Patrimoniale, riconoscimento delle coppie gay, cittadinanza ai figli degli immigrati, salvare Europa ed euro, patto di legislatura con i centristi, democrazia paritaria, formazione e ricerca, sviluppo sostenibile, beni comuni, riforma del fisco e del welfare.

Qui la Carta d’Intenti del Pd presentata ieri da Pierluigi Bersani. Documento programmatico condivisibile, per quanto un po’ “antico” e senza particolari guizzi. In particolare, mi sarei aspettata più puntualità e concretezza sul tema dell‘ambiente, del territorio e della crescita, che nel nostro Paese fanno un tutt’uno, e che io vedo come la leva della ricostruzione e del cambiamento.

E mi sarei aspettata, nel momento in cui si chiamano “a stringere un patto di governo movimenti, associazioni, liste civiche, singole personalità e cittadini che condividono le linee di questo progetto“,  qualche garanzia in più sulla questione del rinnovamento.

Noi giornalisti siamo soliti dire che “ognuno fa il giornale che sa fare”: un direttore può cambiare testata e azienda, ma tenderà a riproporre l’idea di giornale che gli è più consona. Vale, credo, per ogni genere di impresa, politica compresa. Bersani farà il partito di Bersani, quello che ha già fatto, D’Alema farà il partito di D’Alema -e Berlusconi potrà anche cambiare nome alla sua formazione, rinnovare tutto il parco-donne per fare dimenticare Minetti e via dicendo, ma resterà sempre e solo Berlusconi-. Un partito cambia, sia pure in continuità con ciò che è stato, quando cambia il suo gruppo dirigente. Ma a quanto mi pare di avere capito, il Pd intende il limite delle tre legislature come 15 anni, ammettendo un 30 per cento di deroghe. Se a ciò si aggiunge la diminuzione del numero dei parlamentari, si capirà bene che l’attuale drappello di parlamentari sarà quasi tutto garantito, salvo qualche rara new entry tra gente interna che scalpita in lista d’attesa e qualche nome esterno di richiamo.

La legge elettorale? Non si sa. Quanto alle primarie per la premiership, continuano a palesarsi all’orizzonte, ma nessuna deadline. E di primarie per i parlamentari non si parla proprio.

Domanda: si può pensare di innovare un Paese senza cominciare dall’innovare se stessi? Io credo proprio di no.

  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •