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Donne e Uomini, economics, questione maschile, WOMENOMICS Ottobre 26, 2015

Le imprenditrici per una Nuova Economia

Viene da dire: finalmente ci siamo. Finalmente i pensieri sull’economia concepiti nel femminismo, in particolare dal pensiero della differenza (vedi tra le molte altre Ina Praetorius con il suo “Penelope a Davos”, si parva licet, i libri e altre cose che io stessa ho scritto su questo tema) diventano strumenti concreti di riflessione e di lavoro nelle mani di businesswomen come quelle riunite in Aidda (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda).

Proprio oggi alle 14.30 a Expo, padiglione Italia area WE– Cardo Nord Ovest-, per iniziativa di Aidda nasce NOE – Nuovo Orientamento Economico, “laboratorio permanente per la definizione di un nuovo modello di sviluppo che integri con nuove priorità la logica del profitto”. L’obiettivo  è “elaborare e promuovere un nuovo modello economico, che rinnovi il sistema attuale attraverso l’introduzione di una prospettiva di genere che ponga attenzione oltre che al conseguimento del profitto, al benessere degli individui, alla messa in comune delle risorse, al rispetto della natura, alla responsabilità verso le generazioni future… Nella prassi di lavoro delle donne questi valori sono già presenti, il nostro obiettivo è trasformare le buone prassi in metodo”.

Oltre a Franca Audisio, presidente nazionale Aidda, e alla vicepresidente Antonella Giachetti, partecipano all’incontro Antonietta Potente, teologa, suora della Congregazione dell’Unione delle Suore Domenicane di San Tommaso, Maria Luisa Cosso, imprenditrice, e Ami Damba, ambasciatrice culturale del Mali.

Spiega Antonella Giachetti: “La crisi che stiamo attraversando, che non è ciclica ma strutturale, ci impone uno sguardo diverso sulle questioni economiche”.

In effetti anche l’economia è un manufatto umano, in quanto tale smontabile: non si tratta di leggi divine.

“Si moltiplicano le iniziative di riflessione su questi temi e sulla necessità di un cambio di paradigma. Si tratta di uscire dall’estemporaneità e di dare a queste riflessioni una capacità propulsiva”.

In che modo?

“Ci piacerebbe un laboratorio scientifico interdisciplinare, dalle scienze economiche alla teologia, che provi a strutturare questo pensiero. Oggi presenteremo il progetto che speriamo possa partire il prossimo anno”.

Linee guida?

“Una visione sistemica della realtà, che valuti le conseguenze di ogni gesto economico sulle generazioni future e su quella parte di mondo che non partecipa alla nostra ricchezza. Una contabilizzazione di costi che normalmente non vengono contabilizzati ma che poi la società è chiamata a pagare”.

L’iniziativa si rivolge solo alle donne?

“Anche a quegli uomini che riconoscano gli squilibri prodotti dalla prevalenza di valori maschili”.

“Eccesso di maschile”, lo chiamo io. Che fa male a tutti, donne e uomini, e al pianeta.

“E non basta affatto, come pensano ancora in molte, cercare un riequilibrio con le quote: perché la fatica è del tutto inutile se poi le donne che vanno si uniformano ai valori maschili”.

Anzi. Spesso sono anche più zelanti. Da neofite, devono dimostrare di sapersi muovere perfettamente nel mondo degli uomini, assumendo acriticamente regole, modi e tempi. Vale per l’economia come per la politica.

“Il laboratorio procederà delineando i nuovi criteri economici. Quindi dovremo far partire l’osservazione di microrealtà che assumano il fatto di valutare sempre a 360° le conseguenze di una scelta economica e produttiva”.

Si chiama cura.

“Sì, cura. La vita è una, la separazione tra ambiti è solo artificiale, tutti i sistemi sono in stretta relazione fra loro. E una cosa che fai per il bene di altri e non solo per il tuo profitto ti ritorna in bene moltiplicato. Come quando allattando un bambino produci più latte. Si tratta di un guadagno per tutti”.

 

 

questione maschile Aprile 20, 2013

Che cosa vuole un uomo?

Was will ein Weib?”, che cosa vuole una donna? Sigmund Freud ci si lambiccò il cervello. E cosa volete voi uomini? Forse oggi è più interessante.

“Crisi maschile” ormai è lingua corrente. Indagata da una variegata pubblicistica e da un’ampia filmografia, da “American Beauty” a “Viva la libertà”. E culminata nel più incredibile tra gli ossimori, le dimissioni del Papa: prova somma del fatto che oggi tra gli uomini e il potere, la loro invenzione più riuscita, qualche problema c’è. Per non dire di un’economia al collasso e di istituzioni delegittimate. Della caduta del desiderio e dello smarrimento della funzione paterna, lungamente indagato da Jacques Lacan e largamente sperimentato nel quotidiano.

Di “crisi maschile” l’associazione Maschile Plurale dibatte fin dagli anni Ottanta. Tra soli uomini: ma è un tra-uomini molto diverso da quello dei conclave e dei cda. Il recente incontro indetto a Roma, “Mio fratello è figlio unico. Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini”, segna un cambio di passo e di prospettiva. Dall’assunzione triste del declino alla ricerca di una libera soggettività maschile. A partire dai desideri vivi, e non più puntellata sul dominio.

Dice Stefano Ciccone, tra i fondatori di Maschile Plurale: “E’ in corso un grande cambiamento nel modo di essere uomini, che però resta molecolare e politicamente invisibile: un nuovo modo di essere padri, un diverso rapporto con il lavoro, con la politica… Tutto questo viene rubricato come “crisi” e decodificato come “femminilizzazione” o “rinuncia al potere”. Sempre e comunque sotto il segno della sconfitta. Più difficile cogliere le potenzialità di questi cambiamenti. Cioè il fatto di poter ripensare liberamente a una soggettività maschile, sfuggendo sia al revanchismo sia al recupero nostalgico della virilità perduta. E a una nuova politica che parta di qui”.

“Tenerezza”, “cura”, “potere come servizio”: c’è una singolare assonanza tra le parole di Papa Francesco e quelle sentite al convegno romano. Eccone un campionario sintetico.

Gianguido Palumbo, scrittore: “Non possiamo limitarci ai no, a quello che non vogliamo più essere. Servono pratiche affermative. Che cosa si aspettano le donne da noi?”.

Giacomo Mambriani, educatore : “Come si può pretendere di prendersi cura del mondo se non ci si sa prendere cura di sé e dei corpi? Se la cura è una gabbia, lo è anche l’incapacità di cura. Si deve uscire dal mito del controllo, che non lascia spazio all’imprevisto”.

Alessio Miceli, docente: “Sessualmente vorrei liberarmi del dominio e sperimentare l’abbandono. C’è un immaginario femminile sui corpi maschili come prevaricanti e violenti. E un nostro immaginario sui corpi femminili come irraggiungibili o incombenti. Vorrei fare pace con il fatto che il mio corpo non sa generare. Accettare il limite senza ricorrere alla protesi del potere”.

Marco Eggenter, consulente filosofico: “Si tratta di non farci colonizzare dall’immaginario dominante. Io non mi sento parte della cultura patriarcale. Dobbiamo cercarci nuovi padri, nuovi punti di ancoraggio”.

Stefano Ciccone, biologo: “Il potere si è svuotato, non riesce più a darmi senso, è una gabbia che mi impedisce di essere quello che sono. Vedo gli uomini di potere come macchiette. Nel potere c’è solitudine, miseria. Ma una risorsa maschile che va salvata è il fatto di voler fare mondo”.

Gianandrea Franchi, fiosofo: “Ho speso tante parole nella mia lunga vita politica, eppure mi pare di non avere mai parlato sul serio. Non ho mai parlato di dolore, di nascita, di morte, di amore. Ne ho un grande desiderio”.

Marco Deriu, docente: “Abbiamo fatto molto sulla violenza. Sono nate esperienze rivolte agli uomini, dall’autoaiuto al lavoro nelle scuole. Oggi si tratta di portare le nostre consapevolezze fuori dai gruppi, nei contesti quotidiani. C’è molto da riflettere anche sulla gabbia dell’homo oeconomicus, e sul modello di crescita illimitata”.

Nino De Giosa, consulente editoriale: “Vorrei liberarmi dell’idea “idraulica” della sessualità maschile: l’uomo che ha delle esigenze, ha necessità di… Un’idea che mi ha impoverito, sotto le lenzuola”.

Claudio Magnabosco, funzionario regionale: “Ci sono 10 milioni di uomini in questo Paese che si rendono responsabili di quello stupro a pagamento che chiamiamo prostituzione”

Alberto Leiss, giornalista: “Le culture da cui è nata la politica tradizionale sono esaurite. Quelle identità collettive che non ci sono più. Quello che conta è la qualità delle relazioni e la nascita di nuovi desideri. A tutto questo si dovrebbe dare espressione politica”.

Sandro Bellassai, storico sociale: “Vorrei aprire un conflitto con un maschile opaco, legato a logiche gerarchiche e di dominio. Si può immaginare per il futuro una polis di donne e di uomini diversa da questa?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Donne e Uomini, esperienze, TEMPI MODERNI Marzo 20, 2013

Baci da Roma: il Papa e i nuovi desideri degli uomini

Papa Francesco è uno sbaciucchione. Abbraccia e bacia tutte e tutti, con calore latino. Linguaggio del corpo che noi italiani conosciamo e pratichiamo.

A poche ore dalla sua nomina, sulla rete abbiamo visto di tutto. Il nuovo Papa santo subito, o violentemente demonizzato. In questi tempi convulsi e rabbiosi, meglio evitare i giudizi frettolosi. Aspettiamo che dica e che faccia.

Ieri, nel corso della solenne intronizzazione al cospetto di capi di stato e massimi rappresentanti religiosi, Francesco -anzi, Francisco- ha avuto toni giovannei e solari. “Non dobbiamo avere paura della bontà, e neanche della tenerezza“. “Il vero potere è il servizio“. Bisogna “custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”. “Per favore, siate custodi della creazione, dell’altro, dell’ambiente“.

Di questa tenerezza e di questo primato della cura ha dato un immediato saggio, baciando un bambino terrorizzato e carezzando un uomo gravemente disabile, che a quel contatto ha reagito con evidente felicità.

Mi ha molto colpito l’assonanza tra le parole del Papa e quelle di alcuni uomini che ho ascoltato nel corso di un convegno nel fine settimana a Roma: “Mio fratello è figlio unico – Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini“, organizzato dall’associazione Maschile Plurale.

Parole come queste: “Per noi uomini c’è un guadagno di senso esistenziale, quando ci applichiamo al lavoro di cura“. “E’ trasformativo che siano gli uomini a parlare di violenza, che si mettano in gioco con i loro sentimenti“. “Non dobbiamo avere paura di usare una parola di cui ci vergognamo, che è amore” (presto un reportage completo sulla due giorni romana).

Vedo qui, e nelle parole del Papa, tracce di un nuovo modo di stare liberamente al mondo da uomini.

Donne e Uomini, economics, esperienze, lavoro, Politica, Senza categoria Giugno 26, 2012

Primum Vivere. Femministe a Paestum

 

frida kahlo le due frida

Una boccata d’aria, per tante di noi. Tornare nel luogo dell’origine. Coming back home.

Il manifesto di convocazione dell’incontro di Paestum

“Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre)

parla la mia lingua, e quella di molte di noi.

La lingua che abbiamo parlato per molti anni quando, secondo alcun*, eravamo chiuse nel silenzio. Ma quel silenzio diceva solo l’ostinata sordità di chi non sapeva o non voleva sentire.

 Il testo integrale del manifesto lo allego qui sotto, comprese istruzioni per partecipare.

 

Con Giordana Masotto, Libreria delle Donne di Milano, una delle organizzatrici dell’incontro, ragiono sul significato di questo appuntamento.

 

“Esiste una rete di relazioni tra donne di molte città italiane” dice Masotto “rimasta viva in tutti questi anni, la rete del femminismo che dagli anni Settanta a oggi ha continuato a generare pensieri, gruppi, realtà, pratiche. Questa rete si è attivata nel comune desiderio, come si dice nel titolo dell’incontro, di portare la sfida del femminismo al cuore della politica, di mettere pensieri e pratiche di donne alla prova di questa crisi politica ed economica, e misurarne l’efficacia”.

Qual è il rapporto con il cosiddetto neofemminismo, quello del 13 febbraio e di Se Non Ora Quando, e con i suoi obiettivi?

“Ci interessa molto confrontarci con quelle che sono dentro la politica seconda e le istituzioni, e anche con quelle che desiderano entrarci. Vogliamo ragionare a fondo sulle pratiche. Discutere di che cosa può essere cambiato di quella politica e che cosa invece no. Intendiamo andare a verificare, e anche offrire una sponda a chi è già dentro. Leggiamo questo protagonismo come una molla, come qualcosa di interessante. Anzitutto come un desiderio che non può essere tabuizzato, né inteso come “non etico””.

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Ed ecco il manifesto di convocazione dell’incontro, con tutti i temi proposti alla discussione.

 

C’è una strada per guardare alla crisi della politica, dell’economia, del lavoro, della democrazia –tutte fondate sull’ordine maschile – con la forza e la consapevolezza del femminismo? Noi ne siamo convinte.

Davanti alla sfida della libertà femminile, la politica ufficiale e quella dei movimenti rispondono cercando di fare posto alle donne, un po’ di posto alle loro condizioni che sono sempre meno libere e meno significative. No. Tante cose sono cambiate ma le istanze radicali del femminismo sono vive e vegete. E sono da rimettere in gioco, soprattutto oggi, di fronte agli effetti di una crisi che sembra non avere una via d’uscita e a una politica sempre più subalterna all’economia.

All’incontro di Paestum aperto al confronto con gruppi, associazioni, anche istituzionali, e singole donne, vorremmo verificare, discutendo e vivendo insieme per tre giorni, se la politica femminile che fa leva sull’esperienza, la parola e le idee, può in un momento di crisi, smarrimento e confusione, restituire alla politica corrente un orientamento sensato.

 

1. Voglia di esserci e contare

La femminilizzazione dello spazio pubblico – comunque la si interpreti: opportunità, conquista delle donne o rischio di diventare solo “valore aggiunto”, “risorsa salvifica” di un sistema in crisi – ha reso per alcune (molte?) non più rinviabile il desiderio di “contare”, visto come presenza nei luoghi dove si decide, equa rappresentanza nelle istituzioni politiche, amministrative, partiti, sindacati, e nelle imprese.

Noi consideriamo il protagonismo in prima persona di ciascuna donna una molla dinamica importante. Quello che ci interessa è discutere con chi si impegna nei partiti, nelle istituzioni e nel governo delle aziende: che esperienza ne hanno, che cosa vogliono, che cosa riescono a fare e a cambiare. E valutiamo che oggi questo confronto possa avere esiti interessanti per tutte.

Il femminismo d’altra parte, criticato per non avere investito della sua spinta trasformativa le istituzioni della vita pubblica, può avvalersi oggi di una lunga elaborazione di autonomia per ripensare il senso di concetti come “genere”, “democrazia partecipata”, “soggetto politico”, “organizzazione”. Viene dalla pratica dell’autocoscienza, del “partire da sé”, la critica più radicale all’idea di un soggetto politico omogeneo (classe, genere, ecc.), di rappresentanza e di delega. Pensiamo che un collettivo si costruisca solo attraverso la relazione tra singole/i. E oggi vogliamo interrogare la connessione tra questa pratica politica e la modificazione visibile del lavoro, dell’economia, e più in generale del patto sociale.

In questo contesto, anche la scelta di Paestum come luogo dell’incontro non è casuale, ma vuole essere un richiamo alla necessità di articolare soggettività e racconti nei contesti in cui si vive e agisce. Vogliamo così far crescere una rete di rapporti tra donne e gruppi di donne già ricca e intensa. In particolare, sappiamo che alcune caratteristiche del Sud – sia i beni sia i mali – hanno un’invadenza sulla vita e sul pensiero di chi lì abita che non può essere ignorata, né da chi vive in altri luoghi, né soprattutto dalle meridionali stesse.

 

2. Economia lavoro cura

Molto è il pensiero delle donne sui temi del lavoro e dell’economia a partire dalla loro esperienza. Che ha questo di peculiare: hanno portato allo scoperto e messo in discussione la divisione sessuale del lavoro (quello per il mercato – pagato – e quello informale ed essenziale di cura e relazione – gratuito); in più, sanno che la cura non è riducibile solo al lavoro domestico e di accudimento, ma esprime una responsabilità nelle relazioni umane che riguarda tutti.

A partire da questo punto di vista, e sollecitate anche da una crisi che svela sempre di più l’insensatezza oltre che l’ingiustizia dei discorsi e delle politiche correnti, possiamo delineare una prospettiva inedita: quella di liberare tutto il lavoro di tutte e tutti, ridefinendone priorità, tempi, modi, oggetti, valore/reddito e rimettendo al centro le persone, nella loro vitale, necessaria variabile interdipendenza lungo tutto l’arco dell’esistenza, e avendo a cuore, con il pianeta, le persone che verranno.

Vorremmo articolare questo discorso valutando insieme le recenti esperienze di pratiche politiche e analizzando le contraddizioni che incontriamo (in primo luogo le conseguenze del rapido degrado del mercato del lavoro) in modo da rendere più efficace il nostro agire.

 

3. Auto–rappresentazione/rappresentanza

Nella strettoia della crisi i cittadini non hanno più libertà politica; la politica è ridotta a niente; decidono tutto l’economia e la finanza. In una situazione dove tutto sembra prescritto a livello economico finanziario, la pratica e il pensiero delle donne hanno una carta in più per trovare nuove strade.

La nostra democrazia è minacciata da pulsioni, spinte estremistiche; le sue istituzioni elettive depotenziate o addirittura esautorate. La rappresentanza è messa in crisi e oggi ne vediamo i limiti.

Perché una persona possa orientarsi, deve avere un’immagine di sé, di quello che desidera e di quello che le capita. Il femminismo che conosciamo ha sempre lavorato perché ciascuna, nello scambio con le altre, si potesse fare un’idea di sé: una autorappresentazione che è la condizione minima per la libertà. Invece la democrazia corrente ha finora sovrapposto la rappresentanza a gruppi sociali visti come un tutto omogeneo.

La strada che abbiamo aperta nella ricerca di libertà femminile, con le sue pratiche, può diventare generale: nelle scuole, nelle periferie, nel lavoro, nei luoghi dove si decide, ecc.

Che la gente si ritrovi e parli di sé nello scambio con altre/i fino a trovare la propria singolarità, è la condizione necessaria per ripensare oggi la democrazia.

Vorremmo declinare questi pensieri nei nostri contesti, confrontandoci sia sulle pratiche soggetto/collettivo, sia sui modi per dare valore al desiderio di protagonismo delle donne. E quindi ci chiediamo: come evitare che in alcune la consapevolezza basti a sé stessa e si arrenda di fronte all’esigenza di imporre segni di cambiamento e alla fatica del conflitto? E in altre la spinta a contare le allontani dalle pratiche di relazione?

 

4. Corpo sessualità violenza potere

“è già politica” (sottinteso: l’esperienza personale): il femminismo ha incominciato lì il suo percorso. Ha scoperto la politicità del corpo e della sessualità, della maternità, del potere patriarcale in casa, del lavoro domestico. Ha affermato che la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste, è un fatto politico. Radicale è stato prendere il controllo sul proprio corpo e insieme ribellarsi a un femminile identificato con il corpo: ruolo materno, obbligo procreativo e sessualità al servizio dell’uomo.

Oggi la sfida è più complessa: si esibisce lo scambio sesso/denaro/carriera/potere/successo occultando il nesso sessualità/politica; si esalta il sesso mentre muore il desiderio; si idolatra il corpo ma lo si sottrae alle persone consegnandolo nelle mani degli specialisti e dei business; si erotizza tutto, dal lavoro ai consumi, ma si cancella la necessità e il piacere dei corpi in relazione.

Sintomi estremi di questa fase sono il rancore maschile verso l’autonomia e la forza femminile e il riacutizzarsi della violenza, dell’uso della brutalità.

Ma qualcosa si muove. Non solo i gruppi (Maschile/Plurale) e i singoli uomini che ormai da anni si impegnano nella ricerca di una nuova identità maschile, spesso in relazione con le femministe. Ma anche le moltissime blogger femministe (e blogger “disertori del patriarcato”) che ragionano su desiderio e sessualità e si impegnano contro la cultura sessista e autoritaria.

Soprattutto le relazioni tra donne e uomini sono cambiate. Ma non abbastanza. Sulla scena pubblica questo cambiamento non appare perché il rapporto uomo-donna non viene assunto come questione politica di primo piano. Eppure, solo in questo modo, possono sorgere pratiche politiche radicalmente diverse, produzioni simboliche e proposte per una nuova organizzazione del vivere.

 

Di tutto questo vogliamo parlare a Paestum.

 

 

Le promotrici:

Pinuccia Barbieri, Maria Bellelli, Maria Luisa Boccia, Ornella Bolzani, Paola Bottoni, Maria Grazia Campari, Luisa Cavaliere, Patrizia Celotto, Lia Cigarini, Laura Cima, Silvia Curcio, Mariarosa Cutrufelli, Elettra Deiana, Donatella Franchi, Sabina Izzo, Raffaella Lamberti, Giordana Masotto, Lea Melandri, Jacinthe Michaud, Clelia Mori, Letizia Paolozzi, Gabriella Paolucci, Antonella Picchio, Biancamaria Pomeranzi, Carla Quaglino, Floriana Raggi, Bia Sarasini, Rosalba Sorrentino, Mariolina Tentoni

 

 Programma dell’incontro

 

L’incontro di Paestum non sarà un Convegno. Quindi niente relazioni introduttive, generali o sui singoli punti. Non ci sarà una struttura preordinata di interventi. Tutte sono libere di parlare. Abbiamo solo previsto un’alternanza di momenti in cui siamo tutte insieme a momenti di confronto più ristretti per approfondire i temi proposti (cui potranno eventualmente aggiungersi altri).

 

Venerdì 5 ottobre

Pomeriggio/sera: arrivo, sistemazione, cena

 

Sabato 6 ottobre             

Mattino: tutte insieme

Pomeriggio: divise in gruppi sui temi

Voglia di esserci e contare

•Auto–rappresentazione/rappresentanza

Economia lavoro cura

Corpo sessualità violenza potere

Sera: cena e spettacolo

 

Domenica 7 ottobre       Mattino: tutte insieme

 

 

Informazioni pratiche

Ospitalità e ristorazione

Paestum offre una scelta estremamente varia di strutture ricettive: da agriturismi e b&b a hotel a 5 stelle.

L’Associazione Artemide ha promosso, in occasione del nostro incontro, delle convenzioni con alcune strutture, alberghiere e non, per assicurare prezzi convenienti. In particolare, presso le strutture convenzionate si potrà avere pernottamento e prima colazione a 20 euro (in camera multipla), a 30 euro (in camera doppia) e a 50 euro (in camera singola).

Per queste prenotazioni è possibile rivolgersi a Maria Bellelli: mariabellelli@tiscali.it cell. 3288324032.

Per quanto riguarda i pasti, ulteriori convenzioni sono state attivate e sono ancora in corso di attivazione con ristoranti che assicureranno un menu fisso a 15 euro a persona. A ridosso della data dell’evento forniremo l’elenco dettagliato degli esercizi presso i quali si potrà godere di questo trattamento.

 

Trasporti

Paestum è raggiungibile in auto, treno, aereo.

Auto: autostrada Salerno Reggio-Calabria, uscita Battipaglia, strada statale 18 fino alla zona archeologica di Paestum.

Treno: stazioni di Paestum, Agropoli o Salerno; info www.trenitalia.com.

Aereo: aeroporto Costa d’Amalfi a Salerno per voli da Milano Malpensa, Verona, Olbia e Catania.

Per ogni ulteriore informazione relativa a trasporti e spostamenti è possibile rivolgersi a Ecady Travel, Via Magna Grecia, 85 – Capaccio. Tel. 0828 19622540, fax 0828 725485, e-mail info@ecadytravel.com.

 

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, Politica Febbraio 9, 2012

Mancanza di cura

Ho in casa gradita ospite la mia vecchia mamma. Un po’ di febbre, niente di drammatico. Per la mia vecchia zia di Venezia, invece, messa maluccio, non posso fare granché, a meno di non portarmela qui. Ordinari problemi di gente della mia età, con la fortuna di avere ancora qualche qualche vecchio intorno, e anche di poter pagare qualcuno che la aiuti ad aiutarli.

Sul Corriere di oggi Gianantonio Stella si occupa del taglio ai fondi per il sostegno ai disabili. L’argomento dei falsi invalidi è debole: di disabili veri ce ne sono tanti. Tutti sperimentiamo la disabilità, in qualche momento della vita, la nostra e quella di chi amiamo. C’è gente a cui tocca sperimentarla vita natural durante.

Quando si dice che le famiglie devono farsene carico, economicamente e psicologicamente, fino al burn out, vorrei che si intendesse soprattutto le donne. Intendiamoci: conosco molti uomini che si occupano dei loro cari in difficoltà. Ma la disabilità ordinaria, chiamiamola così, quella di un bambino che ha bisogno di cure per crescere, quella di un vecchio o che da solo non può farcela, è affidata alle donne, che nel lavoro della cura sono molto brave.

Ora, a tutto questo il governo non sta prestando sufficiente attenzione. Di più: taglia. Io non credo affatto a un modello in cui la gestione della disabilità sia affidata alle istituzioni: per dirne una, nel nostro paese tendiamo a ricorrere agli ospizi come extrema ratio, e questo a mio parere è un bene assoluto. Credo però a un modello in cui il tema della cura sia posto al centro delle politiche, come sta al centro delle relazioni umane. Perché senza cura tutto appassisce.

Individuando tutti gli strumenti, massimamente flessibili, che possano consentire alle famiglie -leggi: donne- di tenere insieme il tessuto degli affetti senza sacrificare del tutto le loro vite: una quota di sacrificio tocca e va accettata.

Ecco, su questo fronte non vedo proprio niente di nuovo.