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posto fisso

Politica Febbraio 7, 2012

O con lui o contro di lui?

Posta un lettore qui sotto, dove si dibatte sulla battutona della ministra Anna Maria Cancellieri (peraltro stigmatizzata un po’ da tutti):

“La sintesi dei partecipanti al blog:  per fare quello che ha fatto Monti non serviva un professore, bastava un bidello.
David Thorne, ambasciatore americano in Italia: Monti ha cambiato la dinamica europea.
Che ignorante questo rappresentante dei poteri forti che non ha letto le vostre critiche”.

Non è l’unic*, anzi sono in tanti ad assumere questa posizione, che definirei fideistica: o in questo governo ci credi senza riserve e senza critiche, o non ci credi affatto. O bianco, o nero. O stai con Monti, o sei un nostalgico del Cav. E così via.

E invece è possibile, e anzi auspicabile, avere fiducia in questo governo e dissentire da alcune delle sue azioni o posizioni. O, viceversa, non crederci, ma convenire sulla bontà di certe operazioni. Ed esprimere le proprie posizioni, opportunamente dialettiche.

L’uomo della salvezza non esiste. Essere politicamente adulti richiede di prenderne atto.

Soprattutto in un Paese come il nostro, storicamente propenso all’Amministratore Unico.

Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 6, 2012

Famiglione monotone

”Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale”.

Lo ha detto il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri.

Insomma, detto in altre parole, ma la solfa è la stessa: siamo monotoni.

Ma questa fissità, questo legame, questi forti legami familiari -che sostituiscono, cara Ministra, il welfare-, sono necessariamente solo un male?

La nostra celebrata piccola e media e impresa non si radica proprio in questa fissità e in questa tenuta della famiglia?

La famiglia è davvero una cosa arcaica che frena lo sviluppo?

Aggiungo stamattina a quello che ho scritto ieri sera:

a parte che -scopro anch’io- a quanto pare il nostro, dopo la Romania, è il Paese europeo che esporta più giovani,

vorrei che la Ministra ci dicesse, per esempio, un ragazzo o una ragazza con un lavoro precario, e magari un bambino o anche due, dove può andare se non ha entrate certe, e non ha nemmeno servizi a cui appoggiarsi (nidi)?

E in un’altra stagione della vita, come può allontanarsi dai vecchi genitori, sapendo che toccherà a lei (lui) occuparsene, quando ne avranno bisogno?

Donne e Uomini, lavoro Febbraio 2, 2012

La fissa del fisso

Ok, voglio farmi del male, stamattina.

Il Presidente del Consiglio Mario Monti, intervistato a Matrix, avverte i giovani che “il posto fisso non esiste più. E poi, diciamolo: che monotonia…”. Ti si accappona la pelle, se hai dei figli. Poi ti guardi intorno, e vedi che il premier sta descrivendo una realtà che ha già corso.

E poi ripenso quello che ho sentito dire in una pubblica discussione a Milano, indetta dall’Agorà del lavoro, che si incontra periodicamente per parlare di questi temi.

Le giovani generazioni che subiscono la precarizzazione ma anche la agiscono, a vantaggio del primato della vita: «Io sono il lavoro liquido dell’oggi, non minacciarmi con la cancellazione del precariato» ha detto, sorprendendo tutte, una giovane donna. «Io voglio trovare il mio senso in questa liquidità». E un’altra: «Non demoralizzate i giovani: il lavoro fisso non è tutto!».

Figlie di «garantiti» workaholic, gente condannata alle 8 ore per 11 mesi per 40 anni nello stesso posto, gente che ha smarrito il senso di che cosa sia semplicemente «vivere». E dicono cose scandalose come queste. Dicono che per loro la vita conta di più.

Proviamo a ragionarci su.

 

economics, lavoro Dicembre 19, 2011

I poveri che abbiamo in casa

Seguo il dibattito sull’art. 18 e provo a farmi un’opinione, senza pregiudizi.

Al momento dico solo che non è sopportabile che in uno stesso luogo di lavoro, a parità di mansioni, vi sia chi è garantito e non lo è -situazione che conosciamo bene tutti- e nemmeno che il sistema delle garanzie vada a esaurirsi con la progressiva uscita degli attuali assunti a tempo indeterminato, che nel prossimo futuro rischiano di diventare una vera rarità.

Dico che i poveri ce li abbiamo in casa, e sono i nostri figli, destinati, in assenza di nuove regole, a un precariato senza fine. Toccherà a noi doverli garantire, fargli da welfare, assicurargli un tetto, arrivare dove non arrivano, investire i nostri risparmi nella tutela delle loro famiglie. E poi?

Dico anche che non possiamo rinunciare, nemmeno in queste circostanze, a ragionare sulla qualità del lavoro e dell’esistenza. Che non possiamo sacrificare sull’altare delle garanzie il senso di un’intera vita. Conosco molti ragazzi che pur di non rassegnarsi all’alienazione di un lavoro deludente ancorché garantito, che non corrisponde affatto alle loro aspirazioni, riducono al minimo le loro pretese e rinunciano a perseguire l’idea del posto fisso. Una generazione di downshifter, nata e cresciuta nel relativo agio e pronta alla frugalità del molto-meno.

Si dovrebbe tenere conto anche di questo, nei ragionamenti. E ripensare tutta quanta la questione del welfare in questa prospettiva. Una parte consistente delle moltissime tasse che eroghiamo siano destinate a un sistema di garanzie che preservi il senso di ogni singola vita.

Anche questa è crescita.