Ok, voglio farmi del male, stamattina.
Il Presidente del Consiglio Mario Monti, intervistato a Matrix, avverte i giovani che “il posto fisso non esiste più. E poi, diciamolo: che monotonia…”. Ti si accappona la pelle, se hai dei figli. Poi ti guardi intorno, e vedi che il premier sta descrivendo una realtà che ha già corso.
E poi ripenso quello che ho sentito dire in una pubblica discussione a Milano, indetta dall’Agorà del lavoro, che si incontra periodicamente per parlare di questi temi.
Le giovani generazioni che subiscono la precarizzazione ma anche la agiscono, a vantaggio del primato della vita: «Io sono il lavoro liquido dell’oggi, non minacciarmi con la cancellazione del precariato» ha detto, sorprendendo tutte, una giovane donna. «Io voglio trovare il mio senso in questa liquidità». E un’altra: «Non demoralizzate i giovani: il lavoro fisso non è tutto!».
Figlie di «garantiti» workaholic, gente condannata alle 8 ore per 11 mesi per 40 anni nello stesso posto, gente che ha smarrito il senso di che cosa sia semplicemente «vivere». E dicono cose scandalose come queste. Dicono che per loro la vita conta di più.
Proviamo a ragionarci su.