Was will ein Weib?”, che cosa vuole una donna? Sigmund Freud ci si lambiccò il cervello. E cosa volete voi uomini? Forse oggi è più interessante.

“Crisi maschile” ormai è lingua corrente. Indagata da una variegata pubblicistica e da un’ampia filmografia, da “American Beauty” a “Viva la libertà”. E culminata nel più incredibile tra gli ossimori, le dimissioni del Papa: prova somma del fatto che oggi tra gli uomini e il potere, la loro invenzione più riuscita, qualche problema c’è. Per non dire di un’economia al collasso e di istituzioni delegittimate. Della caduta del desiderio e dello smarrimento della funzione paterna, lungamente indagato da Jacques Lacan e largamente sperimentato nel quotidiano.

Di “crisi maschile” l’associazione Maschile Plurale dibatte fin dagli anni Ottanta. Tra soli uomini: ma è un tra-uomini molto diverso da quello dei conclave e dei cda. Il recente incontro indetto a Roma, “Mio fratello è figlio unico. Cosa cambia se cambiano i desideri degli uomini”, segna un cambio di passo e di prospettiva. Dall’assunzione triste del declino alla ricerca di una libera soggettività maschile. A partire dai desideri vivi, e non più puntellata sul dominio.

Dice Stefano Ciccone, tra i fondatori di Maschile Plurale: “E’ in corso un grande cambiamento nel modo di essere uomini, che però resta molecolare e politicamente invisibile: un nuovo modo di essere padri, un diverso rapporto con il lavoro, con la politica… Tutto questo viene rubricato come “crisi” e decodificato come “femminilizzazione” o “rinuncia al potere”. Sempre e comunque sotto il segno della sconfitta. Più difficile cogliere le potenzialità di questi cambiamenti. Cioè il fatto di poter ripensare liberamente a una soggettività maschile, sfuggendo sia al revanchismo sia al recupero nostalgico della virilità perduta. E a una nuova politica che parta di qui”.

“Tenerezza”, “cura”, “potere come servizio”: c’è una singolare assonanza tra le parole di Papa Francesco e quelle sentite al convegno romano. Eccone un campionario sintetico.

Gianguido Palumbo, scrittore: “Non possiamo limitarci ai no, a quello che non vogliamo più essere. Servono pratiche affermative. Che cosa si aspettano le donne da noi?”.

Giacomo Mambriani, educatore : “Come si può pretendere di prendersi cura del mondo se non ci si sa prendere cura di sé e dei corpi? Se la cura è una gabbia, lo è anche l’incapacità di cura. Si deve uscire dal mito del controllo, che non lascia spazio all’imprevisto”.

Alessio Miceli, docente: “Sessualmente vorrei liberarmi del dominio e sperimentare l’abbandono. C’è un immaginario femminile sui corpi maschili come prevaricanti e violenti. E un nostro immaginario sui corpi femminili come irraggiungibili o incombenti. Vorrei fare pace con il fatto che il mio corpo non sa generare. Accettare il limite senza ricorrere alla protesi del potere”.

Marco Eggenter, consulente filosofico: “Si tratta di non farci colonizzare dall’immaginario dominante. Io non mi sento parte della cultura patriarcale. Dobbiamo cercarci nuovi padri, nuovi punti di ancoraggio”.

Stefano Ciccone, biologo: “Il potere si è svuotato, non riesce più a darmi senso, è una gabbia che mi impedisce di essere quello che sono. Vedo gli uomini di potere come macchiette. Nel potere c’è solitudine, miseria. Ma una risorsa maschile che va salvata è il fatto di voler fare mondo”.

Gianandrea Franchi, fiosofo: “Ho speso tante parole nella mia lunga vita politica, eppure mi pare di non avere mai parlato sul serio. Non ho mai parlato di dolore, di nascita, di morte, di amore. Ne ho un grande desiderio”.

Marco Deriu, docente: “Abbiamo fatto molto sulla violenza. Sono nate esperienze rivolte agli uomini, dall’autoaiuto al lavoro nelle scuole. Oggi si tratta di portare le nostre consapevolezze fuori dai gruppi, nei contesti quotidiani. C’è molto da riflettere anche sulla gabbia dell’homo oeconomicus, e sul modello di crescita illimitata”.

Nino De Giosa, consulente editoriale: “Vorrei liberarmi dell’idea “idraulica” della sessualità maschile: l’uomo che ha delle esigenze, ha necessità di… Un’idea che mi ha impoverito, sotto le lenzuola”.

Claudio Magnabosco, funzionario regionale: “Ci sono 10 milioni di uomini in questo Paese che si rendono responsabili di quello stupro a pagamento che chiamiamo prostituzione”

Alberto Leiss, giornalista: “Le culture da cui è nata la politica tradizionale sono esaurite. Quelle identità collettive che non ci sono più. Quello che conta è la qualità delle relazioni e la nascita di nuovi desideri. A tutto questo si dovrebbe dare espressione politica”.

Sandro Bellassai, storico sociale: “Vorrei aprire un conflitto con un maschile opaco, legato a logiche gerarchiche e di dominio. Si può immaginare per il futuro una polis di donne e di uomini diversa da questa?”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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