiamo, subiamo offline. La debolezza, la paura che diventa violenza. Non soltanto non sono disposti ad ascoltare e non sopportano il tuo protagonismo intellettuale e politico, ma basta che tu reagisca fermamente perché perdano il controllo e partano insulti e minacce (le mani online non le possono menare). 

E poi ci sono tutti gli altri, sempre di più. Uomini a cui non serve, per sentirsi uomini, darsi continue prove di saper tenere le donne “sotto”. Uomini che sono stanchi del modello patriarcale, che le donne le vogliono al loro fianco, con tutta la fatica che questo comporta. Perché hanno capito che anche a loro conviene così. Noi li amiamo.

p.s. Solo un appunto al collega Baldini, quando dice: “Difendo le donne… dall’incivile misoginia della rete. Dall’assalto dei troll anti-minoranze“. Noi non siamo affatto una minoranza. Noi siamo la maggioranza.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Luglio 20, 2011

Letizia sulla via di Damasco

L’altro giorno il Consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno che impegna il Comune a garantire la presenza del 50 per cento di donne della società civile nei consigli d’amministrazione delle società controllate. Prima firmataria, Letizia Moratti, da sempre contraria alle quote e misogina tanto quanto Alemanno, con una sola donna nella sua giunta. “Il  prototipo della cosiddetta  “donna con le palle”, tanto cara all’iconografia di una destra pronta a fabbricare mostri, pur di non fare i conti con la differenza femminile“, scrive oggi il mio amico Ivan Berni su Repubblica.

Ricorderete anche la vicenda Expo, la lettera inviata in aprile al Bureau parigino da Lorella Zanardo e da me , per segnalare che i 42 nomi indicati per i 9 tavoli tematici, con Letizia Moratti Commissario Straordinario, erano tutti di uomini, con successiva pubblica rampogna da parte del segretario Loscertales.

Il sindaco Pisapia ha detto che Moratti copia il suo programma. E che comunque l’approvazione di un simile Odg non mette affatto in difficoltà la giunta. Non so che cosa stia macchinando Letizia. Certo, la sua misoginia le è costata cara, la sua incapacità di entrare in relazione con le donne della città ha comportato un prezzo salato. Forse sta solo dando una rinfrescata alla sua immagine affaticata da questa assurda resistenza al femminile, il suo e quello delle altre.

A me piace pensare che abbia capito, e che ci stia provando davvero. Una folgorazione sulla via di Damasco. Anche perché gli uomini, per cui lei è stata una pari -o uno strumento- finché tutto è andato bene, l’hanno rapidamente scaricata al minimo cambio di vento. Umberto Bossi, chic come sempre, aveva dichiarato: “L’avevo detto al Silvio che le donne non si portano in politica, ma da un’altra parte“.

L’ho incontrata per un dibattito tv un paio di giorni prima della sua sconfitta. Era stanca, stranita, sembrava sedata. Nella sua disperazione ho intravisto una ricerca di un contatto empatico con me, gli indizi di una tardiva consapevolezza. Può essere.

Prima o poi, alla prima “musata”, capita a tutte quelle che per sentirsi libere e forti cercano di dimenticare e di far dimenticare di essere nate donne.

 

 

Donne e Uomini, Politica Giugno 23, 2011

Quando il Pd è in vacanza


Le amiche di Se non ora quando protestano per questo manifesto. Mi pare abbiano ragione. Dopo l’Unità in minigonna e Miss Seno Alto Cadey chiamata a presentare una manifestazione in Piazza San Giovanni, ecco un altro scivolone misogino del Pd: il vento nuovo che alza le gonne. Molto male.

Donne e Uomini, Politica Maggio 19, 2011

DOMANDE SCORRETTE

Che cosa ci fanno qui insieme Philip Roth e Letizia Moratti? Semplice, mi hanno ispirato due domande suggestive.

Premessa: ieri lo scrittore Philip Roth, per me il più grande tra i viventi, ha vinto il premio Booker alla carriera. Carmen Callil, giurata editrice femminista, si è clamorosamente dissociata dalla decisione del panel, dicendo che non è un vero scrittore (in realtà, per chi conosce Roth, e spero siano in tanti, qui, è per quello che molto grossolanamente potremmo chiamare il suo maschilismo).

Prima domanda: come mai sono femminista e amo Philip Roth?

Seconda domanda: c’è misoginia in azione, contro Letizia Moratti? C’è contro di lei un accanimento nel giudizio, riconducibile al fatto che è donna?

Che cosa ne dite?

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, lavoro Febbraio 22, 2011

GUERRA ALLE MAMME

Una storia che mi arriva via FB. Somiglia di sicuro a quella di tante.

Ciao, sono mamma da poco più di un anno, avevo un buon lavoro, e con buono intendo che lo stipendio era pagato con precisione ogni mese, dal 2007. Nel 2008 mi hanno chiesto se conoscessi qualcuno interessato al lavoro ed io proposi una mia cara amica che avrebbe accettato solo se le fosse stato concesso un part time, avendo già un figlio. E così fu.

Con il passare degli anni la vita, quella vera fuori dall’ufficio, scorreva: mi sono sposata e l’anno scorso è nata la dolcissima Lavinia. A novembre rientro al lavoro, con le due ore di permesso per l’allattamento, e a gennaio iniziano i problemi: mi impongono di entrare più tardi due volte a settimana (usando le 2h di allatamento prima) per uscire alle 18:00 e viene chiesto alla mia collega di sacrificarsi e allungare i suoi 2 giorni di part time più lunghi dalle 4 alle 6. Nel frattempo, a dicembre, avevo chiesto anche io il part time una volta che Lavinia avesse compiuto un anno. La “capa” sembrava disponibile e ci ha proposto di continuare con questi turni per sempre, anche se il mio part time era comunque di 35 h a settimana contro le 25 della mia collega. Ma a me sarebbe andato bene.
Insomma, la “Capa” aveva un piano: era convinta che la mia collega non avrebbe mai accettato questo cambiamento definitivo ma non aveva calcolato fattori quale l’amicizia e la gratitudine. Quando la mia collega le ha comunicato la sua decisione a mio favore la capa si è ammutolita, e, due giorni prima il compimento del primo anno di Lavinia mi telefona e, candidamente, mi dice di aver cambiato idea e che dal lunedì successivo sarei dovuta tornare al mio orario originario 9,00-18,00.

Ora sono a casa in malattia di Lavinia, e non ho intenzione di tornare, ho bisogno di lavorare e ho mandato decine e decine di cv con la richiesta di un lavoro part time, ma la cosa ancora più assurda è che non posso neanche licenziarmi altrimenti non avrei diritto all’indennità di disoccupazione. Mi tocca tenere duro, io che dura non lo sono, per il mio bene e di mia figlia. Ho anche pensato che in fondo ce la potrei fare a sopportare nove ore al giorno di silenzio e tensione ma poi penso che ora c’è Lavinia… e quindi sono costretta a stare a casa senza più lo stipendio.
Questo è uno sfogo sicuramente comune a tante mamme ma è anche una denuncia di quanto una donna di 50 anni senza figli e ancora piacente possa essere crudele verso un’altra donna.

Donne e Uomini, Politica Settembre 25, 2010

COMPARSE SCOMPARSE

Può essere che neanche ci fai caso. Hai tanto da fare e disfare, sei talmente presa dalla vita, che la cosa può anche lasciarti indifferente. Nel mondo-duplex della rappresentazione pubblica tu proprio non esisti. Ci sono le Gheddafi girls: 80 euro e ti sventolo il libretto verde, qualcosina in più e mi islamizzo del tutto. C’è il “vespaio” sul décolleté delle scrittrici e la corona turrita di Miss Italia. Ma di te, la metà abbondante del paese reale, dal biberon alla womenomics, ben poche tracce.

Poi, quando il gioco della politica si fa duro, scompaiono anche le onorevoli, per ricomparire in qualità di amanti o cheerleader dei maschi-alfa. C’è una crisi, quella politica, dentro la crisi più grande, quella economica. Ma il punto di vista delle signore del governo e dell’opposizione interessa poco o niente. Apprendiamo che la prostituzione è la via maestra alla partecipazione, e che il corpo è “legittimamente” usabile per fare carriera anche a Montecitorio: autorizzazione dell’on. Giorgio Stracquadanio. Le signore sono interpellate solo su questi temi edificanti. Su tutto il resto, desaparecide.

Può essere, dicevamo, che una non abbia neanche il tempo e la voglia di indignarsi. Come Lucia Castellano, straordinaria direttrice del carcere di Bollate (vedi il suo “Diritti e castighi”, Il Saggiatore), professionista talmente capace che prima di evadere un detenuto gli ha scritto un biglietto, scusandosi perché la metteva nei guai.

“In effetti” ammette “non ho fatto gran caso a questo silenzio. Se le politiche parlassero, del resto, non sono certa che direbbero cose diverse dai loro colleghi maschi. Salvo eccezioni, sono perfettamente omologate: le logiche, i termini, i giochi di potere sono gli stessi. E’ in altri campi che le donne si esprimono pienamente. Se in politica sono poche e mute è anche perché il desiderio di essere lì è molto flebile”.

Un silenzio che non preoccupa neanche Michela Murgia, premio Campiello per il bellissimo “Accabadora”, a novembre di nuovo in libreria per Einaudi con il saggio “Ave Mary” sul ruolo della Chiesa nella costruzione dell’immagine femminile: “Le donne nel governo ci sono, e non mancano all’opposizione” dice. “Ma non abbiamo garanzie del fatto che se parlassero sentiremmo qualcosa di sensato. Ed è proprio questo che mi manca, la sensatezza, la misura. Da chiunque provengano, donna o uomo. Il vocabolario della politica è sempre quello, e non conosce generi”.

Una lontananza, una presa di distanza da una politica ritenuta sempre più scadente e meno rappresentativa. Le cose che contano nella vita non capitano lì, perciò non vale la pena di aspettarsi più di tanto. Le prime pagine dei giornali, bollettini di guerra da saltarsi a pie’ pari. La società delle donne e la “politica” degli uomini: due mondi paralleli che non si incontrano mai.

“In tutte le civiltà premoderne i due sessi vivevano divisi” osserva la filosofa Luisa Muraro. “C’erano due società, quella femminile e quella maschile, che producevano un senso vivo della differenza. Con la modernità questa divisione sparisce e compare il soggetto neutro, tagliato sul modello degli uomini. Le donne perdono i loro ambiti e restano delle disadattate culturali, per quanto inconsapevoli di esserlo. Il silenzio di cui stiamo parlando dice l’enorme difficoltà di questo adattamento, più doloroso di qualunque discriminazione”.

Ma qual è il prezzo di questa estraneità difensiva? Quanto sta costando alle donne restare fuori e fare altro?

E’ una specie di qualunquismo che di sicuro ci sta facendo male” dice la giornalista Ritanna Armeni, autrice di “Prime donne – Perché in politica non c’è spazio per il secondo sesso” (Ponte alle Grazie). “E come si vede, gli uomini approfittano a man bassa di questa distrazione. Cercano di ributtarti indietro, di riproporre vecchi stereotipi: le prostitute, le amanti, le rivali. Anche per il Pd quella che si chiamava “questione femminile” non c’è più: solo candidati maschi alle primarie, e non è un problema per nessuna. Da decenni non eravamo messe così male. Ma anche volendo” ammette “non c’è un solo appiglio per lasciarsi coinvolgere. Niente a cui aggrapparsi, in cui potersi riconoscere, a cui desiderare di appartenere”.

Anche Flavia Perina, che dirige Il Secolo d’Italia, quotidiano ex-Pdl, dice di non aver mai vissuto un momento simile: “Sono nata e cresciuta nel protagonismo politico femminile: questo è un mondo che non riconosco. Nel Pdl le donne non hanno ruolo: se il partito è il contorno del capo, loro fanno solo da contorno del contorno. A sinistra gli apparati sono terribilmente burocratizzati, e a nessuna è permesso di rompere le righe. Ma credo anche che siamo agli ultimi giorni di Pompei: la tensione si è fatta insostenibile. Chi per primo interpreterà questa domanda conquisterà il consenso delle donne”.

Lo sanno bene tutti gli addetti al marketing: il mercato delle donne è un’enorme opportunità, una tigre che attende di essere cavalcata. Ma la politica è troppo miope e mediocre per rendersene conto. Fiorella Kostoris, economista e presidente dell’associazione “Pari o dispare”, è certa che non si uscirà dal ristagno politico prima di aver sbloccato quello economico: “Come fai ad aspettarti donne politicamente meno remissive quando ci sono regioni del nostro paese in cui le ragazze hanno perfino smesso di cercare un lavoro? C’è una sola risposta da dare, ed è mettere al centro il merito. Se il sistema è meritocratico, le donne vanno avanti, e il paese insieme a loro. E’ la chiave per risolvere in un solo colpo i problemi della crescita e quelli femminili. I tempi non saranno brevi, ma sono ottimista: c’è ormai una nuova coscienza nelle imprese. E c’è un disegno di legge sulle quote che può dare un forte impulso”.

Ne è convinta anche Roberta Cocco, direttore Marketing Centrale di Microsoft, responsabile del progetto Futuro@lfemminile e mamma di tre bambini –le donne del mercato, come si vede, sono molto meno inibite delle politiche-: “Bisogna che ce lo ficchiamo in testa: il paese ha un enorme bisogno di noi, e il momento è adesso. Ci si deve liberare dalla trappola dell’automoderazione e sottrarsi all’influenza di certe rappresentazioni miserabili. Non c’è niente di cui avere paura: dobbiamo solo dettare le nostre condizioni per poterci essere a modo nostro. Per esempio ricorrendo ampiamente alle nuove tecnologie, che permettono di tenere insieme tutti i piani della vita. E cominciare a usare la parola potere, senza esorcismi e ipocrisie”.

Sul potere e su come gestirlo da donne il dibattito si avvita da qualche decennio. Ma forse anche qui vale più la pratica che la grammatica. Una comincia, a modo suo, e poi si volta indietro e vede come ha fatto.

pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 25 settembre 2010