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matteo renzi

Donne e Uomini, economics, italia, lavoro, Politica Gennaio 10, 2014

#JobsAct: i lavoratori sono lavoratrici

Sorprendente che l’Europa, nella persona del commissario al lavoro Ue Laszlo Andor, promuova a tambur battente una bozza di riforma del lavoro – allo stato “un elenco di titoli”, come scrive Tito Boeri- formulata non dal governo di un Paese membro, ma dalla segreteria di un partito di quel Paese. Forse non è mai successo prima. Come se l’Europa preferisse dialogare direttamente con il prossimo titolare -non a quello del 2015, ma verosimilmente già del 2014- che entra in campo a gamba tesa, senza perdere tempo a cincischiare con un governo che, da Cancellieri a Saccomanni a Di Girolamo, fa acqua da tutte le parti.

Insomma, tra la calendarizzazione del dibattito sulla legge elettorale -il 27 gennaio- e l’approvazione Ue, quella di ieri per Matteo Renzi è stata una gran giornata. Sul Jobs Act per ora il dibattito è cauto. La segreteria Pd (in particolare Marianna Madia e Filippo Taddei) è al lavoro sui dettagli, che non sono roba da poco: tipo da dove trarre le risorse per il sussidio universale, che costerebbe dai 20 ai 30 miliardi, nonché per la diminuzione dell’Irap, o come diventare appealing per gli investitori stranieri, che girano al largo per gli alti costi dell’energia, l’eccesso di burocrazia e la giustizia che non funziona.

Ma qualcosa, da non-economista, mi sentirei di dirla, se può servire: sarebbe un’ottima cosa se al centro dell’attenzione riformatrice, anzichè un lavoratore maschio pensato come universale neutro, ci mettessimo una donna, vera grande novità del mondo del lavoro nell’ultimo mezzo secolo. Se poi ci mettessimo come soggetto la coppia madre-bambino/a -la maternità oggi è il primo tra i “diritti negati”- faremmo bingo, e a vantaggio anche delle non-madri e dei maschi.

Sarebbe un criterio metodologico ottimo per tutti. Non che il binomio donne-lavoro sia nuovo: a essere precisi, fino dalla notte dei tempi il lavoro è femminile tout court. La maggior parte di ore-lavoro nel mondo sono sempre state erogate da donne. Insomma, di lavoro le donne se ne intendono più di tutti, ne hanno grande competenza, e oggi questa competenza è molto utile. La novità dell’ultimo mezzo secolo semmai è l’accesso massiccio delle donne al lavoro retribuito: una presenza che ha cambiato e sta cambiando il senso e l’organizzazione del lavoro. Provare a pensare i lavoratori come lavoratrici quindi può dare buone indicazioni per tutti.

Se Matteo Renzi tenesse in mente “Francesca”, a cui si era rivolto durante il dibattito-primarie su Sky per promettergli più asili nido, non sarebbe una cattiva cosa. E Francesca avrebbe da dirgli essenzialmente questo:

Primum Vivere. Partire dalle vite reali per parlare di lavoro. La vita non può più essere intesa come quel poco tempo che resta una volta che sei uscita/o dall’ultima riunione indetta dal capufficio alle 19, che sei corsa/o al super per prendere 6 uova, dalla nonna a raccattare i bambini e via dicendo. Qualità e condizioni di lavoro incidono quanto le garanzie. C’è una flessibilità “buona” a cui non si vuole rinunciare. La riduzione della separazione tra lavoro e vita è la principale domanda che le donne stanno ponendo al mondo del lavoro, per sé e anche per gli uomini. Ben prima del posto fisso, in cima alle aspirazioni c’è una vita degna e non alienata, che comporta la possibilità e probabilmente anche il desiderio di muoversi tra un lavoro e l’altro, tra un posto e l’altro, godendo di adeguata protezione sociale.

Da questa idea femminilizzata del lavoro -e anche dal desiderio di prossimità dei nuovi padri– discende una diversa concezione del welfare e dei servizi, che non possono più essere intesi in modo rigido e fordista -otto ore di nido o nulla- ma chiedono il massimo di flessibilità e di modularità, fino alla personalizzazione. La riduzione del numero dei contratti, insomma, non può coincidere con la riduzione della vita a un modello unico. Flessibilità, smartwork, postazioni in remoto, contributi per uffici condivisi e coworking: tutto questo diminuirebbe anche la quota di servizi necessari, oltre a produrre altri effetti virtuosi, e contribuirebbe alla salute pubblica e alla natalità.

Contribuisco in questo modo alla discussione in corso, anch’io limitandomi per ora a enumerare qualche titolo.

Prevengo l’obiezione scontata-conosco i miei polli-: ma come? tutti questi capricci e queste sofisticherie proprio adesso che c’è la crisi? non ci si dovrebbe accontentare di poter lavorare e sbarcare il lunario, altro che smartwork? Io dico che non c’è mai stato momento migliore per discutere a fondo di lavoro, e non solo di contratti. Prima il pane e poi le rose, prima il quantum e poi il qualis: questi sono solo trompe l’oeil.

Si tratta, come dice l’americana Rebecca Solnit, di cambiare anche l’immaginario del cambiamento.

diritti, Donne e Uomini, Politica Gennaio 3, 2014

Alfano: “Prima le famiglie”. Meno malafede, per favore

No, io non ci credo. Non posso credere che un quarantenne come Angelino Alfano non conti coppie e famiglie di fatto fra i parenti, amici, colleghi e conoscenti. Statisticamente non è possibile. Secondo gli ultimi dati Istat vi è stata una progressiva diffusione delle famiglie di fatto, da circa 500mila nel 2007 alle 972mila nel 2010-11 . In particolare sono le convivenze tra partner celibi e nubili ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto arrivando a 578 mila.

Anche a lui che è uomo di mondo, e ha chiuso entrambi gli occhi di fronte alle intemperanze familiari e sessuali del suo ex-capo, capiterà di conoscere e frequentare qualche coppia di fatto, magari con un po’ di ribrezzo, ma tant’è. Conoscerà anche i loro figli, avrà visto che sono figli come gli altri, con il ciuccio, i pannolini, e poi i motorini e tutto il resto, e saprà benissimo -che gli piaccia o non gli piaccia- che quelle sono famiglie a tutti gli effetti.

Quindi la frase (in risposta alla recente proposta di Matteo Renzi sulle unioni civili): «Non si può pensare alle unioni civili senza pensare prima alle famiglie» è totalmente priva di senso. Le unioni civili sono una faccenda che riguarda le famiglie. Non famiglie di serie B: famiglie e stop, gioie e dolori, diritti e doveri. Quel piacevolissimo inferno che conosciamo tutti. Non c’è un “prima” e un “poi”. Ci sono le famiglie, a volersene occupare.

Perché poi -ed è l’altra ragione per la quale mi ribello- di queste famiglie, anche di quelle legalizzate che Alfano privilegia, i governi di cui lui ha fatto parte non si sono occupati minimamente. Nemmeno per le “sue” famiglie il vicepremier Alfano ha mai fatto un accidente.C’è una legge sostenuta dal governo Berlusconi -non ricordo quale numero- che ha permesso ai datori di lavoro di far firmare alle giovani donne dimissioni in bianco, da utilizzare in caso di gravidanza. C’è la cronica carenza di servizi per le famiglie. C’è una spesa per le politiche familiari tra le più basse d’Europa.

Ecco i dati: la spesa media dei Paesi Ocse per la famiglia è del 2,2%, con notevoli differenze. Francia, Gran Bretagna e Svezia sono i Paesi nei quali la spesa per le famiglie è più elevata (3,7% in Francia, 3,5% in Gran Bretagna, oltre il 3% anche in Svezia). L’Italia spende per le sue famiglie l’1,4% del Pil ed è, accanto a Portogallo, Grecia e Malta. Il fanalino di coda delle politiche familiari europee.

Che Alfano con il suo Nuovo Centro Destra, del quale i sondaggi fotografano l’irrilevanza, sia a caccia di voti, anche a costo di un’ipocrisia senza confini, raschiando il barile di un primitivismo civico che probabilmente non ha riscontri nella realtà, la dice lunga essenzialmente sulla sua disperazione politica, e sull’ambizione di restare protagonista costi quel che costi, anche sulla pelle delle moltissime famiglie, di fatto e non di fatto, di questo Paese.

Politica Dicembre 27, 2013

Renzi’s count-down

Molto deprimente lo spettacolo dell’assalto alla diligenza fine 2013, dagli spiaggiaroli al tentativo sulle slot machine agli affitti d’oro. ll decreto SalvaRoma o salviamoci tutti. Il Presidente del Consiglio che pone addirittura la fiducia sull’obbrobrio, come la fiducia fosse una procedura di routine. Il Presidente della Repubblica che gli strappa nervosamente le redini di mano per salvare il salvabile di un governo debole con i forti (lobby e interessi particolari) e arcigno con i deboli (i cittadini in difficoltà)

Il risultato è un ulteriore allontanamento dei cittadini dalla cosiddetta politica (quella roba non si sa più come chiamarla), una botta di sfiducia che davvero non ci voleva e che ci costa perfino di più di quello che ci sarebbe costato accontentare i signori del gioco d’azzardo. Vedremo che cosa combinano oggi con il decreto Milleproroghe, quanti e quali di quei provvedimenti destinati a sfamare la belva del “particulare” riusciranno a reinfilare. Mattinata di durissimo lavoro per i lobbisti.

Davvero non si riesce a capire come si potrà tirare il 2015 con questo parlamento e questa squadra. Matteo Renzi, neosegretario del Pd, partito al governo de facto– che decide l’istituzione di un team di controllori che passino preliminarmente al vaglio gli emendamenti per evitare ulteriori scivoloni. E se del governo non si fida neppure il Pd, chi si dovrebbe fidare? Un Presidente del Consiglio che prende schiaffoni un po’ da tutti: dal suo stesso partito, dal suo main sponsor Giorgio Napolitano, oltre che dall’opposizione.

E la riforma della legge elettorale che torna a dileguarsi all’orizzonte: Porcellum da guardia, che impedisce di tornare al voto e di riavvicinarsi a una normalità costituzionale.

Forse Matteo Renzi dovrebbe cominciare a scandire il count down.

aggiornamento ore 14: nel frattempo Napolitano con una lettera invita i presidenti di Camera e Senato alla massima stretta sugli emendamenti. Resta pur vero che la fiducia sul SalvaRoma è stata posta dal Presidente Letta, a cui a quanto pare quel decreto imbottito era piaciuto.

 

diritti, Donne e Uomini, Politica Dicembre 13, 2013

Il Pd di Renzi e i diritti civili

 

“Sui diritti il Matteo non è forte”: ante-primarie lo ammettevano anche vari “renziani”, malcelando il “neo” del loro candidato: per ora cerchiamo di parlarne il meno possibile, poi vedremo. Stefano Boeri, eletto tra i delegati di Renzi all’assemblea nazionale Pd, più onestamente sosteneva: “Sui diritti civili, come sui matrimoni e le adozioni per le coppie gay non la penso come lui”.

Non si tratta in verità di essere più o meno “forti” sul tema dei diritti. Si tratta forse di non aspettarsi da Matteo Renzi quello che Matteo Renzi non intende dare. Di cambiare aspettative. Di non stupirsi, per esempio, dell’edificazione di un cimitero dei feti a Firenze. Del fatto che Marianna Madia, delegata al lavoro della sua segreteria, ritenga che

L’aborto è il fallimento della politica, un fallimento etico, economico, sociale e culturale… credo che la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo diritto di farlo. Quindi dico no all’eutanasia. Se si parla di famiglia io penso a un uomo e una donna che si sposano e fanno dei figli. Scegliendo per la vita”. Salvo poi rettificare “penso che la 194 sia una conquista e che vada applicata in toto”.

Nessuna rettifica sull’eutanasia né sulle famiglia omoaffettive.

Il 2 ottobre il mix voto contrario-astensione di vari consiglieri Pd in Regione Toscana ha affossato una mozione che chiedeva una migliore applicazione della 194 –peraltro presentata dalla maggioranza di centrosinistra-: legge ormai sostanzialmente inapplicata causa obiezione di coscienza oltre al 70 per cento.

Qualche giorno fa il copione si è riproposto in Europa con la bocciatura della risoluzione della deputata socialista portoghese Edite Estrela sulla “salute e i diritti sessuali e riproduttivi”, che chiedeva tra l’altro il diritto “all’aborto sicuro e legale” in Europa (quindi non il diritto ad abortire, ma a non crepare), un’educazione sessuale per bambine e bambini, la prevenzione di gravidanze indesiderate con accesso equo alla contraccezione in un’ottica di lotta alle discriminazioni di genere. La risoluzione, sostenuta tra gli altri dalla European women lobby, dall’European parliamentary forum on population and development e da Amnesty International e fieramente combattuta dai no-choice, è stata bocciata anche grazie all’astensione dei piddini Silvia Costa, David Sassoli, Patrizia Toia, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi e all’assenza di alcuni altri. Posizione che non forse non corrisponde alle aspettative in tema di diritti di molti elettori e iscritti (ancora maggioranza?) nel Pd.

Lo dice chiaro Rosy Bindi:

Renzi realizza ciò che io ed altri non siamo riusciti a fare: rompere la continuità Pci-Pds-Ds-Pd”.

Non, peraltro, che il Pci-Pds-Ds-Pd sia mai stato davvero in prima linea sul tema dei diritti: il divorzio, per dirne una, fu essenzialmente una conquista radicale, che il Pci osteggiò a lungo. Ma con la segreteria Renzi la linea di resistenza potrebbe diventare maggioritaria.

E del resto, da analisi del voto alle primarie, solo il 29 per cento degli elettori di Matteo Renzi si definisce di sinistra. Il Pd, insomma, starebbe cambiando elettorato e pelle.

Ancora due notazioni: dire “sono a favore della 194” oggi non significa nulla. E’ a favore della 194, ma sul serio, solo chi intraprende politiche che ne garantiscano l’applicazione, individuando contromisure alla vastissima obiezione. In caso contrario si è a favore di una scatola quasi vuota. Non a caso i no-choice non vanno all’attacco frontale con un referendum abrogativo, a rischio di nuova sconfitta: ancora un po’ di obiezione e la legge non ci sarà più.

L’altra cosa la dico a chi ritiene che, in tempi duri come questi, parlare di diritti sia un lusso, come pretendere rose quando manca il pane. Per dirla marxianamente, struttura e sovrastruttura. Questo è un vero e tenace trompe-l’oeil, una visione ingannevole. E’ forse la mancanza di lavoro e di soldi a impedire una legge che consenta a una coppia dello stesso sesso di sposarsi se lo desidera, o a un cittadino di lasciare disposizioni sul suo fine-vita? E più diritti per le donne, come dimostrato da centinaia di studi, non si tradurrebbe in punti di Pil? Non si parla sempre del miglioramento della condizione delle donne come di una misura per la crescita e di un indicatore di civiltà?

Del Pd di Renzi si dice che è “post-ideologico”. Forse, più correttamente, si dovrebbe dire che racconta un’altra storia al nostro Paese. Prima ancora che una scissione, rischia una deflagrazione su questi temi sensibili, temi dai quali oggi passa molta politica.

 

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, Politica Novembre 10, 2013

Anatema laico

C’è un racconto di Ray Bradbury,The Scythe, dove un uomo riceve una terribile eredità che inizialmente non comprende: una falce, come da titolo, e un appezzamento dove il grano cresce in modo discontinuo, e soprattutto marcisce appena viene tagliato. In cambio, avrà casa, animali, cibo per la propria famiglia. L’uomo, dunque, falcia, e il grano ricresce, velocissimo, e marcisce, e ricresce. Ogni giorno. Infine, l’uomo capisce che ogni spiga tagliata è una vita, e che è lui a dovervi porre fine. E quando si troverà costretto a tagliare quelle di sua moglie e dei suoi figli, impazzisce e distrugge più spighe che può, verdi o mature non ha importanza. Allora, le bombe piovono su Londra e si accendono i forni di Belsen, e il grano cade in una pioggia di lacrime. Ma lui non si ferma.

The Scythe mi torna in mente pensando all’odio e a quanto l’odio sia divenuto la nostra condizione esistenziale e la nostra condanna. Giù la falce, colpisci e attacca, tutto e tutti, fingendo di riderne o provando a balbettare una motivazione. Questo mi torna in mente, quella pioggia di spighe e sangue. E questo sarà un post che parlerà di sangue, e anche di lacrime, e di chi usa sangue e lacrime per i propri fini.
L’ultima in ordine di tempo a essere colpita dalla valanga di odio è Lidia Ravera, di cui chiedono le dimissioni No Choice e laici di ogni sorta, furbetti e furbette, politici e tricoteuse della rete, tutti coloro che hanno conti in sospeso con lei, o con i femminismi, o con la propria stessa vita, non ho idea e non mi interessa.
Dovrei ricapitolare tutta la vicenda, e un po’ tentenno, perché il discorso di partenza mi sembrava molto semplice, ma si è andato gonfiando come una vela, fino a stravolgerlo, quel punto di partenza, che poi è la decisione di Matteo Renzi di dedicare un’area del cimitero ai bambini non nati, o meglio di sistematizzare e ufficializzare e aggiornare, magari proprio adesso, il regolamento che la prevede, perché la possibilità di seppellire i bambini morti in utero o venuti al mondo già morti esiste già, e io lo so, e fra un po’ vi spiego anche perché.
Ora, quella decisione di Matteo Renzi si adombra immediatamente di veleni politici, e questo dimostra quanto sia divenuta tossica la discussione sui partiti e soprattutto sul Pd. Essendo cane sciolto, come il commentarium sa, e un cane che dopo la vicenda Rodotà e quella del DL femminicidio non voterà Pd neanche se si candidasse a guidarlo Stephen King, mi auguro di poter prendere la parola su questo senza ricevere accuse di sostenere questo o quest’altro aspirante premier. Gli altri interventi sul punto (le donne Pd, Marina Terragni, la stessa Ravera) sono stati letti in questa chiave.

Ma quello che Ravera ha scritto è stato distorto fino a farla sembrare una sprezzatrice dell’altrui dolore, una che vuole seminare le vie delle città di neonati insepolti. Cosa ha detto, dunque? Ha fatto riferimento allo splatter di chi chiede a gran voce, e non parliamo dei genitori ma dei movimenti che fingono di supportarli,  i cimiteri dei non nati.
Splatter. Wikipedia, dai, è facile. Nel cinema si definisce così quel sottogenere horror basato su scene con schizzi di sangue, (to splat) e lacerazione di corpi, con conseguente fuoriuscita di interiora.
Ora lasciatevi condurre su un social network. Guardate cosa postano, i seguaci di Luca Volontè, di Olimpia Tarzia, i Movimenti che si autodefiniscono per la vita, i singoli fanatici. Guardate , se potete.
Fanno come hanno sempre fatto, solo che un tempo usavano i manifesti e i volantini, e bambolotti coperti di vernice rossa da tirare addosso alle donne che vanno nei consultori, o da mostrare a chi ha abortito, e ora usano la rete, che è più veloce ed efficace. Perché non è importante leggere l’articolo originale di Lidia, basta un pio virgolettato. Guardate, guardate cosa fanno. Postano fotografie di feti fatti a pezzi, un piedino di qua, la testa staccata dal corpo di là. Usano come avatar il profilo di un bambino morto. Ti sbattono in faccia sangue e orrore, e urlano. Quanto urlano, i Luca Volonté, le Olimpie Tarzia, i Movimenti per la vita, coloro che sembrano parlarti appunto di vita, e invece grondano violenza da ogni sillaba.
Non sono splatter? Accidenti, se lo sono. Trasformano in spettacolo sanguinoso ciò che è scelta privata, dolore privato. Calano la falce, e la fanno sanguinare. Dai, un braccino, guarda bene, un piede, guarda questa testolina decapitata. Lo fanno. Non serve segnalarli. I social rimuovono le tette e non un feto in pezzi. Dunque continuano, in nome di Dio. Un Dio che immagino sgomento, se esiste. Non credo che nessuna religione al mondo possa giustificare tutto questo. Nessuna, a meno che ci sia non la fede dietro, ma un’oscuro desiderio di annientamento altrui, la voglia pruriginosa di sentirsi, attraverso l’orrore, i giusti che purificano il mondo nelle fiamme.
Ora. Si può dissentire o meno sulle parole usate da Lidia Ravera. Non è affar mio. Non faccio le pulci agli scritti degli altri. Ma partire da qui per scatenare questa corsa del branco affamato è cosa davanti alla quale non riesco a tacere.
Dunque, prendo la parola.
Prendo la parola anche per un altro motivo, e non solo per solidarietà assoluta nei confronti di Lidia. Leggete le critiche che le rivolgono, su twitter o facebook. Vertono tutte sullo stesso punto. Le donne che hanno perso un figlio sono offese e ferite. Eccomi, è successo a me, dimissioni. Come osa, attacca le donne, dimissioni. Certi arrivano oltre l’immaginabile: ti auguro che ti muoia un figlio, dimissioni. Certi altri  ne approfittano per dire eh eh io sto con Renzi, dimissioni: e sono le mezzetacche che stanno saltando di gran carriera sul carro del presunto vincitore, ci scappasse uno strapuntino. E ancora, giù sul pedale della ferocia straziata. Croci con l’orsacchiotto. Giocattoli su piccole tombe. I nomi dei bambini morti.
Qui, non ce l’ho fatta più a tacere, perché ho provato una rabbia inestinguibile, signori che vi dite Pro Life (che raccogliete firme e organizzate concorsi nelle scuole, nel frattempo, ebbri di odio).
Perché io sono una di quei genitori che ha perso non uno, ma due bambini. 1985, il primo. Si chiamava Gabriele. Un’emorragia ha devastato il mio ventre al settimo mese di gravidanza. Stavamo morendo entrambi. Lui è vissuto sette giorni. Non ho mai visto il suo volto, non ho voluto. So che aveva i capelli rossi. 1986, il secondo. Si chiamava Andrea. Gravidanza monitoratissima, ma un nuovo distacco di placenta all’ottavo mese lo uccide, si perde il battito, secondo cesareo d’urgenza. So che aveva i capelli neri.
Gabriele e Andrea sono stati sepolti senza alcun problema. Gabriele riposa insieme a mia nonna, in un loculo di Prima Porta. Andrea, in una parte dello stesso cimitero dove sono i bambini morti alla nascita o poco prima. Questo, ripeto, nel 1986. Non ho dovuto né pregare né supplicare: la sepoltura, già allora, era un atto dovuto. Un atto dovuto, ripeto. Non c’è alcun bisogno di alzare la bandiera del diritto. Quel diritto c’è. Seppellite i vostri piccoli senza fare di chi avete amato un vessillo. E’ vostro, lo avete amato, lo avete aspettato e non c’è più, o non c’è mai stato. Ma questo non deve esere l’arma contro gli altri. Il dolore non è un’arma. Non deve esserlo.
Invece, nell’orrore in cui ci stiamo trasformando, sembra che sia necessario, per essere autorizzati a parlare, esibire il proprio dolore. Mostrare le mani macchiate di sangue, strapparsi i visceri e arrotolarli attorno ai polsi come braccialetti votivi. Guardatemi, mondo, leggetemi. Sono una madre orbata. Sono una madre che soffre. Quindi, ho diritto di parola. Questo mi sento costretta a fare, e allora lo faccio: a esibire il mio antico dolore come un ornamento, a salire su quel disgustoso altare che volete costruire intorno al lutto, soprattutto a quello delle  donne. Guardatemi, lo sto facendo.
Lo faccio e dico:  vergognatevi. Voi. Luca Volonté, Olimpia Tarzia, Pro Life o No Choice, voi associazioni laiche che chiedete il cinque per mille, ginecologi, psicologi, aspiranti scrittori o scrittori da quattro soldi, furbette e furbetti. Vergognatevi. Non vi permettete di parlare in mio nome e di dire che Lidia Ravera ha offeso tutte le donne che hanno perso un figlio. Il mio lutto è mio. Non vi appartiene e non permetterò a nessun avvoltoio di trarne profitto per le proprie crociate. Del resto, è scritto anche nella vostra religione: “Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla propria fede, sia anatema”.
Vergognatevi, e curate il vostro cuore prima che marcisca, come le spighe di Bradbury.

di Loredana Lipperini

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Lorella Zanardo, Il corpo delle donne

qui il comunicato di Se Non Ora Quando contro la richiesta di dimissioni di Lidia Ravera da parte di Francesco Storace e dei pro-life

Donne e Uomini, Politica Ottobre 29, 2013

Sepoltura dei feti: approvata la delibera della giunta Renzi

 

dopo le novità della giunta di Firenze, i pro-life tornano alla carica chiedendo l’istituzione della festa dei “santi non-nati”

E insomma, giusto a poche ore dalla chiusura della Leopolda il consiglio comunale di Firenze ha discusso e approvato la famosa delibera della giunta Renzi sul cimiterino dei feti a Trespiano, sulla quale molte associazioni di donne fiorentine, a cominciare da Snoq, tenevano da tempo accesi i riflettori (la delibera è stata tenuta chiusa per mesi nel cassetto: anche la tempistica per riproporla, l’immediato post-Leopolda, è suggestiva… un autogoal?).

Ma vediamo nel merito: la delibera è stata riproposta ripulita (e in senso non solo figurato) di quei passaggi splatter, là dove si parlava di sepoltura dei “prodotti abortivi e del concepimento”, evocando l’orrore: quel passaggio era stato accolto dall’esultanza del Movimento per la Vita e dei pro-life, e aveva addirittura scatenato macabri flash mob di gruppi dell’ultradestra contro i consultori (la storia qui).

Evidentemente si  è capito che la faccenda era una vera bomba, ed era meglio evitare. Inoltre non si parla più esplicitamente di un’area dedicata nel cimitero. Quindi, in buona sostanza, la lotta delle fiorentine e delle loro supporter esterne contro il cimiterino voluto da Renzi ha avuto un certo successo, evitando un precedente pericoloso che -specie nell’eventualità di una premiership Renzi- avrebbe dato il la all’istituzione di cimiterini analoghi in molte città. La delibera è passata con 30 voti a favore, 4 contrari e 7 non voti. A favore il Pd (tranne Francesco Ricci e Claudia Livi, non votanti), Idv e gruppo Noi per Matteo Renzi, contrari Ornella De Zordo (perUnaltracitta’), Tommaso Grassi (Sel) Marco Semplici e Massimo Sabatini (lista Galli).

Il passaggio del testo di regolamento cimiteriale che riguarda i feti definisce le dimensioni delle fosse (mi scuso), delle urne e dei “monumentini” e per il resto rinvia al decreto presidenziale in vigore da più di vent’anni che regola la materia: “Ferme restando le previsioni del piano di settore cimiteriale, in riferimento alle sepolture previste di cui all’art.7 del decreto del Presidente della Repubblica del 10/9/1990 e nel rispetto dell’art.50 lett.d, è confermata la prassi consolidata e vengno previste le seguenti dimensioni per gli spazi...“, eccetera.

Ma alcune ambiguità restano. La “prassi consolidata”, in realtà, spiega Tommaso Grassi di Sel che ha votato contro la delibera, “è che c’è nei fatti già un’area dedicata nel cimitero. Inoltre è ancora da capire se sia stata eliminata la planimetria allegata che individuava con chiarezza l’area nel cimitero di Trespiano”. Grassi spiega la sua contrarietà anche con il fatto che “regolamentando con una delibera le dimensioni delle fosse e le modalità della sepoltura, di fatto si istituzionalizza la questione. Dalla “prassi consolidata” si passa a un vero regolamento con un iter pubblico, il che significa di fatto conferire ai feti lo status di “cittadini morti”. Un simbolico pesante, che va a colpevolizzare le donne che decidono di interrompere la gravidanza”.

In effetti, essendoci già una legge che regola chiaramente la materia, non si comprende la necessità di un richiamo dettagliato in una delibera comunale: a che cosa serve ribadire? E’ un atto amministrativo, o un gesto politico-ideologico?  “Insomma” dice ancora Grassi “è un po’ come per l’Imu, che viene cancellata e poi reintrodotta con altri nomi. Anche qui sono sparite le parole che davano scandalo, ma la sostanza della questione è stata in buona parte salvaguardata“.

La delibera è stata difesa in aula da Stefania Saccardi, assessora ai Servizi Sociali e vicesindaca, legatissima a Matteo Renzi. Avvocata, cattolica,  già legale dell’Istituto Diocesano, Saccardi ha letto alcune lettere di padri e madri che desideravano seppellire il “loro” feto e ha spiegato che la questione non andava posta in termini ideologici.

Non è questione ideologica, in effetti. E’ questione di pelle. La legge 194 sull’aborto ormai è una legge di carta, sostanzialmente inapplicata in gran parte del territorio nazionale: la delibera Renzi, sia pure alleggerita, non va certo nel senso di migliorare le cose. Quando pensiamo a Renzi, pensiamo anche a questo Renzi.

E’ mezzo secolo che si combatte, e siamo ancora a questo punto.

P.S: Lo posto qui perchè la questione continua a tornare nel dibattito, quindi l’informazione ha bisogno di essere ribadita.  Domanda: se io voglio dare sepoltura a un feto, perché mai non ne avrei diritto? Risposta: il diritto a seppellire i feti di qualunque età gestazionale  è garantito da decenni da un decreto presidenziale: il dpr 10/09/90. Domanda: ci vogliono spazi appositi nei cimiteri -“giardini degli angeli” e simili- perché questo diritto possa essere esercitato? Risposta: no. In questi anni migliaia di feti sono stati sepolti in assenza di campi dedicati.

 

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aggiornamento ore 13.30: prime reazioni politiche. Questo è un altro candidato alla segreteria del Pd, Pippo Civati, che la vede molto diversamente. Vediamo se reagiranno anche gli altri due candidati.

aggiornamento di martedì 5 novembre, ore 20: interviene la Conferenza Nazionale delle Donne Pd

Sull’istituzione di un cosiddetto “cimitero dei feti” c’e’ stata una reazione giusta e netta di moltissime donne, del pd e non solo, sia quando a proporlo è stata una giunta di centrosinistra (come accadde a Firenze l’anno scorso), sia quando la proposta è venuta dal centrodestra (è il caso dell’allora vicesindaca di Roma Sveva Belviso). Ognuna di noi ha una propria sensibilita’ e compie le proprie scelte, ovviamente, ma in tante abbiamo letto l’istituzione di una vera e propria area dedicata come una provocazione lanciata alla legge 194.

Questo perche’ la legislazione italiana e’ abbastanza chiara. Il decreto 285 del 1990, che aggiorna il regolamento di polizia mortuaria fermo dal ’39, prevede, infatti, all’art 7, che: “A richiesta dei genitori, nel cimitero possono essere raccolti anche prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane”. Prima la prassi prevedeva la possibilità di seppellire solo i feti dalle 20 alle 28 settimane, oggi invece, si possono tumulare anche “prodotti del concepimento” sotto la decima settimana e tutto ciò che, con la norma precedente, veniva automaticamente considerato “rifiuto sanitario speciale”. Quando la legge e’ cosi’ chiara non si comprende davvero ne’ l’esigenza di istituire un’area dedicata, ne’ tantomeno l’esigenza di ribadire questa possibilita’ in una delibera comunale.

Sappiamo bene che la legge 194 e’ stata negli anni costantemente osteggiata e messa in discussione e per questo, anche in Parlamento, ci stiamo battendo affinchè l’obiezione di coscienza non diventi un ostacolo ad un diritto di scelta ottenuto con una grande mobilitazione e tante battaglie, chiedendo un maggiore impegno della ministra e delle regioni per la piena applicazione della legge. C’e’ ovviamente bisogno di atti concreti e di risorse, ma e’ anche necessario un dibattito culturale e politico che non consenta passi indietro sul terreno del rispetto delle scelte delle donne.

 

aggiornamento di venerdì 8 novembre: i “pro-life” chiedono dimissioni
dell’assessora regionale Lidia Ravera perché contro il cimitero dei feti fiorentino: vedere qui.

Dai banchi dell’opposizione in regione Lazio, Francesco Storace presenterà una mozione per sfiduciare Ravera.

aggiornamento di domenica 10 novembre:

questo il testo della mozione respinta in Regione Toscana il 2 ottobre.

Contro, oltre al Pdl, il voto decisivo di 5 consiglieri Pd: renziani, fioroniani e uno ancora non si sa ( tutti ex-Margherita).
La mozione chiedeva misure per l’applicazione della legge 194. Eccola:

si chiedeva di “emanare atti che in forza delle responsabilità riconosciute alle Regioni stesse prevedano con effetto vincolante per tutte le strutture che applicano IVG:
assicurando i parametri di personale sanitario al fine di garantire la piena applicazione della legge 194, tutelando altresì le professionalità del personale non obiettore da non relegare esclusivamente ai servizi di IVG
• verificando presso gli Ordini provinciali dei Medici che istituiscano elenchi di medici obiettori e medici non obiettori, accessibili ai cittadini che ne facciano richiesta
• chiedendo che nei curricula per i concorsi ospedalieri venga esplicitata la posizione riguardo all’art. 9 della L. 194
• adempiendo ai compiti, di spettanza della Regione, di verificare che le ASL organizzino i servizi di controllo e garanzia del servizio anche attraverso la mobilità del personale obiettore così come previsto dall’art. 9 della L 194 e che organizzino i servizi di UO di ginecologia e ostetricia in modo che a medici obiettori e non obiettori sia assicurata la possibilità di svolgere tutti i compiti assistenziali
vincolando la scelta per un periodo di tempo di almeno 3 anni, analogamente a quanto avviene per le nuove assunzioni
• implementando le informazioni sul percorso per l’IVG in tutti i presidi sanitari e sui loro siti “.

Mozione respinta!

Aggiornamento mercoledì 13, ore 16.00: pubblicato il testo della delibera sul cimitero dei feti a Firenze. Lo trovate qui.

 

 

 

Donne e Uomini, Politica, Senza categoria Ottobre 26, 2013

#Primarie Pd: i 4 candidati e le donne

Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Pippo Civati,
i quattro candidati alla segreteria del Pd

 

Se a qualcuno ancora servisse una prova del fatto che le donne, anche elettoralmente e politicamente, fanno la differenza, basterà ricordare il caso di Barack Obama: il voto femminile è stato decisivo per la sua rielezione. E potrebbe essere dirimente anche alle prossime primarie per la scelta del nuovo segretario del Partito Democratico.

Con alcune amiche che amano la politica abbiamo esaminato le mozioni in cui i 4 candidati esprimono le loro «linee politico-programmatiche» -ovvero le idee sul partito, sul Paese e la visione del futuro- mettendo a confronto i passaggi sui temi attinenti alla cittadinanza femminile.

Ecco brani “dedicati” nelle varie mozioni, che presentiamo ordine di sorteggio:

 

GIANNI CUPERLO
L’«uguaglianza e la libertà delle donne» sono la «condizione di contrasto a ogni differenza e discriminazione».

«Porteremo questi documenti nei circoli, li confronteremo con movimenti e comitati, con le associazioni della legalità e del civismo, coi mondi del lavoro, le forze economiche, sociali, professionali. E innanzitutto con i giovani e le donne».

«(…) la legge di Stabilità può essere migliorata non solo nella struttura ma anche nella dimensione. (…) Concentrarsi sul rilancio della domanda interna, aiutando i redditi più bassi (anche con un’azione mirata e selettiva della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro per i giovani e le donne».

«Occorre un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile finanziato in modo consistente, concentrando le risorse che nei prossimi anni si recupereranno dalla riduzione della spesa degli interessi sul debito pubblico, dal contrasto all’evasione fiscale e dai maggiori margini d’azione contrattati a livello europeo».

«Il sostegno alle responsabilità familiari è un’urgenza nel nostro Paese, dove ancora oggi quasi tutto il peso è caricato sulle spalle delle donne. Cruciali sono le politiche di condivisione e di sostegno al lavoro di cura attraverso i servizi sociali, nidi, i congedi parentali».

«L’obiettivo è diminuire la tassazione sul lavoro e sulle imprese (…) per favorire l’occupazione partendo dalle situazioni più deboli nel mercato del lavoro: i giovani, le donne, gli over 50 e i disoccupati di lungo periodo».

«Abbiamo giovani, studenti, ricercatori, e tra questi moltissime donne, che non temono confronti, eccellenze nei campi della creatività, della network science, in tanti settori della produzione innovativa».

«Le tragedie dell’Europa del ‘900 insegnano che non dobbiamo dimenticare che la “banalità del male” cova sotto le ceneri. Ma c’è una premessa. Perché alla fine forse tutto di lì ha inizio: il rispetto dei diritti umani delle donne, l’inviolabilità del loro corpo come antidoto alla legge dei più forti. Anche il nostro presente è segnato da quell’antico conflitto che ora mostra forme e volti inediti, il conflitto per il potere, il dominio sull’autonomia, sulla libertà delle donne. Una vera e propria strage delle innocenti che trascina i destini dei minori e dei bambini. L’uguaglianza e la libertà delle donne come condizione di contrasto a ogni differenza e discriminazione. Anche per questo è indispensabile riprendere il filo dei diritti umani per scrivere la stagione della “rivoluzione globale della dignità”.

«Sì a una legge organica contro il femminicidio, sì a una legge saggia sulla fine vita, sì ai diritti e doveri per coppie di fatto omosessuali, sì al miglioramento della legge contro l’omofobia, sì alla piena applicazione della 194, sì a un nuovo testo per la fecondazione assistita, sì alla cittadinanza, si a estensione di tutele per le donne in maternità. Sì a una battaglia contro ogni discriminazione».

«Dirigere il PD, a ogni livello, deve tornare ad appassionare. (…) È la condizione per ritrovare quella condivisione di sentimenti, valori, destino con tante e tanti che dalla politica oggi si sentono delusi. (…) Anche perché molto di buono è fuori da noi. E dobbiamo cercarlo nei comitati di quartiere, nelle associazioni e nei movimenti di base, nel lavoro volontario di milioni di persone, riannodando così i fili della sinistra diffusa, del pensiero critico e delle donne, della radicalità cattolica».

L’impostazione di Cuperlo è molto tradizionale. I diritti delle donne vengono il più delle volte nominati, come quasi sempre nei programmi politici, in abbinamento a quelli dei giovani, degli anziani, dei disoccupati, degli omosessuali ecc. Intesi cioè, ancora una volta, come diritti di una “minoranza” da tutelare, benché le donne siano la maggioranza del Paese. Immancabile il riferimento agli asili nido: un classico delle promesse preelettorali disattese. Sentito e non retorico, tuttavia, il passaggio sulla violenza e sulla “strage delle innocenti”.

 

MATTEO RENZI
«Abbiamo respinto ai seggi persone, uomini e donne che, armati della propria passione, erano usciti di casa per esprimere un voto, una scelta per noi».

«Negli ultimi mesi si sono fatti essenziali passi avanti: il Parlamento ha approvato un fondamentale provvedimento di legge volto a contrastare le violenza contro le donne e si è avviato alla Camera il percorso che condurrà a una legge contro l’omofobia e la transfobia. Passi importanti, ma non sufficienti. Le norme penali non possono essere l’unico strumento per limitare questi fenomeni inaccettabili: ciò che dobbiamo costruire è l’educazione di tutti a un rapporto più gentile tra le persone».

«Per cambiare verso per la guida del PD, proponiamo Matteo Renzi, 38 anni, sindaco di Firenze dal 2009. Matteo è molto conosciuto per i suoi slogan, ma il suo slogan migliore è la concretezza delle cose realizzate da amministratore. (…) ha dimezzato il numero degli assessori della giunta, dove le donne sono in maggioranza rispetto agli uomini».

Questi gli scarni passaggi della mozione Renzi sulle donne. Il sindaco di Firenze non sembra propenso a considerare la differenza femminile, dà per scontata l’emancipazione e tiene a mostrare di averla praticata, non nomina  le problematiche che rendono difficoltosa la vita delle donne in questo Paese: dal lavoro, al welfare alla non applicazione della legge 194.

 

GIANNI PITTELLA
«Qui ed ora dobbiamo rigenerare il partito democratico, dargli un senso per dare un senso all’Italia (…) coinvolgendo le donne e gli uomini del nostro Paese per costruire un futuro che valga la pena di essere desiderato».

«Insieme dobbiamo affermare e difendere i diritti e la libertà di essere, nel rispetto di tutti; cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani e laici, migranti e residenti, giovani e anziani, omosessuali ed eterosessuali, donne e uomini, studenti, imprenditori, liberi professionisti e dipendenti, volontari e lavoratori».

«L’uguaglianza di opportunità tra donne e uomini, la parità tra i generi, ha confermato, guardando ai paesi del Nord Europa, che l’integrazione tra le caratteristiche femminili e maschili consente di gestire in modo migliore i processi di governance e di sviluppo».

«Considerata la grave crisi che sta imperversando, forse, vale la pena infrangere alcuni muri (…) e avere la capacità di valorizzare identità e provenienza dei territori, integrare nel sistema produttivo donne e giovani, la produzione di beni e servizi sostenibili ambientalmente e socialmente (…)».

«Bisogna realizzare un’idea libera di società, capace di superare definitivamente la violenza e la sopraffazione verso le donne e verso le minoranze. In una società costituita da donne e uomini, l’azione politica non può prescindere dall’attribuzione di potere e responsabilità alle donne nel senso di promozione delle donne nei centri decisionali della società, della politica e dell’economia attraverso misure finalizzate ad eliminare e prevenire la discriminazione o a compensarne gli svantaggi, e che garantiscano il riequilibrio della rappresentanza di genere. Ma la sfida è nel progetto culturale perchè le politiche di genere per essere realmente efficaci necessitano, per loro stessa natura, di una cultura predisposta a recepirle. Lo spazio pubblico può e deve essere contendibile da ogni desiderio legittimo, da ogni aspirazione, da ogni volontà di determinarsi e di voler partecipare ad una vicenda collettiva che è il presente ed il futuro della nostra società».

«Sono tante le donne e tanti gli uomini capaci di fare la differenza nel nostro partito, vanno cercati e valorizzati».

La chiave è sostanzialmente la stessa utilizzata dell’altro Gianni (Cuperlo) ma qui slancio si fa più ardito: le donne sono messe nel mucchio di categorie le più eterogenee, “cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, mussulmani e laici, migranti e residenti, giovani e anziani, omosessuali ed eterosessuali, donne e uomini, studenti, imprenditori, liberi professionisti e dipendenti, volontari e lavoratori». D’altro canto, rispetto alla mozione Cuperlo, si nomina con maggiore chiarezza la necessità di attribuire alle donne ruoli di comando e responsabilità.

 

GIUSEPPE CIVATI detto PIPPO
“Nelle pagine che seguiranno, la novità è a sinistra, nel pluralismo, nel riconoscimento dei diritti, nell’apertura alla cittadinanza, nella voglia di cambiare insieme perché solo insieme, con un grande progetto, possiamo farlo, nella cultura della possibilità e dell’alternativa di governo, nel superamento di quella «questione maschile» che ancora dobbiamo affrontare per cambiare punto di vista, modi e parole, nella creatività e nella curiosità, nella conoscenza e nell’apertura di senso che sole ci possono davvero salvare».

«Non abbiamo saputo arginare la crescita della disuguaglianza e dare uno sbocco politico alla crescita del sapere diffuso, nei luoghi del lavoro e della vita. (…) Eppure bastava volgere lo sguardo un po’ più in là per vedere che appena fuori dai nostri logori schemi, mentre il corpo sociale si spezzettava, nuove modalità di azione politica testardamente rinascevano (…) Nel nostro Paese questi eventi hanno assunto proporzioni tali da non poter essere ignorati: dalle opposizioni a nuove centrali nucleari e piattaforme di estrazione petrolifera nel mare Adriatico, alle rivolte degli immigrati impiegati come schiavi nei campi di pomodori pugliesi o calabresi, dalle manifestazioni per «una repubblica delle donne» ai referendum sull’acqua pubblica».

«Noi crediamo che questa sia l’ora del riscatto. Un partito serve se si fa specchio della sua migliore società, se generosamente mette insieme le storie delle donne e degli uomini migliori, senza chiedersi a quale delle mille maledette correnti appartenga».

«La questione maschile
La formula ottocentesca “questione femminile” va radicalmente rovesciata. Esiste nel nostro Paese una tenace “questione maschile” che produce iniquità, ingiustizie e violenze e che rallenta lo sviluppo del Paese, che ne dimezza le potenzialità impedendo allo sguardo femminile di applicarsi alla globalità dei problemi e di prendere parte alla formazione delle decisioni pubbliche. Alle cittadine di questo Paese è consentito unicamente esercitarsi politicamente e in modo autodifensivo su tematiche ritenute “femminili” – dalla fecondazione assistita, all’aborto, alla violenza e al femminicidio –, questioni che invece hanno direttamente a che vedere con la sessualità e i modelli maschili.

La legge 40 sulla fecondazione assistita è certamente ingiusta e va cambiata, consentendo indagini pre-impianto sugli embrioni di coppie portatrici di malattie genetiche in conformità a quanto sancito dalla Carta Europea dei diritti dell’uomo. Ma l’ingiustizia va in gran parte ricondotta a una concezione maschile della donna come mero contenitore di embrioni, nonché merce di scambio ideologico. Vanno inoltre adottate tutte le misure necessarie alla prevenzione dell’infertilità maschile e femminile, in gran parte riconducibili alla ricerca tardiva dei figli a causa di un’organizzazione maschile del lavoro che punisce le madri con dimissioni in bianco, licenziamenti, interruzioni di carriera. Una diversa organizzazione, che tenga conto del pensiero delle donne sul lavoro, e un’autentica considerazione del valore sociale della genitorialità è il miglior presidio contro l’aumento dei casi di infertilità.

La non applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza e lo smantellamento dei consultori corrispondono a logiche di carriera ospedaliera, con aumento vertiginoso dell’obiezione di coscienza e alla salvaguardia degli interessi della sanità privata. Per il Pd è tempo di far sentire la propria voce su questi temi per migliorare la diffusione di informazioni sulle misure di contraccezione, anche attraverso corsi di educazione e informazione sessuale nelle scuole, finalizzate a una condivisione della responsabilità procreativa da parte degli uomini; di potenziare e modernizzare la proposta dei “vecchi” consultori familiari; di garantire l’applicazione su tutto il territorio nazionale della legge 194/1978, anche stabilendo una percentuale di personale non obiettore nelle unità ginecologiche degli ospedali pubblici.

Quanto alla violenza sulle donne e all’aumento dei casi di femminicidio, ciò costituisce la prova più evidente dell’esistenza di una “questione maschile” e della persistenza di una mentalità patriarcale che nella maggiore libertà delle donne non vede un’opportunità per tutti, ma solo un’insostenibile minaccia. La violenza non può essere affrontata solo con provvedimenti di ordine pubblico e di sicurezza. Il Pd deve porsi in ascolto della decennale esperienza dei centri e delle associazioni antiviolenza, destinando adeguate risorse a queste realtà, promuovendo interventi di sensibilizzazione nelle scuole e nelle Università, cambiando e certificando i libri di testo che continuano a tramandare modelli rigidi e fuori tempo, sulla base dei quali alunni e alunne formeranno le loro rispettive identità di genere e le loro relazioni; promuovendo una formazione delle forze dell’ordine e di tutto il personale addetto; destinando parte delle risorse all’accompagnamento e alla terapia degli stalker e dei sex offender per prevenire l’escalation delle violenze fino al femminicidio.

Nonostante numerosi studi evidenzino una correlazione positiva tra occupazione femminile e Pil, (Goldman Sachs stima che la parità porterebbe a un incremento del Pil del 22 per cento) è soprattutto alle donne che il mondo del lavoro fa pagare il prezzo della crisi, ostacolandone l’ingresso, relegandole nei settori meno qualificati, mantenendo il gap salariale, obbligandole alle dimissioni in bianco e a rinunciare al lavoro per motivi familiari, costringendole al ruolo di “welfare vivente” per sopperire alla cronica e crescente carenza di servizi, sottoutilizzando le più scolarizzate (il 56% dei laureati in Italia sono donne e l’Ocse calcola che nel 2020 saranno il 70%), resistendo fortemente alla femminilizzazione dei board: ecco un’altra faccia dell’irriducibile questione maschile nel nostro Paese, direttamente correlata alle sue molte arretratezze. Controprova: il trend positivo, nonostante la crisi, delle imprese create e gestite da donne, che rispondono in modo autonomo alla chiusura del mondo del lavoro pur trovandosi a dover superare numerosi ostacoli, come il più difficile accesso al credito nonostante le donne siano mediamente più solvibili degli uomini.

Il Pd deve assumere con decisione il tema del welfare, intendendolo come un servizio alle persone e alle famiglie e non alle donne; deve promuovere per tutti, donne e uomini, forme di dis-organizzazione del lavoro – dalla flessibilizzazione alle postazioni in remoto – che rendano più prossimi lavoro e vita; deve rimuovere gli ostacoli al credito per le donne, legati a superstizioni maschiliste, e introdurre una struttura della tassazione che incoraggi il ricorso al lavoro femminile; deve estendere i congedi obbligatori anche per i padri.

Più in generale, il Pd deve assumere e fare fronte alla crisi di quella soggettività maschile, attorno alla quale la società ha fin qui costruito il modello di sviluppo politico, sociale e culturale. E deve in ogni modo favorire la partecipazione delle donne alla vita pubblica, non pretendendo di inquadrarle nella rigidità delle strutture maschili, ma intendendole come portatrici di irriducibile differenza e promotrici di quel cambio di civiltà politica di cui la nostra democrazia affaticata ha estremo bisogno. Mai più senza le donne».

«Il combinato disposto è il “fai da te” del welfare fondato sul lavoro di cura delle donne, madri, compagne, figlie o nuore o delle badanti. Vanno finanziati i fondi politiche sociali e non autosufficienza e vanno garantiti i livelli essenziali di assistenza sociali».

Si tratta con ogni evidenza della mozione più ricca e innovativa, con un salto radicale dalla vecchia “questione femminile” a una “questione maschile” a cui è dedicata un’intera sezione, e alla quale viene ascritta la responsabilità di gran parte dei problemi delle donne di questo Paese -dal lavoro al welfare, dalla maternità alle dimissioni in bianco, dalla legge 194 alla fecondazione assistita, fino alla violenza e al femminicidio-, analizzati uno a uno. Si prospettano soluzioni originali. Si nominano la “crisi della soggettività maschile” e la “differenza femminile”: sensibilità e precisione evidentemente frutto di ascolto e attenzione continuativi.

Donne e Uomini, Politica, pubblicità, TEMPI MODERNI Settembre 22, 2013

Very cul

Anche i renziani più convinti, vista questa immagine, non si sono arresi: “E’ un fake”. Nemmeno loro ci potevano credere. E invece è tutto vero: sfilata del marchio di costumi Pin up stars. Sul retro-slip, il sostegno a Matteo Renzi.

Slogan lanciato su Twitter: «We want #Renzi: abbiamo cambiato il #beachwear e vorremmo cambiasse l’Italia». E meno male che non hanno twittato: “Abbiamo cambiato le mutande”.

Escludendo con certezza che Renzi abbia commissionato l’iniziativa, resta il fatto che il sindaco di Firenze risulta molto “inspiring” per un mondo e uno stile di vita che proprio di sinistrissima non è mai stato.  E’ l’effetto che si vuole ottenere, potrebbe rispondere un renziano: cercare e trovare consensi dove il Pd non ne ha mai avuti.

Ma questo mondo che di sinistrissima non è mai stato tende tra l’altro, come si sa, a proporre un’immagine delle donne (very cul) che non ha corrispettivi nel resto del mondo occidentale. E se “vorremmo che cambiasse l’Italia”, forse si può cominciare proprio di qui, dal un maggiore rispetto per le donne e per il loro corpo.

Un’azienda di costumi da bagno, com’è ovvio, fa sfilare ragazze in bikini. Ma quella scritta sul posteriore è alquanto degradante, per le donne -che, forse darò una notizia, non pensano e non votano con il c..o- e anche per Matteo Renzi. Ottimo colpo per Pin Up Stars. Non per Matteo. Figuriamoci per il Pd, già messo a dura prova dall’emorragia di consensi a sinistra.

Il sindaco di Firenze, io credo, dovrebbe ringraziare -neanche troppo- e fermamente dissociarsi. Tipo: “E’ bello piacervi. Ma non a questo prezzo”.

Però vedesse lui.

Se volete c’è pure il video.
Fa ancora più male
 

Politica, Senza categoria Settembre 15, 2013

Essere Matteo Renzi (a Milano)

Lo dico anzitutto ai renziani: guarite! Non dovete chiamarvi con il nome di un altro, ma con la forza delle vostre idee”.

Lo dice Matteo Renzi, mica io, davanti alla folla entusiasta ed eccitata del fine Festa Pd di Milano, al Carroponte di Sesto san Giovanni, capannone sotto pioggia scrosciante d’inizio autunno, abbronzature che scoloriscono, signora a lato palco con canotta paillettata.

Introduce Francesco Laforgia (ok che le correnti non usano più: ma non era bersaniano?), conduce Beppe Severgnini. Renzi in classica camicia bianca, lievemente inquartato, mentalmente tonico. Parola chiave della serata -ripetuta più volte-: comunità.

Riscaldamento sportivo, Inter, Fiorentina etc. (qualche insofferenza tra le signore piddine: “… e alùra!”), quindi si comincia.

Ecco una cronaca.

 

ENTERTAINMENT

“Il fatto che io sia candidato alla segreteria del Pd dice come siamo messi male”.

“Se non ce la fa Renzi, il prossimo è il Mago Otelma”.

“Alzi la mano chi ha votato Grillo? E il Pdl? E la Lega?”.

“Piove governo largo! E il tacchino si bagna”.

“Non si va sul tetto a difendere la Costituzione. La Costituzione si difende al piano di sotto” (applauso).

“Non sono andato ad Arcore per un bunga-bunga. Non ho le physique”.

“Se c’è qualcuno che pensa di salire sul carro perché gli conviene, sappia che siamo abituati a farli scendere”.

“Dove vanno a finire tutti quei 2 euro delle primarie?”.

“Con Letta abbiamo 6 figli in due. Non condivisi. Almeno credo”.

 

POLITICA

“Un anno fa cominciava la campagna per le primarie. Le abbiamo perse. Ma questa non dev’essere una rivincita. Quell’esperienza è chiusa”.

“Non si possono certo fare i salti di gioia per le larghe intese. Ma se il governo fa le cose sono il primo a sostenerlo. La vera cosa da fare è la legge elettorale”.

“Gianni Cuperlo è una persona seria. Stimo Civati, stimo Pittella. Dobbiamo essere capaci di parlare di idee, fin dalle prossime settimane”.

“Se non riesci a prendere l’elettorato deluso del centrodestra non ce la fai. Non è autotradimento”.

“Quando dicono che comunicazione è una parolaccia, stanno facendo vincere gli altri. Voglio un Pd che sappia comunicare bene”. (applauso maior).

“Il Pd non deve chiudersi, il Pd deve abitare la frontiera”.

“Berlusconi non farà saltare il governo, non gli conviene. Se si va a elezioni lo asfaltiamo. Spero che cada entro la settimana”.

“Sto cercando di fare vincere la sinistra, non di tradirla” (applauso)

 

SOUL

“Il successo per la mia vita personale non è rilevante. Non è decisivo per la verità della mia persona. L’ho imparato dagli scout”.

“Odio perdere, è più forte di me. Ma in chi ci aveva creduto, ho visto il più grande attestato di bellezza”.

“Noi siamo qui non per fare meglio di loro, ma per dare il meglio di noi stessi”.

“Il vero rischio è convincersi di essere insostituibili. Si tratta piuttosto di rispondere a una vocazione, mantenendo la certezza di non essere decisivi”.

“Se non riesco a far scattare il meccanismo che non si sta parlando di me ma di noi, le elezioni le perdiamo”.

 

 CENERE

“Sulla cena con i finanzieri ho fatto un grande errore di comunicazione. Anche se sarebbe interessante discutere di finanza, che non è il male”.

(urlo dal pubblico: “Va tassata!”. Risposta: “D’accordo con il principio”).

 

Note a margine:

una certa delusione tra il pubblico per la mancanza di contenuti. “Va be’, ma l’ha di’ gnent”, commenta una signora (“va bene, ma non ha detto niente…”). La felicità di poter ridere: la gente ne ha un gran bisogno. (“Ti tira su il morale”, dice uno). Orgoglio: finalmente abbiamo anche noi qualcuno che ci invidiano tutti, anche i berlusconiani.

Questi i fatti, separatissimi dalle mie opinioni.

 

Politica Settembre 6, 2013

Ritorno alla Leopolda

Angelo Panebianco sul Corriere di oggi dedica il suo editoriale al bandwagoning, “quasi tutti” scrive “che saltano sul carro del vincitore“. Sta evidentemente parlando di Matteo Renzi, “corpo estraneo” del Pd che ormai la stragrande maggioranza della dirigenza rottamanda del partito (prima D’Alema, poi Franceschini, Fioroni, Veltroni) indicano come segretario (e/o) futuro premier. Non si parte, cioè, dal dibattito sui contenuti per indicare un leader. Si parte dal leader, e quanto al resto si vedrà: mutazione genetica in direzione del partito-persona.

Solo il Pd di Renzi avrebbe chance di battere Berlusconi, che starebbe vertiginosamente risalendo nei consensi (condizionali d’obbligo quando si parla di sondaggi). In effetti, in assenza di un partito –nessuno sa che cosa vuole il Pd, tanto meno il Pd– non si vede strada diversa, berlusconianamente, dal marketing su una singola faccia. Ma: 1. attenti, quando si tratta di essere berlusconiani, Berlusconi il più bravo di tutti  2. chiunque può rendersi conto del fatto che su Superman-Renzi l‘abbraccio del vecchio apparato può avere l’effetto della kryptonite verde.

Renzi, d’altro canto, è politicamente molto abile. Non gli sfuggirà che è la vecchia dirigenza ad avere bisogno di lui, e non lui di lei. Con la vittoria congressuale in tasca, o almeno così dicono, può pertanto decidere in libertà quali saranno i suoi principali interlocutori. In primis, io credo, quelli che insieme a lui, alla prima Leopolda, hanno dato avvio al percorso di rinnovamento: Pippo Civati, Debora Serracchiani. Si tratta di riprendere quel dialogo generazionale interrotto, allargandolo, come suggerisce il king maker Goffredo Bettini, a personalità come Cuperlo, Pittella, Puppato, Boeri e altre, per un rinnovamento autentico e profondo. Per fare squadra, insomma, senza la quale anche il miglior play maker combina poco o niente. E per fare grande politica: un tandem Renzi-Civati (il primo premier, il secondo segretario del partito: questa sarebbe stata la soluzione ideale) rivolterebbe questo Paese come un guanto.

Questo se le cose andranno dove il destino e i sondaggi sembrano volerle fare andare. In verità, la strada è ancora lunga, e può davvero capitare di tutto.