Grosso casino, queste benedette primarie.

Io non sono del Pd, non ho mai votato alle primarie, non ci ho mai creduto, ma stavolta sì, e ho potuto osservarne il congegno da vicino, a Milano, e capire fino in fondo perché non mi convincono.

Intanto credevo che le primarie avessero il vantaggio di far crescere la partecipazione e la mobilitazione in vista del voto, anche se il fatto che tutti possano votare (anche gente dello schieramento opposto, intendo, influenzando i risultati) mi è sempre sembrata un’autentica follia. Ora mi devo ricredere anche sul processo di partecipazione democratica: questo potrà anche essere in parte vero all’interno dei singoli partiti, ma la città è rimasta sostanzialmente indifferente, e lo si è visto dalla partecipazione al voto.

Seconda osservazione: le primarie nei partiti rischiano di diventare il momento del redde rationem. Il momento in cui il gruppo dirigente viene messo di fronte al plotone di esecuzione, e parte il fuoco amico. Al centralismo democratico si sostituisce un anarchismo vendicativo. Sono territorio di scorribande nemiche, come ha detto qualcuno, mi pare Enrico Letta, e pur in assenza di garanzie formali (vota chiunque, mollando 2 euro) producono risultati sostanziali (nel caso di Milano, il candidato sindaco del csx). E non è affatto detto che dalle primarie esca sempre il candidato più giusto per affrontare le sfide politiche che si hanno di fronte.

Inoltre le primarie anziché partecipazione sembrano promuovere il culto delle personalità, in modo speculare a Berlusconi. Diventano  un palcoscenico per narcisi, personalità mediatiche -il povero Bersani ha ben poche chance-, colpi di teatro, ole. Mettono nell’ombra i programmi, a meno che non siano cose (mi scuso, sto esagerando) tipo: “Più gnocca per tutti” o “Tutti gratis a Sharm el Sheik” o killer ads, tipo il celebre “abolirò l’Ici”. In breve, producono un’infantilizzazione della politica e il culto del capo. Pensiamo all’effetto Vendola, non solo in Puglia ma anche a Milano (con tutta la stima che ho per Vendola, lo giuro).

Mi pare di vedere che ora nel Pd se ne discute serratamente, in vista delle primarie nazionali. Ed è un bel guaio: difficile abolirle tout court, anche appellandosi agli statuti, difficile anche rischiare di farsi spazzare via dai meccanismi che dicevo, fuoco nemico e anche amico.

L’amica Marilisa D’Amico, docente di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano, mi dice che le primarie sono molto efficaci quando c’è da mettere insieme liste elettorali bloccate: la partecipazione dal basso nella composizione delle liste evita abusi ed eccessi di partitismo. Ma così come sono usate, in particolare quandi si tratta di primarie di coalizione, il rischio è solo che evidenzino e slatentizzino patologie, con esiti potenzialmente letali.

Insomma, come dicevo, un gran casino.

Contibuiamo al dibattito. Magari ci viene qualche buona idea. Anche questo, soprattutto questo, è esercizio democratico.

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