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13 febbraio

Donne e Uomini, Politica Ottobre 9, 2012

Gli siamo servite, e non serviamo più

In un suo post, Lorella Zanardo elenca le molte iniziative di donne lo scorso we: le mille di Paestum, altre mille convenute a Roma da tutto il mondo per la conferenza di Win, l’incontro nazionale delle teologhe, il convegno sulla Toponomastica e chissà di quante altre di cui non sappiamo. Il we politico italiano, insomma, è stato delle donne. Ma le cronache sono state degli-e-sugli uomini: pagine e pagine, e ore e ore di trasmissione sulle primarie del centrosinistra, o meglio sul derby Bersani-Renzi + Vendola (Puppato sostanzialmente oscurata).

Molte donne di questo Paese e anche di altrove si sono mobilitate e confrontate, hanno discusso, riflettuto, elaborato, tenendo al  centro il bene comune, ma di tutto questo, se non ci fosse la rete, e della grande ricchezza prodotta, le cittadine e i cittadini italiani non saprebbero quasi nulla. Il nostro digital divide è ancora notevole, e tv e carta stampata fanno ancora la parte del leone.

Il 13 febbraio 2011, grande moto di popolo organizzato e guidato dalle donne, una delle più grandi manifestazioni se non la più grande che il Paese ricordi, non sarebbe stato probabilmente ugualmente grande se i media tradizionali non avessero contribuito alla sua preparazione dedicandogli straordinaria attenzione prima, durante e subito dopo. Semplicemente, la gran parte di quelle moltissime donne non avrebbe saputo.

I sentimenti di quelle donne, intendiamoci, erano autentici, l’indignazione reale, l’impegno di chi aveva organizzato la manifestazione sincero e generoso. Ma l’interesse maschile era deciso da altro: c’era da far cadere Berlusconi, e la mobilitazione delle donne era funzionale a quello storico obiettivo. Era la forza d’urto, la spallata definitiva. (io, forse un po’ ingenuamente, me la figuro così: Mr President che telefona al nostro vecchio Presidente, e gli dice che così non funziona più, doesn’t work). Sul Corriere ho partecipato al grande dibattito preparatorio, e tra le altre cose dicevo questa: “Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza“.

Gli siamo servite, e non serviamo più. Anzi, gli serviamo a casa: serve che ce ne stiamo buone e tranquille, che non pretendiamo il lavoro in un momentaccio come questo, che ce ne stiamo a casa a curare bambini, malati e vecchi, welfare illimitato e gratuito. Come fanno nel privato, ci hanno usato, materia prima inesauribile, sempre a disposizione. La cortina del silenzio sul we politico delle donne -e in generale sulla politica delle donne- è esemplare. Ha moltissime ragioni Alessandra Bocchetti quando dice, come ha detto a Paestum, che “dovremmo soprattutto lavorare alla creazione di un’opinione pubblica femminile vincolante, forte, determinata, che preoccupi chi ci governa, che faccia sentire l’obbligo di render conto delle scelte“.

P.S. Una nota di amarezza che non c’entra, o forse sì: scambio di sms ieri con un’amica molto ingaggiata in Se Non Ora Quando, e anche nel Pd. Che alle primarie sosterrà Bersani, e non Laura Puppato, unica candidata nella schiera crescente di contendenti maschi. La “doppia fedeltà”, al partito maschile e alla causa femminile, posizione dilemmatica che come sempre, non appena il gioco si fa duro, si scioglie e si rivela per quella che è: fedeltà unica alla legge del padre.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Maggio 16, 2012

Femministe last minute

 

Fino a poco più di un anno fa eravamo veramente in poche, e ci conoscevamo quasi tutte.

 

Dirti femminista era a tuo rischio e pericolo. Se poi eri “storica” –così vengono chiamate le madri di tutte noi- eri proprio da rottamare. Il lavoro continuava intensamente, proficuamente e felicemente nella riflessione sotto-traccia mediatica –nel senso che i media lo ignoravano del tutto- e nelle pratiche di politica prima, altrimenti dette volontariato o cura. Il cosiddetto “silenzio” c’era solo per i media.

 

Lo spartiacque è stato il 13 febbraio. Per tante è stata davvero una grandissima rivelazione. Per alcune solo un’ottima occasione. Da quel momento in poi non è stato più sconveniente dirsi femministe. Anzi. Ci sono anche maschi femministi, volendo.

 

Le femministe last minute pretendono di ricominciare da zero, come se prima di loro non ci fosse stato nulla. Fanno molta fatica a riconoscere l’autorità dell’altra. In una parola, cancellano la madre (come fanno da sempre gli uomini, e anche le emancipate). Ma dimenticando la madre rischi anche terribili svarioni.

 

Sono inorridita partecipando a una riunione in cui alcune protestavano perché ad aprire un convegno sarebbe venuta la delegata del sindaco e non invece il sindaco in persona: pratica inaudita nel femminismo, che casomai avrebbe chiesto cortesemente al sindaco maschio di astenersi e di mandarci la sua delegata. Ma direi che la notizia oggi è questa: una che via Facebook convoca una manifestazione sabato 26 in Regione Lombardia per chiedere le dimissioni di Nicole Minetti. Soltanto di lei, e non, casomai, di chi l’ha messa nel listino bloccato come merce di scambio politico, o di altri indagati (non c’è che l’imbarazzo della scelta). Pratica esplicita di giustizialismo misogino, inaudita anche questa. E poi che cosa fanno? La rapano a zero?

 

Direi che c’è ampia materia di riflessione.

 

 

 

 

 

 

 

Donne e Uomini, esperienze, lavoro, Politica Marzo 10, 2012

Il tempo-miracolo delle donne (quello per Saint-Cyr)

Ottomarzo tremendo quello appena passato, amiche e sorelle.

Ottomarzo anche stupendo. Dipende da quale parte lo si è  guardato.

Se dal lato del backlash, il contrattacco partito dopo l’uscita di scena del Cav. O da quello dell’opportunità storica che ci si para davanti.

Il Cav. doveva mollare, poche storie. E la “forza delle donne” veniva molto utile. Non irritatele, blanditele, parlatene sui giornali, rimettete le mutande alle smutandate in tv.

Ora che il Cav. è tornato nelle retrovie, la forza delle donne non serve più. Anzi. Ingombra. Fa problema. Smobilitare, prego. Sciogliere l’adunata. Circolare.

E ri-ecco, as usual, perché ce ne convinciamo, perché ci togliamo qualunque grillo dalla testa, gli inguini farfallati in primetime, le mamme pazze per il bianco più bianco, le pubblicità di Miss Patata, la politica for men only, che decide tutto dalla legge elettorale al welfare. Ecco quegli osceni contratti antimaterni.

Scenari italiani, tradizionali come le colline del Chianti. Non risiamo al bunga-bunga, ma poco manca.

Solo che la forza delle donne, accidenti, non se ne va. Resta lì, tutta intatta. Anzi: cresce. La stramobilitazione continua, ed è un fatto quasi commovente: andate online, pagine e pagine, blog che si moltiplicano, reti, social network. E comitati, convegni, riunioni, iniziative, imprese.

Le donne di questo Paese non dovrebbero avere tempo per nulla, e invece più gliene porti via -per il lavoro, per la famiglia, per la supplenza ai servizi che mancano- e più loro ne trovano per mobilitarsi, discutere, progettare, andare avanti.

E’ la miracolosa relatività del tempo femminile.

Come diceva Madame de Maintenon, moglie morganatica di Luigi XIV: “Il re si prende tutto il mio tempo; do il resto a Saint-Cyr”, ovvero alla scuola per fanciulle da lei fondata. E’ in quel resto paradossale che lei trovava la sua forza.

Funziona così. Faremo tutto. Non smobiliteremo. Non perderemo l’opportunità che abbiamo, che è quella di portare la nostra idea di politica e le nostre priorità in quella politica, il nostro sguardo su tutte le cose del mondo, la nostra differenza nello spazio pubblico.

E se proprio ci costringeranno a lottare, lotteremo.

Lo spirito del tempo è dalla nostra parte. Noi troveremo anche il tempo per Saint-Cyr.

Insomma, io questo ottomarzo l’ho visto stupendo.

Donne e Uomini, Politica Febbraio 20, 2012

Non ci faranno tornare indietro

I segnali sono stati tanti, in questi giorni (non li rielenco, basta scorrere il blog).

Oggi, poi: giornata pessima.

In un convegno stamattina ho sentito parlare di “avvicinare le donne alla lettura” (le donne sono le maggiori e più voraci lettrici in questo paese, sono quelle che vanno alle mostre, a teatro eccetera, ndr). Oggi pomeriggio ho visto girare in rete un contratto Rai con clausola “se rimani incinta vai a casa”.  Stasera mi sono rifiutata di andare a un convegno sul libro “Viaggio In Italia. Alla ricerca dell’identità perduta“, scritto a più mani da Marco Aime, Luigi Zoja, Ilvo Diamanti, Giampiero Dalla Zuanna, Luca De Biase, Salvatore Natoli, Enrico Pozzi per Intesa San Paolo. Tutti stimabilissimi personaggi, ma nemmeno una donna. Possono cercare quanto vogliono, senza uno sguardo femminile. Non troveranno granché di nuovo.

Non andrò più a convegni ed eventi che non prevedano la partecipazione di un numero decoroso di donne. Non parteciperò più a inziative politiche in cui gli uomini siano maggioranza schiacciante. Dovremmo fare tutte così: lasciarli tra soli uomini, nella loro omosessualità politica.

Dovremmo farlo perché non dobbiamo più accettare di recitare la parte della minoranza: siamo la maggioranza, e questo deve essere riconosciuto. Non dobbiamo più accettare di sentirci intimidite perché siamo troppo poche, costrette a parlare la loro lingua per essere capite.

Non dobbiamo più votare e sostenere i partiti degli uomini, fintanto che resteranno solo di uomini.

Non dobbiamo rassegnarci a tornare indietro: credevamo che fosse fatta, e invece, caduto Berlusconi, stiamo vedendo che la forza delle donne non gli serve più.

Ebbene, teniamocela per noi, e usiamola bene. Usiamola per andare avanti, noi e le nostre figlie: che sono brave, leggono più di tutt*, si laureano meglio, più rapidamente e in maggior numero rispetto ai colleghi maschi, e meritano quindi più di loro.

Non temiamo il conflitto, se ci sparano addosso ogni giorno, se pretendono tutto dando in cambio il minimo. Questo film è finito, non lo vedranno più.

Insomma: prepariamoci serenamente alla guerra. Se è questo che vogliono.

Donne e Uomini, Politica Febbraio 17, 2012

Fuori Berlusconi, alla politica serviamo ancora?

do you remember ruby?

Arietta di backlash -contrattacco-.

Mutande di nuovo in giro, dicevamo, e un governo che non mette le donne esattamente al centro. La legge sulle ributtanti dimissioni in bianco, per dirne una, con tutto il suo portato simbolico e sostanziale, è ancora lì che aspetta.

Precisamente un anno fa eravamo la speranza del Paese, paginate di giornale sul 13 febbraio, dibattiti prima, dibattiti dopo, la dignità delle donne, lo schifo di Arcore, leader di partito in piazza con noi, etc. etc.

Un anno dopo la legge elettorale se la discutono fra uomini, dai giornali siamo nuovamente sparite, in noi non si spera più così tanto. Ok Se non ora quando, ma lasciateci lavorare -che dobbiamo fare le liste-.

Insomma, il 9 febbraio 2011, sul Corriere della Sera, mi permettevo di fare notare questo -che tante non hanno apprezzato, sospettandomi di filoberlusconismo-: “Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo del 13 febbraio? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza”.

Ora la testa del premier l’hanno avuta, ex post sappiamo che la diplomazia internazionale era al lavoro da tempo per risolvere l’incresciosa situazione italiana, e la mobilitazione delle donne capitava a fagiolo.

Attenzione, capiamoci! Non sto affatto dicendo che le donne si sono mobilitate in quanto parte consapevole di questo disegno. Tutt’altro! La mobilitazione è stata sincera, spontanea, generosa, straordinaria! Sto dicendo che questa mobilitazione ha goduto dell’attenzione di stampa e politica perché arrivava proprio al momento giusto.

Ma oggi, alla politica, serviamo ancora? Cogliete segnali di attenzione da parte dei partiti? Sentite ragionamenti economici che mettono al centro il potenziale femminile? Io no, e dire che ci sto parecchio attenta.

Avete fiducia che il 50/50 , andato via così liscio, in quel clima favorevole, a Milano, Bologna, Torino, Cagliari, si riprodurrà a livello nazionale? Se non ora quando ci sta lavorando, ma pensate che troverà la strada spianata?

Ecco, ora il Cav. non c’è più -non che manchino altri maiali, in giro- ma la politica machista è ancora lì, intatta, e i segnali di backlash servono precisamente a infiacchirci.

Amiche, questo il contesto. E allora, che si fa?

Io non mollo.

Se per cortesia -chiedo scusa- ci lasciate discutere di questo tra donne ve ne sarò grata.

 

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 10, 2012

Polis femminile: primo anniversario

Mentre continuiamo a discutere del governo Monti e dell’asse Roma-Washington -oggi mi sento più yankee che mai- vorrei dire qualcosa della politica delle donne.

Io credo che le vere novità -la fase 2, dopo quella della rimessa-in-pari- verranno di lì, da un’intensa partecipazione femminile, da un profondo mutamento di linguaggi e forme, dall’irruzione della politica prima (quella che le donne fanno da sempre, e che ricondurrei al concetto di cura) nella politica seconda, quella della rappresentanza e della delega. Da una nuova e inedita agenda, che pian piano si va costruendo, che riporti in primo piano ciò che è davvero primario nella vita di tutti, donne e uomini.

Questa novità di forme e di linguaggi è visibile in embrione nel percorso di “Se non ora quando”, a quasi un anno dal 13 febbraio.

Si vanno cercando modalità organizzative, assumendo -mi pare- quella fatica, quel disagio della democrazia (una testa=un voto) di cui parlavamo qui qualche post fa   http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2012/02/01/le-donne-e-il-disagio-della-democrazia/

Niente è scontato. Ci si assume anche qualche rischio. Come quello della trasversalità. E quello della non-delega (userei un’altra parola, ma non mi azzardo). Diciamo di una lingua materna.

Ecco un documento del comitato nazionale Snoq, che si ribadisce non-elettivo. Diciamo così, primum inter pares. E invita invece i comitati territoriali alla massima apertura.

Per chi fosse interessata al tema, ci sono spunti su cui ragionare e discutere.

(ne approfitto per dire che causa maltempo la due giorni organizzata da Snoq Bologna su lavoro è welfare dovrebbe essere spostata al 3-4 marzo)

 

“… in merito alla differenza tra il Comitato Promotore e i Comitati Territoriali.

Sì, noi crediamo che il Comitato Promotore sia diverso dai Comitati Territoriali.

Lo è di fatto, se non altro per la sua storia. Non riconoscerne il ruolo di promozione e di indirizzo sarebbe sbagliato, perché porterebbe alla dissoluzione del movimento.

Il Comitato Promotore ha saputo, il 13 febbraio, parlare a tutte e a tutti. Ha avuto come primo riferimento le singole donne, senza usare bandiere. Ha pensato e scritto la “carta d’identità” come base per la riunione di Siena. Tutte ne hanno preso atto senza obiezioni. Comitati Se Non Ora Quando si sono moltiplicati in tutta Italia. Ne sentiamo la responsabilità.

Continuiamo a lavorare attraverso il web e a tenere i contatti con tutte, incoraggiando piena libertà di espressione nei Comitati locali, chiedendo solo il rispetto della trasversalità e l’attenzione alle donne singole che vogliono partecipare a Se Non Ora Quando.

Chiediamo anche a Snoq Milano questa apertura e attenzione.

Ad un anno dal 13 febbraio, forti del lavoro fatto e delle relazioni costruite con i Comitati Territoriali, stiamo elaborando un documento politico sulla forma organizzativa di Se Non Ora Quando. Lo discuteremo tutte insieme al prossimo incontro.

Il Comitato Promotore

Donne e Uomini, Politica Ottobre 16, 2011

Ecco perché toccava alle donne

Il 13 febbraio si è svolta in tutte le città italiane una manifestazione immensa, con ogni probabilità la più grande che si sia mai vista nel nostro paese, e totalmente pacifica, indetta dalle donne di Se non ora quando. Lì non si sono visti black bloc né altri imbecilli: e smettiamola di nobilitarli con questo nome suggestivo, le parole contano tantissimo. Lì non era proprio aria. Le forze dell’ordine hanno osservato i cortei che sfilavano e le piazze che si riempivano in tutta tranquillità. Lì non era possibile pensare di infiltrare provocatori e violenti. I black bloc e gli infiltrati sono sempre maschi. Dove ci sono tante donne, c’è maggiore sicurezza sociale.

Ecco perché anche questa piazza avrebbero dovuta chiamarla le donne: in tante e tanti guardavano a loro, per l’iniziativa. Non avremmo visto le cose che abbiamo visto ieri, o si sarebbe comunque trattato di episodi marginalissimi. Non avremmo assistito a questo rigurgito di passato, che non esprime affatto lo spirito del tempo ma solo il cretinismo e l’irresponsabilità di chi crede che la violenza sia legittima e che costituisca una soluzione. C’erano anche altre ragioni per questa piazza, prima fra le quali tornare a mostrare la soggettività politica femminile, ribadire che non è stata episodica, che senza una radicale femminilizzazione della rappresentanza e delle istituzioni, con tante donne e nei modi delle donne, ogni cambiamento in questo paese sarà fittizio.

Se non ora quando ha scelto un altro percorso: non una nuova piazza, ma il cammino per la costruzione del futuro politico imminente. Io credo che si sarebbero potute fare entrambe le cose. Il disastro di ieri a Roma mi conferma nel mio convincimento. Oggi sono pentita per non aver insistito.

Donne e Uomini, economics, Politica Settembre 21, 2011

Se non ora, a breve. E se non le donne, chi?

il 13 febbraio a milano

A quanto pare sono le donne il vero “soggetto” politico in questo Paese. Si guarda a loro per il cambiamento, in tutti i sensi. Per il rinnovamento politico, per la rinascita economica. E anche gli uomini, sempre più uomini -tolti quelli della politica e dei partiti, tolti gli uomini che occupano i posti di potere- cedono loro il passo.

Una manovra durissima, soprattutto per le cittadine, e a quanto pare inefficace, e ti senti lo sguardo addosso: “Che cosa dite? Che cosa fate?”. Tutti sentono che la forza è lì, e solo lì. Nessun partito, nessun sindacato oggi ha lo stesso potere di mobilitazione e di proposta politica, ed è bene che le donne lo tengano presente, perché loro stesse forse sono incredule e comprensibilmente un po’ spaventate da questa immane responsabilità. Fra qualche giorno leggerete un sondaggio esclusivo di Io donna che dà una precisa dimensione a ciò che dico, e con i suoi risultati sorprendenti dà forma a questa domanda che il Paese reale rivolge alle donne, a questa fiducia nella loro forza e nella loro competenza.

Bisogna che noi donne lo teniamo ben presente, perché non lo leggeremo sui giornali, salvo eccezioni, e non lo sentiremo alla tv. Il Paese virtuale, il Paese fittizio costituito da uomini che non vogliono perdere le loro posizioni con relative rendite, preferisce rappresentarci in un altro modo. Minori, vittime, preferibilmente svestite, e a disposizione di ogni bisogno maschile, dalla scarica sessuale al soddisfacimento di qualunque necessità materiale, materia prima e risorsa illimitata, da sfruttare senza riserve, roba che “deve circolare” (e quanti uomini di buona volontà si sono profondamente vergognati per la boutade…)

Sarà quindi bene che le donne rinfreschino la memoria a questa gente, dimostrando che il 13 febbraio non è stato uno scherzo, non è stata una scarica motoria priva di conseguenze, che il Paese reale ne è uscito cambiato nel suo Dna. Sarà bene che le donne oggi dettaglino la loro proposta politica. A quanto pare le cose si stanno muovendo in questo senso, a quanto si stanno scaldando i motori.

Vi tengo aggiornate/i. Intanto ascoltate che cosa ha da dirci questa signora, una di quelle che hanno riportato galla a un paese in bancarotta, l’Islanda. Sentite quando racconta di sua madre e delle altre islandesi che un bel giorno hanno incrociato le braccia tutte insieme, fermando le attività produttive, e anche il lavoro di cura, e di quando è stata eletta la loro presidente…

http://www.ted.com/talks/lang/ita/halla_tomasdottir.html#.TniunJUrwho.facebook

Donne e Uomini, Politica Settembre 12, 2011

Contrattacco?

Le donne di questo paese, quelle che l’hanno scaravoltato il 13 febbraio, che poi si sono ritrovate a Siena, che stanno costantemente in rete, avrebbero avuta in queste ultime settimane molta altra materia di extramobilitazione: dalla manovra, che fa sempre più conto sulle loro forze di welfare vivente beffandole con la parità a senso unico dell’età pensionabile, alle orripilanti barzellette-lapsus del ministro Sacconi, al ringalluzzirsi delle pubblicità sessiste, quelle che contano sull’appeal del corpo femminile per eccitare i consumi depressi (vedi i recenti casi Fracomina, ambigue affissioni sugli autobus cittadini, o le mutande maschili indossate da bella ragazza).

Non sta capitando. Le reazioni sono state piuttosto doverose e flebili. C’è da capire perché. E’ stanchezza? Sfiducia? O si stanno semplicemente raccogliendo le forze per un nuovo slancio, preferibilmente in zona elezioni? Lo dico perché perfino una conquista minima (e anche grande), come quella del rispetto, può essere messa in pericolo da questo apparente senso di smobilitazione. Il contrattacco si sente nell’aria. Anche la grande stampa, che pure per una volta aveva dovuto dedicare molte pagine alle questioni poste dalle donne, attribuendo loro un’egemonia nella lotta per il cambiamento, sembra riassestarsi su un’ordinaria disattenzione, e anzi tende a silenziare il tema della distribuzione dispari dei sacrifici imposti da una manovra che costerà più alle donne che agli uomini. Anche Maurizio Ferrera, autore del dibattutissimo “Fattore D”, nel suo editoriale in prima sul Corriere di oggi, in cui pure si parla di pensioni e di welfare, bypassa del tutto la faccenda.

Che cosa sta capitando, mi chiedo? E non puntando l’indice, ma per proporre-rci una riflessione.

Donne e Uomini, Politica Giugno 22, 2011

13 febbraio: è ora del bis. Arancione

Leggo stamattina con la consueta nausea le intercettazioni delle telefonate di Bisignani -pure con la Prestigiacomo, non si salva proprio nessuno-, dopo aver visto ieri pomeriggio il Sultano, giusto un filo più grigio del solito, sciorinare al Senato il regolare elenco di promesse da non mantenere, totalmente indifferente a quello che ribolle nel Paese. Un po’ come quando credi di eserti svegliato da un incubo e con orrore ti ci ritrovi dentro.Vista da Milano, dove si tagliano le spese essendo che il bilancio è disastroso e che, come dice l’assessore Tabacci, “pare di essere di fronte a un nobile decaduto che si è mangiato il capitale ed è finito alla Baggina”, la prospettiva di un altro anno in questo modo appare ancora più insopportabile.

Così ho pensato che forse, per accelerare i tempi, ci vorrebbe un altro 13 febbraio, care amiche di Se non ora quando. Un 13 febbraio pari pari, in tutte le città italiane, ma allargato. Richiamando quelle che sono scese in quelle piazze, ma allargando la convocazione a tutti, e in particolare ai giovani, che in Spagna sono i protagonisti e qui hanno dato la spinta decisiva alle amministrative e ai referendum. Che ognuna si porti in piazza i suoi ragazzi e i suoi uomini. Un 13 febbraio in piena estate e con rinforzo, per dare lo scossone definitivo. Un 13 febbraio con un obiettivo politico chiaro e puntuale: la fine di questo governo. Un 13 febbraio con le sciarpe non più bianche ma arancione.

Solo le donne oggi dispongono della forza necessaria. Il soggetto politico sono loro. La loro responsabilità è grande.

Il rinnovamento in Italia è necessariamente legato al protagonismo delle donne e dei giovani, paria della politica.