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Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 14, 2012

Ma che cos'è questo Movimento Arancione?

Una bella sciarpa arancione al collo di Marco Doria, vincitore delle primarie del centrosinistra a Genova. Ce l’aveva anche Don Gallo, decisivo in questa vittoria, e Nichi Vendola -molto meno decisivo-.

L’arancione l’abbiamo visto nascere quasi spontaneamente a Milano, e credo che sia venuto il momento di capire cos’è.

Qualche dirigente nazionale Pd, scornato dalla sconfitta genovese, ha parlato frettolosamente di “vittoria dell’antipolitica”. Errore. Il desiderio arancione è desiderio di politica, e di politica partecipata. La sconfitta semmai è dei partiti, e in particolare del Pd, visto come ostacolo a questa partecipazione.

Quanto poi al Pd ligure, forse è il peggior Pd che si possa immaginare. Irriducibile partito del cemento, in una regione che di cemento sta morendo.

Perseverando in queste letture sbagliate e autoconsolatorie il Pd rischia di grosso. E’ vero che nei sondaggi si piazza bene, ma è anche vero che in caso di primarie nazionali, l’effetto Milano e Genova potrebbe riprodursi. E non indire primarie nazionali sarebbe un autogoal. Insomma, Scilla e Cariddi.

Per evitare i quali, c’è solo una strada: rinnovamento radicale. Ovvero fare capitare nel partito ciò che, non capitando dentro, capita fuori dal partito: ed ecco Pisapia, Doria, eccetera.

Rinnovamento radicale significa che Bersani, D’Alema, Veltroni e compagnia cantante devono mollare. Al posto delle loro facce se ne devono vedere altre. Resistere a questo rinnovamento, rimandare il turnover significa rischiare il patrimonio rappresentato dal Partito Democratico e dalla sua storia. Serve un gesto di generosità e di responsabilità: portare la rivoluzione arancione dentro il partito.

Anche perché al momento il movimento arancione è fatto più di generali che di truppe. Singoli uomini con i loro staff, che verosimilmente si stanno preparando e coordinando per il salto nazionale. Il cosiddetto movimento arancione non è organizzato, non ha rappresentanti eletti eccetera. Singoli uomini con i loro uomini cooptati. E io continuo a sentirmi più garantita dai partiti che dai singoli uomini -pur stimabilissimi uomini-. Le possibile derive dei singoli uomini le conosciamo. Convincetemi del contrario.

Questo è quello che vedo.

Quanto poi al fatto che a Genova hanno perso le donne: le donne perdono sempre nella politica degli uomini se non stringono un patto tra loro. Parlo di un patto dell’origine, di un patto di genere come quello stretto tra uomini. Che si fanno la guerra, ma questo patto, su cui si fonda anche la loro politica, l’hanno alle spalle. Se tu vai a fare la politica degli uomini da sola, e per di più contro un’altra, e avendo come unica fedeltà quella al partito -le donne, da neofite della politica degli uomini, sono superzelanti- ti fai molto male.

Che non si usi l’argomento Genova per ostacolare l’ingresso delle donne nella politica!

 

 

Donne e Uomini, esperienze, lavoro, Politica Dicembre 20, 2011

Datemi la mia nemica

Questa cosa delle 3 donne in conflitto sul tema cruciale del lavoro (Fornero-Camusso-Marcegaglia), la trovo semplicemente esaltante, e volevo dire due parole in più.

Apro il Corriere e sono pazza di gioia, pp 2-3 con l’immagine di 3 donne che non sono lì per un caso di cronaca, come vittime di qualcosa, con la ramazza in mano o con le tette fuori. Sono 3 protagoniste della nostra vita politica. E questo è moltissimo.

Di più: sono in conflitto pesante tra loro -conflitto che naturalmente tutte e tutti speriamo trovi un punto di mediazione soddisfacente per il maggior numero. Chi invoca solidarietà dice una stupidaggine.

Io voglio una nemica. Ho bisogno di una nemica. Ho diritto ad averne una.

Forse non sembra, ma anche questo è un modo per riconoscere l’altra, e anche me stessa. Non intendo farmi schiacciare e limitare da un unanimismo solidale che impedisce le differenze e i conflitti. Questo è un modo maschile di guardare a noi stesse, come a un unicum indifferenziato.

Quello in cui sperare è molto diverso dalla solidarietà. E’ un patto tra donne. E’ una fedeltà al proprio genere che consenta di convenire su un valore comune -io direi: tenere la vita al primo posto– pur nella differenza assoluta delle posizioni.

E’ una fantastica prima volta.

Donne e Uomini, economics, Politica Ottobre 28, 2011

Donne, sì. Ma entro certi limiti

Quando si parla di curricula femminili eccellenti, fateci caso, si tratta di curricula che in genere garantiscono la perfetta “parità” con gli uomini. La laurea così, il master cosà, la carriera in azienda, un percorso maschile dato come neutro a dimostrare che quella donna non ha niente da invidiare a un uomo: anzi, quanto a titoli e bravura gli dà punti.

Il fatto è che quando si tratta di “fare entrare le donne” i criteri sono questi, e molta eccellenza femminile, molta differenza femminile -che non si misurano con il metro dei “gradi” maschili- resteranno tagliate fuori. Cacciata dalla porta, questa differenza non rientrerà dalla finestra. Quando si dice “fare entrare le donne”, si dovrebbe intendere invece fare entrare un altro modo di vedere le cose, e probabilmente un altro tipo di formazione e di curriculum. E invece sento spesso delle amiche magnificare questa o quella non per la sua differenza, ma per il suo ottimo livello di omologazione.

Il discorso è complicato, non so se sono riuscita a spiegarmi. Ci sto pensando mentre mi preparo a partecipare al convegno annuale della Fondazione Marisa Bellisario,  “Donne, economia e potere”, che si aprirà oggi alle 14 a Milano, Palazzo Clerici. Lì tra l’altro saranno presentati i mille curricula eccellenti selezionati dalla Fondazione in previsione della imminente rivoluzione nei board delle società quotate in borsa: nel giro di qualche mese, e per avvicinamenti progressivi, si arriverà a quel 30 per cento imposto dalla legge Golfo recentemente approvata.

Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Settembre 14, 2011

Caro Presidente Napolitano: noi donne, welfare vivente…

Carissimo Presidente Napolitano,

non so bene come si scriva a un Presidente della Repubblica. Ma se è consentito, carissimo davvero: con tutta la riconoscenza di chi si sente tutelata dalla sua saggezza, dalla sua sollecitudine e dal suo equilibrio.

Questi sono giorni di grande fatica per il nostro Paese, e alla riserva di fiducia abbiamo già abbondantemente attinto. Ad aggravare ulteriormente i pesi si prospetta la possibilità di una manovra aggiuntiva, sacrificio che attende ansiosamente di essere compensato da una maggiore chiarezza sulla direzione che abbiamo intrapreso: quale Paese? quale crescita? quale sviluppo?

Purtroppo questi pesi, carissimo Presidente, non appaiono equamente distribuiti fra le cittadine e i cittadini. Alle donne anche in questa circostanza è chiesto molto di più. Di salvaguardare il buon andamento della vita familiare e del bilancio domestico, pure disponendo di minori risorse. Di garantire qualche forma di risparmio a tutela della sicurezza della famiglia, benché da accantonare resti ben poco. Di continuare a farsi carico, vero welfare vivente, di tutto il necessario lavoro di cura, e in particolare dei bambini, degli anziani e dei non autosufficienti: lavoro preziosissimo, dato per scontato e scarsissimamente condiviso. E anzi, di farsene carico sempre di più, visti i tagli a servizi già insufficienti, pur cercando di non perdere il posto di lavoro, se si ha la fortuna di averne uno, magari precario e a tempo determinato: il rischio di entrare a fare parte dell’ampia schiera delle inoccupate per non uscirne più è molto concreto, in assenza di misure di sostegno all’occupazione femminile. Questo anche se autorevoli economisti ci hanno più volte spiegato, dati alla mano, che a un aumento dell’occupazione femminile corrisponderebbe un significativo aumento del Pil, con l’effetto virtuoso di produrre ulteriore occupazione.

E invece del lavoro delle donne non si parla più, se non in riferimento al momento dell’uscita, con l’età pensionabile in via di progressivo innalzamento: la sola parità che sia stata effettivamente riconosciuta, e in qualche modo inflitta. Perché quanto all’ammontare delle pensioni femminili, mediamente più basse di oltre il 30 per cento rispetto a quelle maschili, restiamo dispari. Disparità che va ad aggiungersi a quella del doppio o triplo ruolo, dato per scontato e indiscutibile. Qualcuno ha calcolato che ritardando il pensionamento, tra maggiori contributi versati e minori quote di pensione erogate, ogni donna “regalerà” allo stato tra i 40 e i 50 mila euro: un tesoretto che il Governo si era impegnato a destinare ai servizi per la famiglia, promessa puntualmente disattesa di fronte alla necessità impellente di fare cassa. Che alle donne tocchi lavorare fino a 65 anni significa anche che le giovani non potranno più contare sulle loro madri, ancora impegnate nel lavoro, per un aiuto con i bambini, ammesso e non concesso che sia giusto chiedere loro di compensare la carenza di servizi facendosi carico dei nipoti oltre che degli anziani genitori, necessità che con l’allungamento della vita media si pone sempre più frequentemente.

Insomma, Signor Presidente, le donne in questo Paese sono intese, volenti o nolenti, come una risorsa illimitata a cui attingere secondo necessità e ad libitum. La crisi lì non è contemplata. Proviamo a immaginare che cosa accadrebbe se tutte le italiane incrociassero le braccia anche per una sola giornata: e forse dovrebbero farlo, per rendere visibile nel momento in cui manca la preziosità di un lavoro che nessuno vede, nessuno monetizza, nessuno calcola nella sua centralità e nel suo immenso valore .

Se è vero che tra i passi necessari l’Europa ci chiedeva la parificazione dell’età pensionabile, è altrettanto e dolorosamente vero che in nessun altro Paese europeo la fatica femminile è tanto grande, i servizi così carenti, le pretese maschili così irriducibili: circostanze che probabilmente vanno in gran parte ricondotte a un’inadeguata rappresentanza politica femminile -anche qui siamo maglia nera-. Se le decisioni pubbliche non fossero prese quasi esclusivamente da uomini probabilmente non ci troveremmo in questa situazione, o quanto meno le soluzioni adottate non sarebbero queste.

Le chiedo perciò, carissimo Presidente, come si possa emendare questa profonda ingiustizia, confidando nella sua sensibilità e nella sua attenzione.

Voglia gradire i più cari saluti

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 12, 2011

Contrattacco?

Le donne di questo paese, quelle che l’hanno scaravoltato il 13 febbraio, che poi si sono ritrovate a Siena, che stanno costantemente in rete, avrebbero avuta in queste ultime settimane molta altra materia di extramobilitazione: dalla manovra, che fa sempre più conto sulle loro forze di welfare vivente beffandole con la parità a senso unico dell’età pensionabile, alle orripilanti barzellette-lapsus del ministro Sacconi, al ringalluzzirsi delle pubblicità sessiste, quelle che contano sull’appeal del corpo femminile per eccitare i consumi depressi (vedi i recenti casi Fracomina, ambigue affissioni sugli autobus cittadini, o le mutande maschili indossate da bella ragazza).

Non sta capitando. Le reazioni sono state piuttosto doverose e flebili. C’è da capire perché. E’ stanchezza? Sfiducia? O si stanno semplicemente raccogliendo le forze per un nuovo slancio, preferibilmente in zona elezioni? Lo dico perché perfino una conquista minima (e anche grande), come quella del rispetto, può essere messa in pericolo da questo apparente senso di smobilitazione. Il contrattacco si sente nell’aria. Anche la grande stampa, che pure per una volta aveva dovuto dedicare molte pagine alle questioni poste dalle donne, attribuendo loro un’egemonia nella lotta per il cambiamento, sembra riassestarsi su un’ordinaria disattenzione, e anzi tende a silenziare il tema della distribuzione dispari dei sacrifici imposti da una manovra che costerà più alle donne che agli uomini. Anche Maurizio Ferrera, autore del dibattutissimo “Fattore D”, nel suo editoriale in prima sul Corriere di oggi, in cui pure si parla di pensioni e di welfare, bypassa del tutto la faccenda.

Che cosa sta capitando, mi chiedo? E non puntando l’indice, ma per proporre-rci una riflessione.

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Giugno 14, 2011

Nessuno pensi di cavarsela con 4 collanine

L’immagine di Silvio Berlusconi che dopo la botta dei referendum compra collanine (per chi?), e non da Bulgari, ma in uno di quei negozietti che vendono pietre sciolte e accessori per farsele da sé, la faccia mesta di uno che comincia finalmente a capire che la festa è finita, e che lui è rimasto da solo sulla pista da ballo, potrebbe essere il presagio di un’uscita di scena a breve e senza troppi clamori, molto diversa dalle fantasie alla Caimano. Tutto finisce, ed è finito anche il berlusconismo, e ormai lo sa anche Berlusconi: il primo colpo a Milano, quello definitivo probabilmente fra pochi giorni a Pontida. Forse un governo balneare, poi un premierato Tremonti, e infine al voto, questo è uno degli scenari a oggi. Anche se qui si naviga a vista.

Questo post solo per dire che se Berlusconi piange, è un’intera classe politica a non poter ridere: la valenza antiberlusconiana del quorum e della valanga di sì è stra-evidente, ma -e lo dico avendo vissuto intensamente la vicenda milanese- il messaggio è inviato a tutti. Il voto referendario parla di una rivolta civica, e chiede un cambiamento vero. Non piccoli aggiustamenti e pateracchi, ma una stagione di riformismo radicale, nei tempi e nei modi.

Anche altre facce, sì: i leader politici e i veterani di Montecitorio e di Palazzo Madama ne prendano atto. I nostri indignados vogliono una nuova classe politica. La vogliono più femminile e la vogliono più giovane e quindi più efficace e più capace di innovare. Che prendano la foto ufficiale della neonata giunta milanese e la studino attentamente: il modello è quello, e non si torna più indietro. Donne e giovani, gli esclusi della politica, le uniche e gli unici a offrire la garanzia del cambiamento. E fine dei compromessi e dei lassismi di qualunque tipo.

L’accanimento con cui grande parte degli elettori di Giuliano Pisapia sta chiedendo che il neoassessore al Bilancio Bruno Tabacci, sia pure apprezzato per la sua onestà e la sua competenza, rinunci al suo mandato di parlamentare per non ricoprire un doppio incarico -accanimento che personalmente non condivido- è lì a dire con chiarezza un’esigenza di rigore e una fortissima richiesta di partecipazione a ogni atto di governo della città. Capita qui, e capiterà ovunque.

Sono queste le novità, e sono ineludibili. Nessuno pensi di cavarsela con quattro collanine.

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, esperienze, Politica Maggio 31, 2011

SOUVENIR DI UNA LOTTA

Ci svegliamo in una città nuova, stamattina, nata ieri sera in una festa meravigliosa a cui avrei voluto davvero invitarvi tutti. Ma è anche la città che conosco, è la città di quando ero bambina, e che mi mancava tanto. L’ho riconosciuta. Una città a cui la provvidenza ha dato il compito di moltiplicare i doni (laurà), di accogliere, meticcia continua, di correre con frenetica e stralunata allegria, di non dormire mai.

Sono così stravolta, stamattina, ma voglio dire in due parole quel che è stata, questa lotta.

Senza soldi: abbiamo avuto la prova che il desiderio può davvero tutto, e si fa beffe di quell’illusione che è il denaro. Nemmeno un centesimo dell’investimento dell’avversario, ed è bastato.

Senza odio: una piccola (piccola?) rivoluzione che, come ho già detto, ha fatto a meno della violenza, e si è fatta bastare l’ironia. Non c’è stato bisogno del sangue di nessuno.

Con i ragazzi: tantissimi, che hanno lavorato indefessamente, nativi digitali, che hanno convinto i più vecchi a stare in rete. Miti, la lezione del non odio ci è venuta soprattutto da loro. Ecco il tesoro che questa generazione silenziosa e gentile nascondeva, e ci ha offerto! E noi a loro, in cambio, abbiamo dimostrato che si può fare, che non ci si deve rassegnare perché le cose possono cambiare. Glielo dovevamo. Adesso è finalmente bello avere vent’anni.

Con le donne: che hanno dato una prima prova della forza del desiderio, capace di riempire le piazze del paese come vi ho detto, appunto. Senza organizzazione, senza soldi, senza potere. La prova generale di tutto questo l’hanno fatta loro.

Con la rete: senza il web tutto questo non sarebbe stato nemmeno lontanamente immaginabile.

Con la bellezza: lo vedete dalle immagini che trovate online. La bellezza, la luce, l’arancio radioso ci hanno nutrito e incoraggiato.

Con gratitudine: noi grati a Giuliano Pisapia, e anche a Stefano Boeri, a Valerio Onida e a Michele Sacerdoti, che si sono offerti generosamente come guide, e loro grati a noi. Ieri sera Giuliano Pisapia nel suo discorso “obamiano” ha detto “Sono il vostro sindaco. Sono il mio sindaco”. E ha ribadito: “Non lasciatemi solo. Ho bisogno di voi!”. Tutti abbiamo bisogno di tutti. Da soli non siamo nulla. La politica oggi si fonda su questo reciproco bisogno, è questo che potrà cambiarla.

La mia mamma: che ieri mi ha detto con quella semplicità abbagliante, quella vicinanza alla luce dei vecchi: “Il bene ce la fa sempre, hai visto. Ma ades gh’è de laurà, c’è da lavorare” . Ecco, tanto per cambiare!


Donne e Uomini, esperienze, tv Aprile 9, 2011

MONTALBANO MASCHIO-SICILIA FEMMINA

Finita anche questa nuova serie di “Montalbano”. Peccato. Ce la rivedremo in replica. Ogni episodio è un piccolo preziosissimo classico, da guardare e riguardare. Una Sicilia barocca e assorta, quella terrazza sul mare, Salvo e tutti gli uomini della squadra a cui siamo affezionati come parenti, la dolcezza della lingua, il tripudio del cibo, la luce che stordisce. Qualcosa che sta lentamente sprofondando, dentro e fuori di noi.

Montalbano che risolto il caso nuota in quel mare fondo, come per ripulirsi del sangue e delle ammazzatine. Un fluido amniotico purificante per rimettersi al mondo. Le donne sono solo comprimarie nella serie, il punto di vista è fieramente maschile. Ma compongono uno sfondo che pulsa, una placenta vitale. La comare che frigge arancini e teste d’agnello, la creatura fatale che porta vita e morte, lo splendore dei corpi nudi delle vittime, che Montalbano pietosamente e cavallerescamente copre con la sua giacca in attesa della Scientifica. Le prostitute, certe conturbanti cucine dietro le persiane socchiuse della controra, il ferro battuto dei letti coperti di pizzi e broccati, le case che profumano di cera. Il mare, la madre di tutto. La terra secca e l’esplosione delle agavi. Montalbano è maschio, ma la Sicilia è femmina.

Livia, l’eterna fidanzata, l’emancipata lontana da cui Salvo non riesce a staccarsi, ma a cui non riesce nemmeno ad attaccarsi del tutto, una voce metallica al telefono, un appuntamento sempre mancato, un’idea limite che non lo convince, lasciandolo sulla soglia di oscure tentazioni, solo di fronte all’enigma della femminilità misteriosa e mitologica delle donne della sua terra, dee cadute in schiavitù e mai del tutto possedute.

Il fascino della serie, io credo, sta proprio qui, nell’essere l’estrema istantanea di qualcosa che va sparendo, portandosi via un senso prezioso delle cose, una chiave per decifrare il segreto di un paese, il nostro, che non potrà mai essere normale, sghembo e proteso com’è tra Nord e Sud, tra Occidente e Oriente, tra Islam e Cristianità. Tanto difficile da tenere insieme con la colla asettica della modernità, bagnato da quel brodo tiepido che ha dato origine a ogni civiltà.

Stanno scomparendo anche quelle donne che si intravedono appena, come dietro le trine di una tenda, dissolte dalla luce piena della parità e dell’omologazione. E non sapremo mai come sarebbe andata, se non fosse andata così.

Donne e Uomini, WOMENOMICS Marzo 27, 2010

PRETENDIAMO CHE SIA FEMMINA

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Speriamo, anzi pretendiamo che sia femmina. Quando fanno un bambino con fecondazione assistita, 2 coppie americane su 3 scelgono rosa. Se in Cina mancano all’appello per aborto selettivo 100-200 milioni di bambine, nel nostro West femmina=prosperità, meno problemi, sonni tranquilli. “Beata te che hai una ragazza”, è la litania delle madri di maschi. Determinate, idee chiare, brave a scuola: 6 laureate su 10. Fra vent’anni saranno il 70 per cento delle matricole. Vere guerriere. Le uniche a poter competere con i giovani lupi in arrivo dall’ex-terzo mondo. “Dimenticate la Cina, l’India e Internet: la crescita economica sarà trainata dalle donne”. Saranno loro a portarci fuori dalla man-cession, scrive The Economist, che all’onda Womenomics sta dedicando grande attenzione.
Eccolo, il nuovo mainstream. Un mondo sempre più women friendly per Giulia, Martina ed Emma che avranno vent’anni nel 2016. Le nostre bambine terranno le briglie della loro vita, e a quanto pare anche del mondo. Più ricche dei loro partner: tempo 20 anni e guadagneranno più degli uomini.
Quanto ai consumi, sono già leader. In America l’80 per cento degli acquisti è deciso dalle donne -qui siamo sul 60-. 53 auto su 100 le comprano loro, tanto che “i designer hanno cambiato perfino la forma delle maniglie delle portiere perché si adattassero alle nostre unghie più lunghe”, informano Claire Shipman e Katty Kay in Womenomics-Scrivi le regole per il tuo successo (Cairoeditore). Giulia, Martina ed Emma le vorranno più sicure e capienti, con il posto per spesa, bambini e cani. Ma anche più convenienti ed ecosostenibili. Le nostre bambine saranno consumatrici accorte, consapevoli, interattive. Non sarà facile prenderle in giro. Vorranno emozioni, non solo cose. Sempre meno fashion-oriented, orientate a una neo-frugalità. E acquisteranno online: secondo Forrester Research fra 5 anni un italiano su 3 comprerà in rete. Anche la tecnologia dovrà tenere conto delle “native digitali”: le donne comprano già metà dei computer. Dice il neocommendatore Roberta Cocco, direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia, e responsabile di futuro@lfemminile che “se i ragazzi usano le tecnologie anche per giocare, le ragazze le utilizzano soprattutto per socialità e amicizia”. Sono l’80 per cento, sui social network. Il design dovrà essere meno freddo, più empatico.iodonna_V
E’ per fare profitti, e non in omaggio alla parità, che il mercato dovrà diventare womenomics. Il malloppo sarà in questa metà del cielo. Per capire che cosa vogliono le donne dovrà ascoltare Giulia, Martina ed Emma, e chiamarle a decidere nei board e nelle stanze dei bottoni. Ma lì le nostre ragazze vorranno starci a modo loro, non come uomini, ridisegnando organizzazione del lavoro, processi decisionali, idea di leadership. Cucendosi addosso il potere come un vestito su misura. Le imprese dovranno darsi una mossa per non restare fuori dal giro. Come spiegano Avivah Wittenberg-Cox e Alison Maitland in Rivoluzione Womenomics (Sole24ore), già oggi quelle con 3 o più direttori donne segnano +83 per cento del capitale netto, +73 per cento di utili sulle vendite, +112 per cento di rendimento del capitale investito.
Anche la politica dovrà essere women friendly. Le nostre bambine hanno uno spiccato senso civico, sono meno portate al “bowling alone” dei maschi. Se il mondo, come proclama il Fondo delle Nazioni unite per la popolazione, si aspetta di essere salvato da loro, dovrà aprire le orecchie e stare a sentirle.
Con tutti questi pesi sulle spalle, le nostre bambine saranno stressate. Tenderanno a fumare, a bere, a mangiare male. Bisognerà insegnare loro a prevenire. Meditazione e yoga, per restare in equilibrio. Uno stress aggiuntivo verrà dal nostro connaturato maschilismo. “Il modello globale, nordico e anglosassone, si scontrerà con le resistenze italiane” dice Francesca Sartori, docente di sociologia generale a Trento. “La tensione fra le aspettative e la realtà potrebbe farsi insopportabile”. Conferma Carmen Leccardi, docente di Sociologia della Cultura a Milano-Bicocca, da sempre attenta ai giovani: “Le ragazze vivono con grande slancio, si sentono pari, protagoniste. Il rischio è che non trovino nella società quello che si aspettano. Bisogna insegnare loro un maggiore realismo”.
Qualcuna sente già odore di bruciato. Negli Usa molte studentesse brillanti fuggono dalle facoltà di Economia.
Anche da noi ci sono ragazze che “si bloccano negli studi” dice Marisa Fiumanò, psicoanalista che anima “Edipo all’Università”, consultorio psicologico della Bicocca “come schiacciate dal carico di aspettative”. Il prezzo del protagonismo potrebbe essere alto. Anche sul fronte della vita personale.
“Sono deluso dalle ragazze di oggi” scrive su un blog un giovane maschio. “Acide, nevrotiche, perfide, fredde, egoiste, arroganti, strafottenti... fredde robot senza sentimento, stronzette orgogliose. Si sentono superiori, e a te che le guardi ti fanno sentire un idiota”.
Ogni autoaffermazione femminile riduce le capacità di seduzione”, avvertiva nonna Simone de Beauvoir. Gli uomini non ci trovano affatto adorabili per i nostri successi. L’ambizione femminile affatica le relazioni. Per Giulia, Martina, Emma potrebbero essere faticosissime. How To Be The Best At Everything, Come essere meglio in tutto: titola un manuale americano per fanciulle. Ma sul fronte corpo-sessualità-sentimenti le stiamo lasciando sole. Ed ecco certi strani acting-out.
Meno di due anni fa in un liceo di Gloucester, Massachusetts, 17 ragazzine si sono fatte mettere incinte in simultanea per “crescere i bambini insieme”. Sul Corriere una prof milanese racconta di una decina di ragazze in attesa nella sua scuola. Ogni cento bambini che nascono alla Mangiagalli di Milano, 10 non hanno papà: di questi, almeno 5 per scelta delle mamme. In Italia ci sono 10 mila teen-mother, con tendenza ad aumento. Negli Stati Uniti sono 800 mila l’anno. La fantasia fai-da-te è piuttosto diffusa. Realizzabile, avendo soldi in tasca. Quel che è certo, la maternità si è riposizionata al centro, enorme novità rispetto alle prime emancipate. Se la coppia con il partner è eventuale, il nucleo madre-bambino è essenziale.
Le nostre bambine perfette usciranno di casa prima dei maschi. Faranno sesso senza inibizioni: “La frigidità non esiste più” dice Marisa Fiumanò “i problemi semmai si pongono sul legame”. A intermittenza, sogneranno l’amore: “Sono più addestrate al sogno infranto” dice Chiara Gamberale, che ha scelto una ragazzina sui 15 come protagonista del suo nuovo romanzo. Ma la solitudine, vista l’esperienza delle madri, sarà messa nel conto. Per questo le amiche saranno sempre più importanti. Fare network, e non solo per la carriera. La rete ti protegge, ti fa sentire a casa. L’invidia tra donne diventerà un vecchio arnese.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 27 marzo 2010