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marilisa d’amico

Donne e Uomini, Politica Ottobre 19, 2012

La scomparsa delle donne (di Laura e di tutte)

Bisogna che ce lo mettiamo bene in testa, care amiche: se scompare lei, Laura Puppato, prima e unica candidata alla premiership nella storia di questo paese misogino, politicamente scompariamo tutte. Scompaiono le sue sostenitrici ma anche quelle che non la sostengono. Scompaiono le donne di sinistra, di destra, di centro, le agnostiche.

Quando qualche anno fa ho scritto un libro intitolato “La scomparsa delle donne”, non mi riferivo questo. Ma oggi il titolo funziona perfettamente per descrivere quello che sta capitando.

Quando si parla di primarie del centrosinistra si parla solo di Bersani, Renzi e Vendola. Anche le donne del Pd nominano solo Bersani e Renzi, e quelle di Sel aggiungono Vendola. Nei sondaggi si parla del piazzamento di Renzi, Bersani, Vendola, e infine di “altri”: il nome di Puppato non viene nemmeno pronunciato. Idem ieri sera, su La 7, conduzione di Formigli: solo la protesta di Sabina Ciuffini, lì presente, e i tweet indignati di varie telespettatrici. Silenzio dei giornali. Incredibile oscuramento anche da parte del femminismo: tace Se Non Ora Quando -anche se parlano varie illustri snoqer, come Alessandra Bocchetti, Lidia Ravera, Lunetta Savino e altre-. La presidente della Rete pugliese delle Donne per una Rivoluzione Gentile, Rita Saraò, sonda l’umore delle associate: voterete Bersani, Renzi o Vendola!!! Puppato nemmeno la considera. Donne elette in consiglio comunale a Milano in forza del 50/50 e dei ragionamenti sul genere che si scrollano la questione di dosso: “la candidatura di genere non esiste” (Marilisa D’Amico). Peccato che quando si è trattato di farsi eleggere esisteva, eccome. Sembra mancare del tutto la consapevolezza che quello che oggi capita a Puppato sta capitando a tutte -l’oscuramento assoluto, vedi il caso del convegno di Paestum– e continuerà in particolare a capitare a qualunque donna si faccia avanti politicamente.

E’ opportuno distinguere: un fatto è votare Laura Puppato, scelta ovviamente libera; altro fatto è nominarla, ovvero riconoscerla politicamente, non condannarla all’inesistenza politica. Su questo dovremmo tutte convergere e ribellarci, perché la portata simbolica di questa cancellazione è devastante.

Forse se è un uomo a dirlo fa più impressione. Antonio Capone mi scrive su Facebook: “Ha meravigliato anche me la poca o quasi nessuna indignazione delle donne per il caso Puppato, con la scusa dell’ “in-sano realismo”… più realiste del re. Possibile che non venga almeno percepito il valore simbolico della questione… a meno che non si consideri la questione di genere come una cosa superata… E’ risaputo che la parola d’ordine in ogni campo è saper fare squadra…e perché in questo caso non avviene? Non vorrei che il nostro Paese, in ritardo su troppe cose, lo fosse anche su questa questione. Spero di sbagliarmi. L’esclusione delle donne dai posti di potere ha ripercussioni sociali, economiche, e d’immagine nel mondo di non poco conto… il grado di civiltà di un paese viene misurato anche da questo marker…”.

La gaffe del repubblicano Romney contro le donne probabilmente condizionerà in modo definitivo l’esito delle presidenziali americane, e quindi i destini del mondo: perché lì l’opinione pubblica femminile -e il voto delle donne- pesa moltissimo.

Non è forse venuto il momento che capiti anche qui?

 

Donne e Uomini, esperienze, lavoro, Politica Marzo 15, 2012

Tutte ai Tavoli! (ma il bilancio?)

Le proposte elaborate sono molte e interessanti, ma la novità più importante costituita dai partecipatissimi Tavoli delle cittadine milanesi, a cui il Comune di Milano si è aperto come una “casa comune”, sta nel metodo: ovvero nel fatto che sono le istituzioni, qui in particolare rappresentate dalle consigliere Anita Sonego e Marilisa D’Amico, a chiedere alle donne della città di portare all’interno della politica “seconda” le pratiche, le esperienze e i modi della politica prima, prossima alla vita, alle relazioni e ai bisogni. E nel fatto che le cittadine si siano riunite per portare in dono ai vari assessorati competenti il loro sapere e i loro desideri.

Non si tratta cioè di una contrattazione -le cittadine che chiedono alle istituzioni- ma di uno scambio all’insegna della gratuità e della permeabilità tra governo e governat*. Di una politica che si muove e si baricentra sempre più fuori dalle istituzioni, alle quali è chiesto di accoglierla, di valorizzarla, di farsene mediatrici riducendo gli ostacoli. Nel caso delle donne, questo scambio in direzione di una “democrazia partecipata” sembra funzionare particolarmente bene.

Numerose le proposte elaborate e presentate ieri sera.

Lavoro/welfare: per dirne alcune, una conferenza sul lavoro delle donne a Milano; il curriculum anonimo (che non indichi sesso, età e nazionalità); progetto coworking; album comunale baby sitter; congedo obbligatorio di tre giorni per i neopapà per i dipendenti comunali; “nidi” flessibili.

Salute: oltre a un progetto sulla violenza sessista, le “Giardiniere” (così si sono chiamate) promuovono un’idea di salute che non coincida con le prestazioni sanitarie, ma abbia al suo centro modello di sviluppo; un’indagine conoscitiva sui consultori

Spazi: istituzione di una Casa delle donne.

Proposte ottime, buone e meno buone (ognuna avrà il suo punto di vista: per esempio a me l’idea di una Casa delle donne appare un po’ regressiva) ma all’insegna del metodo innovativo che dicevamo.

Che tuttavia dovrebbe applicarsi anche ad altre questioni rilevanti per la città: è un peccato, ad esempio, che le cittadine non esprimano il loro punto di vista su questioni come la vendita di Sea e il bilancio, alle quali la politica degli uomini (ieri sera sostanzialmente assenti, salvo il presidente del Consiglio Comunale Basilio Rizzo) sta riservando la sua attenzione prioritaria.

Mi pare che di bilancio le donne si intendano parecchio. Anche questa competenza va messa alla prova. 

 

Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Gennaio 28, 2012

No, il dibattito no (Ahi, Carmela…)

A Milano, per decisione della giunta, un pezzo dei 6 milioni del “fondo anticrisi” andrà in aiuto ai nuclei familiari in difficoltà, intendendo per famiglie sia gli sposati sia i coabitanti “con vincolo affettivo”, senza precisare se questi coabitanti siano di sesso diverso o uguale. Insomma, anche le famiglie gay potranno usufruirne.

Bagarre! A parte quella dell’opposizione, come da copione, che butta giù con nonchalance una prima pagina come quella di Il Giornale di ieri, “A noi Schettino, a voi Auschwitz”, Gesù, mi ripugna perfino scriverlo, ma sulla “sacralità della famiglia” no-no, non transige, si inalberano anche alcuni consiglieri del Pd.

Per la precisione la bizzarra capogruppo Carmela Rozza, che non perde occasione per manifestare la sua notevole eterogeneità e una cultura di riferimento che si distanzia notevolmente dai quei quattro principi quattro assodati della cultura democratica: in campagna elettorale per raccattare un po’ di voti aveva definito “discarica sociale” la zona di via Padova, a suo dire “invasa” dai rom. E ora si agita sulle coppie di fatto, definendo la decisione della giunta un errore politico e chiedendo un ampio dibattito in consiglio comunale (ne ha fatte anche altre, sulla commissione antimafia, ma lasciamo stare). Domanda: gliel’ha ordinato il medico di essere del Pd? altra domanda: al gruppo consiliare Pd lo stesso medico ha forse ordinato una capogruppo pseudoleghista?

Con mia viva sorpresa, si inalbera anche la consigliera Marilisa D’Amico, anche lei non cattolica, professora di Diritto Costituzionale: pure lei parla di “fuga in avanti” della giunta e vuole il dibattito.

Ma quale dibattito? Una di quelle estenuanti e retoriche disfide verbali con coda notturna tra rappresentanti dei “cattolici” e “cultura laica”? E io che sono laica e cristiana e femminista e casalinga e blogger e yogini e scrittrice ed eterosessuale e con un sacco di amiche e amici gay come mi devo vestire? Ma in quale mondo vivono?

Io non conosco un cattolico, dicasi uno, ma nemmeno un prevosto o un sacrestano che di fronte alla necessità di dare un aiuto a qualcuno che non ce la sta facendo si domandi “ma con chi va a letto?”.

La sensazione è che qui si difendano i propri ruoli, più che gli interessi veri dei cittadini.

 

Donne e Uomini, Politica Maggio 2, 2011

COME VOTERO'

Vi ho mai nascosto nulla? Vi ho detto come si vota, vi ho parlato perfino del voto disgiunto, e mica tutti l’hanno apprezzato. E ora vi dirò in tutta sincerità e a grandi linee anche come voterò il 15-16 maggio alle prossime elezioni amministrative milanesi.

Ma intanto voglio dirvi che sono veramente arrabbiata: con la doppia preferenza di genere il problema sarebbe risolto, per ogni preferenza espressa per un uomo, una obbligatoria per una donna, e viceversa. Una forzatura transitoria, per assestare un colpo alla nostra democrazia vecchia e machista. Non sarebbe il rimedio definitivo –le questioni sono molto più complesse- ma funzionerebbe: un po’ come quando si dava una botta alla vecchia tv, e quella miracolosamente si risintonizzava.

E invece, in mancanza di vere affirmative action –non basta mettere tante donne nelle liste, si tratta di eleggerle– almeno noi elettrici (e chi se no?) dovremmo preferire una candidata. Dovremmo farci attivamente carico della questione. Sono arrabbiata perché vorrei sentirmi libera di esprimere la preferenza per una donna o per un uomo, se mi andasse: e ci mancherebbe.

Fuori dai denti, io esprimerei volentieri una preferenza per Stefano Boeri, capolista del Pd (www.stefanoboeri.it/). Mi ritrovo nella sua visione, nel suo pragmatismo e nella sua generosità, che ho visto e vedo da vicino: sconfitto alle primarie, non ha mollato, come invece hanno fatto altri, e ha tenuto fede all’impegno di lavorare per il candidato sindaco eletto. E’ un professionista affermato e non ha alcun bisogno di sedere in consiglio comunale, ma ha voluto dare corso alla sua passione politica. Ha uso di mondo, come si dice, proprio in forza della sua professione. Ha relazioni internazionali. Sa muoversi bene in ambienti diversi, dal mondo delle professioni e dell’impresa a quello dei “nuovi milanesi”, e gli piace connetterli. Sa quanto conta la bellezza e qual è il suo valore politico. Spera di poter contribuire al rinnovamento del Pd, e anche a me pare una buona scommessa, non solo cittadina. Sa dialogare efficacemente con tutti quelli che vogliono il cambiamento, anche fuori dallo schieramento di centrosinistra, e dà il giusto valore all’antica tradizione riformista ambrosiana: potrà essere in prima fila e garante del dialogo necessario con tutte quelle forze, comprese quelle che per un certo periodo hanno sostenuto Letizia Moratti e Berlusconi, che si dimostreranno realmente interessate a voltare pagina in città. Nei prossimi anni ci sarà da lavorare su Expo e lui se ne è già occupato direttamente. E infine, Stefano sa ascoltare le donne, ha assunto sinceramente e attivamente la questione della democrazia dimezzata, e “autolesionisticamente” dà una mano a tutte le candidate della sua lista, anche se è molto importante che prenda molte, moltissime preferenze per dare corso ai suoi progetti (dilemma, casino, tragedia…)

Qui vi indico anche, tra le molte -e mi scusino tanto le altre, vorrei poterle aiutare tutte- tre candidate che conosco, tutte nella lista Pd: Maria Grazia Guida (http://www.comunalimilano2011.it/users/viewprofile/453/elections), ai vertici della Casa della Carità insieme a Don Virginio Colmegna, rappresentante di un cattolicesimo attivo e solidale che oggi sta lavorando in particolare sull’integrazione e sulle nuove povertà; Marilisa D’Amico (www.marilisadamico.it/) costituzionalista attenta al discorso dei diritti, con particolare riferimento ai diritti delle donne, ha lavorato tra l’altro sulla legge 40 sulla fecondazione assistita; Maria Rosaria Iardino ((http://npsitalia.net/article1192.html) impegnata nel mondo gay e nell’aiuto delle persone HIV-positive. Nei rispettivi siti web troverete informazioni dettagliate.

Ma se io fossi un’elettrice di destra –e qui ne elettori di destra abbiamo, ci mancherebbe altro-, una dei tanti che “a destra, ma un voto alla Moratti e Berlusconi neanche morti”, darei la mia preferenza a Barbara Ciabò (www.barbaraciabo.it/) pasionaria del Nuovo Polo, donna disubbidiente e già scoperchiatrice di Affittopoli (io non la voterò, ma le auguro un’ottima performance).

Tutte e quattro le potrete conoscere, insieme ad altre, la sera di giovedì 5 maggio al Cicip&Ciciap di via Gorani 9, dalle 20.30. Ci sarò anch’io, vediamoci lì (maschi non veniteci, è una serata per sole donne, il Cicip è un locale separatista).

Credo che esprimere una preferenza –una sola, purtroppo- sia un modo per dare più efficacia al proprio voto. Quindi fate bene i vostri conti, interrogate le vostre dilaniate coscienze e scrivete un nome sulla scheda.

Incrociando le dita dell’altra mano, per favore.

Politica Novembre 16, 2010

CASINO PRIMARIE

Grosso casino, queste benedette primarie.

Io non sono del Pd, non ho mai votato alle primarie, non ci ho mai creduto, ma stavolta sì, e ho potuto osservarne il congegno da vicino, a Milano, e capire fino in fondo perché non mi convincono.

Intanto credevo che le primarie avessero il vantaggio di far crescere la partecipazione e la mobilitazione in vista del voto, anche se il fatto che tutti possano votare (anche gente dello schieramento opposto, intendo, influenzando i risultati) mi è sempre sembrata un’autentica follia. Ora mi devo ricredere anche sul processo di partecipazione democratica: questo potrà anche essere in parte vero all’interno dei singoli partiti, ma la città è rimasta sostanzialmente indifferente, e lo si è visto dalla partecipazione al voto.

Seconda osservazione: le primarie nei partiti rischiano di diventare il momento del redde rationem. Il momento in cui il gruppo dirigente viene messo di fronte al plotone di esecuzione, e parte il fuoco amico. Al centralismo democratico si sostituisce un anarchismo vendicativo. Sono territorio di scorribande nemiche, come ha detto qualcuno, mi pare Enrico Letta, e pur in assenza di garanzie formali (vota chiunque, mollando 2 euro) producono risultati sostanziali (nel caso di Milano, il candidato sindaco del csx). E non è affatto detto che dalle primarie esca sempre il candidato più giusto per affrontare le sfide politiche che si hanno di fronte.

Inoltre le primarie anziché partecipazione sembrano promuovere il culto delle personalità, in modo speculare a Berlusconi. Diventano  un palcoscenico per narcisi, personalità mediatiche -il povero Bersani ha ben poche chance-, colpi di teatro, ole. Mettono nell’ombra i programmi, a meno che non siano cose (mi scuso, sto esagerando) tipo: “Più gnocca per tutti” o “Tutti gratis a Sharm el Sheik” o killer ads, tipo il celebre “abolirò l’Ici”. In breve, producono un’infantilizzazione della politica e il culto del capo. Pensiamo all’effetto Vendola, non solo in Puglia ma anche a Milano (con tutta la stima che ho per Vendola, lo giuro).

Mi pare di vedere che ora nel Pd se ne discute serratamente, in vista delle primarie nazionali. Ed è un bel guaio: difficile abolirle tout court, anche appellandosi agli statuti, difficile anche rischiare di farsi spazzare via dai meccanismi che dicevo, fuoco nemico e anche amico.

L’amica Marilisa D’Amico, docente di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano, mi dice che le primarie sono molto efficaci quando c’è da mettere insieme liste elettorali bloccate: la partecipazione dal basso nella composizione delle liste evita abusi ed eccessi di partitismo. Ma così come sono usate, in particolare quandi si tratta di primarie di coalizione, il rischio è solo che evidenzino e slatentizzino patologie, con esiti potenzialmente letali.

Insomma, come dicevo, un gran casino.

Contibuiamo al dibattito. Magari ci viene qualche buona idea. Anche questo, soprattutto questo, è esercizio democratico.