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giuliano pisapia

Donne e Uomini, Politica Settembre 28, 2012

Eticamente sensibili: “cimiterini” e altre storie

matteo renzi e il cimitero dei feti

Pensavo ieri: un candidato a qualunque cosa, alle primarie, alle elezioni, può dire di tutto, può parlare di art. 18, di Imu, di patrimoniale, può sciorinare un programma in 10, 100, 1000 punti, ma fagli dire una sola parola su uno di quei temi detti “eticamente sensibili”e tutto il resto scompare.

Penso all’assemblea nazionale del Pd a luglio, finita tra gli stracci che volavano sul tema delle unioni gay. Alla giunta Pisapia a Milano, travagliata dal dibattito sulle coppie di fatto e scossa alle fondamenta dalle recenti dichiarazioni del sindaco, favorevole alle adozioni gay -benché questa non sia materia su cui un comune può autonomamente legiferare-.

Penso alla disinformatja su Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, accusata di essere amica del Movimento per la Vita quando lei invece difende strenuamente la legge 194 e parla di ripristino dei consultori.

Penso a un altro candidato alle primarie, Matteo Renzi, che sul guscio dell’iPhone porta scritto “Obama”, faro dei suoi one-man-show in giro per l’Italia, ma poi vuole fare i cimiteri dei feti in stile Romney. E  non dei bambini nati morti, ma “di prodotti abortivi e di prodotti del concepimento“, con tanto di mini-lapidi e altri corredi. Scivolone che, se ben utilizzato dai suoi competitor, potrebbe costargli perfino più caro dell’endorsement di mezzo centrodestra, ultimo Dell’Utri, che lo ha addirittura definito un “gigante” (ma pare che da qualche giorno la norma sui cimiterini sia scomparsa dall’odg del comune di Firenze).

Potrei continuare a lungo. Mi domando come mai capita questo, e se è giusto che per la sorte di un candidato, e anche di una formazione politica, le questioni etiche e biopolitiche siano dirimenti.

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, economics, lavoro Marzo 6, 2012

Un Ottomarzo di m…a. Eppure…

contrattacco

 

Un Ottomarzo di m…a.

Stamattina comincio con l’apprendere che, sbattendosene completamente di tutto, delle contestazioni, dell’imbarazzo del segreatario generale di Expo Loscertales («Je saisis cette occasion pour vous rassurer quant à l’importance accordée par le Bie à la représentativité de
toute la société civile au sein d’une Expo dont les valeurs essentielles sont l’universalité et l’éducation…») l’Innovation Advisory Board di Expo, ovvero il tavolo dell’ INNOVAZIONE sul tema della NUTRIZIONE (che è come dire donna e donna) resta un tavolo omosessuale composto di soli uomini. A meno di novità dell’ultim’ora: perché devono esserci delle novità, vero sindaco Pisapia? Loscertales ci ha risposto in ue giorni, puoi farlo anche tu? Assessore, che abbiamo mandato lì con una dura lotta: ci siete? Potete farvi sentire?

Mi dice un uomo a me caro, Ad padre di 3 figlie, che quando cerchi di infilare delle donne in un cda, immancabilmente la risposta è: “E che c’entra il sesso?”. Appunto: come mai allora solo il sesso maschile?

Poi leggo degli ultimissimi casi di femminicidio: dopo la strage di Brescia, Piacenza e Verona. Questo 2012 è un massacro. Un’escalation senza precedenti. E non si sta facendo nulla. Il minimo che si dovrebbe fare, visto che quasi sempre il femminicidio è preceduto da stalking, è prendere lo stalker e obbligarlo a una terapia. La denuncia non basta. Quelli sono bambini di 80 o 90 chili che non riescono a gestire l’abbandono. Vanno aiutati a metabolizzare. La denuncia da sola gli fa saltare i relais e li incattivisce ancora di più. Vanno curati, accompagnati. Contro il femminicidio serve prevenzione. E invece nulla, non succede niente. Figurati se ci sono soldi da spendere per evitare che le donne vengano ammazzate.

Poi leggo Maurizio Ferrera che sulla prima del Corriere conferma, come dicevo l’altro giorno, che il governo Monti non sta facendo abbastanza per le donne, non le sta mettendo al centro della riforma del lavoro, non investe su lavoro e servizi, non fa delle donne il perno della crescita e dell’innovazione. E noi 188 idiote che abbiamo firmato la lettera alla ministra Fornero perché intervenga sulle dimissioni in bianco siamo ancora qui ad aspettare. E che cosa c’è da aspettare, Fornero? Sai come farei io? Al prossimo consiglio del Ministri andrei e picchierei il pugno sul tavolo, metterei lì la mia testa e direi: “Di qui non si esce se non risolviamo questa faccenda, se non rimuoviamo da subito questa incredibile ingiustizia”.

Un Ottomarzo di m…a.

Eppure io sono piena di fiducia. Sono colpi di coda feroci di un mondo morente.

Non dobbiamo lasciarci scoraggiare. Non dobbiamo lasciarci intimidire.

Tutto andrà precisamente come deve andare.

ambiente, economics, Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 24, 2012

Beati noi ultimi (potremmo essere i primi, e i più verdi)

Noi che siamo in fondo a svariate classifiche internazionali, abbiamo oggi la grande opportunità di diventare i primi.

Lo dice Alex Roe, direttore di Italy Chronicles: Italy Should Be Number One, nel senso di prima economia europea, se puntasse su territorio, ambiente, arte, bellezza, qualità della vita.

Lo dice Jeremy Rifkin, che dirige la Foundation ofi Economic Trends di Washington, ed è consulente di vari governi europei: potremmo diventare la Biosphere Valley del mondo, alla testa della rivoluzione energetica ed ambientale. Abbiamo tutto cio’ che serve per diventare i primi.

Lo dice, indirettamente, perfino Bill Gates, fondatore di Microsoft, che parla dell’agricoltura come motore di innovazione planetaria: e noi di agricoltura ce ne intendiamo da alcuni millenni, e resiste, come dice il Censis, il nostro “scheletro contadino“.

A proposito di scheletri: l’altro giorno ne è affiorato uno, sepoltura di epoca tardo romana, a Milano, accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, dove si scava per realizzare un parcheggio che preoccupa non solo i residenti, ma anche la comunità internazionale. Le tombe recuperate in quel luogo sono finora una novantina. E’ il cimitero dei martiri cristiani. Lì Ambrogio volle edificare la sua basilica.

Ma le ruspe non si fermano. Il comune ha bloccato la realizzazione di altri parcheggi, ma di quello, inspiegabilmente, no. Eppure esisterebbe una clausola secondo la quale il Comune non sarebbe tenuto a pagare penali alla ditta costruttrice in caso di ritrovamenti archeologici. Ditta costruttrice che fa capo a Claudio De Albertis, presidente dei costruttori, re del cemento, recentemente e inspiegabilmente incoronato presidente di Triennale, prestigiosissimo ente milanese (lunedì in consiglio comunale Marco Cappato dei radicali e David Gentili del Pd chiederanno che il sindaco Pisapia e l’assessore alla Cultura Boeri intervengano “per impedire che un luogo simbolo della cultura e della religione subisca un atto di empietà”).

Questa vicenda, insieme a quella di Triennale, ha un forte valore simbolico e indica in che direzione si sta muovendo la giunta di Pisapia.

Che cosa c’entra con quello che dicevamo sopra? Che cosa c’entra con Rifkin, Bill Gates e via dicendo? C’entra moltissimo. Perché Milano, di quella rivoluzione della bellezza e dell’ambiente, di quel nuovo modo di guardare al territorio, dovrebbe essere l’Hub, e per almeno tre ragioni:

1. Milano è sempre stata laboratorio politico, e la cosiddetta “rivoluzione arancione” si era presentata anche -forse soprattutto- come una rivoluzione verde. Promessa mantenuta in modo intermittente.

2. Milano è sempre stata la piazza del mercato di quella che è la regione più agricola d’Italia, e per questo la più ricca.

3. A Milano si farà Expo, proprio sui temi della nutrizione, ma l’illuminato masterplan sugli orti planetari sembra cedere ogni giorno di più alle logiche cementizie.

In sintesi, a Milano è in corso un braccio di ferro tutto politico -anche, purtroppo, all’interno della giunta arancione, che scarseggia in visione – tra Cemento e Territorio (agricoltura, ambiente, bellezza, arte, energie rinnovabili). E’ qui che potrebbe delinearsi una nuova idea di sviluppo e un nuovo modello di crescita per il Paese- E’ qui che potremmo (ri)cominciare a essere The Number One.

P.S. E’ in uscita per Chiarelettere “Green Italy” di Ermete Realacci. Lo leggo e poi vi dico.

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 14, 2012

Ma che cos'è questo Movimento Arancione?

Una bella sciarpa arancione al collo di Marco Doria, vincitore delle primarie del centrosinistra a Genova. Ce l’aveva anche Don Gallo, decisivo in questa vittoria, e Nichi Vendola -molto meno decisivo-.

L’arancione l’abbiamo visto nascere quasi spontaneamente a Milano, e credo che sia venuto il momento di capire cos’è.

Qualche dirigente nazionale Pd, scornato dalla sconfitta genovese, ha parlato frettolosamente di “vittoria dell’antipolitica”. Errore. Il desiderio arancione è desiderio di politica, e di politica partecipata. La sconfitta semmai è dei partiti, e in particolare del Pd, visto come ostacolo a questa partecipazione.

Quanto poi al Pd ligure, forse è il peggior Pd che si possa immaginare. Irriducibile partito del cemento, in una regione che di cemento sta morendo.

Perseverando in queste letture sbagliate e autoconsolatorie il Pd rischia di grosso. E’ vero che nei sondaggi si piazza bene, ma è anche vero che in caso di primarie nazionali, l’effetto Milano e Genova potrebbe riprodursi. E non indire primarie nazionali sarebbe un autogoal. Insomma, Scilla e Cariddi.

Per evitare i quali, c’è solo una strada: rinnovamento radicale. Ovvero fare capitare nel partito ciò che, non capitando dentro, capita fuori dal partito: ed ecco Pisapia, Doria, eccetera.

Rinnovamento radicale significa che Bersani, D’Alema, Veltroni e compagnia cantante devono mollare. Al posto delle loro facce se ne devono vedere altre. Resistere a questo rinnovamento, rimandare il turnover significa rischiare il patrimonio rappresentato dal Partito Democratico e dalla sua storia. Serve un gesto di generosità e di responsabilità: portare la rivoluzione arancione dentro il partito.

Anche perché al momento il movimento arancione è fatto più di generali che di truppe. Singoli uomini con i loro staff, che verosimilmente si stanno preparando e coordinando per il salto nazionale. Il cosiddetto movimento arancione non è organizzato, non ha rappresentanti eletti eccetera. Singoli uomini con i loro uomini cooptati. E io continuo a sentirmi più garantita dai partiti che dai singoli uomini -pur stimabilissimi uomini-. Le possibile derive dei singoli uomini le conosciamo. Convincetemi del contrario.

Questo è quello che vedo.

Quanto poi al fatto che a Genova hanno perso le donne: le donne perdono sempre nella politica degli uomini se non stringono un patto tra loro. Parlo di un patto dell’origine, di un patto di genere come quello stretto tra uomini. Che si fanno la guerra, ma questo patto, su cui si fonda anche la loro politica, l’hanno alle spalle. Se tu vai a fare la politica degli uomini da sola, e per di più contro un’altra, e avendo come unica fedeltà quella al partito -le donne, da neofite della politica degli uomini, sono superzelanti- ti fai molto male.

Che non si usi l’argomento Genova per ostacolare l’ingresso delle donne nella politica!

 

 

Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 12, 2012

Triennale Milano: politica vecchia e politica nuova

la triennale di milano

Cos’è la “politica vecchia”, e cos’è la “politica nuova”?

Per il sindaco di Milano Giuliano Pisapia sarebbe “politica vecchia” interferire con la scelta “autonoma” del cda della Triennale, prestigioso ente culturale milanese, che ha nominato presidente Claudio De Albertis, già presidente di Assimpredil, l’associazione dei costruttori. Il Re del Cemento, che è la malattia più seria del nostro territorio.

Per me “politica vecchia” è invece una nomina che non tiene affatto conto del merito e delle competenze, e non si capisce allora che cosa tenga in conto, e viene perciò da pensare male.

Ma c’è anche il fatto che De Albertis è titolare dell’impresa che sta realizzando il contestatissimo parcheggio in piazza Sant’Ambrogio, scempio che non preoccupa solo i residenti, ma viene guardato con orrore anche dal resto del mondo, che parla di “assedio” della basilica:

http://www.europeanhistories.com/santambrogio-under-siege

A mio parere, infine, è “politica vecchissima” trattare l’arte e la cultura e la bellezza, compresa la bellezza naturale, come “sovrastruttura” e in qualche caso come merce di scambio, in linea con chi scelleratamente pensa che “la cultura non si mangia”.

E invece la cultura si mangia eccome. La cultura, le bellezze artistiche e naturali potrebbero essere il pane, e non solo le rose, per il nostro Paese. E sorprende molto che la nuova nuovissima giunta milanese questo lungimirante nuovo, questo possibile nuovo Rinascimento non l’abbia al centro delle sue politiche, ancora troppo sensibile alle ragioni di chi pensa al territorio in termini di superfici edificabili e cubature.

Perciò sottoscrivo senza esitazioni e vi invito a sottoscrivere l’appello di un gruppo di intellettuali che trovate qui:

http://www.petizionionline.it/petizione/appello-al-sindaco-di-milano-per-la-nomina-del-presidente-della-triennale-di-milano/6318

E in attesa di sentire una parola dal sindaco, che questa nomina inopportuna può bloccarla -è nei suoi poteri-, ringrazio l’assessore Boeri per essere stato l’unico a porre con forza la questione in giunta, testimone solitario di questo nuovo che fa fatica ad affermarsi contro una vecchia politica che nella giunta arancione resta, ahinoi, piuttosto ben rappresentata.

ambiente, esperienze, Politica, tv Gennaio 15, 2012

Pisapia e la periferia

via padova, milano

Molto efficace il sindaco di Milano Giuliano Pisapia intervistato ieri sera da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”.

Ottimo che sobriamente ma fermamente Pisapia abbia ribadito la sua intenzione di istituire registri delle coppie di fatto, sperando che all’indubbio valore simbolico della scelta -raddoppiato dal fatto che questa decisione per una città come Milano significa l’apertura di una breccia definitiva- si affianchino alcune decisioni di valore pratico, come la possibilità di accedere alle graduatorie per le case Aler. Ottimo che l’abbia annunciato parlando dell’imminente visita del Papa, come a dire che a Milano c’è posto per tutti: questo principio di accoglienza, che è il cuore della laicità, è anche un tratto identitario irrinunciabile della nostra città, che è sempre stata questo, nei secoli dei secoli.

Ottima, infine, la fermezza sull’area C e la limitazione del traffico. Non c’è più alcuna ragione di attendere, domani si debutta, fra 6 mesi si farà un bilancio, secondo la volontà inequivocabilmente espressa dalla maggioranza dei milanesi in un referendum.

Pisapia parlava a una platea nazionale, non solo cittadina, e la sua pacata determinazione sarà senz’altro stata apprezzata dagli “extramilanesi”.

Avrei invece da dire sull’uso del termine “periferie”, che io abolirei tout court dal lessico politico. Il sindaco ha detto che gli assessori “vanno nelle periferie”, che “internet gratuito non sarà solo per i giovani, ma anche per gli anziani e in periferia” (dove peraltro abitano i giovani, non potendosi certo permettere il centro storico), che i provvedimenti sul traffico renderanno “la città più vivibile anche in periferia”.

Io sono convinta che le cose cambiano fuori solo quando fai spazio al nuovo dentro di te, e le parole contano moltissimo. Rinominare la città i termini diversi da “centro” e “periferia”, ovvero in una prospettiva policentrica, in cui cioè ogni quartiere ha la sua vocazione, il suo genius loci, il suo cuore pulsante, il suo proprio centro, la sua bellezza, è un passaggio decisivo per cominciare a vedere e a costruire la città nuova. Se lo fa il primo cittadino impareranno a farlo e ne beneficeranno anche tutti gli altri cittadini, uscendo da una logica “centripeta”, non sentendosi più esclusi dal centro storico ma attratti dal centro dei loro quartieri, imparando ad amarli di più e rendendoli più belli. Se dai corso alla visione, quella diventa vera.

Valga l’esempio a via Padova, diventata suo malgrado il simbolo di tutte le “periferie” -a tre fermate di metrò dal Quadrilatero della moda!- e che con la sua vitalità, i suoi traffici, i suoi suoni e i suoi odori sembra un porto di mare. Ti pare che ci sia una banchina con pescherecci e cargo attraccati, lì dietro! (e invece c’è solo il naviglio Martesana).

Corpo-anima, economics, Politica Dicembre 2, 2011

Un supertavolo. Per respirare

 

Non per essere noiosi, ma a Milano come ogni inverno, peggio di ogni inverno, non respiriamo.

Non respiriamo, non respiriamo, non respiriamo!

Un’annata veramente terribile. Le mamme antismog sono scese in piazza. C’è stato un referendum che dava ampio mandato per iniziative anche dure e rigorose, ma attualmente di fatto non ci sono misure in atto. Il divieto di circolazione degli Euro 3 diesel (solo auto, non mezzi commerciali) è un fallimento, 38 multe in 3 giorni, praticamente impossibile individuare i trasgressori nella fiumana di auto.

In più il metrò ha un sacco di problemi e va a singhiozzo, non si capisce che cosa diavolo stia succedendo: cosa che incentiva a fare uso dell’auto perfino una come me, che l’auto la detesto e non la uso mai. Un vero disastro.

Di qui a Natale sarà un’escalation. A parte qualche spruzzata, non si prevede pioggia. All’impazzimento dello shopping natalizio dei milanesi si aggiungerà la calata in auto dall’hinterland e dalle altre province. Il freddo aumenterà, e con il freddo l’inquinamento da caldaie. Chi non ha una casa al mare o in montagna dove fare una scappata a ossigenarsi rischia davvero molto.

Ma di chiudere il centro, misura certamente insufficiente ma chiara, netta ed educativa in attesa di inventarsi qualcos’altro, il sindaco non se l’è sentita.

Mi pare di aver capito che le ragioni vere sono due: il timore che i mezzi pubblici non reggano una super-utenza; e quello di scontentare i commercianti, i quali si scontentano molto facilmente: Ne ho conferma stamattina, leggendo che i commercianti di corso Buenos Aires rivendicano il diritto di tenere spalancate le porte dei negozi, con i riscaldamenti a mille “perché è ampiamente dimostrato che la chiusura delle porte è considerata dagli esperti di marketing una barriera psicologica negativa per l’acquisto”. Vi giuro che hanno detto così.

Sarà anche vero che Milano è storicamente una città-mercato, e che quella del commercio è una categoria molto importante. Sta di fatto che nelle scelte pubbliche gli interessi di quella categoria sono sempre tenuti in gran conto. Che la lobby è potente, e la minaccia di perdere il suo sostegno elettorale sempre molto efficace. Ma sono decenni che questa lobby detta legge in materia di misure ambientali. Altrettanto vero che stavolta in molti speravamo in una giunta meno ricattabile.

Siamo tutti più poveri, e anche i commercianti devono rassegnarsi a esserlo. L’aria è il problema numero uno in questa città, ed è il primissimo a dover essere risolto. I commercianti se ne faranno una ragione.

Per Expo, delega sottratta a Stefano Boeri, è stato istituito un tavolo interassessorile. Forse per il diritto al respiro si dovrebbe pensare a un supertavolo, che si avvalga anche di consulenti  sanitari. Tutta la giunta dovrebbe essere stramobilitata su questa emergenza. 

Forse l’opinione in materia dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso dovrebbe essere tenuta in minore conto. Molto minore.

esperienze, Politica Novembre 30, 2011

ARANCIONE SBIADITO

Tutto bene quel che finisce bene? Non tutto tutto, mi pare. All’assessore Stefano Boeri sono state restituite, come si immaginava, solo le deleghe a Cultura, Moda, Design. Di Expo si occuperà direttamente il sindaco con tavolo interassessorile. Da cui molti deducono che il grosso del problema era lì, e tengono gli occhi bene aperti. Spero che sia ancora possibile fare qualche deduzione, senza essere guardati come sabotatori nemici del popolo.

Tutti, questo è certo, si sono fatti male, in questa storia dai risvolti grotteschi: quell’incredibile autodafé a cui Stefano Boeri si è sottoposto, a quanto pare non c’era altra strada, la lunga serie di consultazioni per decidere se fosse ancora dignus, lo spettacolo non edificante di alcuni suoi minuscoli colleghi di giunta e di partito che si sono affrettati a rampognare, a giubilare, a “staccare spine” e a promettere: “Ora ci pensiamo noi! ora lo controlliamo noi!”. Un clima inquisitorio, sulfureo e surreale, senza che i capi di imputazione fossero poi chiarissimi; tutta questa agitazione per un po’ di indisciplina?

Arancione sbiadito.

Ma quella che si è vista con chiarezza definitiva è la forza terribile e matura della rete. Che non tace, che si fa sentire, e pesa. Che c’è sempre, e sempre di più, e non solo quando fa comodo. Prontissima a togliere quello che ha dato. A riprendersi le deleghe, diciamo così. A pretendere in cambio del consenso trasparenza e condivisione delle scelte. A depotenziare il potere: la rete non è solo un medium, è un modello politico rivoluzionario, è la piramide gerarchica che si appiattisce e perde ogni verticalità definitiva. E pensare che il digital divide è ancora molto forte: che cosa sarà, quando tutti saranno online?

Impressionante, e straordinario.

Tornando a Boeri: riammissione in quarella, come si dice in Piemonte. Sotto osservazione stretta. Il fatto è che sotto osservazione stretta, con la rete, ci sono tutti, ci siamo tutti, a questo punto dovrebbe essere chiaro. Beati i puri di cuore!

 

 

Politica Novembre 28, 2011

Abbiamo un problema: ma non quello vero

A Milano abbiamo un problema. Non respiriamo più. Apriamo le finestre la mattina, e le richiudiamo subito. Per strada camminiamo con il diaframma bloccato, cercando di respirare il meno possibile. I bambini si ammalano di bronchiolite. C’è un grosso problema di leucemia infantile. Al momento si naviga a vista. Blocchi del traffico annunciati e poi revocati. I commercianti dettano legge. Si pensa alle targhe alterne, che non sono mai servite a nulla.

Ma in queste ore si discute di ben altro problema. Del caratteraccio di Stefano Boeri, assessore a Expo, Cultura, Moda e Design. Della sua difficoltà a lavorare in squadra. Del suo stile da “fantasista”. Del fatto che il sindaco non si fida più di lui, dopo le sue numerose “sortite”.

Si discute molto meno del merito: del fatto che se Expo non sarà una kermesse cementizia sarà anche a causa delle sue “alzate d’ingegno”. Che se sulla vendita di Sea Serravalle, vitale per le casse del Comune, è stato individuato un percorso più equo, è stato anche grazie ai suoi “assoli”. Che se la città sembra vivere uno straordinario risveglio culturale, è a causa del suo talento “situazionista”. E se non si edificherà un nuovo museo di arte contemporanea firmato dall’architetto Libenskind a Citylife -ci sono soluzioni molto più ragionevoli e meno dispendiose, è l’opinione prevalente tra i milanesi, in questi tempi di cinghia tirata- sarà grazie a un suo scarto “impolitico” ma efficace. Il suo passo è questo: portare a casa risultati, e in fretta, anche saltando qualche mediazione. Con concretezza (posso dirlo?) femminile.

Ma il sindaco Pisapia il suo ex rivale alle primarie, battute per 3 mila preferenze, lo vuole fuori, non sente ragioni. A minuti l’assessore -ultimatum alle 9- salirà “al Colle” per rassegnare le sue dimissioni. In caso diverso, verrà licenziato.

Il Pd, a cui Stefano Boeri ha portato in dote 13 mila preferenze -è stato il secondo più votato dopo Silvio Berlusconi- sostanzialmente tace. Buona parte dei funzionari spera anzi che sia il sindaco Pisapia a levargli l’incomodo di questo talentuoso outsider. Silenzio dal resto della squadra di giunta. Solo il web esplode, chiedendo all’unisono di non tradire “il sogno”. Se si trovano responsabilmente le mediazioni con Formigoni, com’è possibile non riuscire a dialogare altrettanto responsabilmente con Boeri?

Se Stefano Boeri sarà dimesso, non ci guadagnerà nessuno: non il sindaco, nè il Pd, non ci guadagnerà la politica, non ci guadagnerà la città. Non ci guadagnerà chi guardava a Milano con fiducia e speranza. Sarà una sconfitta radicale per il centrosinistra e per il rinnovamento della politica. Gli unici a guadagnarci saranno gli avversari. Dal cui fronte, peraltro, si leva l’unica voce a difesa di Boeri: “Fanno fuori il loro uomo più significativo” concede l’onore delle armi il leghista Matteo Salvini. “Adesso anche il sindaco dovrebbe dimettersi”.

Mi infilo la maschera antigas, per l’ennesima giornata di inquinamento ben oltre la soglia di attenzione, e “vu a laurà”. Oltre al respiro bloccato ho un po’nausea, stamattina.

Politica, Senza categoria Ottobre 21, 2011

Enigmi radicali

marco pannella contestato in piazza il 15 ottobre a roma

I radicali fanno davvero di tutto per rendersi indecifrabili.

La rottura con il centrosinistra sulla scelta aventiniana. Qualche giorno, dopo la partecipazione alla manifestazione degli indignati -con alcune brutte scene, devo dire, nei confronti del vecchio Pannella-. Ieri la visita dello stesso Pannella e di altri tre radicali a Palazzo Chigi: e per parlare di che cosa? E ancora Pannella che insulta (“sei indecente”) l’amatissimo sindaco Giuliano Pisapia, colpevole di opporre un fermo rifiuto all’ipotesi di un Ambrogino d’oro all’ex prima linea Sergio D’Elia: il quale, per carità, farà anche un lavoro meritorio con la sua associazione “Nessuno tocchi Caino”, ma fu pur sempre condannato per concorso in omicidio. Nel frattempo da Emma Bonino, che va trionfalmente a rappresentare nel mondo le donne italiane violate nella loro dignità da un premier e da una politica ferocemente maschilisti, neanche una parola.

Se poi qualcuno pensasse che i radicali stanno semplicemente assicurandosi la sopravvivenza per la prossima legislatura, tenendo i piedi in tutte quante le scarpe, come si farebbe a dargli torto?

Servirebbero scelte più radicali, anche da parte dei radicali, in un momento come questo.