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Chiesa

Corpo-anima, diritti, Donne e Uomini, Femminismo Febbraio 2, 2016

Utero in affitto: una Santa Alleanza tra il femminismo e la Chiesa?

Non nascondo che fa una certa impressione vedere nei cartelli del Family Day gli stessi slogan (es: “I figli non si pagano”) che stai usando nella tua battaglia contro l’utero in affitto, o Gpa.

Family Day a parte, stigmatizzato dalle parole del Papa (“nessuna condizione umana esclude dall’amore di Dio“), i giornali e i siti cattolici non fanno che valorizzare il femminismo abolizionista (o quasi), la seduta dell’Assemblea Nazionale Francese per l’Abolizione Universale della maternità surrogata, le lesbiche contro la Gpa che in qualche modo rompono il fronte con i fratelli gay, e via dicendo.

Una parte importante del femminismo, da Snoq al Pensiero della Differenza Sessuale, sta dalla stessa parte della Chiesa in questa battaglia di civiltà che più civiltà di così non si può: è in gioco il fondamentale umano della relazione madre-figlio/a.

Al bell’incontro della scorsa settimana alla Libreria delle Donne, una ha detto: “E’ la Chiesa che sta dalla nostra parte”. Si può anche mettere in questo modo, e io personalmente sono soddisfatta da questa impostazione. Ma tante sentono la fatica di questa Santa Alleanza, fatica che le rende dubbiose ed esitanti.

Provo a dire questo: che tante volte la Chiesa o parti importanti della Chiesa sono state e sono a tutt’oggi dalla parte delle donne, più di quanto il laicismo mainstream (ho detto laicismo, non laicità) consenta di riconoscere. Se ci limitiamo a osservare le cose da un punto di vista eurocentrico (o West-centrico) ci sfuggirà l’importanza di questa vicinanza alle donne, soprattutto in quei Paesi dove spesso la Chiesa è l’unico argine alla violenza e allo sfruttamento.

E infine: se guardassimo le cose sub specie aeternitatis e non sub specie societatis, saremmo in grado di ridimensionare i punti di conflitto tra il femminismo e la Chiesa, che certamente non mancano, per dare valore a questa vicinanza in una battaglia che ha a che vedere con il destino dell’umanità, e lo dico senza retorica.

Certo non mi accontento di chi dice: se la Chiesa sta da quella parte, allora io per forza sto dall’altra. Né di chi obietta: esistono i preti pedofili, la Chiesa non può parlare.

Di sicuro non è questo il modo di porre la questione.

Intanto a Parigi è stata lanciata la Carta per l’Abolizione universale dell’Utero in affitto.

bambini, Corpo-anima, Donne e Uomini, questione maschile, salute Novembre 2, 2015

Agacinski, Muraro e altre: il femminismo contro l’utero in affitto, nuova prostituzione

La filosofa femminista francese Sylviane Agacinski

Per l’Abolizione universale dell’utero in affitto: il Parlamento francese dedicherà la giornata del prossimo 2 febbraio a un convegno contro la maternità surrogata promosso da Sylviane Agacinski, voce storica del femminismo francese, fondatrice del Collegio internazionale di filosofia con Jacques Derrida, docente all’Ecole des hautes études en sciences sociales,  impegnata da anni nella lotta contro la maternità surrogata con la sua associazione Corp (Collettivo per il rispetto della persona) e autrice del saggio “Corps en miettes” («Corpi sbriciolati», Flammarion).

Con il coraggio del libero pensiero, Agacinski non si fatta fermare dalla paura di essere giudicata omofobica e antiprogressista, impegnandosi una battaglia contro l’orribile sfruttamento delle donne povere del mondo e il mercato della maternità. Una buona notizia per me e per quelle poche che nel femminismo italiano si sono impegnate su questo fronte.

In una lunga intervista ad Avvenire, Sylviane smonta l’ideologia del “diritto a un figlio” e chiede all’Europa di continuare a vietare questa pratica.   

 “Non abbiamo a che fare con gesti individuali motivati dall’altruismo, ma con un mercato procreativo globalizzato nel quale i ventri sono affittati. È stupefacente, e contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo, il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini. Per di più, l’uso delle donne come madri surrogate poggia su relazioni economiche sempre diseguali: i clienti, che appartengono alle classi sociali più agiate e ai Paesi più ricchi, comprano i servizi delle popolazioni più povere su un mercato neo-colonialista. Inoltre, ordinare un bambino e saldarne il prezzo alla nascita significa trattarlo come un prodotto fabbricato e non come una persona umana. Ma si tratta giuridicamente di una persona e non di una cosa (…) Fare della maternità un servizio remunerato è una maniera di comprare il corpo di donne disoccupate che presenta molte analogie con la prostituzione (…)

La Francia e la maggioranza dei Paesi europei si confrontano con lo sviluppo del turismo procreativo e la domanda d’iscrizione allo stato civile dei bambini nati da madri surrogate in California, in Russia, eccetera. La Corte europea dei diritti dell’uomo tenta di forzare la Francia a trascrivere lo stato civile accertato all’estero in nome di un presunto interesse del bambino. Ma se gli Stati europei cedessero su questo punto incoraggerebbero cinicamente i propri cittadini a viaggiare per far uso di donne all’estero. Legittimerebbero la pratica, e in tal modo la loro legislazione nazionale non resisterebbe a lungo. Sì, occorre punire. Innanzitutto i professionisti che creano il mercato: avvocati, medici, agenti e intermediari. Poi, i clienti (…)

Certe femministe, di fatto molto minoritarie, difendono una presunta libertà delle donne di vendersi. In realtà, ciò equivale a sostenere la libertà di comprare le donne. Per quanto ci riguarda, vogliamo che la legge protegga tutte le donne dicendo che la loro carne non è una mercanzia(…)

Penso che accettino un mercato crudelissimo, spinte dal bisogno, oppure dal marito, come avviene in India. Devono così sacrificare la loro intimità e la loro libertà. Non dimentichiamo che la vita personale di una madre surrogata è strettamente regolata e controllata: la sua vita sessuale, il suo regime dietetico, le sue attività… Durante nove mesi, vivono al servizio di altri, giorno e notte. Queste donne sono vittime di sistemi che non hanno contribuito a creare. Se il mercato della procreazione non fosse costruito da tutti quelli che vi traggono un lucro enorme, ovvero le cliniche, i medici, gli avvocati e le agenzie di reclutamento, a nessuna donna verrebbe mai in mente di guadagnarsi da vivere facendo bambini”.

Un doppio sfruttamento, quindi: da parte dei clienti, committenti e intermediari, e da parte dei mariti o parenti che lucrano sul corpo delle “loro” donne tanto quanto i papponi, gestendole come animali da riproduzione. Come la prostituzione, o forse peggio, perché qui è coinvolto il terzo, la creatura (che in verità è il PRIMO).

“Ma se sulla prostituzione, che è un fenomeno molto antico, è difficile andare oltre a un contenimento se non con pratiche violente e repressive, siamo ancora in tempo per fermare la pratica dell’utero in affitto” dice Luisa Muraro, filosofa e fondatrice della Libreria delle donne di Milano, convinta che nonostante la sovra-rappresentazione mediatica di un pensiero “progressista” mainstream che celebra il diritto ai figli e il mercato della maternità, la maggioranza delle cittadine e dei cittadini europei resti contraria alle pratiche di mercificazione del corpo. “Nella maternità surrogata non passa alcuna libertà femminile. Queste pratiche sono solo fonte di sofferenza per le donne”.

Sembra che resti quasi solo la Chiesa a vedere questa sofferenza: si può pensare di aprire un dialogo tra la Chiesa e il femminismo?

Non si deve avere paura di stare dalla parte dell’etica cristiana, che mette la dignità delle persone umane davanti a tutto, e oppone l’amore, la sororità e la fraternità alle regole del mercato. La Chiesa oggi è quella che più di tutti si sta ponendo contro la logica capitalistica e mercantile”.

www.stopsurrogacynow.com

P.S.: prevengo l’obiezione. La questione a mio parere non riguarda affatto il cosiddetto “utero solidale” (tra sorelle, tra madre e figlia, o anche tra amiche, come è già avvenuto legalmente in Italia), dove tutto avviene nella relazione amorosa -accertata e non improvvisata allo scopo, e senza scambio di denaro- che tiene insieme madre genetica, portatrice e creatura, come un tempo madre, creatura e balia da latte.

Qui una successiva intervista di Avvenire a Luisa Muraro.

 

Aggiornamento 5 novembre: intanto l‘India pone limiti alla pratica dell’utero in affitto, e tutto il giro del business milionario si rivolta. Leggete qui.

Aggiornamento 6 novembre: segnalo un APPUNTAMENTO su questi temi alle amiche romane e non solo

Il Gruppo del Mercoledì invita Domenica 22 novembre, dalle 10 alle 17 Casa internazionale delle donne, via Francesco di Sales 7, Sala Simonetta Tosi Curare la differenza Tra gender, generazione, relazioni sessuali e famiglie Arcobaleno

L’attualità ci propone un dibattito angusto e ideologico sulla legge per le unioni civili, da decenni in attesa di approvazione in Parlamento.Lo spazio pubblico sembra racchiuso nella polarizzazione semplicistica tra la negazione di ogni possibile cambiamento per ancorarsi a stereotipi rassicuranti e l’utilizzo disinvolto delle bio-tecnologie e del mercato per trovare risposte a desideri anch’essi rassicuranti. L’incontro che proponiamo vuole recuperare lo spazio per una riflessione sulle scelte di vita e di relazione a partire dalla pratica della cura. Diversamente da altre occasioni non abbiamo scritto un nostro testo. Abbiamo preferito formulare delle domande. D. Questo incontro significa che il femminismo va a rimorchio della legge sulle unioni civili? R. Partiamo dall’attualità ma senza seguirla passo passo. Andiamo incontro al reale e alle questioni che, pur non essendo contenute nella legge, la legge sta sollevando. Sul matrimonio e sul legame d’amore; sul modo di intendere questo legame da parte di uomini e di donne; sul desiderio di maternità e di paternità; sul corpo e il rischio della sua sparizione.Vogliamo nominare i desideri, le passioni, le paure che si presentano intorno a questi temi. D. Come vi collocate rispetto alla questione del gender che ha prodotto schieramenti e divisioni anche violenti?R. Intanto a noi interessa discutere in un campo amicale. Con il nostro metodo, che è quello della politica delle donne: partire da sé e dare valore alle relazioni. Così il nostro gruppo si tiene insieme nonostante non la pensiamo allo stesso modo. Quanto al gender, la sua oscillazione con la parola “genere” è sintomo – ci sembra – della confusione e della scarsa cura nel nominare le cose. Eppure, è interesse delle donne e degli uomini non far sparire la differenza dei sessi.D. Non pensate che i diritti e dunque la legge siano lo strumento adeguato a sciogliere molti nodi che riguardano la discriminazione, l’umiliazione di chi fa scelte non in linea con l’eterosessualità?R. I diritti sono indispensabili ma non sciolgono tutti gli interrogativi. Addirittura, quando sono visti come risolutivi, rischiano di rendere seconde le relazioni e di schiacciare il fatto, incontrovertibile, che sia il pensarsi in coppia, sia il volere un bambino, rimandano sempre a vicende d’amore. D. Che significa curare la differenza?R. Significa avere attenzione alle relazioni. Una concezione individualistica che insiste sull’autocostruzione solitaria e solipsistica del soggetto umano non ci convince. Nessuno è del tutto autonomo. D. Non vi sembra che il punto della madre surrogata sia tirato fuori artificiosamente dal momento che la legge non lo cita?R. Ma è diventato un campo di battaglia. Certo, la madre surrogata è il punto più delicato, dal punto di vista femminista, nella costruzione di nuove famiglie. Come rispettare la libertà e l’autonomia di ciascuna donna? Come permettere la realizzazione di desideri senza mettere in gioco la libertà dell’altra? Non c’è il rischio di farne una mera questione di mercato? C’è differenza tra il desiderio di maternità e il desiderio di paternità, senza donne? Perché questo desiderio non sceglie l’adozione? Non riconoscendo nessuna differenza fra desiderio di maternità e desiderio di paternità, ritenendo che l’accesso alla genitorialità biologica sia un diritto universale e neutro, non ricadiamo nella conservazione dell’universo simbolico patriarcale? Vogliamo incontrarci su queste domande, per fare, se è possibile, qualche passo avanti.

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini Settembre 2, 2015

Giubileo: essere assolte dal peccato di aborto per molte è una liberazione

Sulla possibilità di essere assolte dal peccato di aborto in occasione del Giubileo, Lea Melandri ha ragione di notare: “Completamente rimosso il fatto che sono gli uomini a mettere incinta le donne, a procurare gravidanze indesiderate, gravidanze frutto di violenza. Ma si sa: il potere maschile sulle donne non porta colpe, legittimato dalla legge del più forte e da privilegi e diritti millenari“.

In poche parole, gli uomini godrebbero di assoluzione permanente, una sorta di tacita licenza a lavarsene le mani. Papa Francesco farebbe bene a tenere conto dell’osservazione di Lea.

Non condivido affatto, invece, molta parte dei commenti che girano sul web, il cui succo è “le donne non hanno bisogno del perdono di nessuno” e/o “chi è la Chiesa per giudicare?”.

Per molte, moltissime donne del mondo (il Giubileo è un evento universale, non locale) la possibilità di essere sciolte da questo peccato è un fatto di grande portata simbolica, la definitiva liberazione da un peso doloroso. In cuor proprio, la gran parte di queste donne cattoliche si è già autoassolta: solo loro sanno in quali circostanze hanno dovuto prendere questa decisione, in molti casi per costrizione, e quanto hanno sofferto e pagato, spesso rischiando la pelle. Ma il perdono definitivo da parte della Chiesa le libera del tutto, e permette loro di voltare finalmente pagina.

Difficile da capire per le donne che non credono e che vedono nella Chiesa unicamente un retaggio patriarcale. Forse per loro è più facile capire questo: è la prima volta che un Papa si rivolge direttamente e con misericordia alle donne che hanno abortito. Ribadendo, sì, che l’aborto è un grave peccato, ma manifestando ad un tempo comprensione e compassione. Inoltre, non tutta la Chiesa sarà con Francesco in questa decisione: ed è un’altra ragione per tenere nel giusto conto il suo messaggio.

leadershit, Politica, questione maschile, TEMPI MODERNI Dicembre 31, 2012

Il Monti inCasinato

 

Il “nuovo” al centro: Pierferdinando Casini, 30 anni in Parlamento

Sarà anche colpa del mio sguardo, sarà che sono una donna, con un punto di vista necessariamente eterodosso, ma io in questo “nuovo” centromontismo tutto questo “nuovo” non lo vedo.

Sarà che mi faccio distrarre dalle facce di Casini (che le liste, dice “me le faccio io” e che nel 2013 festeggerà i suoi 30 anni da deputato) di Fini e di Frattini, che proprio nuovissime non si possono dire. Che do troppa importanza al sostanziale monosex della formazione, anche questo indizio di una certa vetustà: trattasi del solito maschio medio sui 60, che blocca il Paese. Sarà che mi lascio suggestionare dall’operoso aspersorio di monsignor Bagnasco, che si affretta a benedire la neo-proposta, e da quell’agenda doverosa, priva di grandi guizzi visionari, da un lato, e delle indispensabili istruzioni per l’uso dall’altro… ma io grandi differenze tra il progetto montiano e il sogno neo-democristiano non riesco a vederle.

Vedo un Monti già diverso, questo sì, che “salendo in politica” si è inCasinato e ha già perso molto smalto.

E vedo benissimo le differenze tra il Paese che fu governato per un tempo infinito dalla Democrazia Cristiana e il Paese di oggi, che di una nuova Dc non ha affatto bisogno, che trova nel protagonismo dei giovani e delle donne -la coppia “cougar” esclusa dal Grande Capo Augh- il perno della svolta indispensabile.

Insomma, detto alla buona: se io fossi Bersani, se fossi Vendola, se fossi il centrosinistra, dopo il temerario passaggio dei vari gradi di primarie, che restano un fatto indiscutibile da opporre a chi le liste “me le faccio io”, per segnare la differenza da questo neocentrismo punterei alla grande sul tema sensibilissimo dei diritti: perché in cambio della sua benedizione, la Chiesa avrà già posto delle ferree condizioni, avviluppando questo supposto “nuovo” in lacci e lacciuoli premoderni

Diritti, donne, giovani: con i montiani mi misurerei a viso aperto su questo. Confidando in un Paese che ha molta voglia di diventare adulto, e di vecchi patriarchi non ha più bisogno.

questione maschile Novembre 21, 2012

La violenza di un prete

don alberto barin, cappellano di san vittore, arrestato per violenze sessuali

Una cosa alla “Sleepers”, il terribile film di Barry Levinson che racconta la storia di 4 giovanissimi detenuti costretti a subire le violenze delle guardie carcerarie. Un ennesimo colpo per Milano, la vicenda di don Alberto Barin, 51 anni, da 15 anni cappellano nel carcere di San Vittore, accusato di aver violentato almeno 6 giovani detenuti in cambio di piccoli miserabili favori, dal dentifricio alle sigarette alla promessa di una parola buona per migliorare le condizioni di vita all’interno del carcere.

Barin ora è a sua volta detenuto, non a San Vittore ma nel carcere di Bollate. L’accusa è violenza sessuale continuata e pluriaggravata, e concussione. Oltre che dalle testimonianze dei giovani violentati, tutti ragazzi stranieri tra i 22 e i 28 anni, i reati sarebbero documentati anche da videocamere piazzate all’interno del carcere e nell’abitazione del sacerdote. Secondo l’accusa, Don Alberto dava anche pareri sulle scarcerazioni a beneficio di chi «era gentile» con lui. Non essere “gentili”, quindi, poteva costare caro.

La Curia di Milano ha espresso “il proprio sconcerto e il dolore per l’arresto di don Alberto Barin e per i fatti che al cappellano della Casa circondariale di san Vittore sono contestati”, manifestando “massima fiducia nel lavoro degli inquirenti e la disponibilità alla collaborazione per le indagini».

Ma la Chiesa dovrebbe fare molto di più: aprire una profonda riflessione sulla radicale mancanza di carità (agàpe) di quei molti sacerdoti che per praticare perversamente una sessualità negata approfittano della situazione di soggezione e debolezza dei minori -anagraficamente intesi, o resi tali da privazioni come abbandono, povertà o detenzione, condizioni che spesso coincidono- .

Interrogarsi, quindi, sull’oggettiva impossibilità di essere casto per un maschio adulto e sano, e sui drammi provocati da questa costrizione. Far cadere definitivamente il velo dell’ipocrisia, che avviluppa e colpevolizza le molte, moltissime vittime. Le molestie e le violenze sui minori da parte dei sacerdoti non sono casi-limite, ma esperienze piuttosto frequenti. Moltissimi e moltissime tra noi ci sono passati. E’ capitato anche a me. E posso tranquillamente affermare che sarei stata -e sarei tuttora- assai disapprovata e perfino non creduta se rivelassi ai parrocchiani quello che mi è capitato.

Oltre 4.000 casi di violenze di ecclesiastici su minori sono state denunciate alla Congregazione per la dottrina della fede. E’ solo la punta di un orribile iceberg. Nel febbraio scorso, nel suo messaggio al Simposio Internazionale, papa Benedetto XVI ha auspicato che la cura e la “guarigione” delle vittime degli abusi compiuti da religiosi su minori sia una “preoccupazione prioritaria per la comunità cristiana”. Ma supportare le vittime non basta. Gli abusi devono cessare, e si deve intraprendere ogni azione necessaria in questo senso. 

Cominciando con una franca e aperta riflessione sulla propria sessualità da parte degli uomini di Chiesa.

Anche questa è violenza maschile.

 

Donne e Uomini, economics, Politica Dicembre 6, 2011

Continueranno a evadere

Mi auguro non sia solo un esercizio di retorica dire che questa manovra, che fa esultare i mercati, nella sua sostanza non va. La speranza è che ci sia un dibattito parlamentare vero e che almeno alcuni degli emendamenti vengano accolti.

Questa manovra non va per due grandi ordini di ragioni: a) non è sufficientemente equa b) non vi è alcuno spiraglio che lasci intravedere all’orizzonte un modello diverso da quel capitalismo finanziario che ci ha portati alla catastrofe: in buona sostanza, le logiche con cui si cura il male sono le stesse che l’hanno causato.

Sull’equità: tra le molte questioni, la domanda principale è per quale ragione la manovra sostanzialmente non intervenga sul problema dell‘evasione fiscale, problema numero uno del nostro bilancio. Perchè? Se tutti pagassero quanto devono saremmo fuori dai guai. E’ evidente a tutti che il limite di 1000 euro per la tracciabilità è una misura insufficiente e facilmente aggirabile. Ergo: si potrà tranquillamente continuare a evadere, e nessuno denuncerà gli evasori, non avendone alcuna convenienza. Questo renderà insopportabile ogni sacrificio, insieme al forte peso simbolico del non-intervento sui costi della politica -la casta non voterebbe mai una manovra che contenesse seri provvedimenti anti-casta-. Quanto a questioni simboliche, anche la Chiesa -la Cei concorda sul fatto che la manovra avrebbe potuto essere più equa- dovrebbe spontaneamente offrirsi fare la sua parte, versando l’Ici sul suo cospicuo patrimonio immobiliare, circa 50 mila immobili sul territorio italiano in gran parte non adibiti a esercizio del culto.

Sul “modello”. Leggo sul Corriere, non su un foglio rivoluzionario, le riflessioni del premio Pulitzer Adam Haslett: “Sia al di qua che al di là dell’Atlantico, le esigenze delle élite finanziarie si scontrano con la volontà popolare, apertamente ignorata” (…) “E’ assai poco rincuorante constatare che l”attuale crisi non rappresenta che un semplice ingranaggio nell’evoluzione storica complessiva del capitalismo occidentale, che continua a redistribuire la ricchezza verso l’alto, a indebolire le istituzioni democratiche e a concentrare il potere nelle mani di pochi individui“. Considerazioni perfino “banali”, che raccontano qualcosa che è sotto gli occhi di tutti.

Molto difficile che siano dei professori di economia a portarci fuori da questa idea di economia.

Ci sarebbero tantissime altre cose da dire. Ne dico almeno un’altra: si conferma l’idea che le donne conquistino la parità lavorativa solo in uscita (età pensionabile), con pensioni mediamente inferiori del 30 per cento a quelle degli uomini, continuando a erogare -anzi aumentando- le loro prestazioni di welfare vivente. Su questo conviene a tutti continuare a non vedere e a tacere. Mi auguro che non tacciano le donne di Se non ora quando che l’11 dicembre manifesteranno a Roma.

L’augurio è che la partita non sia ancora del tutto chiusa. Il problema è come riuscire a farsi sentire.

Politica Agosto 2, 2010

NEOBIPOLARISMI

Dunque oggi si misurerà la forza dei Finiani e la tenuta del governo nel voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo.

Io non mi avventuro qui a parlare di politica -di quella politica, intendo-. Dico solo questo: che se questa rottura ha un senso storico e non solo tattico e contingente, potrebbe forse essere il seguente: l’avviamento di un neobipolarismo che, a ormai ventuno anni dalla caduta del Muro, con una progressiva designificazione della dialettica destra-sinistra, potrebbe proporre un’altra dialettica, ben più sostanziale, e forse un nuovo muro tutto italiano, quelli tra Nord e Sud, rispettivamente rappresentati da una Lega sempre più forte alleata del Pdl + forse briciole di Pd, e un’asse Fini-Casini, pezzi di Pd e quant’altro. E forze centriste alleate alla Chiesa a cercare di evitare la spaccatura del paese.

Se volete oggi proviamo a ragionare su questo.

(SCUSATE MA PER RAGIONI MISTERIOSE OGGI NON RIESCO A SCARICARE IMMAGINI…)

Corpo-anima, TEMPI MODERNI Luglio 24, 2010

SPUTTANA IL PRETE

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Ok, sputtana il prete è il gioco dell’estate. Ok, non puoi predicare bene e razzolare male. W queste inchiestone scoop sulla lussuria nella Chiesa, così siamo tutti più tranquilli. Il Vicariato di Roma ordina a tutti i preti gay di venire allo scoperto e di lasciare la tonaca. Occhio, perché se ubbidissero tutti vedremmo un esodo biblico, e non lo dico con l’intento di diffamare, ma come pura constatazione di realtà: io ne ho conosciuti davvero tanti, di sacerdoti omosessuali. Che lo erano, palesemente, vistosamente, anche se sono pressoché certa che non avessero una vita sessuale, intesa come pratica della propria sessualità: nessun essere vivente dotato di un sesso può “smettere” la sua vita sessuale. Può sublimarla, offrirla al Signore, può imbrigliarla e farci i suoi conti nei modi più svariati, ma l’autocastrazione non è pensabile.

Detto questo, sono furiosa: perché qui è colpita l’omosessualità, non la doppia vita. La doppia vita non consiste nell’essere omosessuale, “condizione” che non si sceglie. Uno può essere omosessuale e voler fare il prete, ed essere anche un grande prete, un grandissimo prete che sale ai vertici delle gerarchie ecclesiastiche. E’ già così. La doppia vita consiste nell’avere rapporti sessuali, omo o etero che siano, nel tradire la promessa di rinunciare a praticare la propria sessualità, perfino nella masturbazione.

Non ci si può impegnare a non essere omosessuali, così come non ci si può impegnare a essere o non essere eterosessuali. Si può promettere solo di non esercitare la propria sessualità, qualunque essa sia, in nome di un bene più grande.

Che la Chiesa impedisca agli omosessuali di prendere i voti è assurdo e ipocrita. Escano piuttosto allo scoperto i sacerdoti, i vescovi, i cardinali omosessuali, e rivendichino di poter stare nella Chiesa. E semmai invitino i giovani omosessuali che scelgono i voti solo per poter nascondere la loro condizione, come è sempre capitato, a non intraprendere più questa strada, che fa male a tutti, alla Chiesa e a loro stessi.

AMARE GLI ALTRI Giugno 18, 2010

PRETI BUONI

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Seduta al ristorante in una piccola e incantevole città di provincia, vedo passare in fila indiana una ventina di giovanissimi preti. Tonache, visi imberbi, passo svelto. Sembra un set di Fellini. Mi piacerebbe fermarli e parlarci. Con uno in particolare, ragazzo biondo e minuto con occhiali che gli scivolano sul naso, e lui che continua a tirarseli su. “Perché fai il prete?”, vorrei chiedergli.
Una volta uno lo faceva anche soltanto per studiare. Per dare lustro alla famiglia. O perché non aveva altra scelta. Ma la scelta di questi sarà motivatissima. Se c’è una crisi delle vocazioni, questi la vocazione devono averla ben forte. Li guardo sparire in fondo alla strada e mi fanno tenerezza. Non è un bel momento per la Chiesa, con i suoi mostri che la divorano dall’interno. Quei ragazzi si sentiranno addosso gli sguardi del mondo, e una pesantissima croce sulle spalle. Fa parte del loro mestiere, sopportare la croce. Ma questa pesa davvero tanto per le loro giovani schiene.
Penso ai preti della mia vita. Uno che mi ha smanacciato, quand’ero ragazzina. Un pover’uomo a cui probabilmente la tonaca era stata infilata a forza. Uomo in gamba, con spiccate qualità manageriali, evidentemente in sofferenza per quel destino sbagliato. E un altro, don Angelo, che sulla bellezza del sesso e dell’amore non si prestava a infingimenti, ma che ardeva assai di più per il suo compito. Un uomo vivo, vero, coraggioso, di straordinaria intelligenza, con un notevole talento teologico e filosofico, capace di un’enorme passione per gli altri e le altre, povero come i più poveri della terra. Sempre preso a correre dietro in Vespa a tutte le sue pecorelle con una predilezione per quelle intenzionate a smarrirsi, che riacchiappava sempre sull’orlo del baratro. Un incontro decisivo per la mia formazione. Quel padre è costantemente nei miei pensieri.
Penso a tutti quei preti che cercano ogni giorno e in ogni modo la verità dell’amore per testimoniarla ai loro fratelli, e che adesso stanno passando un gran brutto momento a causa dei peccati di altri.
Provo un’intensa compassione, vorrei caricarmi la loro croce in spalla per qualche istante, permettergli almeno un breve ristoro.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 19 giugno 2010

Donne e Uomini, Politica Gennaio 25, 2010

SANTA ALLEANZA

cardinali

Certe volte ascolto parlare degli uomini di Chiesa, e sento nelle loro parole una volontà che coincide con la mia. E’ successo di recente, in una edificante conversazione con il Patriarca di Venezia Angelo Scola: in lui ho trovato un uomo che ascolta. E due giorni fa, nel corso dell’incontro tra il cardinale Tettamanzi, uomo molto spiritoso, e i giornalisti milanesi: quell’invitarci all’attenzione a ciò che va, alle notizie positive, alla buona novella, a quello che io tante volte qui ho chiamato “fare pubblicità al bene”. Tante cose politiche -come il richiamo ai fondamentali dell’esistenza, all’apertura all’altro, a un’economia più umana, a un profitto regolato- in cui mi sento perfettamente rappresentata, e con me tante donne con cui rifletto politicamente. Tanto che mi viene l’astrusa fantasia di una Santa Alleanza: tra la Chiesa e le donne. E gli uomini di buona volontà.