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mario monti

leadershit, Politica, questione maschile, TEMPI MODERNI Dicembre 31, 2012

Il Monti inCasinato

 

Il “nuovo” al centro: Pierferdinando Casini, 30 anni in Parlamento

Sarà anche colpa del mio sguardo, sarà che sono una donna, con un punto di vista necessariamente eterodosso, ma io in questo “nuovo” centromontismo tutto questo “nuovo” non lo vedo.

Sarà che mi faccio distrarre dalle facce di Casini (che le liste, dice “me le faccio io” e che nel 2013 festeggerà i suoi 30 anni da deputato) di Fini e di Frattini, che proprio nuovissime non si possono dire. Che do troppa importanza al sostanziale monosex della formazione, anche questo indizio di una certa vetustà: trattasi del solito maschio medio sui 60, che blocca il Paese. Sarà che mi lascio suggestionare dall’operoso aspersorio di monsignor Bagnasco, che si affretta a benedire la neo-proposta, e da quell’agenda doverosa, priva di grandi guizzi visionari, da un lato, e delle indispensabili istruzioni per l’uso dall’altro… ma io grandi differenze tra il progetto montiano e il sogno neo-democristiano non riesco a vederle.

Vedo un Monti già diverso, questo sì, che “salendo in politica” si è inCasinato e ha già perso molto smalto.

E vedo benissimo le differenze tra il Paese che fu governato per un tempo infinito dalla Democrazia Cristiana e il Paese di oggi, che di una nuova Dc non ha affatto bisogno, che trova nel protagonismo dei giovani e delle donne -la coppia “cougar” esclusa dal Grande Capo Augh- il perno della svolta indispensabile.

Insomma, detto alla buona: se io fossi Bersani, se fossi Vendola, se fossi il centrosinistra, dopo il temerario passaggio dei vari gradi di primarie, che restano un fatto indiscutibile da opporre a chi le liste “me le faccio io”, per segnare la differenza da questo neocentrismo punterei alla grande sul tema sensibilissimo dei diritti: perché in cambio della sua benedizione, la Chiesa avrà già posto delle ferree condizioni, avviluppando questo supposto “nuovo” in lacci e lacciuoli premoderni

Diritti, donne, giovani: con i montiani mi misurerei a viso aperto su questo. Confidando in un Paese che ha molta voglia di diventare adulto, e di vecchi patriarchi non ha più bisogno.

ambiente, economics, esperienze, Politica Novembre 19, 2012

Siamo molto ma molto meglio dei nostri politici

Renato Guttuso, Contadini al lavoro

Prova del nove del fatto che il Paese reale è molto ma molto ma molto meglio della sua classe dirigente, il sondaggio pubblicato stamattina dal Corriere -e che, lo dico al direttore Ferruccio De Bortoli, io avrei sbattuto in prima, e non a pagina 21-: per 9 italiani su 10 arte, ambiente e agricoltura saranno il motore della nostra ripartenza, il cuore del modello italiano di sviluppo, la vera possibilità di crescere e creare occupazione.

Per più del 90 per cento degli intervistati questi settori “potrebbero rivelarsi fondamentali per la ripresa e invece sono ingiustamente trascurati“. Hanno ragione.

Questa mancanza di visione e di slancio costituisce il vero grande limite dell’esperienza Monti, troppo ripiegata sul qui e ora, su un iperrealismo finanziario senza prospettive, per salvaguardare interessi che non sono certo quelli della maggioranza dei cittadini, su un ragionierismo asfittico che non sta ci sta portando da nessuna parte.

Come diceva tanti anni fa Alexander Langer, il buon senso di un popolo vale ben più di qualunque espertocrazia: notazione perfetta per raccontare quello che capita oggi.

Sono anche commossa perché combatto per questa visione da tanto tempo, nel mio ultimo libro ne ho parlato diffusamente, e sono sicura che presto sarà il nostro mainstream.

A patto di mandare al governo una classe politica che sia non dico meglio, ma almeno all’altezza di noi cittadini, che sappia favorire processi già in atto: è questo il compito principale della politica.

Dobbiamo lottare tutt* per questo.

 

economics, lavoro, Politica Settembre 12, 2012

Crescita. Delle tasse

 

Dunque il premier Mario Monti, discutendo con le parti sociali, ha parlato di rilancio della produttività come chiave per la crescita e l’occupazione.

Bene. Anche se continua a non essere chiarissimo che cosa debba crescere: quell’osceno Bengodi dei consumi non lo rivedremo più. E’ chiaro  invece che per rilanciare la produttività la pressione fiscale -le nostre aliquote sono le più alte del mondo- deve diminuire. Sulle imprese e sui lavoratori. E per diminuirla, la lotta all’evasione dev’essere feroce: ci sono nazioni che ci riescono, non sarà impossibile. E sulla spesa pubblica si deve intervenire: sarà demagogia, sarà populismo, ma il numero dei parlamentari non è diminuito, gli emolumenti neppure, le Province sono lì, i vitalizi pure, spese assurde che levitano costantemente.

Per carità, chi sono io per dire la mia? Solo una che tira avanti come tante una casa e una famiglia. Forse proprio per questo le dimensioni della coperta le ho ben presenti. Con questo carico fiscale spaventoso sulle spalle non potremo che fare due passetti, e poi fermarci, sfiniti. Quel poco ossigeno che resta non ci permetterà mai di respirare a pieni polmoni.

In effetti Monti ha aggiunto che lavorerà per ridurre il divario fra salario lordo e netto in busta paga. E Susanna Camusso ha proposto di detassare le tredicesime con le risorse della lotta all’evasione “per ridare fiducia alle persone”. Sempre meglio che niente, per carità, anche se con la “crescita” c’entra poco o nulla. Quei soldi in più serviranno alle famiglie per i debiti accumulati, o come riserva per un futuro che resta incertissimo.

Incontrando gli imprenditori, il governo ha sollecitato Confindustria e le altre associazioni ad avviare un confronto con i sindacati per ridefinire l’architettura contrattuale, al fine di aumentare la produttività. Tremano i polsi, sapete? Nel gergo aziendale fare aumentare la produttività, ottimizzare le risorse, da molti anni vuole dire tagliare, torchiare la gente e ridurne i diritti.

Apro i giornali, la mattina, e non vedo in prima, ogni giorno, la lotta all’evasione e la riduzione degli sprechi. Sono circondata di evasori e di spreconi, continuo a incontrarne dappertutto e ogni giorno. Il boccone è sempre più amaro da mandare giù.

La corda si potrebbe spezzare.

 

 

 

 

Politica Settembre 10, 2012

Nuova specie: i politici “a tempo”

Mario Monti da presepe a Napoli, San Gregorio Armeno

La prima volta di Pierferdinando Casini -quello che “dopo Monti c’è solo Monti”- fu nel 1983. Sta a Palazzo da trent’anni.

Diversamente da Casini, il premier Monti non pare convinto di incarnare l’unica chance per il governo della nazione-ci sarà pure, dice, “un leader in grado di guidare il Paese”- anche se c’è sempre qualche chiaroscuro, nelle sue dichiarazioni, che autorizza la speranza dei “montisti”: non solo Casini, ma una cospicua parte del Pd, e pure Renzi, e poi Merkel, e chissà quanti altri. Il premier Monti incarna piuttosto una bizzarra specie di politico: non solo perché non è mai stato eletto, non solo perché è lì come super-tecnico, non solo perché parla un inglese fluente, o perché in Europa non viene preso a pomodori, ma anche per il fatto di concepirsi a termine: un annetto e mezzo, non di più, così dice, anche se uno spiraglio resta sempre schiuso.

Poniamo il caso che sia davvero così, che non intenda riassumere la premiership, né tanto meno candidarsi, né dare vita a partito. Strano, in effetti, perché la politica è davvero una droga, ci resti sotto in men che non si dica, e quelli che ne restano fuori fanno una fatica orribile a disintossicarsi.

Ma mettiamo che il professor Monti abbia davvero altri programmi. Be’, sarebbe un animale stranissimo, il capostipite di una nuova specie di politici: i politici “a tempo”, consumare entro e non oltre la primavera del 2013.

Sarà anche demagogia, sarà anche populismo, ma questa faccenda di proporre un numero limitato di mandati è sempre stato un “must” di buona parte delle formazioni politiche che si sono presentate come alternativa al vecchio, a quella che da qualche tempo viene definita “casta”. E’ stato così per le Liste Verdi, storia che conosco bene: dopo un po’ dovevi “ruotare”. Almeno all’inizio. E’ così per il Movimento 5 Stelle. Altri hanno in statuto il numero massimo di mandati (non l’Udc, a quanto pare), con sempre ampia possibilità di deroga. Oggi il politico a tempo è apprezzatissimo dai cittadini.

Secondo altri punti di vista, invece, la politica è una professione, e una professione molto complessa, e non si devono porre limiti alla provvidenza e alla competenza accumulata.

Vorrei sapere che cosa ne pensate, please.

Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Marzo 24, 2012

Questo governo non sta facendo nulla per le donne/2

Non è l’art. 18 a fermare lo sviluppo del Paese, ma la troppa burocrazia. Poi la mancanza di infrastrutture. E il costo eccessivo dell’energia.

Non lo dice un guerrigliero del Chiapas, non lo dico io, ma lo dice -con queste precise parole- Giorgio Squinzi, il nuovo presidente di Confindustria. E con ciò mi pare che l’argomento sia definitivamente chiuso.

In attesa di capire come il Parlamento interverrà sul disegno di legge, ribadisco: questo governo non sta facendo abbastanza per le donne, e quindi per il Paese e per la “crescita” (virgolette non casuali: su che cosa diavolo sia questa crescita, su che cosa debba crescere, non c’è affatto chiarezza).

Primo: le donne vengono pensate non al centro della riforma del lavoro -come dovrebbe essere, a meno che non si giudichino dei perfetti imbecilli tutti quelli che sostengono, a partire dalla Banca d’Italia, che il Pil cresce, e di una decina di punti, se ci si avvicina al 60 per cento di occupazione femminile- ma a latere, alla fine, come spinoso capitolo aggiuntivo a cui destinare qualche briciola delle risorse.

Il solito della politica, insomma. Un’impostazione fallace e discriminatoria, che continua a pensare il lavoro come maschile, e le donne che lavorano un’eccezione, quando invece le donne si fanno carico della gran parte del lavoro sul pianeta (e quasi sempre gratis).

Da questo enorme svarione, e beffardamente proprio da parte di una ministra, discende l’insufficienza dei provvedimenti: quei ridicoli 3 giorni di congedo di paternità obbligatoria (contro le due settimane in Francia e le 12 settimane della Norvegia) che non servono proprio a niente; l’abolizione delle dimissioni in bianco, e ci mancherebbe altro; l’attuazione sulle quote nei cda delle società quotate in borsa e partecipate dallo Stato: mero atto amministrativo, la legge c’era già, e non può essere venduta come una concessione di questo governo; e ok, i voucher per la baby sitter per un annetto se la mamma torna al lavoro subito dopo la maternità obbligatoria.

Tutto qua. Ah, sì, da qualche parte dovrebbero esserci misure di defiscalizzazione per l’assunzione dei giovani e delle donne (ovvero dei giovani maschi, che presentano il vantaggio di non restare incinti) ma sui giornali oggi non ne vedo traccia.

E’ stata persa una grandissima occasione: quella di portare nella discussione sul lavoro, e a beneficio di tutti, lavorator*, imprese, Paese, quel ricco pensiero femminile sul lavoro che si focalizza anzitutto sul tema dell’organizzazione.

Continueremo a vivere insensatamente detenuti nelle aziende, che pagano costi di gestione insensati in cambio di un’organizzazione militare e maschile del lavoro, mettendoci in coda alle 9 del mattino e alle 6 di sera, inquinando le città, svuotando i quartieri dormitorio, depositando i bambini all’alba e riprendendoli al tramonto, e in più con il terrore di un licenziamento “economico”, in un momento in cui con due stipendi in famiglia ce la si fa a malapena.

Grande risultato.

E se per caso questa “riforma del Lavoro” che divide lo stesso governo non fosse farina del sacco di Elsa Fornero -come io non smetto di sperare- ma emanazione della volontà del premier Monti, che Elsa Fornero si faccia sentire, con tutta la sua forza femminile.

E magari si faccia sentire anche Se non ora quando, perché la sua voce sta mancando molto.

 

 

Senza categoria Febbraio 22, 2012

L'ambigua trasparenza

Dunque la ministra della Giustizia Paola Severino è straricca (e paga un botto di tasse): 7 milioni di reddito, 4 di imposte. E a seguire Passera (3 milioni e mezzo), Gnudi (1 milione e 700 mila), il premier Monti (sul milione e mezzo) e così via. L’elenco lo trovate dappertutto.

L’operazione trasparenza, per quanto encomiabile, ha un esito ambiguo: dà l’idea precisa che questo paese affaticato e in crisi è governato da un’elite di ricchi, ricconi e ricchetti che dei problemi medi dell’italiano medio (per non parlare di quello della quota crescente di cittadini sotto la soglia di povertà) non può nemmeno vagamente avere idea. Per sapere che cosa significa vivere con 1000 euro al mese è utile provare a pagarci spesa, bollette, affitto o mutuo, assicurazione auto, ticket sanitari, scuola per i figli, e via dicendo.

Io guadagno più di 1000 euro al mese, e sono tra quell* che non possono lamentarsi. Per quanto, come tutt*, sono sempre lì a fare conti, e le cifre che leggo mi lasciano a bocca aperta.

Ho la sensazione che questa trasparenza alimenti mortificazione, rabbia, odio e invidia sociale, sfiducia, frustrazione. Insomma, che i cattivi sentimenti superino la soddisfazione per la trasparenza e per il fatto che il premier e i suoi ministri pagano regolarmente le tasse.

Insomma, questa trasparenza aiuta? Che cosa ci fa guadagnare?

E’ davvero questo che ci serve?

 

 

economics, Politica Febbraio 9, 2012

Cosa abbiamo fatto per meritarci questo?

Non so voi. Io sono sconcertata. In poche settimane dalle stalle alle stelle?

Piacevolmente sconcertata, ma incredula: allora era così facile? mi chiedo.

Magari facilissimo no, stiamo versando tutti lacrime e sangue a profusione.

Ma bastano per farci diventare la quasi-locomotiva d’Europa, dopo che ne siamo stati la zavorra, la minaccia, il buco nero?

Di che cosa è segno, questo investimento di fiducia Usa nei confronti del suo fido alleato europeo?

Che cosa significa dal punto di vista politico e monetario? Siamo il 51esimo degli States, dislocato in Europa?

Ecco i passaggi principali dell’intervista di Mario Monti a Time.

 

“In Italia è necessaria la meritocrazia”
«Spero di farlo, perché sono convinto che altrimenti le riforme strutturali sarebbero quantomeno effimere»: così Monti risposto al un giornalista del Time che gli chiedeva se il suo esecutivo intendesse modificare in qualche modo anche «la cultura e un certo modo di vivere e di lavorare degli italiani». Nell’intervista – realizzata la settimana scorsa – Monti ha osservato che «lo stile di vita dei politici» ha un impatto molto importante sugli italiani, a prescindere dal fatto che chi governa «sia perfetto o assolutamente innocente». Il presidente del Consiglio ha spiegato al giornalista americano che in Italia «tendiamo a proiettare tutto il male nella classe politica», quindi è dovere dell’attuale esecutivo «tentare di dare un senso di meritocrazia, competizione e di altre cose che riteniamo necessarie».

“Nonostante i problemi, l’Euro è una moneta stabile”
«L’euro è ancora una moneta stabile, nonostante la crisi dell’eurozona». Ne è convinto il premier, che si dice fiducioso sulle prospettive della moneta unica. In futuro, sostiene Monti, non solo non ci saranno uscite dall’euro di Paesi come Portogallo, Grecia o Irlanda, ma «la mia fiduciosa previsione è che (nell’eurozona, ndr) ci saranno 17 membri piu altri». Riguardo alle riforme da attuare a livello europeo per superare la crisi, Monti ritiene che «ora è il momento di mettere in atto un mercato comune più profondo e solido». Inoltre, all’Europa servono anche «politiche più orientate alla crescita».

“Nel parlamento italiano c’è un disarmo reciproco” 
«C’è stato un disarmo reciproco», dice il premier in riferimento alla situazione politica nella quale si è trovato ad assumere il suo incarico: «La maggioranza che ora in Parlamento sostiene il governo non è una maggioranza strutturata, non è una coalizione di partiti, è l’unione dei tre partiti maggiori, ciascuno dei quali parla con noi, ma non parla con gli altri, perchè vengono da un periodo ancora molto caldo di estrema belligeranza». Ciò nonostante, aggiunge Monti, «ora le cose stanno evolvendo».

“Sul debito pubblico i governi precedenti hanno agito contro l’interesse delle generazioni future”
«L’Italia ha accumulato un enorme debito pubblico, perch‚ i governi che si sono succeduti erano
troppo vicini alla vita dei comuni cittadini, troppo desiderosi di soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli interessi delle generazioni future»

Donne e Uomini, Politica Febbraio 4, 2012

Questo governo non sta facendo nulla per le donne

Perché l’Italia è ridotta un po’ male? Perché per decenni i governi hanno avuto troppo cuore ed hanno profuso buonismo sociale”, è l’analisi del Presidente ddel Consiglio Mario Monti.

Ora, che cosa sia questo buonismo sociale io non lo so. Il fatto, per esempio, che la pubblica amministrazione sia diventato il refugium peccatorum, con assunzioni non necessarie? O che si sia fatto finta di non vedere i falsi invalidi? O che si siano chiusi entrambi gli occhi sull’evasione fiscale? O che si sia condonato il condonabile? O che si siano ripianate le voragini di grandi aziende? E chi più ne ha, più ne metta.

Ma questo non è “buonism sociale”. Questa è corruzione. Questo è lassismo. Questo è familismo.

“Buonismo sociale”, tanto per dirne una, sarebbe che lo Stato e la società fossero più buoni con le donne di questo Paese, non lasciandole sole ad affrontare tutto quello che affrontano e che non ho più voglia di elencare. “Buonismo sociale” sarebbe stato quel welfare che noi non abbiamo mai conosciuto e,che a quanto pare, continueremo a non conoscere, perché per le donne questo governo non sta facendo proprio nulla.

Questo sì che sarebbe stato buono.

Professore, non ci siamo. 

Donne e Uomini, lavoro Febbraio 2, 2012

La fissa del fisso

Ok, voglio farmi del male, stamattina.

Il Presidente del Consiglio Mario Monti, intervistato a Matrix, avverte i giovani che “il posto fisso non esiste più. E poi, diciamolo: che monotonia…”. Ti si accappona la pelle, se hai dei figli. Poi ti guardi intorno, e vedi che il premier sta descrivendo una realtà che ha già corso.

E poi ripenso quello che ho sentito dire in una pubblica discussione a Milano, indetta dall’Agorà del lavoro, che si incontra periodicamente per parlare di questi temi.

Le giovani generazioni che subiscono la precarizzazione ma anche la agiscono, a vantaggio del primato della vita: «Io sono il lavoro liquido dell’oggi, non minacciarmi con la cancellazione del precariato» ha detto, sorprendendo tutte, una giovane donna. «Io voglio trovare il mio senso in questa liquidità». E un’altra: «Non demoralizzate i giovani: il lavoro fisso non è tutto!».

Figlie di «garantiti» workaholic, gente condannata alle 8 ore per 11 mesi per 40 anni nello stesso posto, gente che ha smarrito il senso di che cosa sia semplicemente «vivere». E dicono cose scandalose come queste. Dicono che per loro la vita conta di più.

Proviamo a ragionarci su.