Papa Francesco è uno sbaciucchione. Abbraccia e bacia tutte e tutti, con calore latino. Linguaggio del corpo che noi italiani conosciamo e pratichiamo.

A poche ore dalla sua nomina, sulla rete abbiamo visto di tutto. Il nuovo Papa santo subito, o violentemente demonizzato. In questi tempi convulsi e rabbiosi, meglio evitare i giudizi frettolosi. Aspettiamo che dica e che faccia.

Ieri, nel corso della solenne intronizzazione al cospetto di capi di stato e massimi rappresentanti religiosi, Francesco -anzi, Francisco- ha avuto toni giovannei e solari. “Non dobbiamo avere paura della bontà, e neanche della tenerezza“. “Il vero potere è il servizio“. Bisogna “custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore”. “Per favore, siate custodi della creazione, dell’altro, dell’ambiente“.

Di questa tenerezza e di questo primato della cura ha dato un immediato saggio, baciando un bambino terrorizzato e carezzando un uomo gravemente disabile, che a quel contatto ha reagito con evidente felicità.

Mi ha molto colpito l’assonanza tra le parole del Papa e quelle di alcuni uomini che ho ascoltato nel corso di un convegno nel fine settimana a Roma: “Mio fratello è figlio unico – Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini“, organizzato dall’associazione Maschile Plurale.

Parole come queste: “Per noi uomini c’è un guadagno di senso esistenziale, quando ci applichiamo al lavoro di cura“. “E’ trasformativo che siano gli uomini a parlare di violenza, che si mettano in gioco con i loro sentimenti“. “Non dobbiamo avere paura di usare una parola di cui ci vergognamo, che è amore” (presto un reportage completo sulla due giorni romana).

Vedo qui, e nelle parole del Papa, tracce di un nuovo modo di stare liberamente al mondo da uomini.

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