Leggo stamattina con la consueta nausea le intercettazioni delle telefonate di Bisignani -pure con la Prestigiacomo, non si salva proprio nessuno-, dopo aver visto ieri pomeriggio il Sultano, giusto un filo più grigio del solito, sciorinare al Senato il regolare elenco di promesse da non mantenere, totalmente indifferente a quello che ribolle nel Paese. Un po’ come quando credi di eserti svegliato da un incubo e con orrore ti ci ritrovi dentro.Vista da Milano, dove si tagliano le spese essendo che il bilancio è disastroso e che, come dice l’assessore Tabacci, “pare di essere di fronte a un nobile decaduto che si è mangiato il capitale ed è finito alla Baggina”, la prospettiva di un altro anno in questo modo appare ancora più insopportabile.

Così ho pensato che forse, per accelerare i tempi, ci vorrebbe un altro 13 febbraio, care amiche di Se non ora quando. Un 13 febbraio pari pari, in tutte le città italiane, ma allargato. Richiamando quelle che sono scese in quelle piazze, ma allargando la convocazione a tutti, e in particolare ai giovani, che in Spagna sono i protagonisti e qui hanno dato la spinta decisiva alle amministrative e ai referendum. Che ognuna si porti in piazza i suoi ragazzi e i suoi uomini. Un 13 febbraio in piena estate e con rinforzo, per dare lo scossone definitivo. Un 13 febbraio con un obiettivo politico chiaro e puntuale: la fine di questo governo. Un 13 febbraio con le sciarpe non più bianche ma arancione.

Solo le donne oggi dispongono della forza necessaria. Il soggetto politico sono loro. La loro responsabilità è grande.

Il rinnovamento in Italia è necessariamente legato al protagonismo delle donne e dei giovani, paria della politica.

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