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se non ora quando

Femminismo, jihad, questione maschile Marzo 2, 2015

8 marzo: lei, che dà una mano a Lui

Niente da obiettare sull’iniziativa donne con la A lanciata per l’8 marzo da Se Non Ora Quando (da qualche parte nella mia incasinata biblioteca devo ancora avere il volumetto di Alma Sabatini “Per un uso non sessista della lingua italiana“, era il 1987, figuriamoci). Ci sono ancora troppe donne che pretendono la qualifica al maschile, vale la pena di tornare in argomento. E’ ancora necessario presidiare i minimi: dico per esempio prostituzione, maternità e aborto, etc. Lo faccio anch’io, ci mancherebbe.

Però poi guardo questo trittico della giovanissima artista afghana Kubra Khademi, e come dice un’amica a cui l’ho inviato “mi sembra un sogno”. Il sogno di volare veramente alto, fino a quel punto di altitudine. Di un essere donna a cui è affidato di incarnare il più dell’umanità, per il bene di tutte e di tutti.

In questo blog e in molte altre occasioni mi sono spesso lamentata del silenzio di tante -la cui parola per me è vitale- sul change of civilization che oggi prende la forma di una profondissima crisi del modello capitalistico, ma anche di un conflitto molecolare sanguinoso e potenzialmente devastante con l’Animale Morente, quel patriarcato irriducibile, malato e violento che oggi si esprime -non solo, ma soprattutto- nelle azioni di Isis.

Guardo il dipinto di Kubra e mi piace pensare che quel Dio strattonato e chiamato brutalmente in campo stia chiedendo aiuto a una donna (ci sono momenti in cui, come dice Etty Hillesum, Dio ha bisogno di noi): mi pare cioè che il soffio vitale vada al contrario, o meglio nella direzione giusta, che sia lei a dare vita e linguaggio e coraggio a Lui, come sperimentiamo ogni giorno nelle maternità corporee, e non Lui a lei. O comunque, che tra i due ci sia un’alleanza, un patto da stringere.

Questo mi insegna il quadro di una ragazzina afghana, e mi suggerisce la strada di una differenza femminile che indichi l’uscita, che colga l’occasione di questa grande crisi per mettere al mondo un altro mondo.

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Febbraio 8, 2014

Italicum: voto segreto contro il 50/50. Vigilare!

Un selfie per la campagna di Se Non Ora Quando Factory: "Se non è paritaria, non è democrazia".

Un selfie per la campagna di Se Non Ora Quando Factory: “Se non è paritaria, non è democrazia”

Martedì 11 comincia alla Camera l’esame degli emendamenti sulla legge elettorale. Tra gli emendamenti, quelli che riguardano la democrazia paritaria e la rappresentanza di genere.

Al momento il testo contiene una norma “farlocca” sul 50/50, di pura facciata, che certamente non garantirebbe il 50 per cento delle elette. Se la legge restasse com’è, dall’attuale 30 per cento si potrebbe retrocedere al 20-25, le solite quote da ultimi posti nelle classifiche del Gender Gap. In Tunisia, dove la legge è simile e i capilista erano tutti uomini, le donne sono il 26 per cento. Se invece passasse uno solo dei due emendamenti fondamentali la situazione resterebbe invariata: 30/31 per cento. Se passassero entrambi si arriverebbe al 40 per cento.

Pochi avrebbero il coraggio di respingere a viso aperto gli emendamenti trasversali -e anche quelli presentati singolarmente- che chiedono l’alternanza uno-a-una (e non due-a-una) e prevedono il 50 per cento dei capilista, pena la decadenza delle liste. La cosa più facile, come è già capitato più volte nel nostro Paese supermacho -quando, per esempio, la ministra Prestigiacomo si vide bocciare una proposta di riequilibrio della rappresentanza, ma anche più recentemente, in Regione Sicilia–  è la sparatoria a voto segreto.

Purtroppo i regolamenti prevedono questa possibilità: oltre che per le questioni di coscienza, si può richiedere voto segreto anche sulla legge elettorale. Bastano 30 firme di parlamentari.

Pia Locatelli, parlamentare socialista eletta nelle liste di coalizione del centrosinistra, dice che il clima è tutt’altro che propizio. L’entusiasmo trasversale dell’inizio, che aveva visto parlamentari di varie parti politiche muoversi all’unisono sulla questione, sembra in fase calante.

“Alcune, anche nel Pd, hanno ritirato il piede dall’acceleratore” spiega Locatelli. “Dicono che non si può rischiare di far saltare l’accordo proprio su questi temi”.

Perché? Sono forse temi di poco conto?

“Per me l’appartenenza al genere viene prima dell’appartenenza di partito. Ma mi ci sono voluti 40 anni per arrivarci. Altre privilegiano la fedeltà alla squadra e ai capicorrente”.

Ha sentito qualcuno esprimere l’intenzione di chiedere il voto segreto?

“No. Ed è proprio questo silenzio a preoccuparmi. Se la questione non viene affrontata a viso aperto, vuole dire che le cose si stanno muovendo nell’ombra”.

Chi potrebbe metterci la faccia e chiedere il voto segreto?

“Per esempio qualche parlamentare della Lega: è il gruppo più maschile. Ma forse anche qualcuno fra i 5 Stelle: ho sentito Alessandro Di Battista esprimersi contro le azioni positive che servirebbero, a suo dire, solo per fare eleggere mogli, amiche e parenti”.

E il Pd?

“Mi sentirei di escludere che parlamentari Pd possano firmare per il voto segreto. Ma non che, al riparo da occhi indiscreti, possano contribuire ad affossare gli emendamenti. La mano sul fuoco non ce la metto. Una donna in più è un uomo in meno: vale anche per il Pd“.

 

per partecipare alla campagna di Se Non Ora Quando

-qui l’appello– mandate anche voi a

iocisono.demoparitaria@gmail.com

una foto con la scritta: 50/50. Se non è paritaria, non è democrazia)

femminicidio, Politica, questione maschile, scuola Settembre 20, 2013

Sulla violenza: lettera Snoq alla ministra Carrozza

 

Maria Chiara Carrozza, ministra dell’Istruzione

Se Non Ora Quando Factory invia una lettera alla Maria Chiara Carrozza, ministra dell’Istruzione, sulle “donne, la scuola, i programmi”.La pubblico volentieri

 

“Gentile Ministra Carrozza,

siamo un gruppo di donne che insieme ad altre hanno organizzato la giornata del 13 febbraio 2011, giornata che è rimasta nel cuore di tutte. Le confessiamo che il grande successo di quella manifestazione ci ha riempito di gioia, ma anche ci ha lasciate sgomente dal senso di profonda e drammatica necessità che tante donne portavano nelle piazze, necessità e urgenza di cambiamento, di ossigeno. Ricorderà che in quel periodo le nostre istituzioni, il Parlamento, si trovavano impantanati in storie ridicole trasformate in affari di Stato, si votava sulla nipote di Mubarak.

Questa nostra presentazione non serve per farci grandi, ma per poter meglio far comprendere che da quel giorno la necessità e l’urgenza di cambiamento non ci hanno più abbandonate e sono diventate per noi interrogazione quotidiana.

Una lettera alle istituzioni di questi tempi è inusuale, troppo divaricata è infatti la forbice tra governanti e governati, troppa sfiducia, troppo sospetto, troppa estraneità. Ma questo non vale per Lei, signora Ministra. A parte la stima grande per la sua storia di scienziata, ci è molto piaciuto il suo discorso a Cernobbio. Anche noi pensiamo, come lei, che la politica ha fatto male alla scuola e che con questa classe dirigente omologata con poche donne non riusciremo ad uscire dalla crisi. Ci piace quando parla di investimenti per la scuola e non di spese. Ci piace quando va a inaugurare l’anno scolastico a Casal di Principe, significando così che nessuno deve essere lasciato indietro.

Nessuno deve essere lasciato indietro. Per questo le scriviamo.

Come tutti di questi tempi avrà sentito parlare di femminicidio, di violenza contro le donne ne avrà letto, ne avrà sofferto, come ogni donna, di quel dolore speciale, dolore che un uomo, anche il più buono e pietoso, non può provare. C’è chi dice che è un fenomeno antico, che c’è sempre stato, che i numeri non sono aumentati. Fatto sta che oggi di donne ne muoiono troppe e troppe sono ancora maltrattate. E che bisogna mettere le mani urgentemente per arginare questo fenomeno antico o moderno che sia. Per lo più le donne che vivono questa disgraziata condizione, o che ne muoiono, sono stanche di essere male amate, stanche di obbedire, stanche di servire. La loro sofferenza, la loro morte svela un mondo terribilmente impreparato alla libertà delle donne.

A questo punto Lei si chiederà perché le stiamo parlando di tutto questo. La risposta è semplice. Perché, come lei, pensiamo che sia la scuola la strada più importante per uscire da questa crisi. In questo caso non parliamo di crisi economica e politica, ma della crisi profonda dell’anima di questo paese. E’ questa una grande urgenza.

Vede, noi non crediamo che si possa vincere la violenza contro le donne con l’inasprimento delle pene. Poco, solo un poco, crediamo ai provvedimenti di allontanamento dei violenti, alla loro rieducazione. Noi pensiamo che l’unica cosa che salverà noi donne da tutto ciò sia la stima di sé, il rispetto di sé, la coscienza del proprio valore, il senso della propria dignità. E’ anche noi stesse che dobbiamo rieducare, quindi, per poter riconoscere la violenza prima che accada. Niente altro ci salverà.

Siamo state molto deluse dal Decreto Legge recentemente proposto, decreto per altro senza un euro di finanziamento, che affrontava la piaga della violenza contro le donne come problema di ordine pubblico, accomunandola  alla violenza negli stadi, a chi ruba i fili di rame, ai no Tav. Questo significa non capire nulla o meglio far finta di non capire che il problema della violenza contro le donne non è il problema dei violenti ma di un’intera società.

Non crediamo neanche alle “lezioni di buona educazione” che ogni tanto insegnanti di buona volontà impartiscono nelle scuole a ragazze e ragazzi. E tanto meno crediamo sia giusto e buona la pubblicità reiterata della violenza, anzi pensiamo che faccia male, male alle ragazze per la spontanea identificazione con la vittima, con la parte debole, e male ai ragazzi per i possibili sensi di colpa e l’identificazione con la parte comunque forte. Lottare, poi, contro gli stereotipi nei libri di testo è ottima cosa ma pensiamo non basti. Per quanto ci riguarda ci auguriamo un mondo dove nessuno sia servo di qualcun altro e dove ognuno pulisca ciò che ha sporcato.

Che fare, allora. Abbiamo parlato di autostima, unica soluzione possibile. Ma la stima di sé comincia sempre prima di noi. La stima di sé per essere ha bisogno di due cose, l’ammirazione per coloro che sono venuti prima di noi e le aspettative di chi ci sta intorno. Questi sono i due nutrimenti necessari. La nostra società di aspettative nei confronti delle donne ne ha ben poche, lo sanno tutte le donne che hanno voluto e vogliono mettere al servizio della società i loro talenti, le loro ambizioni. Tutte possono, infatti, raccontare strade faticosissime. E l’ammirazione per chi è venuta prima di noi è semplicemente impedita. Le donne della storia, le filosofe, le scrittrici, le artiste, le scienziate sono dimenticate. La scuola non le racconta.

Noi crediamo profondamente nella differenza tra uomini e donne. L’uguaglianza non è per noi un valore, se non nella dignità e nel diritto. Crediamo nella differenza come ispiratrice di una giustizia migliore, una società più accogliente, più equilibrata. Uomini e donne hanno corpi differenti, differente storia, differente cultura. Noi donne veniamo da una storia pesante e dolorosa, ma che ci ha insegnato molto, questo è il nostro tesoro. Pensiamo che sia il tempo di mettere al lavoro questa differenza per una nuova concezione del mondo, per una nuova visione della società. Uomini e donne insieme nel governo della cosa pubblica, nel pensare, nel fare delle scelte che riguardano la vita di tutti, nella scienza: a questo bisogna preparare ragazze e ragazzi.

Noi pensiamo, l’abbiamo detto, che per dare forza, stima di sé, rispetto di sé alle ragazze come ai ragazzi siano necessarie delle figure da ammirare. Le ragazze hanno bisogno di figure di riferimento forti, donne forti, che hanno dato il meglio di sé, esempi da seguire. Questo è un nutrimento simbolico necessario. Ma la nostra scuola insegna solo ad ammirare gli uomini e le loro opere.

Le poche donne che restano nei programmi finiscono per rappresentare delle eccezioni, il loro potenziale simbolico è nullo, la loro forza resta intransitiva. Ai ragazzi si mostra un mondo di uomini, alle ragazze è riservato uno specchio vuoto. Questo è male per entrambi

Questo non era grave in un mondo dove le donne vivevano sotto tutela, quando non potevano accedere alle professioni, non potevano amministrare i loro beni, non votavano. Ma oggi no, oggi una ragazza sceglie cosa vuole studiare, può viaggiare, vota, può scegliere con chi dividere la propria vita, può avere figli o no, se non li desidera, può vivere dove vuole.  Ma la scuola di oggi per lei è ancora quella Ottocentesca, nelle sue linee fondamentali. Le donne non ci sono, non si ricordano, non si studiano, non esistono.

Dove sono le Maria Montessori, le donne che hanno covato l’Illuminismo nei loro salotti, Madame Curie, Santa Teresa d’Avila, le donne che hanno fatto la loro parte nel Risorgimento, le tantissime poete, le grandi scrittrici, le matematiche, Simone Weil, Hannah Arendt? Non ci sono, se non per la buona volontà di alcuni insegnanti disposti a “fuori programma”. Perché non si celebra l’8 Marzo come giorno della memoria del percorso delle donne, e degli uomini loro alleati, verso la loro libertà? Perché non si racconta ai ragazzi e alle ragazze le tappe di questo cammino luminoso?

Degli psicologi, reduci da un’inchiesta in tre licei della Regione Umbria, ci raccontavano della grande difficoltà in cui si trovano oggi le ragazze, per il semplice fatto che l’assenza di figure forti di riferimento entra in contraddizione con la libertà che godono, creando spaesamento, confusione, senso di solitudine, debolezza.

Lei non era ancora Ministra, quando si è indetto l’ultimo concorso per i nuovi docenti. Nel programma di Letteratura Italiana, su cui dovevano rispondere i candidati, su 30 autori c’era una sola donna: Elsa Morante. Anche questo è femminicidio. Si dice che le donne debbano andare avanti solo con il merito, ma alla povera Grazia Deledda, evidentemente, non è valso nemmeno il premio Nobel.

Gentile Ministra, ci rivolgiamo a lei, perché lei in questo momento è quella che può fare moltissimo contro la violenza alle donne, ma non solo, è quella che può rendere questo paese più civile, più equilibrato. La rivoluzione, non abbiamo altro termine, deve cominciare  dalla scuola, può essere solo nella formazione. Cambiare urgentemente i programmi, per dare forza alle ragazze, non farle sentire aggiunte in questa società, ma necessarie. Questo prima di tutto. Non c’è vero discorso sulla modernizzazione della scuola se non si parte da qui.

Ma non solo. Ridare dignità alla figura del docente, non farlo vivere sulla soglia della miseria, non farne un vinto. E rendere difficilissimo diventare insegnanti, che non sia una professione di rimedio ma di vera vocazione. Questo però è un altro discorso.

Se condivide quello che abbiamo detto, ci piacerebbe incontrarla per raccontarle il nostro lavoro.

Confidiamo molto in Lei. Grazie per la sua attenzione”.

Se non ora quando FACTORY

 

Politica Gennaio 16, 2013

#Tengofamiglia 2: Lombardia, Calabria, mogli e sindache

 

E dai, diciamolo. La sinistra non è mai stata fortissima sul fronte comunicazione. A parte il tragico manifesto qui sopra, pubblicità indiretta per i Tre Caballeros, leggo oggi che il segretario regionale lombardo del Partito Democratico Maurizio Martina dichiara che per la regione “la partita è apertissima”.

Dunque: il centrodestra dice “noi vinciamo”; il centrosinistra: “la partita è apertissima” (tradotto: “non ancora chiusa”).

Vediamo: abbiamo alle spalle una giunta piena di inquisiti e infiltrata dalla ndrangheta, e che a causa di ciò è stata costretta a dimettersi. La vittoria stava lì, su un piatto d’argento. Si è fatta la scelta faticosa di Ambrosoli e del patto civico quando il Pd aveva in Pippo Civati, mr Preferenze alle Parlamentarie, il suo candidato naturale: uno che in Lombardia si è consumato le suole, che aveva condotto la battaglia contro la giunta formigoniana, che aveva un programma bell’e pronto costruito nel fitto rapporto con il territorio, che non era milanese ma brianzolo, il che avrebbe rotto il trompe-l’oeil milanocentrico, che rappresentava benissimo la discontinuità, e che avrebbe spezzato la monotonia della dialettica progressisti-moderati e cattolici-laici e catalizzato gli entusiasmi, e che è pure carino, il che non guasta. E vabbè, è andata in un altro modo. Fatto sta che questo ciclone di rinnovamento oggi appare infiacchito, e ora ci sentiamo anche dire che “la partita è apertissima”, ovvero non ancora chiusa, anche se in verità i sondaggi non autorizzerebbero questa cautela preventiva. Insomma, come scrive l’amico Paolo Repetti su Facebook, “dal 4 a 0 in casa il Pd si è messo a giocare per il pareggio“. Non esattamente quello che serve per eccitare le masse.

A dare un po’ di verve  alla battaglia lombarda arriveranno i big: Bersani, Renzi, il sindaco Pisapia, che è sempre pop. Molto giusto. Ma visto che il comitato dei garanti democratici è al lavoro per dare una ripulita alle liste, messe su in tempi strettissimi -qualche problema in effetti si è verificato-, vale la pena di sottolineare che quello che capita, per esempio, in Calabria potrebbe avere maggiori riflessi sul centrosinistra lombardo di qualunque testimonial d’eccezione. Se, per dirne una, il Pd recuperasse in volata una delle sindache antimafia, incredibilmente lasciate a casa per dare spazio a big del partito, fedelissimi, paracadutati e parenti, tipo Enza Bruno Bossio, moglie del potente dominus locale Nicola Adamo, a sua volta padre naturale del figlio dell’ex sindaca di Cosenza Eva Catizone, oggi candidata Sel (sì, lo so, sembra Beautiful, ma non è colpa mia), ebbene, questo produrrebbe effetti anche in Lombardia. Intanto la lista Monti sì è accaparrata Carolina Girasole, sindaca di Isola di Capo Rizzuto.

Insomma: mi pare che a questa faccenda di Parentopoli (anche a Milano abbiamo una paracadutata non diversamente leggibile, Fabrizia Giuliani, romana, moglie di, sedicente candidata Snoq ) e Inquisitopoli non si stia dando l’importanza che ha. Anzi: ci sono rumour che darebbero Bianca Berlinguer in uscita dal Tg3 per essere candidata sindaca a Roma, stante lo “zio” europarlamentare e il marito candidato al Senato in Sardegna, entrambi veterani. Una dinasty.

Come sostiene Giovanna Cosenza, autorità in materia di comunicazione politica e autrice di “Spotpolitik”, se un partito inserisce nelle sue liste candidati e candidate “parenti di” (figli di, mogli di, cognati di ecc.), e lo fa in questo momento storico in Italia, be’, sta comunicando qualcosa di molto preciso ai suoi elettori: non siamo cambiati e non abbiamo intenzione di farlo”.

Anche questa è comunicazione. Anzi, lo è molto di più.

p.s.: Volete il mio punto di vista? I parenti ce li terremo. Tutti, e dappertutto. A noi non resta che l’arma del voto.

 

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Dicembre 20, 2012

Snoq: Senza le donne non si governa

un frame dello spot “Senza le donne non si governa”

Parte in settimana Se Non Ora Quando con la campagna “Senza le donne non si governa” -spot tv in collaborazione con Pubblicità Progresso, incontri con i partiti a livello nazionale e locale in assoluta trasversalità, iniziative di sensibilizzazione- per sostenere la più ampia presenza femminile nelle istituzioni rappresentative.

E questo lo dico io: sperando che a Snoq riesca quello che non è mai riuscito a nessuna, convincere le donne a sostenere le donne. A livello nazionale non sarà possibile esprimere preferenze, l’orrido Porcellum non lo consente (la possibilità esiste solo per i partiti che indicono primarie). Ma certamente sarà possibile non premiare con il proprio voto quei partiti che non si impegnino a candidare donne, e non come carne da Porcellum, ma in posizione di eleggibilità, insomma in testa di lista.

Dopo lunga e complessa discussione interna, Se Non Ora Quando ha deciso che alle prossime elezioni non saranno presenti liste Snoq, né vi saranno candidate con “bollino” Snoq: nessuna è titolata a utilizzare il brand. Temi prioritari da spingere in agenda: democrazia paritaria, contrasto alla violenza sulle donne, diffusione a tutti i livelli di una cultura di genere, rinnovamento della politica, lavoro e welfare, più altri temi locali. Dialogo aperto con chi li assumerà.

Nascono anche coordinamenti regionali (già certo, ad esempio, quello della Lombardia: il 24 febbraio, com’è noto, si voterà anche per il governo regionale) che declineranno la campagna in chiave territoriale.

Se non ora, insomma, mai più. Vi terremo informat* su tutto.

 

Aggiornamento delle ore 17.40. Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario, adotta una diversa impostazione: non semplicemente un appello alle candidature e al loro sostegno, ma la raccolta di 200 curricula , nomi e cognomi, da proporre ai partiti in modo trasversale, come vedete qui a seguire. Proposta, quella di proporre e sostenere candidature precise, che piaceva anche a una parte di Snoq, ma che non ha trovato l’appoggio maggioritario.

Quale delle due strategie vi convince di più? Fare nomi e cognomi, o spingere senza nomi precisi?

Ed ecco il comunicato Golfo:

ELEZIONI; RACCOLTE OLTRE 200 CANDIDATURE FEMMINILI PER TUTTI GLI SCHIERAMENTI

Roma, 20 Dicembre – Oltre 200 donne di ogni schieramento politico, professioniste, manager, imprenditrici, donne delle istituzioni e di associazioni femminili hanno risposto all’appello di Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, e si sono  riunite oggina Roma presso l’Auletta dei gruppi della Camera dei Deputati, per proporre a tutti partiti, liste e schieramenti, la loro candidatura alle prossime elezioni nazionali e regionali.

 

“Siamo tante e vogliamo impegnarci per una società più a misura di donne e per una politica che ci rappresenti. Queste elezioni sveleranno le reali intenzioni dei partiti: le donne vanno collocate ai primi posti delle liste se si vuole una nuova classe dirigente capace di portare nella politica quel vento di cambiamento che serve all’Italia, all’economia e al Parlamento. Questa legge elettorale lascia nelle mani di segretari e dirigenti di partito la scelta dei parlamentari e per questo chiediamo un impegno concreto e inequivocabile. Il rinnovamento non è una questione anagrafica ma significa aprire la politica a coloro che hanno idee, esperienze e competenze per portare il nostro Paese sul binario della crescita e per introdurre linfa vitale in una politica sempre più lontana dai bisogni dei cittadini”. 

 

Oltre duecento le candidature femminili raccolte in pochi giorni dall’Onorevole Golfo, autrice della legge sulle quote di genere nei CdA delle società quotate e controllate. Il prossimo passo sarà consegnarle a tutti i segretari e leader politici perché vengano tenute in considerazione al momento della compilazione delle liste.

“Sono tutte donne – continua Golfo – con alle spalle grande esperienza nelle imprese, nelle professioni, nell’associazionismo. Alcune di loro hanno avuto incarichi nelle assemblee locali ma la maggior parte sono neofite, donne con spirito di servizio, pronte ad accettare la sfida e a mettersi in gioco perché convinte che una democrazia compiuta non possa fare a meno della voce della metà della popolazione. La loro risposta, il loro entusiasmo mi hanno profondamente colpita perché parlano di una società civile pronta a impegnarsi in modo consapevole e responsabile. La politica deve attingere a questo immenso patrimonio morale e professionale se vuole risvegliare quell’energia vitale, quel coraggio e quella passione senza cui ogni ricetta e strategia non possono funzionare. Dalle nostre ricerche risulta che quasi la metà delle donne italiane reputa queste elezioni cruciali per il futuro del Paese ma allo stesso tempo le statistiche segnalano che quasi 5 milioni di donne sono pronte ad astenersi dal voto. E questo perché finora si sono sentite escluse dalle decisioni e dalla guida del Paese. La politica ha il dovere di includerle e noi non ci fermeremo finchè le donne non saranno la metà dei parlamentari e dei membri delle giunte. Il nostro appello è ai partiti ma anche alle donne. Noi ci mettiamo la faccia, ma le donne devono metterci il voto e dove potranno esprimere le preferenze, a partire dalle primarie del Pd fino alle elezioni regionali in Lombardia e Lazio, devono votare altre donne. Non un voto di genere ma un voto per la serietà, l’onesta, l’impegno e le competenze di tante donne che vogliono esserci e contare”.

 

 

Donne e Uomini, Politica Ottobre 25, 2012

Se Non Ora Quando e Laura Puppato: parla Izzo

francesca izzo

Mi scrive Francesca Izzo, comitato promotore di Se Non Ora Quando:

Anche se in ritardo vorrei fare qualche considerazione sulla vicenda Puppato e sulla presunta sconfitta di tutte le donne, come sostiene Marina Terragni. Io ho dato la mia firma per consentire la candidatura di Laura Puppato pur dichiarando che alle primarie non l’avrei votata, perchè voglio che il mio voto pesi sugli esiti rilevantissimi del confronto in atto nel centrosinistra e non solo. Invece il modo come è partita la sua candidatura che, conviene ricordarlo, è alla premiership, vale a dire un modo che non tira in ballo nessuna questione vitale per gli sviluppi politici ed istituzionali dell’Italia di per sè, a mio parere, la condannava alla irrilevanza e con lei condannava alla marginalità e alla irrilevanza le donne. Per questo non è un bene farne una bandiera delle donne. Se si dice che si tratta di una questione simbolica si dice qualcosa che ci fa fare un passo indietro gigantesco perchè noi, almeno noi di Snoq, abbiamo parlato di governo delle donne non di testimonianze simboliche. Per rendere più chiaro quel che intendo dire facciamo l’ipotesi che Laura Puppato si fosse candidata sollevando la questione del rinnovamento delle classi dirigenti italiane, del cambio delle politiche, dell’innovazione programmatica facendo perno sulle donne e rivolgendosi esplicitamente alle donne, allora sì che saremmo state chiamate tutte a rispondere, positivamente o negativamente non importa, ma comunque chiamate in causa tutte a sinistra come a destra, facendo forse saltare lo stesso recinto delle primarie del centro sinistra. Ma questo non è stato il tratto distintivo della sua candidatura, ha cominciato a sottolineare il fatto di essere una donna e si è rivolta alle donne solo per denunciare il silenzio che circondava la sua candidatura. Ancora una volta associando all’essere donna un dato di marginalità e di debolezza che noi tutte vogliamo a tutti costi scrollarci di dosso. Per questo dico che la tesi di Terragni è inutilmente autolesionistica“.

Così le rispondo:

Cara Francesca, Puppato come tu la descrivi io non la riconosco. Da lei, ben più che dagli altri candidati, non ho sentito che parlare di contenuti programmatici, di lavoro, di ambiente, di sviluppo, di welfare, e anche di temi di pertinenza più strettamente femminile, diciamo così, come la violenza e la 194. Quando l’hanno fatta parlare, s’intende, perché l’oscuramento è stato e continua a essere feroce, e da voi del comitato promotore mi sarei aspettata una rapida presa di posizione su questo (che invece è arrivata solo ieri sera, a raccolta firme praticamente chiusa: a me pare che a questo punto forse sarebbe stato meglio evitare).

Laura Puppato è stata un’ottima amministratrice a Montebelluna, come riconosciuto perfino da Grillo che malgrado lei l’ha nominata “sindaca a 5 stelle”, ha governato insieme ai suoi cittadini, ha lavorato molto sulle politiche familiari ed è stata premiata per questo, ha trovato una soluzione per dare casa ai giovani, ha applicato il protocollo di Kyoto senza aspettare il resto del Paese, ha lavorato intensamente sul territorio, e i cittadini ne hanno fatto una Mrs Preferenze: consenso conquistato sul campo che il Pd non ha potuto ignorare, anche se ci ha provato. Puppato ha anche introdotto autonomamente in Regione Veneto una norma che obbliga al 50/50 nelle liste, pena la decadenza (avrebbe voluto la doppia preferenza di genere, ma non ce l’ha fatta). Tu dici che non ha parlato di rinnovamento? Sei molto male informata: Puppato chiede primarie anche per le candidature. E che non ha fatto riferimento alle donne? Sbagli pure qui.

Diversamente da molte di noi, non è “nativa femminista”, ma la sua candidatura nasce dal legame con altre, a cominciare da Concita De Gregorio che l’ha convinta a buttarsi. Immediatamente ha cercato legami con molte tra noi, per esempio con me, e nel vostro comitato con Alessandra Bocchetti, Lidia Ravera, Lunetta Savino, e con molte altre (magari non con le donne del Pd, il cui abbraccio, come ho dovuto più volte constatare, potrebbe essere mortale).

“L’irrilevanza politica”a cui tu la condanni preventivamente è smentita dal fatto che pur nelle note condizioni di oscuramento, i consensi per lei (che i sondaggi indicano come “altri”, e mai con nome e cognome) sono al 4 per cento, percentuale miracolosa che può solo crescere, e crescerà tanto più quanto più verrà tenuta ai margini, perché la sua candidatura sta assumendo un colore “civico”. Del resto lei nasce come civica, pacifista e ambientalista, e questo tratto continua a segnarla profondamente.

Io credo che Se Non Ora Quando avrebbe dovuto salutare immediatamente e con gioia, coerentemente alla propria battaglia sulla rappresentanza femminile, un fatto storico, e cioè l’autocandidatura di una donna alla premierhip, oltre a chiedere da subito condizioni di pari visibilità. E invece non l’ha fatto: farlo ieri sera in extremis è stato un vero autogoal (parlo del comitato promotore, molti comitati territoriali e molte singole si sono mossi, e secondo me hanno fatto molto bene). Così come dovrebbe salutare, io stessa l’ho fatto, la candidatura di Daniela Santanché per il centrodestra, nella logica trasversale che voi giustamente rivendicate.

Le donne del 13 febbraio, quelle che hanno reso storica quella piazza, le donne semplici che si sono mobilitate con slancio autentico, non capiscono e sono molto deluse: si chiedono come mai Se Non Ora Quando non abbia dato il via ai festeggiamenti che dicevo, così come si sono chieste, qualche mese fa, come mai Se Non Ora Quando non abbia sostenuto vigorosamente la candidatura di Lorella Zanardo alla Rai, posizione che le sembrava cucita addosso. Si chiedono anche, io stessa l’ho chiesto più volte ma non mi avete mai risposto, come si erano espressi a riguardo i comitati territoriali, fra i quali il nome di Zanardo risultava il più gettonato.

Si domandano se per caso Se Non Ora Quando non si faccia condizionare troppo dai partiti maschili, se non ne sia stato in qualche modo colonizzato, se non ne sia presidiato, e per quello che ho visto e sentito io il problema almeno in parte c’è, è serissimo, e rallenta le prese d’iniziativa.

Chi ha indetto il 13 febbraio si è assunta una grande e bellissima responsabilità, è titolare di un grandioso patrimonio politico che non va sperperato, e sono sicuro che ciò è lontanissimo dalle vostre intenzioni e dai vostri auspici.

p.s. mi scuso per eventuali svarioni, ma avevo fretta di risponderti

Aggiunta del 27 ottobre. ore 19.20

Ecco il programma di Laura Puppato.
A me piace moltissimo. Coincide in grande parte con quello che penso, dico e scrivo da anni.

 

Donne e Uomini, Politica Ottobre 19, 2012

La scomparsa delle donne (di Laura e di tutte)

Bisogna che ce lo mettiamo bene in testa, care amiche: se scompare lei, Laura Puppato, prima e unica candidata alla premiership nella storia di questo paese misogino, politicamente scompariamo tutte. Scompaiono le sue sostenitrici ma anche quelle che non la sostengono. Scompaiono le donne di sinistra, di destra, di centro, le agnostiche.

Quando qualche anno fa ho scritto un libro intitolato “La scomparsa delle donne”, non mi riferivo questo. Ma oggi il titolo funziona perfettamente per descrivere quello che sta capitando.

Quando si parla di primarie del centrosinistra si parla solo di Bersani, Renzi e Vendola. Anche le donne del Pd nominano solo Bersani e Renzi, e quelle di Sel aggiungono Vendola. Nei sondaggi si parla del piazzamento di Renzi, Bersani, Vendola, e infine di “altri”: il nome di Puppato non viene nemmeno pronunciato. Idem ieri sera, su La 7, conduzione di Formigli: solo la protesta di Sabina Ciuffini, lì presente, e i tweet indignati di varie telespettatrici. Silenzio dei giornali. Incredibile oscuramento anche da parte del femminismo: tace Se Non Ora Quando -anche se parlano varie illustri snoqer, come Alessandra Bocchetti, Lidia Ravera, Lunetta Savino e altre-. La presidente della Rete pugliese delle Donne per una Rivoluzione Gentile, Rita Saraò, sonda l’umore delle associate: voterete Bersani, Renzi o Vendola!!! Puppato nemmeno la considera. Donne elette in consiglio comunale a Milano in forza del 50/50 e dei ragionamenti sul genere che si scrollano la questione di dosso: “la candidatura di genere non esiste” (Marilisa D’Amico). Peccato che quando si è trattato di farsi eleggere esisteva, eccome. Sembra mancare del tutto la consapevolezza che quello che oggi capita a Puppato sta capitando a tutte -l’oscuramento assoluto, vedi il caso del convegno di Paestum– e continuerà in particolare a capitare a qualunque donna si faccia avanti politicamente.

E’ opportuno distinguere: un fatto è votare Laura Puppato, scelta ovviamente libera; altro fatto è nominarla, ovvero riconoscerla politicamente, non condannarla all’inesistenza politica. Su questo dovremmo tutte convergere e ribellarci, perché la portata simbolica di questa cancellazione è devastante.

Forse se è un uomo a dirlo fa più impressione. Antonio Capone mi scrive su Facebook: “Ha meravigliato anche me la poca o quasi nessuna indignazione delle donne per il caso Puppato, con la scusa dell’ “in-sano realismo”… più realiste del re. Possibile che non venga almeno percepito il valore simbolico della questione… a meno che non si consideri la questione di genere come una cosa superata… E’ risaputo che la parola d’ordine in ogni campo è saper fare squadra…e perché in questo caso non avviene? Non vorrei che il nostro Paese, in ritardo su troppe cose, lo fosse anche su questa questione. Spero di sbagliarmi. L’esclusione delle donne dai posti di potere ha ripercussioni sociali, economiche, e d’immagine nel mondo di non poco conto… il grado di civiltà di un paese viene misurato anche da questo marker…”.

La gaffe del repubblicano Romney contro le donne probabilmente condizionerà in modo definitivo l’esito delle presidenziali americane, e quindi i destini del mondo: perché lì l’opinione pubblica femminile -e il voto delle donne- pesa moltissimo.

Non è forse venuto il momento che capiti anche qui?

 

Donne e Uomini, Politica Ottobre 11, 2012

Femministe che votano uomini

Fattemi le condoglianze per Formigoni, oltre alle felicitazioni per il via libera del Senato alle quote nelle liste per le amministrative, mia zia di Venezia aggiunge: “E poi sarete contente, te e le tue amiche, che c’è una donna alle primarie“.

Come glielo spiego, accidenti? Lei dà per scontato l’endorsement di Se Non Ora Quando e similari, o quanto meno un’attenzione attiva. Io invece sono qui a incrociare la spada con le molte, moltissime, troppe, disciplinatamente allineate dietro Bersani o Renzi, secondo la nota legge della “doppia fedeltà”: sono femminista, ma quando è il momento voto un uomo, anche se strillo da mesi o anni sul 50/50 e sul “vota donna”.

Perché poi, quando la donna da votare c’è, quella che si è fatta avanti, quella che ha strappato, caspita, non è mai la donna giusta. E’ bionda e io la volevo bruna. E’ magra e io la sognavo tonda. E’ troppo poco mediatica. E’ troppo mediatica. Non parla bene l’inglese. Si veste strana. Ho saputo che una volta ha detto X, mentre doveva dire Y. Il colino ha le maglie strettissime, c’è sempre qualcosa che non torna. Con gli uomini, invece, si va un tanto al chilo, e non si butta mai via niente.

Le iscritte ai partiti hanno le loro ragioni, le loro correnti e i loro tornaconti. Ovvio. E’ lecito chiedersi, allora, perché stiano nella politica delle donne, se non per presidiare e indirizzare il consenso. Le altre invece si lasciano intrappolare dai mille distinguo che dicevo sopra.

Be’, non è detto che quella donna debba piacermi per forza. Giusto. Ci sono donne da cui non comprerei un’auto usata. Ma una cosa è detta senz’altro, e senza ombra di dubbio. Che se una si fa avanti, se una trova il coraggio di strappare e candidarsi rompendo la logica monosex di ogni fatto politico italiano, ebbene, noi tutte le dobbiamo la necessaria attenzione. Dobbiamo ascoltare quello che ha da dire e da proporre, dobbiamo almeno in parte sostenerla nella sua avventura.

E dicendo “almeno in parte” intendo questo: che dobbiamo assicurarci che quella donna possa quanto meno scendere in campo, che il gioco delle correnti e il mercato dei voti non le impedisca perfino di provarci, che non le tocchi tornarsene a casa per non avere avuto nemmeno i consensi necessari a partecipare alla partita. Perché se questo capitasse sarebbe una sconfitta per tutte, la pagheremmo tutte.

Quindi io mi auguro che le delegate e i delegati del suo partito, il Pd, assicurino in ogni modo a questa donna, Laura Puppato, i voti necessari a candidarsi, in una logica unitaria e pre-competitiva. Assumendo perciò come battaglia del partito tutto la rottura dell’omosessualità politica. Se il Pd sostiene le quote, se sostiene il 50/50, non può presentare solo candidati maschi alle primarie. E le donne, tutte, dovrebbero spingere in questa direzione (qui un appello).

Spero che mia zia abbia capito. E non solo lei.

 

Donne e Uomini, Politica Ottobre 9, 2012

Gli siamo servite, e non serviamo più

In un suo post, Lorella Zanardo elenca le molte iniziative di donne lo scorso we: le mille di Paestum, altre mille convenute a Roma da tutto il mondo per la conferenza di Win, l’incontro nazionale delle teologhe, il convegno sulla Toponomastica e chissà di quante altre di cui non sappiamo. Il we politico italiano, insomma, è stato delle donne. Ma le cronache sono state degli-e-sugli uomini: pagine e pagine, e ore e ore di trasmissione sulle primarie del centrosinistra, o meglio sul derby Bersani-Renzi + Vendola (Puppato sostanzialmente oscurata).

Molte donne di questo Paese e anche di altrove si sono mobilitate e confrontate, hanno discusso, riflettuto, elaborato, tenendo al  centro il bene comune, ma di tutto questo, se non ci fosse la rete, e della grande ricchezza prodotta, le cittadine e i cittadini italiani non saprebbero quasi nulla. Il nostro digital divide è ancora notevole, e tv e carta stampata fanno ancora la parte del leone.

Il 13 febbraio 2011, grande moto di popolo organizzato e guidato dalle donne, una delle più grandi manifestazioni se non la più grande che il Paese ricordi, non sarebbe stato probabilmente ugualmente grande se i media tradizionali non avessero contribuito alla sua preparazione dedicandogli straordinaria attenzione prima, durante e subito dopo. Semplicemente, la gran parte di quelle moltissime donne non avrebbe saputo.

I sentimenti di quelle donne, intendiamoci, erano autentici, l’indignazione reale, l’impegno di chi aveva organizzato la manifestazione sincero e generoso. Ma l’interesse maschile era deciso da altro: c’era da far cadere Berlusconi, e la mobilitazione delle donne era funzionale a quello storico obiettivo. Era la forza d’urto, la spallata definitiva. (io, forse un po’ ingenuamente, me la figuro così: Mr President che telefona al nostro vecchio Presidente, e gli dice che così non funziona più, doesn’t work). Sul Corriere ho partecipato al grande dibattito preparatorio, e tra le altre cose dicevo questa: “Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza“.

Gli siamo servite, e non serviamo più. Anzi, gli serviamo a casa: serve che ce ne stiamo buone e tranquille, che non pretendiamo il lavoro in un momentaccio come questo, che ce ne stiamo a casa a curare bambini, malati e vecchi, welfare illimitato e gratuito. Come fanno nel privato, ci hanno usato, materia prima inesauribile, sempre a disposizione. La cortina del silenzio sul we politico delle donne -e in generale sulla politica delle donne- è esemplare. Ha moltissime ragioni Alessandra Bocchetti quando dice, come ha detto a Paestum, che “dovremmo soprattutto lavorare alla creazione di un’opinione pubblica femminile vincolante, forte, determinata, che preoccupi chi ci governa, che faccia sentire l’obbligo di render conto delle scelte“.

P.S. Una nota di amarezza che non c’entra, o forse sì: scambio di sms ieri con un’amica molto ingaggiata in Se Non Ora Quando, e anche nel Pd. Che alle primarie sosterrà Bersani, e non Laura Puppato, unica candidata nella schiera crescente di contendenti maschi. La “doppia fedeltà”, al partito maschile e alla causa femminile, posizione dilemmatica che come sempre, non appena il gioco si fa duro, si scioglie e si rivela per quella che è: fedeltà unica alla legge del padre.

Donne e Uomini, Politica Settembre 5, 2012

Desaparecide

Il manifesto dell’incontro di Paestum, disegnato da Pat Carra

Di nuovo sparite dalla scena politica.

Di tanto in tanto spunta Bindi, o dal’altra parte Santanché. Per il resto, deserto. Il dibattito sulla legge elettorale è un simpatico fra-uomini. Le primarie del csx sono un affare maschile, nessuna che abbia anche solo minacciato di buttarsi nell’agone, ma la vera notizia è che questo non pare costituire un problema per alcuna.

Fra qualche mese vedremo le liste: un po’ di donne dovranno pur mettercele, se non altro per ragioni cosmetiche. Qualche trattativa personale sarà già in corso. Soprattutto nel centrodestra, che ha il problema di riqualificare il parco-donne (operazione: far dimenticare Minetti). Carine, magari sì, ma stavolta con robusto curriculum. A sinistra, secondo il buzz sulle intenzioni, oltre alle riconferme, qualche interna che fa carriera, più qualche innesto glam, nel senso di donne riconoscibili dalle elettrici. Del famoso 50/50 al momento non si parla, Renzi promette una vicepremier, Grillo della questione non si cura, forse maggiori prospettive da un’eventuale lista dei sindaci arancione, che il 50/50 l’hanno già praticato più o meno tutti.

Quanto a Se Non Ora Quando, dopo la vicenda del Cda Rai (bruttarella), “dentro Tobagi, fuori Zanardo”, come ha scritto Lidia Ravera, siamo ancora in pausa estiva. Ma i lavori sul tema della rappresentanza, avviati in pompa magna a Milano, Palazzo Reale, si sono decisamente arenati. Un certo sfarinamento nei territori, la forza propulsiva del 13 febbraio che appare affievolita. Quasi certamente nessun protagonismo politico diretto (proprie liste, proprie candidate alle primarie): ancora non è chiaro in che modo Snoq intenda prendere parte alla costruzione della prossima legislatura.

Intanto si scaldano i motori per il convegno di Paestum “Primum Vivere anche nella crisi: La rivoluzione necessaria. La sfida femminista nel cuore della politica” (5-6-7 ottobre). Il tema dell‘efficacia decisamente al centro.