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matteo renzi

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Settembre 5, 2013

I nuovi astenuti sono del Pd

 

Festa del Pd a Milano: sul palco una per caso (io). (foto Mercedes Lanzillotta)

I sondaggi (qui quello di Swg)  restituiscono un Pdl primo partito, lieve ascesa di Grillo, calo del Pd (Scelta Civica in via di estinzione). Sempre enorme la quota di astenuti-indecisi: quelli di febbraio, a cui si aggiunge una cospicua quota di delusi del Pd, valutata intorno al 5 per cento, traditi dalle larghe intese, 101 e da tutto quello che sappiamo. La vera notizia del sondaggio è che la forbice tra cittadini e “politica” (chiamiamola così) non smette di allargarsi.

Interessante il fattore Letta (cresce la fiducia nel premier, che insidia il passepartout Renzi). Anche se solo Matteo Renzi, secondo altri sondaggi, porterebbe in dote quel 5-6 per cento in più che consentirebbe al centrosinistra di vincere con ampio margine (e quindi a Franceschini, Fioroni, Veltroni e a tutti gli altri sostenitori dell’ultimo minuto di avere qualche chance di sopravvivenza), riportando a casa parte dei transfughi e rubando un po’ di consensi al centrodestra.

Salvo variazioni da un giorno all’altro –la situazione è estremamente volatile- lo scenario è questo.

Quello che non cambia è l’idea vecchia, berlusconiana, televisiva, commerciale del partito come emanazione di un carisma (?) individuale. Non c’è un solo partito (Pdl, 5 Stelle e, a breve, anche il Pd di Renzi) che possa sopravvivere alla caduta del suo leader. Ieri ho fatto l’esperienza di coordinare un dibattito alla festa del Pd di Milano, e nonostante i miei sforzi i contenuti sono rimasti decisamente sullo sfondo, con le facce (quella di Renzi) in primo piano.

Quello che non cambia è una politica che resta un gioco saldamente maschile, nei suoi tempi, nei suoi modi e nei suoi protagonisti: l’ingresso di molte più donne nelle istituzioni rappresentative non ha prodotto alcun cambiamento significativo. Al dibattito di ieri c’erano 8 uomini a confrontarsi, giusto io a coordinare il dibattito e a fare da foglia di fico. Non mi sarei prestata, se l’avessi saputo per tempo.

Finché questo non cambia, non cambierà nulla.

Ne parleremo sabato 7 alle ore 15 al Festivaletteratura di Mantova, con Annarosa Buttarelli e Stefano Rodotà, a partire da “Sovrane”, nuovo libro di Buttarelli.

ambiente, cultura, economics, Politica Luglio 1, 2013

Italia, Location Mundi

Firenze: Ponte Vecchio location per la cena Ferrari

Capiamoci: chiudere e affittare per una serata -alla Ferrari- il Ponte Vecchio di Firenze (vedere qui) ha come equivalenti l’affitto della Galleria a Milano o a Napoli, di Piazza del Popolo a Roma, di Rialto a Venezia. Trattasi di luoghi di passaggio e di poli di attrazione turistica.

Al Comune di Firenze ha fruttato in poche ore oltre 100 mila euro, che in tempi di patti-capestro di stabilità sono pur sempre una bella sommetta. Ci sarebbe un precedente: piazza Ognissanti affittata per 3 giorni da un magnate indo-thailandese per la festa di matrimonio della figlia.

Quando si parla della bellezza del nostro territorio e dei nostri siti culturali e del loro potenziale economico (ne stiamo parlando qui) forse non si intende esattamente questo, ovvero una specie di disneyzzazione del Paese, che probabilmente sarebbe solo l’altra faccia dell’incuria e dello sfruttamento cementizio di cui soffre da decenni. Rent Ponte Vecchio come controcanto dello sfascio di Pompei. (e, aggiungo io, personalissima opinione: Matteo Renzi come faccia refreshed e refurbished della vecchia politica?)

E’ possibile pensare alle nostre bellezze e al nostro qualis in una logica diversa da quella dello sfruttamento, evitando la prospettiva di diventare una mega Mini-Italia, un Paese dei Balocchi per ricchi russi ed emiri, una Location Mundi, un paradiso delle seconde case chiuse per ¾ dell’anno –eventualmente spinti, noialtri italiani, a vivere in location più cesse, come è capitato agli abitanti dei nostri centri storici finiti ad abitare in periferia-?

Che ne dite? Pochi, maledetti e subito? O meglio una logica diversa e lungimirante?

aggiornamento di venerdì 5 luglio, ore 13:

stamattina ho partecipato a una puntata di Coffee Break su la 7
proprio sul tema della bellezza e della cultura.
Mi permetto di suggerirla, sono temi politici vitali.
Se interessa, è qui.

Politica Aprile 23, 2013

Effetto Debora

Debora Serracchiani, neogovernatrice del Friuli Venezia Giulia

A me come cittadina non piace per niente, pur con il massimo rispetto per il Presidente Napolitano, che sia un uomo solo a decidere le soluzioni politiche: nella fattispecie, il governo a larghe intese, detto anche inciucione, soluzione invisa alla gran parte degli elettori del centrosinistra. E’ una cosa che capita sempre più spesso, che siano gli uomini soli a sostituire la politica: per niente tranquillizzante.

O si fa come dico io, ha chiarito Napolitano, o vi mollo. Più che la strigliata retorica ai partiti, c’era da sentire questo. Che poi è precisamente quello che i partiti, il centrodestra in blocco e buona parte del Pd, volevano sentirsi dire: governissimo, larghe intese, inciucio. Il percorso è stato tortuoso, ma era qui che si voleva arrivare. Anzi, di qui non ci si era mai mossi. Il famoso streaming in cui Bersani era stato umiliato dai 5 Stelle, più che umiliante era stato ridicolo, perché l’alleanza con i 5 Stelle la gran parte della dirigenza Pd non l’aveva mai voluta, e la faccia annoiata di Bersani lo diceva chiaro.

Quanto al Pd, si registra un effetto paradosso: anziché mollare, i militanti assediano il partito e i giovani occupano i circoli, #OccupyPd. E se qualcuno straccia la tessera, tanti la fanno ex-novo, lanciando un’opa della base sul partito, in vista del congresso.

In Friuli Debora Serracchiani vince, contro le previsioni dell’ultim’ora. Ma è lei ad avere vinto, non il Pd: tranquilli, ci fosse stato Speranza, ciao. Per lei 50 mila voti in più rispetto alla coalizione che la sosteneva. A livello nazionale, Emg dà -6.6 al Pd in una settimana dal 26.9 al 20.3. E’ lei, che stava per Rodotà, e che è nata politicamente con un gesto anti-establishment, ad aver evitato la débacle del partito.

E mentre una parte sempre più ampia del Pd sembra voler puntare alla disperata sull’effetto Renzi (ex-dc o post-dc lanciato come possibile premier dai suoi ex-nemici Giovani Turchi), converrebbe non trascurare di riflettere sull’effetto Debora, che peraltro è una donna, fatto non insignificante. Che forse contiene le novità più interessanti e promettenti, le indicazioni più suggestive per il futuro del Pd.

p.s. Poi ci sarebbe da riflettere anche sulla tenuta del Pdl e sul risultato deludente del M5Stelle. Ma una cosa per volta…

 

Politica Aprile 19, 2013

Tiratemi i pomodori se sbaglio

Sì, lo so, è la terza volta che titolo “pomodori” in pochi giorni. Ma tiratemeli (virtuali) se non azzecco almeno un pezzo del film che vedremo domattina.

Dunque, azzardo: bruciato Marini e lessato Prodi –con un’ampia e orchestrata raffica di fuoco amico- domattina potrebbe toccare a D’Alema. Il quale, sì, spaccherebbe il partito, ma il Pdl lo voterebbe in massa.  E se va come dico io, lo voterebbero pure i renziani. E per una semplice ragione: che il presidente della Repubblica D’Alema potrebbe conferire l’incarico di governo a Matteo Renzi, governo di larghe intese destinato a durare certamente un bel po’. E se no cosa c’è andato a fare l’altro giorno a Firenze?

Del resto Renzi, che è molto intelligente, sa bene che la sua fulgida stella potrebbe rapidamente tramontare. Non può permettersi di aspettare più di tanto. Dal canto suo D’Alema, che è perfino più intelligente di Renzi, farebbe un figurone: vedete? Lui mi voleva rottamare, e io lo incarico.

Le defezioni e la sparatoria nel Pd sarebbero inferiori alle aspettative: un governo relativamente stabile consentirebbe ai parlamentari rottamandi di tirare avanti un altro po’, e a molti miracolati dalle primarie di Capodanno di non tornarsene a casa con le pive nel sacco nel giro di pochi mesi. E si sa, la carne è debole.

Se poi tutta questa trafila, da Marini a D’Alema, sia un congegno diabolico, concepito da Max e oliato da Berlusconi, o solo l’inanellarsi di una clamorosa serie di errori, se è che Bersani ha proprio sbagliato di tutto e di più, o che è semplicemente il maggiordomo di D’Alema, sarà la storia a dirlo.

Direte voi: ma la base si ribellerà all’inciucio! Se non l’ha voluto con Marini, figuriamoci con D’Alema. Alle prossime urne il conto sarà salatissimo. Ma, dico io: il tempo sana tutte le ferite. Intanto si tira avanti, poi si vedrà. Lasciateli governare almeno un paio d’anni, e passerà tutto.

A me pare plausibile. Molto più di una improvvisa e tardiva conversione alla proposta Rodotà e di un’alleanza con i 5 stelle.

Che poi io sia contenta, se andrà in questo modo, non potrei dirlo. Ma conta ben poco.

Donne e Uomini, economics, Politica, questione maschile Aprile 10, 2013

Chiudi il becco, Vandana!

Ieri sera a Ballarò il finanziere Davide Serra, primo supporter di Matteo Renzi -100 mila euro per le primarie- guardava Vandana Shiva con evidente compatimento, come si guarda una vecchia fricchettona fuori dal tempo, scuotendo la sua giovane testa di post-yuppy religiosamente fedele ai principi del neoliberismo e della finanza no-limits.

Vandana Shiva è una fisica quantistica ed economista-ambientalista, la teorica più nota dell’ecologia sociale (qui la bio). È conosciuta grazie al successo di Monocolture della mente (1995), best-seller in tutto il mondo. Nel 1993 ha ricevuto il Right Livelihood Award, il premio Nobel alternativo. Tra le altre cose, è vicepresidente di Slow Food.

Il duello verbale -lei in studio a Roma, lui in collegamento da Parigi- è stato piuttosto aspro. Lei ha detto che il problema dell’Italia era “quel signore che parlava da Parigi”, poi ha detto quello che aveva da dire contro la finanza tossica, e ha aggiunto che se viene finanziato da uno come Serra, allora Matteo Renzi è un problema. Nel senso che fa parte del problema, il neoliberismo, che si sta cercando di risolvere. Nel senso che con lui il paradigma non cambierebbe di sicuro. Davide Serra, evidentemente seccato di doversi confrontare con quella pallosa signora in abito tradizionale indiano, ha ribattuto che quello che lei diceva era “ridicolo”, e che la finanza altro non è che la libera scelta di risparmio e investimento di liberi individui, e non certo quel Moloch che la signora dipingeva. Il senso era: chi sei tu, vecchietta,per parlare di economia e finanza?

Perché di economia possono parlare solo gli economisti -Vandana Shiva, peraltro, lo è- e di finanza solo i finanzieri. Dell’economia e di quanto ci fa soffrire non puoi permetterti di parlare, a meno che tu non sia uno di quei sacerdoti-economisti titolati all’amministrazione del culto. Le regole dell’economia hanno preso il posto di Dio e dell’Assoluto. Si presentano come oggettive e immutabili. Non devi nominarle invano. Sono tabuizzate. Se osi ti senti imbarazzato, incompetente, sacrilego,in colpa. Ti senti veramente uno schifo quando ti vengono in mente cose tipo: questa crisi è il risultato di decenni di gestione dissennata, ecco dove ci ha portato l’avere mascherato da sviluppo l’avidità di pochi. O dubbi tipo: riusciranno le banche a salvarci dalle banche? Le agenzie di rating hanno sempre ragione? Ma l’oggettività delle leggi economiche non è altro che la soggettività delle logiche maschili assunta in cielo. La finanza è solo uno dei tanti manufatti umani.

Una come Vandana Shiva o una come Ina Praetorius possono andare bene per scrivere libri o per tenere certe ispirate conferenze, allora sì, si possono anche lasciar parlare, ma non devono pretendere di fare politica, non devono voler mettere i piedi nel piatto. Insomma, sono pre-rottamabili.

E invece, guardate un po’ come la penso io, credo che usciremo vivi di qui solo quando tanti non-economisti parleranno di economia e tanti non- finanzieri diranno la loro sulla finanza.

Politica Aprile 4, 2013

Tentazione Renzi (piacione come pochi)

A un certo punto la prospettiva di vincere facile sbaraglia tutte le riserve, o forse è semplicemente la possibilità di mettere finalmente in piedi un governo in quattro e quattr’otto, con una maggioranza senza se e senza ma. Sta di fatto che nel Pd -parlo degli iscritti e degli elettori, non delle truppe parlamentari- la tentazione Renzi cresce in modo palpabile. Ma cresce anche fuori dal Pd: tra gli elettori di centrodestra, che nel renzismo vedono una possibile evoluzione del vecchio berlusconismo -e un’emancipazione dall’ormai troppo vecchio Berlusconi-, e tra molti di quelli che hanno provato a votare il M5S per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Insomma, un piacione come pochi.

Ieri Renzi, a cui va riconosciuto un gran senso del timing, è partito con decisione all’attacco: basta manfrine, il Paese sta soffrendo, o ci si allea con il Pdl o si va subito al voto. E per dimostrare che fa sul serio, scatena i suoi senatori, che depositano una proposta di legge per abrogare interamente il rimborso elettorale ai partiti.

Bersani, intanto, incassato il rifiuto definitivo dei 5Stelle, sta giocando la sua partita definitiva, quella del Quirinale. Al governissimo continua a dire no, ma sul tema del Colle il dialogo con il Pdl è aperto. E da ieri, l’abbraccio tra Bersani e Berlusconi si è fatto anche più stretto: Renzi potrebbe fare molto male a tutti e due (anzi, a tutti e tre: pure ai 5 Stelle).

Dal punto di vista estetico, la scena è suggestiva, un seducente trompe-l’oeil, il bel giovane contro tutti quei vecchi. Uno che fa sembrare vecchio pure Grillo. Una chiave passepartout, che apre tutte le porte e scardina gli schieramenti.

C’è da queste parti qualcuno che non ha votato Renzi alle primarie e che oggi invece lo sosterrebbe? E ha voglia di raccontarci perché ha cambiato idea?

 

 

 

Politica Marzo 29, 2013

#Governo: extreme consulting

Non tengo affatto fede ai miei buoni propositi. L’ansia politica mi divora, in questo freddissimo venerdì di passione. Il Presidente li sta risentendo tutti, e le cose da dire sarebbero molte: su Berlusconi che dice di volere un governo solo politico e non tecnico, in modo da poter andare al voto prima possibile: la paura sta spingendo il Paese destra, come da copione, e il Pdl cresce; sul Pd letteralmente nel panico da rischio implosione; sui 5 Stelle che cominciano a misurarsi con il fatto che la strategia puri-e-duri potrebbe non pagare, anzi, potrebbe costare voti sonanti; su Renzi che scalda il motore, passando da Maria De Filippi, per la presumibile vittoria d’autunno (guardate qui).

Di cose ne dico solo un paio. Una su Renzi, e una sui 5 Stelle.

Su Renzi. Dopo quella che potrebbe essere l’amara fine politica di Bersani -gli errori, purtroppo, dal trionfo delle primarie a oggi, sono stati tanti, dall’aver rallentato il rinnovamento all’essersi ostinato su una sua premiership che aveva pochissime chance, irritando il Paese con un'”esplorazione” durata troppo a lungo- anche i più severi detrattori di Renzi si stanno arrendendo al fatto che per il Pd la carta vincente è lui. E che vincerebbe, scusate il pasticcio, proprio perché è un natural born winner, un vincitore nato, capace di sparigliare gli schieramenti e di oscurare definitivamente la stella fatalmente al tramonto di Berlusconi, prendendosi anche un bel po’ del suo elettorato e infiacchendo i 5 stelle. Sarebbe un altro Pd, certo. Ma sarebbe forse l’unico Pd che oggi potrebbe vincere.

Sul M5S. Le cose da dire sarebbero molte. Attendiamo l’esito dell’incontro con il Presidente. Ma una può essere detta a prescindere. Quello che, a mio parere, è mancato ai 5 Stelle, è un po’ di mitezza. Quella aggressività a tutto campo, quelle facce dure, quelle dichiarazioni sempre contro, hanno finito per danneggiarli forse anche più del loro oltranzismo anti-partito. Che sia stato per l’imprinting -il sarcasmo feroce di Beppe Grillo- o per il fatto che si tratta di un web-movimento -la rete è violentissima, chiunque la frequenti lo sa-, quell’estremismo verbale, quella maschera feroce sono stati un boomerang.

La rabbia è un sentimento preziossimo, un  carburante formidabile. Ma presa la spinta, dalla rabbia si deve saltare fuori, o la sua distruttività finisce per distruggere anche te.

E ora disponiamoci in paziente attesa. Ancora qualche ora per sapere.

Politica Marzo 3, 2013

Un governo “a progetto”: parla Civati

 

Se un dialogo ci fosse, il neodeputato Giuseppe Civati detto Pippo sarebbe uno dei pochi rappresentanti del Partito Democratico a poter dialogare con il Movimento 5 Stelle: per oggettiva convergenza su molti temi, e per avere da sempre considerato i grillini interlocutori politici a pieno titolo. La sua ipotesi è quella di un “governo a progetto” appoggiato dai 5 Stelle.

“Non si può pensare di procedere con i soliti schemi” dice. “Ovvero: prima si trova una maggioranza a tavolino e poi la si riempie di contenuti. Il quadro si è rovesciato. Meglio, è stato rovesciato dagli elettori. Non essendoci una maggioranza chiara, si individuino le priorità, ovvero quei punti che escono con maggiore chiarezza dal voto, e si discutano con la massima trasparenza. Se l’accordo su quei 5 o 10 punti si trova, allora c’è anche una maggioranza per fare un governo. Mi pare invece che il Movimento 5 Stelle mitizzi un po’ l’idea della “fiducia”. Dare la fiducia a un governo non significa sposarsi, significa fare un accordo a termine. Giusto per il tempo che serve a portare a casa le riforme condivise. Alla fine si tirano le somme, e si vede come andare avanti”.

Sta parlando dei punti di Bersani?

Sto parlando dei miei punti. Pubblicati e ampiamente argomentati un anno fa, e non il giorno dopo le elezioni: legge sul conflitto di interessi, nuova legge elettorale, legge contro la corruzione, riduzione delle spese militari, cancellazione dell’Imu sulla prima casa fino ai 500 euro, reddito di cittadinanza, revisione della spesa, riforma del sistema bancario, sostegno all’economia con incentivo al microcredito e abbassamento delle tasse su chi lavora e produce, e ovviamente riforma della politica, con riduzione di compensi e indennità per parlamentari e ministri e tetto massimo per gli stipendi dei manager”.

Non mi pare siano diventati centrali nella campagna del Pd.

“Nemmeno a me, purtroppo. Ma su buona parte di questi punti, se non su tutti, con i 5 Stelle la convergenza c’è”.

C’è consapevolezza, nel Pd, degli errori commessi nella gestione del patrimonio-primarie?

“Molti hanno capito. Altri invece sostengono di non aver condiviso l’impostazione della campagna elettorale: curiosamente proprio quelli che sono andati di più in tv, e che questa campagna l’hanno fatta in prima linea… E poi ci sono quelli, come me, che hanno tentato di lanciare messaggi “stellari”, con scarso successo”.

Oggi la sua impostazione è condivisa nel partito?

“Molto, tra gli elettori. Tra i dirigenti le posizioni sono le più varie. I più giovani sono convinti della necessità di un progetto alto e a termine. Per il resto si va dal Monti-bis, al governo del Presidente, all’ “inciucione” Pd-Pdl: e se i toni del confronto continueranno a essere quelli di oggi, il rischio che si concretizzi questa ipotesi è piuttosto alto”.

Che segnali arrivano dai 5 Stelle?

“Vedremo l’esito dei loro incontri. Sostanzialmente c’è una tendenza costruttiva e una più distruttiva, tanto peggio-tanto meglio. Ma se si dovesse tornare al voto, l’esito sarebbe insondabile: i 5 stelle potrebbero fare il pieno oppure ridimensionarsi. Potrebbe vincere Berlusconi. Oppure noi… Il quadro è molto mobile. Per questo dai 5 Stelle mi aspetto segnali chiari, e massima serietà: dicano che cosa intendono fare. Anche solo per cambiare la legge elettorale un governo serve”.

In che tempi si chiarirà il quadro?

“Nel giro di un paio di settimane, suppongo. Quando ci vedremo per la prima volta in Parlamento, il 15 marzo, sapremo dove si va a parare. Se tutti rimangono fermi sulle loro posizioni, il presidente Napolitano darà un incarico in base alla congruità dei programmi”.

Si fa il nome di Giuliano Amato

“Poi lo voglio vedere tagliare i costi della politica, con una pensione che supera i 31 mila euro al mese!”.

Me ne fa qualche altro?

Fabrizio Barca. O Stefano Rodotà. Entrambi molto stimati. Ma io penso che il primo a provarci dovrebbe essere il leader dello schieramento che ha vinto le elezioni, come capita in ogni Paese civile. Ovvero Pierluigi Bersani”.

Qualcuno auspica l’incarico a un giovane o a una donna, come segno di forte discontinuità.

“Purché chiunque venga incaricato dimostri coraggio e senso di responsabilità. E non faccia prevalere ragionamenti di convenienza personale, o la paura di essere bruciato”.

Si riferisce a Matteo Renzi?

“Mi riferisco a chiunque, uomo o donna, sia incaricato dal Presidente. In sostanza, tutto ruota intorno a due cardini: niente snobismi nei confronti di nessuno; e un po’ di rigore da parte di tutti gli attori, altrimenti si rischia di dover tornare al voto. E ribadisco: a vantaggio di chi è tutto da vedere”.

 

Politica Febbraio 2, 2013

Le primarie sono finite

Ieri l’abbraccio tra i Pd brothers Bersani e Renzi  in casa dello sconfitto, a Firenze.

Matteo Renzi si sta comportando benissimo nel dopo-partita, dando il meglio di sé e senza recriminare: è giovane, guarda più in là, il mondo è suo. Anche il tour della lealtà che farà a sostegno di Bersani nelle regioni in bilico, qui in Ohio, in Veneto, in Campania, eccetera, è un ottimo investimento sul futuro.

Ma le primarie sono finite, quell’abbraccio ha un che di malinconico, e non può rilanciare gli entusiasmi. I sondaggi registrano il colpo accusato per il caso Monte dei Paschi, vicenda che ci accompagnerà fino al gong del 24 febbraio. Sono in arrivo le killer application di Monti e Berlusconi, e Beppe Grillo (in crescita: qualcuno lo dà terzo partito al 18 per cento) farà il botto finale con un comizio a Roma, San Giovanni, piazza storicamente comunista, e poi diessina e infine democratica: evento dal forte carico simbolico. Se il trend è questo, l’ago della bilancia, altro che Monti, sarà il Movimento 5 Stelle, e con questa possibilità è bene cominciare a fare i conti.

Tutto fa ritenere che il Pd debba duramente impegnarsi per contenere le perdite. Le liste sono quelle che sono, “società civile” ce n’è poca, troppe scelte cosmetiche, troppi parenti e amici, c’è voluta una mobilitazione perché i garanti estromettessero alcune candidature dubbie, i “vecchi” sono rientrati quasi tutti (e  per parte di quelli lasciati fuori si prospetta un incarico in un futuro eventuale governo Bersani) e spesso sono presuntuosamente gaffeur (Finocchiaro e le bidelle). I “giovani” si stanno vedendo poco, e non suscitano grandi entusiasmi: Fassina non è certo Renzi, la sua aria sofferente e insofferente non aiuta. I “civici” in tv non passano, e in questa campagna la tv continua a pesare molto. Il programma politico non è autoevidente, manca una narrazione precisa e convinta che renderebbe tutto molto più chiaro. O meglio: forse c’è, ma non si vede.

Un andamento che sta deludendo anche molti bersaniani alle primarie: il senso è quello di un passo incerto, claudicante, e di un tono bipolare (tra certezza della vittoria e terrore, maniacale senso di superiorità e autostima sottozero). Di un Bersani almeno in parte impedito dal gioco delle correnti.

Mancano appena tre settimane, e il potenziale rovinoso della vicenda Mps (in arrivo gli avvisi di garanzia) può essere contenuto solo, omeopaticamente, dando il senso di una restituzione del maltolto:

impegno per una drastica riduzione dei costi della politica condotta con mano ferma: rinuncia al finanziamento pubblico, abolizione delle province e di tutti gli enti inutili, dimezzamento del numero dei parlamentari, riduzione di stipendi, indennità ed emolumenti, tetto alle spese -i 124 milioni per tenere in piedi la Camera nel 2012 sono intollerabili- e così via, sapendo bene che con ciò non si diminuisce il debito, ma certamente si aumenta la fiducia

• adozione di una legge anti-evasione rigorosissima, eventualmente sul modello americano: le buone leggi ci sono già, basta importarle. Piano per una riduzione graduale delle aliquote in corrispondenza dei maggiori incassi

nuova legge elettorale (anche perché secondo la gran parte degli osservatori la legislatura non durerà , e il tema del voto si riporrà a breve)

Il tutto nei primi 100 giorni.

Si potrebbero fare tante altre cose, ma queste tre, a me pare, sono decisive.

Questa è la killer app che consiglierei.

Donne e Uomini, giovani, Politica Dicembre 3, 2012

Fate una carezza ai giovani renziani

Ho votato alle primarie, e non ho votato Matteo Renzi. Sono contenta del risultato netto di Bersani. Ora inizia la corsa verso #Palazzo Pigi. Ma intorno a me c’è molta delusione, che ascolto con la massima attenzione.

I ventenni che frequentano la mia casa erano tutti fervidamente per Matteo Renzi. Per molti di loro è stata la prima vera battaglia politica. Oggi si sentono nuovamente respinti ai margini, frustrati nel loro legittimo desiderio di protagonismo, politicamente insignificanti. Matteo Renzi significava per loro poterci finalmente essere, e contare.

Qualche giorno fa ho tenuto una conferenza all’Università di Madrid. Lì non è affatto strano che un/una trentenne sia responsabile di dipartimento. Ci sono giovani e donne dappertutto. La Spagna è affaticata da una crisi economica furiosa, le cose vanno peggio che da noi. Ma in questi anni il rinnovamento e il ricambio è stato forte. Vai lì e ti rendi conto fino in fondo di quanto ci sono costati 17 anni di berlusconismo, nel caso ci fosse qualche dubbio. Dal punto di vista dei diritti -compreso quello di contare politicamente anche se non sei un maschio ultrasessantenne- ci hanno doppiato e superato.

Il nostro maschilismo e la nostra gerontocrazia fanno un tutt’uno. Capisco bene la delusione dei giovani e giovanissimi renziani di fronte alla prospettiva di rivedere “le solite facce”, di continuare con la solita vita, che NON è una bella vita. Perché è una vita orba di futuro, e priva di parola.

Nel suo discorso di ieri, che mi è piaciuto, Pierluigi Bersani ha messo al centro il lavoro e il ricambio generazionale. Non aspetterei un solo istante, se fossi in lui, per dare prova di questo secondo intento. Comincerei da subito, con una serie articolata e capillare di iniziative per chiamare i giovani a partecipare attivamente alla costruzione del programma di governo. Abbiamo bisogno di loro, della freschezza del loro punto di vista, senza il quale il Paese non può andare avanti. La loro energia e la nostra responsabilità, l’una non può fare a meno dell’altra, contro il becerismo della rottamazione, il più grave errore di Matteo Renzi.

Ricambio non significa solo mandare a casa un po’ di gente e fare primarie per le candidature, favorendo il turnover. Vuole dire uno scambio fitto a ogni livello, e da subito (vale anche per il centrodestra).

Facciamoci venire presto delle idee.

p.s. Su Renzi “comunicatore” vi suggerisco la lettura di questa ottima analisi di Giovanna Cosenza.