Tragico esempio della campagna per Bersani

I partiti sono luoghi ad alto tasso di vendetta. Nel senso che la resa dei conti interna è una delle logiche prevalenti. Non so se ciò faccia bene ai partiti, tenderei però a escludere che in questo modo si tenga come una priorità il bene del Paese

Quello che sta accadendo in queste primarie del centrosinistra offre un ottimo esempio.

Le elezioni primarie dovrebbero servire a scegliere responsabilmente all’interno del proprio schieramento una persona dotata delle caratteristiche -onestà, competenza, esperienza, saggezza, credibilità, lungimiranza, coraggio, visione e così via- che la rendono la più adatta a proporsi a guidare il Paese, e a guidarlo in una fase piuttosto complicata. Non sono un congresso, non servono a scegliere il segretario del partito, e non sono un reality con le nomination.

Eppure è chiaro che tra tutti quelli che nel Partito Democratico si stanno adoperando per una vittoria del sindaco Matteo Renzi, solo una parte lo sta facendo perché crede che Renzi sarebbe un buon premier. Per una parte cospicua dei fan di Renzi l’obiettivo vero non è indicare un premier credibile, ma fare fuori Bersani. E non perché si sia convinti che Bersani non sarebbe in grado di fare il premier, ma perché è venuto il momento di una resa dei conti con il “vecchio” partito.

Un ragionamento bizzarro che sento fare spesso, tra le file di iscritti, militanti e simpatizzanti è il seguente: a me Renzi non piace, non mi sento rappresentato dai suoi valori, è un narciso, è apprezzato dalla destra, non dispiace ai poteri forti, sui diritti è ambiguo, sui temi delle donne pure, il suo show è imbarazzante, il suo spin doctor Giorgio Gori pure, sembra un Berluschino, la sua ambizione è fuori misura, è stato alla Ruota della Fortuna, il suo linguaggio violento, quando dice “signori” pare un banditore d’asta, non rappresenta il meglio della cultura democratica (compilation di pareri) e però lo voto lo stesso per fare fuori Bersani.

L’attuale classe dirigente di quel partito ha molte colpe, ha tardato a capire, non si è adeguatamente rinnovata, il ricambio è stato timidissimo, è protagonista di parecchio malgoverno -penso per esempio alla Liguria, che conosco bene-, non ha fatto la legge sul conflitto d’interessi, etc. etc., tutte cose su cui è difficile non convenire. Ma per fare fuori Bersani e tutti gli altri c’è un congresso, in programma se non erro per il 2013.

Il Paese non c’entra con le beghe interne al Pd, ed è ingiusto che gliele si voglia fare pagare. Al Paese non interessa che si faccia fuori Bersani -non più di quanto sia interessato a vedere fatto fuori pure Renzi, che fa politica anche lui fin da quando era un ragazzino-. Al Paese interessa che da tutta questa infilata di primarie e secondarie in ogni schieramento esca un premier con una squadra di governo davvero capace di condurlo a una rinascita materiale e morale, secondo principi di equità e giustizia.

La stella polare deve essere questa. Non è un derby. Qui non sta giocando nessuno.

 

 

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