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pierluigi bersani

leadershit, Politica, questione maschile, TEMPI MODERNI Dicembre 31, 2012

Il Monti inCasinato

 

Il “nuovo” al centro: Pierferdinando Casini, 30 anni in Parlamento

Sarà anche colpa del mio sguardo, sarà che sono una donna, con un punto di vista necessariamente eterodosso, ma io in questo “nuovo” centromontismo tutto questo “nuovo” non lo vedo.

Sarà che mi faccio distrarre dalle facce di Casini (che le liste, dice “me le faccio io” e che nel 2013 festeggerà i suoi 30 anni da deputato) di Fini e di Frattini, che proprio nuovissime non si possono dire. Che do troppa importanza al sostanziale monosex della formazione, anche questo indizio di una certa vetustà: trattasi del solito maschio medio sui 60, che blocca il Paese. Sarà che mi lascio suggestionare dall’operoso aspersorio di monsignor Bagnasco, che si affretta a benedire la neo-proposta, e da quell’agenda doverosa, priva di grandi guizzi visionari, da un lato, e delle indispensabili istruzioni per l’uso dall’altro… ma io grandi differenze tra il progetto montiano e il sogno neo-democristiano non riesco a vederle.

Vedo un Monti già diverso, questo sì, che “salendo in politica” si è inCasinato e ha già perso molto smalto.

E vedo benissimo le differenze tra il Paese che fu governato per un tempo infinito dalla Democrazia Cristiana e il Paese di oggi, che di una nuova Dc non ha affatto bisogno, che trova nel protagonismo dei giovani e delle donne -la coppia “cougar” esclusa dal Grande Capo Augh- il perno della svolta indispensabile.

Insomma, detto alla buona: se io fossi Bersani, se fossi Vendola, se fossi il centrosinistra, dopo il temerario passaggio dei vari gradi di primarie, che restano un fatto indiscutibile da opporre a chi le liste “me le faccio io”, per segnare la differenza da questo neocentrismo punterei alla grande sul tema sensibilissimo dei diritti: perché in cambio della sua benedizione, la Chiesa avrà già posto delle ferree condizioni, avviluppando questo supposto “nuovo” in lacci e lacciuoli premoderni

Diritti, donne, giovani: con i montiani mi misurerei a viso aperto su questo. Confidando in un Paese che ha molta voglia di diventare adulto, e di vecchi patriarchi non ha più bisogno.

Donne e Uomini, Politica Novembre 26, 2012

Il Pd è ben poca cosa. Quello che conta è il Paese

Al di là del fatto che io vada a votare al ballottaggio e per chi, cosa del tutto insignificante, un paio di considerazioni all’inizio di questa settimana politica di fuoco:

1. troppa gente ha votato Renzi per punire Bersani, o Bersani per fermare Renzi. Vendola ha ragione: queste primarie, nonostante la sua presenza e quella di Tabacci, sono state intese come un congresso del Pd, con relativa resa dei conti. Non dovrebbe essere così. Queste primarie, con relativo ballottaggio, dovrebbero servire al centrisinistra per indicare la figura più adatta all’incarico di Presidente del Consiglio. Il Presidente di tutti, quindi, messo lì per il bene di un Paese che di bene ha tanto bisogno. Paradossalmente io potrei essere “renziana” ma ritenere Bersani più adatto a quell’incarico, e viceversa. Questo sarebbe un voto maturo e responsabile. Questa la logica, e non quella del redde rationem e dei mal di pancia interni. E invece anni e anni di rospi ingoiati sembrano avere la meglio, e la cosa è molto preoccupante. Gente di perfetto buon senso che si fa inebriare dall’odore del sangue.

2. sento perfino ragionamenti del tipo: “ok, non è difficile che vinca Bersani, ma non riuscirà a mettere in piedi una maggioranza, e se ci riuscirà sarà talmente risicata che il governo rischierà di cadere a ogni colpo di vento” (il tutto detto con notevole soddisfazione). Eh no, non ci siamo, amiche e amici. Non si può pensare di sacrificare il Paese a un congresso permanente e ad libitum. Il Pd, con tutto il rispetto, è ben poca cosa rispetto al bene comune (non è a questo, del resto, che le pèrimarie sono dedicate?) che richiede idee chiare, determinazione, senso di responsabilità e un governo affidabile e stabile. E’ questo l’obiettivo da perseguire. Lo dobbiamo ai nostri figli, per dirla un po’ melodrammaticamente (ma neanche troppo).

3. di “personale” lasciatemi dire solo questo: che sono contenta di aver sostenuto Laura Puppato. Perfettamente consapevole, com’è ovvio, di aver partecipato a una battaglia di minoranza che tuttavia, specie al Nord, qualche piacevole sorpresa l’ha riservata. La figura di questa donna, fino a un mese fa perfettamente sconosciuta fuori dal Veneto, è stata messa a fuoco in tempi rapidissimi e con una certa precisione, e i suoi temi condivisi, nonostante la forza spettacolare e centripeta del duello maschile. Diciamo che è un buon inizio, la sua partita comincia ora. Nella quale partita di interessante c’è anche questo, ben oltre le percentuali: Puppato è la sola in questa compagine a poter dialogare programmaticamente con il Movimento 5 stelle che, a quanto pare, potrebbe diventare il secondo partito del Paese. Grillo la stima, e la cosa non è politicamente irrilevante. Come con Crocetta in Sicilia, su Puppato potrebbe incardinarsi un dialogo a livello nazionale. Non dico che sarebbe bene o che sarebbe male, dico solo che sarebbe una possibilità.

Infine una piccola lamentazione, se posso: sono molto delusa da Se Non Ora Quando, e più in generale dall’atteggiamento di sordità di troppe donne di fronte a un’occasione com’è stata questa di Laura (e come potrebbe essere, nel centrodestra, una buona candidatura femminile). C’è ancora troppo da lavorare per arrivare a cambiare le cose, e io non so se ho ancora voglia di ammazzarmi.

P.S. Terrore. Ma se un giornalista del New York Times
mi chiedesse: com’è che Se Non Ora Quando ha appoggiato
Bersani, Vendola, forse un pochino pure Renzi,
e praticamente per nulla Laura Puppato,
io che gli rispondo?

leadershit, Politica Novembre 23, 2012

Contro il “voto utile” (non è tempo di nasi turati)

Chi domenica voterà alle primarie del csx (ci si può preregistrare qui) lo sa:

c’è una forte pressione per il cosìddetto “voto utile”, concentrato sui duellanti Bersani e Renzi. Anche chi si riconosce maggiormente negli altri competitor, Puppato, Tabacci e Vendola, viene invitato a “non disperdere il voto” e a schierarsi di qua o di là.

Spiego perché questo supposto “buon senso” non mi convince affatto:

1. CENTRO E PERIFERIA   Questo iper-realismo diminuisce la ricchezza del voto e ostacola il cambiamento, che arriva sempre dalla “periferia”.

2.  VOTO “CONTRO”   Una quota considerevole di consensi per l’uno o l’altro dei principali competitor è un voto “contro”: voto Renzi non perché mi convinca, ma per fare fuori Bersani; voto Bersani non perché lo considero il più adatto alla premiership, ma perché devo arginare Renzi. I conti interni al partito rischiano di prevalere, ma il senso vero delle primarie è la scelta del possibile premier. Votare contro, o secondo queste logiche, fa scivolare in secondo piano il bene del Paese, che dovrebbe invece rimanere la stella polare.

3. THE WINNER IS…   Il vero vincitore del dibattitone su Sky -parere unanime- è stato il confortevole senso di squadra, l’idea di un team che tiene insieme le differenze in vista di un progetto unitario. Chi ha seguito in tv -io ero in studio- è andato a letto contento per avere visto non risse ma un costruttivo confronto di idee. Corrispettivamente, la vera vincitrice delle primarie deve essere la squadra. Ma quanto più il voto sarà polarizzato, tanto meno squadra avremo e tanto più “uomo solo al comando”, soluzione da sfuggire come la peste. L’offerta di “uomini soli” e di poche idee al comando dovrebbe bastarci e avanzare.

Il modo in cui ognuno di noi può contribuire al bene comune è portare autenticamente se stess*.Solo così il voto non è inutile.

Non è questo il tempo dei nasi turati.

p.s. Aggiungo un’altra considerazione, credo abbastanza “utile”. Parlando di governabilità, e osservando un Movimento 5 Stelle che tallona il Pd, potrebbe essere necessaria una o qualche figura del csx in grado di dialogare, almeno programmaticamente, con gli eletti di Grillo. Molto difficile che questa figura sia Bersani. Figuriamoci Renzi. Qualche possibilità, forse, per Vendola. Molte di più per Puppato.

 

Politica Novembre 1, 2012

Fare fuori Bersani

Tragico esempio della campagna per Bersani

I partiti sono luoghi ad alto tasso di vendetta. Nel senso che la resa dei conti interna è una delle logiche prevalenti. Non so se ciò faccia bene ai partiti, tenderei però a escludere che in questo modo si tenga come una priorità il bene del Paese

Quello che sta accadendo in queste primarie del centrosinistra offre un ottimo esempio.

Le elezioni primarie dovrebbero servire a scegliere responsabilmente all’interno del proprio schieramento una persona dotata delle caratteristiche -onestà, competenza, esperienza, saggezza, credibilità, lungimiranza, coraggio, visione e così via- che la rendono la più adatta a proporsi a guidare il Paese, e a guidarlo in una fase piuttosto complicata. Non sono un congresso, non servono a scegliere il segretario del partito, e non sono un reality con le nomination.

Eppure è chiaro che tra tutti quelli che nel Partito Democratico si stanno adoperando per una vittoria del sindaco Matteo Renzi, solo una parte lo sta facendo perché crede che Renzi sarebbe un buon premier. Per una parte cospicua dei fan di Renzi l’obiettivo vero non è indicare un premier credibile, ma fare fuori Bersani. E non perché si sia convinti che Bersani non sarebbe in grado di fare il premier, ma perché è venuto il momento di una resa dei conti con il “vecchio” partito.

Un ragionamento bizzarro che sento fare spesso, tra le file di iscritti, militanti e simpatizzanti è il seguente: a me Renzi non piace, non mi sento rappresentato dai suoi valori, è un narciso, è apprezzato dalla destra, non dispiace ai poteri forti, sui diritti è ambiguo, sui temi delle donne pure, il suo show è imbarazzante, il suo spin doctor Giorgio Gori pure, sembra un Berluschino, la sua ambizione è fuori misura, è stato alla Ruota della Fortuna, il suo linguaggio violento, quando dice “signori” pare un banditore d’asta, non rappresenta il meglio della cultura democratica (compilation di pareri) e però lo voto lo stesso per fare fuori Bersani.

L’attuale classe dirigente di quel partito ha molte colpe, ha tardato a capire, non si è adeguatamente rinnovata, il ricambio è stato timidissimo, è protagonista di parecchio malgoverno -penso per esempio alla Liguria, che conosco bene-, non ha fatto la legge sul conflitto d’interessi, etc. etc., tutte cose su cui è difficile non convenire. Ma per fare fuori Bersani e tutti gli altri c’è un congresso, in programma se non erro per il 2013.

Il Paese non c’entra con le beghe interne al Pd, ed è ingiusto che gliele si voglia fare pagare. Al Paese non interessa che si faccia fuori Bersani -non più di quanto sia interessato a vedere fatto fuori pure Renzi, che fa politica anche lui fin da quando era un ragazzino-. Al Paese interessa che da tutta questa infilata di primarie e secondarie in ogni schieramento esca un premier con una squadra di governo davvero capace di condurlo a una rinascita materiale e morale, secondo principi di equità e giustizia.

La stella polare deve essere questa. Non è un derby. Qui non sta giocando nessuno.

 

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 16, 2012

La Narcisa

 

Da più parti, specie da amiche venete, di Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, mi viene detto che è brava, competente, onesta, efficiente. Ma anche “narcisa”, eccessivamente protagonista, troppo ambiziosa.

Ma in mancanza di una fortissima ambizione, e forse anche di un po’ di “narcisismo” è molto difficile che qualcun* decida di candidarsi alle primarie. Se poi si tratta di una donna, in un Paese politicamente misogino com’è il nostro, la dose di ambizione e “narcisismo” deve necessariamente raddoppiare. Dev’esserci assertività, una robusta autostima, forse perfino una lieve maniacalità. Bisogna essere un po’ matte, insomma. La quota di azzardo è notevole.

C’è poi il fatto che, secondo molti osservatori, la candidatura Puppato vedrebbe il favore di Bersani e dell’establishment del Pd in funzione anti-Renzi -all’interno- e anti-Grillo -all’esterno-. Per alcuni l’operazione sarebbe stata concepita a tavolino. Può essere. Ma è vero anche che Puppato è cresciuta politicamente nonostante il Pd. Farina del suo sacco, insomma. E se di questa farina e di questa grinta gliene rimangono ancora un po’, non è improbabile uno scarto di autonomia e di protagonismo, anche nel caso in cui la sua candidatura fosse nata nel laboratorio di Bersani.

Alle amiche dico: stiamo a guardare, osserviamo quello che dirà e farà, anche se i media, non meno misogini della politica, come si è già visto non le riserveranno l’attenzione che dedicano ai suoi competitor uomini. Le notizie su di lei occorrerà andarsele a cercare.

Ma attente a una condanna preventiva per eccesso di assertività. L’assertività e l’ambizione sono cose buone, in una donna, e vanno onorate. Impariamolo. Impallinare quella che osa volare non è una buona strategia. Chi vola apre con le sue ali spazio per tutte. Sono state già perse molte buone occasioni a causa del moralismo invidioso e miope. Il che, naturalmente, non significa aderire in automatico alla proposta Puppato. Ma le ragioni della non-adesione devono essere altre.

In questo le amiche di sinistra sono decisamente più indietro delle colleghe del centrodestra.

 

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 13, 2012

Lo spariglio: Laura Puppato alle primarie

La voce girava da un po’, ma il rush verso la decisione finale è dell’ultimo mese. E l’annuncio ufficiale è di ieri.

Laura Puppato, trevigiana, 55 anni, madre e quasi nonna, nata piccola imprenditrice nel campo delle assicurazioni, oggi responsabile Forum ambiente Pd nazionale e capogruppo in Regione Veneto (eletta con 26 mila preferenze su 70 mila ottenute dal Pd, alle europee dell’anno prima ne aveva prese 60 mila, risultando prima dei non eletti), dopo essere stata sindaca di Montebelluna per due mandati si candiderà alle prossime primarie del centrosinistra.

“Né contro Bersani” dice “né contro Renzi.

“Non è la mia logica” spiega. “La speranza di minima, con questa candidatura, è di servire al Pd. Perché credo che oggi al Pd serva una cerniera tra due figure diverse, come lo sono quelle di Bersani e di Renzi, ed entrambe positive. Che però rischiano di lacerare il partito e di elidersi l’un l’altra. L’attenzione si concentra sul duello anziché sui programmi, ingenerando discussioni sterili e dannose. E poi spero di poter portare al voto almeno parte quel 40-45 per cento di cittadini che a oggi manifestano l’intenzione di astenersi”

Poi mi dirà qual è la sua speranza di massima. Prima mi racconti da quanto fa politica.

“Nei partiti dal 2008. Nasco con il Pd. Fino al 2001 mi sono occupata di altre cose. Ho una piccola azienda con 9 dipendenti, ma sono sempre stata chiamata a funzioni di rappresentanza: quando andavo a scuola, poi come rappresentante dei genitori, e nelle associazioni degli assicuratori… A quanto pare mi viene riconosciuto un certo talento”.

E poi, dal 2001?

“Montebelluna era molto malgovernata dalla Lega. La città più di destra del Veneto. C’era un grande desiderio di cambiamento, soprattutto nei giovani. Mi sono buttata con questa lista civica sostenuta dall’Ulivo. Doveva essere un gesto di testimonianza, e invece mi sono ritrovata sindaca. Siamo diventati una piccola isola circondata dal mare del centrodestra. La Libera Repubblica di Montebelluna, come la chiamavamo”.

Che cosa le piace ricordare, del suo lavoro di sindaca?

“Chi è tornato a Montebelluna dopo un periodo di assenza non l’ha riconosciuta. I cambiamenti sono stati grandi. Abbiamo chiamato i cittadini a progettare insieme a noi: più di cento famiglie che si sono organizzate in gruppi di lavoro sulle varie problematiche. L’amministrazione era il loro strumento. Per esempio: si sono inventati che l’Ici fosse modellata sul numero di componenti delle famiglie. Ci sono state famiglie che non hanno pagato nulla, in una logica solidale. E poi il parcheggio gratuito per le mamme con bambini fino a 18 mesi. Cose piccole, in apparenza, che però fanno la vita quotidiana. Abbiamo vinto due premi per le migliori politiche familiari, e per quelle giovanili. E poi il protocollo di Kyoto. L’abbiamo applicato subito, senza aspettare che succedesse a livello nazionale: meno 5 per cento di emissioni di CO2, mobilità sostenibile, energie rinnovabili…”.

Un conto è lavorare radicati nel territorio, un altro fare la premier…

“I problemi sono sempre gli stessi, a qualunque livello: si tratta di governare le cose. E ci sono fondamentalmente due modi di governare: legiferando, e indirizzando contribuzioni, defiscalizzazioni e altri strumenti verso obiettivi precisi. Quello che vale per un paese vale anche per il Paese. In Italia si è scelto di tagliare l’istruzione, di non investire sulla mobilità sostenibile, di non applicare la legge Bassanini sulla semplificazione, e ora Bassanini è consulente in Francia… Non è che ci manchino le buone idee, anzi, ma poi i poteri forti hanno la meglio“.

Veniamo alla speranza di massima: la premiership.

“Io ci spero, sì. E’ un desiderio grande, quello di cambiare il volto del Paese. Vede, io mi sento molto ricca perché ho bisogno di poco per vivere, non ho vizi, vivo in una villetta a schiera, vestirmi mi interessa poco, guido un’utilitaria. Sono fatta così, una “viaggiatrice leggera”, ma quella ricchezza che non mi interessa dal punto di vista materiale la investo invece sul piano ideale. Mi permetto questo slancio, insomma, anche se sono una persona molto concreta”.

Che cosa le ha detto il segretario Bersani?

“Mi ha fatto gli auguri. Ha detto che è contento che ci sia anche una donna a mettersi in gioco. E’ una persona perbene. E anche Renzi si è complimentato. Via Ansa”.

Lei piaceva anche a Grillo…

“Nel 2007 mi aveva definito il primo sindaco a 5 Stelle. Ci siamo anche incontrati. Poi, quando mi sono iscritta al Pd, mi ha detto che sbagliavo a credere di poter cambiare il partito dall’interno”.

E a lei Grillo piace?

“Dice cose condivisibili: non si può non essere d’accordo su obiettivi come un ambiente più pulito, la riduzione delle emissioni, il taglio degli sprechi. Ma io non so stare al fianco di chi distrugge”.

Tre cose che farebbe come premier.

Defiscalizzerei gli investimenti nelle tecnologie, nella ricerca e nell’innovazione. Utilizzerei il maggior numero possibile di risorse tecnologiche per aumentare l’effettiva libertà dei cittadini. Le smart city, ha presente? Che vogliono dire wi-fi diffuso, poter caricare l’auto elettrica dal palo della luce -è una tecnologia che esiste, ed è italiana-, usare sensori che accedono i lampioni solo quando qualcuno transita, uno scherzetto che farebbe crollare del 45-50 per cento il fabbisogno energetico. E poi efficienza dell’amministrazione, che deve essere costretta a rispondere ai cittadini in tempi brevi e prestabiliti. Si può fare, sa? Basta metterci mano con la forza necessaria, e governare…

Avrà da dire qualcosa anche sull’evasione fiscale…

“E’ il cancro del Paese, la denuncio e ci combatto da 25 anni. Per il sistema tedesco, tanto per dirne uno, l‘evasione è un furto ai danni dello Stato, e le pene sono pesanti. I sistemi ci sono, se c’è la volontà politica. Qui invece abbiamo abolito il reato di falso in bilancio”.

Altri due temi che la politica tende a liquidare sprezzantemente come “demagogiche”: gli sprechi della politica e il rinnovamento.

“Convengo sul fatto che su entrambe le questioni il Pd è troppo “timido”. Prendiamo il rinnovamento: posso convenire sul fatto che esistano figure utili per una continuità del progetto del partito. Il fatto è però che da ciascuna di queste “figure utili” si dirama una filiera di fedeli e fedelissimi che pretendono a loro volta di essere garantiti a vita. E’ un altro cancro del nostro Paese, la rappresentazione perfetta dello sprezzo per il merito che costituisce il robustissimo scheletro del sistema Italia”.

Che cosa pensa delle primarie per le candidature?

“Sono favorevole. E’ inutile e frustrante questa perdita di tempo in una trattativa sulla legge elettorale che non arriverà mai da nessuna parte. L’ho detto in direzione nazionale: diamoci un tempo limite. Se in quel tempo non si chiude, lasciamo perdere, teniamoci il Porcellum e indiciamo primarie sulle candidature. Garantendo che la nuova legge elettorale sarà uno dei primi atti del nuovo governo”.

Che rapporti ha con il movimento delle donne?

“Il 13 febbraio ero in piazza, e nella mia regione sono riuscita a portare a casa il miglior dispositivo dopo la doppia preferenza di genere della Campania: liste 50/50, e in caso di inadempienza cassazione della lista, senza mediazioni. Credo che se le cose vanno così male dipende in gran parte dal fatto che siamo governati praticamente solo da uomini”.

Come si organizzerà per la campagna? Una cavalcata per l’Italia come Renzi?

“Qualcosa di diverso. Tantissima rete. Videocomunicazione. E molti treni”.

Con quale budget?

“Ecco, appunto. Per ora di budget non ce n’è. Qualche idea mi verrà, insieme al gruppo di amici che sostengono strenuamente la mia candidatura”.

 

 

 

Politica Agosto 1, 2012

Pd: si può rinnovare un Paese senza rinnovare se stessi?

 

Patrimoniale, riconoscimento delle coppie gay, cittadinanza ai figli degli immigrati, salvare Europa ed euro, patto di legislatura con i centristi, democrazia paritaria, formazione e ricerca, sviluppo sostenibile, beni comuni, riforma del fisco e del welfare.

Qui la Carta d’Intenti del Pd presentata ieri da Pierluigi Bersani. Documento programmatico condivisibile, per quanto un po’ “antico” e senza particolari guizzi. In particolare, mi sarei aspettata più puntualità e concretezza sul tema dell‘ambiente, del territorio e della crescita, che nel nostro Paese fanno un tutt’uno, e che io vedo come la leva della ricostruzione e del cambiamento.

E mi sarei aspettata, nel momento in cui si chiamano “a stringere un patto di governo movimenti, associazioni, liste civiche, singole personalità e cittadini che condividono le linee di questo progetto“,  qualche garanzia in più sulla questione del rinnovamento.

Noi giornalisti siamo soliti dire che “ognuno fa il giornale che sa fare”: un direttore può cambiare testata e azienda, ma tenderà a riproporre l’idea di giornale che gli è più consona. Vale, credo, per ogni genere di impresa, politica compresa. Bersani farà il partito di Bersani, quello che ha già fatto, D’Alema farà il partito di D’Alema -e Berlusconi potrà anche cambiare nome alla sua formazione, rinnovare tutto il parco-donne per fare dimenticare Minetti e via dicendo, ma resterà sempre e solo Berlusconi-. Un partito cambia, sia pure in continuità con ciò che è stato, quando cambia il suo gruppo dirigente. Ma a quanto mi pare di avere capito, il Pd intende il limite delle tre legislature come 15 anni, ammettendo un 30 per cento di deroghe. Se a ciò si aggiunge la diminuzione del numero dei parlamentari, si capirà bene che l’attuale drappello di parlamentari sarà quasi tutto garantito, salvo qualche rara new entry tra gente interna che scalpita in lista d’attesa e qualche nome esterno di richiamo.

La legge elettorale? Non si sa. Quanto alle primarie per la premiership, continuano a palesarsi all’orizzonte, ma nessuna deadline. E di primarie per i parlamentari non si parla proprio.

Domanda: si può pensare di innovare un Paese senza cominciare dall’innovare se stessi? Io credo proprio di no.

Politica Luglio 16, 2012

Pd: nozze gay e altri disastri

L’ho fatto per voi. Sabato mi sono puppata, pressoché integralmente, la diretta dell’Assemblea Nazionale Pd. Perfino l’intervento di Colaninno, che nella foto qui vedete sciaguratamente sorridere sullo sfondo, al climax del dramma.

Quando, a metà pomeriggio, dopo che per tutta la giornata si era parlato di spread, di Monti, di economia, di lavoro, è cominciata la bagarre sui matrimoni gay, non credevo ai miei occhi. Il rischio di inciampare su un tema “biopolitico”, come si dice, quando le cose erano andate abbastanza lisce su tutto il resto, e il resto non era poco. Anche se quelle che il segretario Bersani ha chiamato “beghe” non sono affatto “beghe”, ma sono la vita di centinaia di migliaia di cittadini di questo Paese.

Ora, del matrimonio gay si può pensare quello che si vuole, la questione non è qui. La questione è poter liberamente dire quello che si pensa, e potersi esprimere con un voto a riguardo. Lo scandalo non sta tanto nell’eventuale contrarietà del maggiore partito della sinistra alle nozze omosessuali, lo scandalo sta nel fatto che è stato impedito di esprimersi liberamente su questo tema. Questo è davvero odioso.

Non so quale fosse la priorità della presidenza: se evitare il rischio di un sì alle nozze gay per ragioni di alleanze politiche, o poter più facilmente respingere insieme a quello anche altri ordini del giorno  sul tema delle primarie. O cos’altro.

So solo che quel fermissimo respingimento -agito peraltro in primo piano e zelantemente da donne, Rosy Bindi, Marina Sereni- è stato un autogoal pazzesco. Anche per il piglio inflessibile e burocratico con cui si è impedito il voto. Non so quanti punti del suo proprio “spread” il Pd lascia sul tappeto dell’Assemblea a causa di questo: Grillo, Di Pietro, Vendola hanno avuto buon gioco nel rilanciare. Ma certo non si può parlare di apertura, di far correre aria, di innovare, se poi non riesci ad aprire neanche agli emendamenti interni, dando prova, nei fatti, di un arroccamento un po’ suicida.

Dall’assemblea di sabato non sono uscite -ancora una volta- visioni per il Paese che prima o poi dovremo metterci tutti quanti a ri-edificare: e se un partito non fa questo, proporre un modello e ipotizzare come ci si arriva, che cosa sta lì a fare? Ma non è uscita nemmeno una visione per il partito.

Siamo ancora molto indietro nel lavoro, mi pare.

Politica, TEMPI MODERNI Gennaio 10, 2012

Questi fantasmi

Apri il giornale la mattina e ti sembra di vivere in un altro Paese. Dopo decenni non vedi Bersani, non vedi Berlusconi, non vedi Casini (a proposito: rientrato dalle Maldive?). Comunque la pensi sulle cose che questo governo sta facendo, una cosa è certa: le sta facendo. Addirittura le liberalizzazioni: troppa grazia.

Ti chiedi nel frattempo che cosa stia succedendo nelle sedi dei partiti, e se quelle facce che non stiamo più vedendo prima o poi le rivedremo, o ne vedremo altre. E ti chiedi anche che cosa stanno facendo, le eventuali nuove “facce”, per sostituire quelle di prima.

Insomma, si tratterebbe di fare un vero viaggio nei partiti per capire come si stanno attrezzando al dopo-Monti, a gestire questo Paese scaravoltato, a ripresentarsi agli elettori.

Mi pare che per i vecchi leader si prepari una fisiologica uscita di scena, ma non sono certa che paia anche a loro. Insomma, c’è di sicuro un oscuro e fantasmatico lavorio, dietro questo silenzio.

Qualcuno di voi ne sa qualcosa?

Politica, Senza categoria Luglio 7, 2011

Un Pd di Provincia

Dice Pierluigi Bersani:Sulle Province ci siamo incartati, ora non sappiamo come spiegare la nostra posizione“.

Be’, direi che è semplice: il Pd ha perso un’occasione storica, e anche di notevole portata simbolica, come dice Pippo Civati, per dare dimostrazione concreta della propria differenza, della volontà inequivoca di tagliare i costi della politica -secondo alcuni calcoli, si risparmierebbero più o meno 2 miliardi e mezzo l’anno– e lo ha fatto solo per il fatto di non scontentare i propri eletti nelle istituzioni provinciali. Perciò è facilissimo da capire, c’è poco da spiegare. Noi l’abbiamo capita, tutti l’hanno capita, e non ci è piaciuta.

Molto meno facile uscirne. Può essere che la proposta Di Pietro sul taglio delle Province non fosse il massimo. E allora l’unica cosa è affrettarsi a presentare un’altra proposta, sullo stesso tema, e con il medesimo obiettivo: abolirle. E presentarla molto in fretta, domani, lunedì, non aspettare un giorno in più. Prima che si consolidi nell’opinione pubblica l’impressione, nefasta per le sorti del Pd, che la differenza piddina non esiste, che anche loro sono uguali agli altri. Il tema degli sprechi oggi è sensibilissimo, e non ci si può scherzare. Si tratta di sintonizzarsi con lo spirito del tempo, e averlo molto ben presente.

p.s. : si è notato meno, che qualche mese fa anche il Pd aveva votato in massa contro l’abolizione dei vitalizi ai parlamentari. Anche quello non è stato un granché…