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diritti, Donne e Uomini, Politica Dicembre 13, 2013

Il Pd di Renzi e i diritti civili

 

“Sui diritti il Matteo non è forte”: ante-primarie lo ammettevano anche vari “renziani”, malcelando il “neo” del loro candidato: per ora cerchiamo di parlarne il meno possibile, poi vedremo. Stefano Boeri, eletto tra i delegati di Renzi all’assemblea nazionale Pd, più onestamente sosteneva: “Sui diritti civili, come sui matrimoni e le adozioni per le coppie gay non la penso come lui”.

Non si tratta in verità di essere più o meno “forti” sul tema dei diritti. Si tratta forse di non aspettarsi da Matteo Renzi quello che Matteo Renzi non intende dare. Di cambiare aspettative. Di non stupirsi, per esempio, dell’edificazione di un cimitero dei feti a Firenze. Del fatto che Marianna Madia, delegata al lavoro della sua segreteria, ritenga che

L’aborto è il fallimento della politica, un fallimento etico, economico, sociale e culturale… credo che la vita la dà e la toglie Dio, noi non abbiamo diritto di farlo. Quindi dico no all’eutanasia. Se si parla di famiglia io penso a un uomo e una donna che si sposano e fanno dei figli. Scegliendo per la vita”. Salvo poi rettificare “penso che la 194 sia una conquista e che vada applicata in toto”.

Nessuna rettifica sull’eutanasia né sulle famiglia omoaffettive.

Il 2 ottobre il mix voto contrario-astensione di vari consiglieri Pd in Regione Toscana ha affossato una mozione che chiedeva una migliore applicazione della 194 –peraltro presentata dalla maggioranza di centrosinistra-: legge ormai sostanzialmente inapplicata causa obiezione di coscienza oltre al 70 per cento.

Qualche giorno fa il copione si è riproposto in Europa con la bocciatura della risoluzione della deputata socialista portoghese Edite Estrela sulla “salute e i diritti sessuali e riproduttivi”, che chiedeva tra l’altro il diritto “all’aborto sicuro e legale” in Europa (quindi non il diritto ad abortire, ma a non crepare), un’educazione sessuale per bambine e bambini, la prevenzione di gravidanze indesiderate con accesso equo alla contraccezione in un’ottica di lotta alle discriminazioni di genere. La risoluzione, sostenuta tra gli altri dalla European women lobby, dall’European parliamentary forum on population and development e da Amnesty International e fieramente combattuta dai no-choice, è stata bocciata anche grazie all’astensione dei piddini Silvia Costa, David Sassoli, Patrizia Toia, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi e all’assenza di alcuni altri. Posizione che non forse non corrisponde alle aspettative in tema di diritti di molti elettori e iscritti (ancora maggioranza?) nel Pd.

Lo dice chiaro Rosy Bindi:

Renzi realizza ciò che io ed altri non siamo riusciti a fare: rompere la continuità Pci-Pds-Ds-Pd”.

Non, peraltro, che il Pci-Pds-Ds-Pd sia mai stato davvero in prima linea sul tema dei diritti: il divorzio, per dirne una, fu essenzialmente una conquista radicale, che il Pci osteggiò a lungo. Ma con la segreteria Renzi la linea di resistenza potrebbe diventare maggioritaria.

E del resto, da analisi del voto alle primarie, solo il 29 per cento degli elettori di Matteo Renzi si definisce di sinistra. Il Pd, insomma, starebbe cambiando elettorato e pelle.

Ancora due notazioni: dire “sono a favore della 194” oggi non significa nulla. E’ a favore della 194, ma sul serio, solo chi intraprende politiche che ne garantiscano l’applicazione, individuando contromisure alla vastissima obiezione. In caso contrario si è a favore di una scatola quasi vuota. Non a caso i no-choice non vanno all’attacco frontale con un referendum abrogativo, a rischio di nuova sconfitta: ancora un po’ di obiezione e la legge non ci sarà più.

L’altra cosa la dico a chi ritiene che, in tempi duri come questi, parlare di diritti sia un lusso, come pretendere rose quando manca il pane. Per dirla marxianamente, struttura e sovrastruttura. Questo è un vero e tenace trompe-l’oeil, una visione ingannevole. E’ forse la mancanza di lavoro e di soldi a impedire una legge che consenta a una coppia dello stesso sesso di sposarsi se lo desidera, o a un cittadino di lasciare disposizioni sul suo fine-vita? E più diritti per le donne, come dimostrato da centinaia di studi, non si tradurrebbe in punti di Pil? Non si parla sempre del miglioramento della condizione delle donne come di una misura per la crescita e di un indicatore di civiltà?

Del Pd di Renzi si dice che è “post-ideologico”. Forse, più correttamente, si dovrebbe dire che racconta un’altra storia al nostro Paese. Prima ancora che una scissione, rischia una deflagrazione su questi temi sensibili, temi dai quali oggi passa molta politica.

 

 

 

 

esperienze, Politica Novembre 4, 2013

Politica-Bostik: incollati alla poltrona

 

Flavia Perina la chiama “nevrosi del parlamentare”. Lei che parlamentare lo è stata, e dalle ultime elezioni non lo è più a causa dell’evaporazione del suo partito (Fli), si è riassestata nella sua vita: fa la giornalista free lance, è alquanto tosta e continua ad amare e seguire la politica. Ma ha visto da vicino la sindrome di chi, eletto nelle istituzioni, vive nel terrore di perdere la poltrona, per dirla in modo pop. Terrore che oggi ha raggiunto i livelli di guardia e dal quale la politica è fortemente condizionata: quello che conta è che il governo duri il più a lungo possibile per evitare di andare a nuove elezioni, con il rischio di non venire ricandidati. Una quota considerevole di parlamentari che rinuncia alla propria autonomia di giudizio e a rappresentare il suo elettorato per evitare di indispettire la nomenclatura di partito, che potrebbe decidere di non ricandidarli. Le ragioni personali pesano sempre e ovunque. Ma nella politica di oggi sembrano pesare ben oltre il livello fisiologico: la rappresentanza democratica coincide sempre più strettamente con la rappresentazione del proprio utile.

“Il fatto è che ormai nei partiti è una roulette russa” dice Perina. “Nel Pd molti veterani non potranno godere di ulteriori deroghe, e poi ci sono i miracolati delle primarie di Capodanno, entrati con una manciata di voti, che rischiano di tornaresene per sempre a casa. Nel Pdl, il “padrone” che, come se gestisse una sua azienda, potrebbe decidere di nominare una qualunque soubrette al posto tuo, senza doverti alcuna spiegazione. Il terrore di non rientrare è trasversale alle larghe intese. E colpisce anche il Movimento 5 Stelle”.

Anche se questo fa in qualche modo parte del patto a 5 stelle: negli incarichi si ruota, sai che potresti durare giusto una legislatura…

“Sì. Ma anche per loro la carne è debole. Anche qui pesa l’istinto di autoconservazione. Sai che sei entrato con un consenso occasionale e contingente. Che non ci sarà il secondo giro e che non diventerai mai un professionista della politica”.

E questo è un male? Per loro sì, certo: ma per noi?

“Be’, alcuni cominciano a “studiare” da ragazzini per fare questa carriera: prima consiglieri di zona, poi in comune, poi tenti il salto regionale e nazionale. Una costruzione faticosa”.

Come per una carriera professionale. Salvo che poi in questo modo vengono eletti quelli che hanno “timbrato”, i padroncini delle tessere, piccoli funzionari, burocrati. E mai i talenti che magari non hanno frequentato circoli e sezioni, ma che servirebbero davvero al Paese. Raro che i due profili coincidano.

Qui c’entra la crisi dei partiti. Una volta c’era una forte attività di scouting nel senso nobile del termine: per riequilibrare l’eccesso di nomine interne e per evitare un andamento asfittico si cooptavano esterni talentuosi. Intellettuali, professionisti, imprenditori che portavano la loro visione e il loro valore aggiunto, e magari anche la scomodità di un po’ di eresia e di anticonformismo, che al partito facevano bene. Poi è intervenuto un mutamento genetico profondo, connesso al racconto berlusconiano-televisivo: pochi esterni e tutti mediatici, a destra come a sinistra. Per lo più gente passata in tv: le veline candidate in Europa, previo corso accelerato di politica, ma anche figure come quelle della sportiva Valentina Vezzali, deputata di Scelta Civica. La quale, mi dicono, alla Camera si vede molto poco…”.

Tornando al tema, un Parlamento in cui le logiche autoconservative sono prevalenti: che soluzioni vedi?

“Una legge elettorale basata su piccoli collegi e con doppio turno, sul modello della legge per i sindaci. Questo obbliga i partiti a candidare gente presentabile, con una biografia riconosciuta dalla comunità locale, bypassando le logiche mediatiche. Si tratta di rivalutare le reputazioni. Così oltretutto si potrebbe anche ridurre la nevrosi del parlamentare: se lavori bene, la tua comunità ti riconfermerà e un secondo giro lo farai”.

E stabilire un limite del numero di mandati? E magari pure degli emolumenti?

“Il limite dei mandati potrebbe anche essere un aiuto psicologico: sai che in ogni caso dopo il secondo vai a casa, e sei più libero. Quanto agli stipendi, sono meno d’accordo”.

Ricordaci quanto porta a casa un parlamentare.

9-10 mila euro netti. Lavoro ben pagato, certo. Ma se lo fai bene è molto impegnativo e comporta spese cospicue. E se guadagni abbastanza puoi permetterti di dedicarti solo a quello, evitando conflitti di interesse”.

Da europarlamentare Alex Langer non volle una lira in più rispetto al suo stipendio di insegnante.

“Scelta nobilissima. A Roma gli assessori prendono 2500 euro. Ma quale professionista di valore si sentirebbe di rinunciare ai suoi introiti e di mettere in discussione la sua reputazione per meno di quella cifra? Mentre per uno che per esempio fa l’impegato e prende 2000 euro il salto è enorme: proprio questa tipologia di parlamentari è la più soggetta a tentazioni, disponibile a ogni compromesso e salto della quaglia in cambio di una garanzia di permanenza”.

Ma perché questa “addiction”? Perché non essere rieletti è talmente devastante? Ci sono molte cose da fare a questo mondo. Anche la politica, da non eletti.

“La droga dello stare in quei posti è lo status. Una cosa che può dare alla testa, specie se sei un neofita. Il 90 per cento dei parlamentari non vive nelle metropoli, non sta a Milano o a Roma, vive in piccole realtà. Ti chiamano onorevole, ti senti un principe. Ho visto neo-eletti rifarsi daccapo il guardaroba. E’ una nuova nascita nella casta”.

Fuoruscirne, quindi, è una pre-morte… Tu però sei ancora viva, mi pare.

“Dirigevo un giornale. Non ho perso solo il posto da parlamentare, ho perso anche quella direzione per volontà di Berlusconi, e la perdita più grande è stata questa. Ma continuo a seguire la politica e a farla, da un’altra posizione. Dicevo che è più che altro una questione di status, perché poi il potere del parlamentare è pressoché nullo. Sia il Pd sia il Pdl hanno rinunciato da tempo all’idea di vincere. L’idea definitivamente introiettata è quella di una politica che gestisca consociativamente gli interessi. Qualcuno l’ha chiamata la politica del Gps, ovvero del posizionamento: non sei lì per la polis, per portare temi, per rappresentare i cittadini. Il gioco è tutto interno, stretto sulle alleanze e sugli accomodamenti tra schieramenti. Il consociativismo al suo massimo livello“.

 

 

Donne e Uomini, femminicidio, Femminismo, Politica Ottobre 15, 2013

#Femminicidio: il decreto della discordia

 

Ho voglia di confrontarmi con un uomo su questo bruttissimo decreto anti-femminicidio -meglio: su questo decreto-sicurezza, che riguarda anche il tema del femminicidio. Ne parlo con Stefano Ciccone dell’associazione Maschile Plurale. E per almeno due ragioni: a) insieme ad altri uomini, Ciccone riflette da anni ed efficacemente sulla sessualità maschile e sulla violenza; b) la questione va ricondotta a una dialettica viva e politica tra donne e uomini, fuoruscendo dalla logica emergenziale che ha informato il decreto secondo il quale il problema riguarda solo alcuni soggetti “criminali” e non invece le relazioni tra i sessi tout court.

Il problema fondamentale del decreto” dice Ciccone “sta nel fatto di aver voluto individuare una soluzione semplice a un problema complesso, in una logica più comunicativa che politica: dare una risposta immediata e tranchant a un’emergenza. Prima di essere “dimessa” la ministra alle Pari Opportunità Josefa Idem sembrava aver scelto un approccio diverso: partire dalle associazioni che lavorano da anni sul campo, costruire un percorso politico. Il decreto invece sembra cancellare tutta questa esperienza. Quella che ne esce è una rappresentazione delle donne come soggette deboli e bisognose di tutela”.

La discussione sulla irrevocabilità della querela non accenna a placarsi (qui, tra gli ultimi interventi, quello di Elettra Deiana) Anche il gratuito patrocinio per tutte conferma questa impostazione protettiva. Ma la protezione è l’altra faccia del dominio: ti proteggo, però devi fare come ti dico io.

Da questo punto di vista il decreto non sposta nulla. Lo stato di ‘minorità’ che giustifica il dominio qui si ripropone in chiave di tutela“.

Le donne vanno difese e “messe in sicurezza” e la violenza maschile è assunta come dato di natura: l’uomo mena, e non ci si può fare nulla…

La violenza viene letta come fatto criminale e non come il prodotto di una cultura radicata, sulla quale si può e si deve lavorare. Più la enfatizzi come emergenza, più rimuovi il fatto che si tratta di una questione che attiene alle modalità di relazione tra i sessi. Si rafforza un approccio di delega: la società affida al criminologo, alle forze dell’ordine, al giudice la soluzione di una questione che invece riguarda tutti “.

Nessun cenno a terapie obbligatorie – eventualmente alternative alla pena- per i maltrattanti e i sex offender. Si  parla solo di informare chi viene ammonito della possibilità di rivolgersi a un terapeuta (qui un elenco dei centri).

“Su questo è bene chiarirsi. Il sostegno ai centri di ascolto e di terapia per gli uomini violenti non deve andare a scapito di quello, importantissimo, ai centri antiviolenza per le donne. Una lettura patologica della violenza maschile rischia di distrarre dalla necessità di un lavoro che sia fondamentalmente politico”.

Il decreto è stato accolto come un passo avanti da molte donne…

Si è pur sempre trattato di un riconoscimento della centralità del fenomeno. Se ti metti nella logica delle risposte istituzionali, il decreto può essere inteso come un buon risultato. C’è questo clima creato dall’indignazione, che spesso si accontenta di una scarica motoria, purché sia. Ma credo che ci sia ampio spazio per tenere aperta la discussione. Nel femminismo paritario di Se Non Ora Quando c’è chi ritiene, come la deputata Fabrizia Giuliani, che l’obiettivo sia “mettere in sicurezza le donne”, in una logica emergenziale e non politica, stile “larghe intese”; ma c’è anche chi crede che la logica securitaria sia sbagliata, come la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. Quanto al femminismo della differenza, credo che ci sia stata una certa esitazione a prendere in considerazione questi temi. Lì si sta lavorando su questioni come la politica della cura e l’autorità femminile: probabilmente tornare a parlare di violenza appariva come un ritorno indietro. Forse solo Lea Melandri, pur senza cedere al femminismo paritario, non ha mai smesso di interrogarsi sulla complessità delle relazioni d’amore”.

Sel e Movimento 5 Stelle non hanno votato il decreto perché veicolava contenuti che con la violenza sessista non avevano niente a che vedere: dall’esercito contro i NoTav al furto di rame.

“In effetti la sensazione è che si siano voluti rubricare sotto l’etichetta “femminicidio” provvedimenti che avrebbero suscitato molte discussioni se proposti in separata sede. Insomma, o mangi questa minestra… o niente decreto “a favore” delle donne”.

A parte Michela Marzano, Pippo Civati e pochi altri che hanno espresso le loro perplessità, il Pd, donne comprese, ha votato compatto. Te lo aspettavi?

“Francamente no. Abbiamo detto di Valeria Fedeli, c’erano anche altre parlamentari piddine che aveva espresso riserve. Forse il fatto di aver ottenuto finanziamenti per i centri antiviolenza è stato ritenuto un compromesso accettabile”.

Che cosa si dovrebba fare, a questo punto?

“Io partirei dai pochi elementi positivi. Nel decreto si parla anche di formazione e prevenzione: potrebbe essere utile una legge quadro che sposti il più possibile l’approccio: dal securitario-emergenziale al lavoro politico e culturale. Questo forse è anche il modo migliore anche per evitare una lacerazione tra le donne”.

 

Aggiornamento di domenica 20 ottobre, mezzanotte: 
la Cassazione ritiene che la querela debba essere SEMPRE irrevocabile.
Di male in peggio. Non denuncerà più nessuna.

 

Politica Ottobre 8, 2013

Porcellum: stavolta @bobogiac non va lasciato solo

Il governo delle ri-larghe intese si re-incaglia sulla maledettissima Imu, e di riforma della legge elettorale (entro ottobre, aveva assicurato Letta) sostanzialmente non si parla già più. Napolitano ha chiarito che non ci rimanderà al voto con quell’obbrobrio anticostituzionale: ergo, l’obbrobrio funziona ottimamente da diga contro il rischio di scioglimento delle Camere e di nuove elezioni, e sarà fatto fuori, se lo sarà, solo all’ultimissimo minuto.

E’ chiaro anche a un bambino che i partiti non hanno alcun interesse a rinunciare al potere, scippato ai cittadini, di decidere chi entra in Parlamento. Potere che cercheranno almeno in parte di conservare anche con una nuova legge. C’è un’intera classe politica, veterani e miracolati, che rischia di perdere definitivamente il posto, compresa quella Anna Finocchiaro che diede del “prepotente” al suo compagno di partito Roberto Giachetti, il quale per cambiare il Porcellum intraprese vanamente uno sciopero della fame: fu lo stesso Pd a non sostenerlo. Ieri sera Roberto Giachetti (su Twitter @bobogiac) ha ricominciato a digiunare per quello stesso obiettivo (qui l’intervista al team di Report). Nonostante la procedura d’urgenza in Senato” ha spiegato “si è ancora fermi alle audizioni. Sul piano parlamentare le ho tentate tutte ma le mie iniziative sono risultate inefficaci”. Di nuovo l’ineffabile Finocchiaro: “Agitare bandierine senza misurarsi con la necessità di approvare una legge che sia condivisa il più possibile é un esercizio sterile”. Altri esponenti del Pd invece, dai candidati segretari Cuperlo e Civati, a Ermete Realacci e Michele Anzaldo, raccolgono l’invito non-violento di Giachetti a chiarire la posizione del partito e ad accelerare i tempi della riforma. Per il 31 ottobre Roberto Giachetti ha anche indetto in tutta Italia il ‘No porcellum day’.

L’abolizione del Porcellum avrebbe un grande valore sostanziale e anche simbolico, segnando insieme alla caduta di B. la definitiva chiusura di una fase politica. Poter scegliere chi rappresenta e governa il Paese è decisivo, anche se i cittadini sfiniti da mille problemi materiali potrebbero ritenere che le priorità siano ben altre. Di questa relativa disattenzione i partiti stanno largamente approfittando.

Cambiare la legge elettorale fa parte delle priorità. Stavolta Roberto Giachetti non va lasciato solo. Scrivete @bobogiac per sostenerlo.

 

Politica, Senza categoria Settembre 15, 2013

Essere Matteo Renzi (a Milano)

Lo dico anzitutto ai renziani: guarite! Non dovete chiamarvi con il nome di un altro, ma con la forza delle vostre idee”.

Lo dice Matteo Renzi, mica io, davanti alla folla entusiasta ed eccitata del fine Festa Pd di Milano, al Carroponte di Sesto san Giovanni, capannone sotto pioggia scrosciante d’inizio autunno, abbronzature che scoloriscono, signora a lato palco con canotta paillettata.

Introduce Francesco Laforgia (ok che le correnti non usano più: ma non era bersaniano?), conduce Beppe Severgnini. Renzi in classica camicia bianca, lievemente inquartato, mentalmente tonico. Parola chiave della serata -ripetuta più volte-: comunità.

Riscaldamento sportivo, Inter, Fiorentina etc. (qualche insofferenza tra le signore piddine: “… e alùra!”), quindi si comincia.

Ecco una cronaca.

 

ENTERTAINMENT

“Il fatto che io sia candidato alla segreteria del Pd dice come siamo messi male”.

“Se non ce la fa Renzi, il prossimo è il Mago Otelma”.

“Alzi la mano chi ha votato Grillo? E il Pdl? E la Lega?”.

“Piove governo largo! E il tacchino si bagna”.

“Non si va sul tetto a difendere la Costituzione. La Costituzione si difende al piano di sotto” (applauso).

“Non sono andato ad Arcore per un bunga-bunga. Non ho le physique”.

“Se c’è qualcuno che pensa di salire sul carro perché gli conviene, sappia che siamo abituati a farli scendere”.

“Dove vanno a finire tutti quei 2 euro delle primarie?”.

“Con Letta abbiamo 6 figli in due. Non condivisi. Almeno credo”.

 

POLITICA

“Un anno fa cominciava la campagna per le primarie. Le abbiamo perse. Ma questa non dev’essere una rivincita. Quell’esperienza è chiusa”.

“Non si possono certo fare i salti di gioia per le larghe intese. Ma se il governo fa le cose sono il primo a sostenerlo. La vera cosa da fare è la legge elettorale”.

“Gianni Cuperlo è una persona seria. Stimo Civati, stimo Pittella. Dobbiamo essere capaci di parlare di idee, fin dalle prossime settimane”.

“Se non riesci a prendere l’elettorato deluso del centrodestra non ce la fai. Non è autotradimento”.

“Quando dicono che comunicazione è una parolaccia, stanno facendo vincere gli altri. Voglio un Pd che sappia comunicare bene”. (applauso maior).

“Il Pd non deve chiudersi, il Pd deve abitare la frontiera”.

“Berlusconi non farà saltare il governo, non gli conviene. Se si va a elezioni lo asfaltiamo. Spero che cada entro la settimana”.

“Sto cercando di fare vincere la sinistra, non di tradirla” (applauso)

 

SOUL

“Il successo per la mia vita personale non è rilevante. Non è decisivo per la verità della mia persona. L’ho imparato dagli scout”.

“Odio perdere, è più forte di me. Ma in chi ci aveva creduto, ho visto il più grande attestato di bellezza”.

“Noi siamo qui non per fare meglio di loro, ma per dare il meglio di noi stessi”.

“Il vero rischio è convincersi di essere insostituibili. Si tratta piuttosto di rispondere a una vocazione, mantenendo la certezza di non essere decisivi”.

“Se non riesco a far scattare il meccanismo che non si sta parlando di me ma di noi, le elezioni le perdiamo”.

 

 CENERE

“Sulla cena con i finanzieri ho fatto un grande errore di comunicazione. Anche se sarebbe interessante discutere di finanza, che non è il male”.

(urlo dal pubblico: “Va tassata!”. Risposta: “D’accordo con il principio”).

 

Note a margine:

una certa delusione tra il pubblico per la mancanza di contenuti. “Va be’, ma l’ha di’ gnent”, commenta una signora (“va bene, ma non ha detto niente…”). La felicità di poter ridere: la gente ne ha un gran bisogno. (“Ti tira su il morale”, dice uno). Orgoglio: finalmente abbiamo anche noi qualcuno che ci invidiano tutti, anche i berlusconiani.

Questi i fatti, separatissimi dalle mie opinioni.

 

Politica Settembre 14, 2013

Decadenza: voto segreto o palese?

Il voto segreto rende possibili le peggiori nefandezze: l’agguato dei 101 non sarebbe stato possibile diversamente. Il voto palese non impedisce certo di votare contro gli ordini di scuderia, ma impone di assumersi fino in fondo la responsabilità politica dei propri convincimenti.

Secondo una lettura piuttosto verosimile, la lotta per il rinvio del voto in Giunta sulla decadenza di Berlusconi è servita per provare a raccattare fuori dal recinto del Pdl quei 43 franchi tiratori che servono a salvare B. nell’aula del Senato -dopo i 101, avremmo da lambiccarci sui 43-. Che l’operazione sia riuscita o meno, il M5Stelle propone invece che il voto sia palese: «Chi non ha nulla da nascondere voti la nostra proposta», scrive, garantendo che «il M5s in Giunta e in Aula compatto voterà per la decadenza». Voto palese che, al 99.9 per cento, autorizzerebbe la decadenza di B., e a cui con quasi altrettanta certezza seguirebbe la crisi di governo.

Con triplo salto mortale qualcuno accusa i 5 stelle di una macchinazione infernale: ovvero l’auspicio che la proposta di voto palese venga respinta, e nel segreto dell’urna garantire il numero di franchi tiratori necessario a salvare B., per dare poi la colpa al Pd e avvantaggiarsene elettoralmente. Tutto può essere, ma mi pare fantascientifico. Quel che è certo, il voto palese manderebbe gambe all’aria le macchinazioni di chiunque.

Sempre che al voto in aula si arrivi: il Pdl minaccia di staccare la spina subito il voto della Giunta.

Anyway, il voto palese mi pare auspicabile, pur con tutte le sue conseguenze. O no?

p.s. I franchi tiratori potrebbero essere ben più di 43. Tanta di quella gente entrata fortunosamente in Senato con le Parlamentarie di Capodanno, tutti quelli che per eccesso di anzianità non rientrerebbero più, hanno tutto l’interesse ad andare al voto più tardi possibile…

 

Aggiornamento ore 16.3o: cresce il fronte per il voto palese. Vedi qui

Politica Settembre 6, 2013

Ritorno alla Leopolda

Angelo Panebianco sul Corriere di oggi dedica il suo editoriale al bandwagoning, “quasi tutti” scrive “che saltano sul carro del vincitore“. Sta evidentemente parlando di Matteo Renzi, “corpo estraneo” del Pd che ormai la stragrande maggioranza della dirigenza rottamanda del partito (prima D’Alema, poi Franceschini, Fioroni, Veltroni) indicano come segretario (e/o) futuro premier. Non si parte, cioè, dal dibattito sui contenuti per indicare un leader. Si parte dal leader, e quanto al resto si vedrà: mutazione genetica in direzione del partito-persona.

Solo il Pd di Renzi avrebbe chance di battere Berlusconi, che starebbe vertiginosamente risalendo nei consensi (condizionali d’obbligo quando si parla di sondaggi). In effetti, in assenza di un partito –nessuno sa che cosa vuole il Pd, tanto meno il Pd– non si vede strada diversa, berlusconianamente, dal marketing su una singola faccia. Ma: 1. attenti, quando si tratta di essere berlusconiani, Berlusconi il più bravo di tutti  2. chiunque può rendersi conto del fatto che su Superman-Renzi l‘abbraccio del vecchio apparato può avere l’effetto della kryptonite verde.

Renzi, d’altro canto, è politicamente molto abile. Non gli sfuggirà che è la vecchia dirigenza ad avere bisogno di lui, e non lui di lei. Con la vittoria congressuale in tasca, o almeno così dicono, può pertanto decidere in libertà quali saranno i suoi principali interlocutori. In primis, io credo, quelli che insieme a lui, alla prima Leopolda, hanno dato avvio al percorso di rinnovamento: Pippo Civati, Debora Serracchiani. Si tratta di riprendere quel dialogo generazionale interrotto, allargandolo, come suggerisce il king maker Goffredo Bettini, a personalità come Cuperlo, Pittella, Puppato, Boeri e altre, per un rinnovamento autentico e profondo. Per fare squadra, insomma, senza la quale anche il miglior play maker combina poco o niente. E per fare grande politica: un tandem Renzi-Civati (il primo premier, il secondo segretario del partito: questa sarebbe stata la soluzione ideale) rivolterebbe questo Paese come un guanto.

Questo se le cose andranno dove il destino e i sondaggi sembrano volerle fare andare. In verità, la strada è ancora lunga, e può davvero capitare di tutto.

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Settembre 5, 2013

I nuovi astenuti sono del Pd

 

Festa del Pd a Milano: sul palco una per caso (io). (foto Mercedes Lanzillotta)

I sondaggi (qui quello di Swg)  restituiscono un Pdl primo partito, lieve ascesa di Grillo, calo del Pd (Scelta Civica in via di estinzione). Sempre enorme la quota di astenuti-indecisi: quelli di febbraio, a cui si aggiunge una cospicua quota di delusi del Pd, valutata intorno al 5 per cento, traditi dalle larghe intese, 101 e da tutto quello che sappiamo. La vera notizia del sondaggio è che la forbice tra cittadini e “politica” (chiamiamola così) non smette di allargarsi.

Interessante il fattore Letta (cresce la fiducia nel premier, che insidia il passepartout Renzi). Anche se solo Matteo Renzi, secondo altri sondaggi, porterebbe in dote quel 5-6 per cento in più che consentirebbe al centrosinistra di vincere con ampio margine (e quindi a Franceschini, Fioroni, Veltroni e a tutti gli altri sostenitori dell’ultimo minuto di avere qualche chance di sopravvivenza), riportando a casa parte dei transfughi e rubando un po’ di consensi al centrodestra.

Salvo variazioni da un giorno all’altro –la situazione è estremamente volatile- lo scenario è questo.

Quello che non cambia è l’idea vecchia, berlusconiana, televisiva, commerciale del partito come emanazione di un carisma (?) individuale. Non c’è un solo partito (Pdl, 5 Stelle e, a breve, anche il Pd di Renzi) che possa sopravvivere alla caduta del suo leader. Ieri ho fatto l’esperienza di coordinare un dibattito alla festa del Pd di Milano, e nonostante i miei sforzi i contenuti sono rimasti decisamente sullo sfondo, con le facce (quella di Renzi) in primo piano.

Quello che non cambia è una politica che resta un gioco saldamente maschile, nei suoi tempi, nei suoi modi e nei suoi protagonisti: l’ingresso di molte più donne nelle istituzioni rappresentative non ha prodotto alcun cambiamento significativo. Al dibattito di ieri c’erano 8 uomini a confrontarsi, giusto io a coordinare il dibattito e a fare da foglia di fico. Non mi sarei prestata, se l’avessi saputo per tempo.

Finché questo non cambia, non cambierà nulla.

Ne parleremo sabato 7 alle ore 15 al Festivaletteratura di Mantova, con Annarosa Buttarelli e Stefano Rodotà, a partire da “Sovrane”, nuovo libro di Buttarelli.

esperienze, Politica Agosto 2, 2013

#Sentenzamediaset: gli gnorri del Pd

Giusto due cose sulla #sentenzamediaset:

1. a stretto giro è giunto il breve comunicato* -non obbligatorio- del presidente Napolitano, che da un lato ribadisce il rispetto per la magistratura, ma dall’altro parla di riforma della giustizia. Come se si trattasse della prima emergenza che il governo (altro che cadere!) ha da affrontare: e perché? Come se dalla sentenza si deducesse come prima cosa che la giustizia ha da essere riformata. Un paio d’ore dopo, il videomessaggio in cui il condannato Berlusconi, dopo aver attaccato durissimamente la magistratura, annuncia che non mollerà, che resterà in campo, che rilancerà Forza Italia. E anche lui, come Napolitano, mette al primo posto in agenda la riforma della giustizia. Convergenze parallele.

2. giro un po’ di bacheche di deputati e senatori Pd e il silenzio è assordante. Fischiettando si parla d’altro, dal femminicidio all’anniversario della strage di Bologna, fanno tutti gli gnorri, a parte -al solito- Civati, Puppato e pochi altri. Stanno tutti lì muti e aggrappati disperatamente al seggiolino, terrorizzati dal fatto di dover trarre le conseguenze di ciò che è avvenuto e di dover lasciare “la Casa”. Parla solo chi, essendo dotato di personalità politica, avendo un progetto, essendo riconosciuto dai potenziali futuri elettori, sa che in caso di elezioni nella “Casa” avrebbe chance di rientrare. Tutti gli altri, ovvero i veterani che stavolta non potrebbero più godere di deroghe e dovrebbero salutare, i nominati -comprese mogli, cugini e famigli vari-, i miracolati delle Parlamentarie di Capodanno e i beneficiati dal Porcellum, che rischierebbero di tornare per sempre al lavoro e allo stipendio di prima, cercano di non farsi notare, in attesa che passi l’onda: vuoi che per caso qualcuno dei loro elettori gli chieda di esprimersi contro l’insostenibilità del governo a larghe intese? (ma no, se resistono è solo “per il bene del Paese”)

L’egoismo di Berlusconi è mostruoso, niente da dire. Ma va valutato anche il peso dei mille egoismi di quelli che mettono il loro minuscolo bene davanti a quello del Paese, e i problemi del loro bilancio davanti a quelli del bilancio dello Stato. Trattasi di fattore umano, mai del tutto eliminabile. La cui incidenza tuttavia è direttamente proporzionale alla mediocrità: insomma, se sei capitato lì semplicemente per un colpo di c..o, sarai disposto a tutto pur di perpetuarlo. Per questo, come si diceva ieri, la primissima cosa da fare, altro che riforma della giustizia, sarebbe l’abolizione del Porcellum. Il che almeno in linea teorica farebbe crescere la possibilità che lì ci vada gente di valore, e non, viceversa, gente che acquisisce valore solo per il fatto di essere fortunosamente capitata lì. La conventio dei mediocri ha una forza terribile.

* ecco il comunicato del Presidente Napolitano: “La strada maestra da seguire è sempre stata quella della fiducia e del rispetto verso la magistratura, che è chiamata a indagare e giudicare in piena autonomia e indipendenza alla luce di principi costituzionali e secondo le procedure di legge. In questa occasione attorno al processo in Cassazione per il caso Mediaset e all’attesa della sentenza, il clima è stato più rispettoso e disteso che in occasione di altri procedimenti in cui era coinvolto l’on. Berlusconi. E penso che ciò sia stato positivo per tutti. Ritengo ed auspico che possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati nella relazione del gruppo di lavoro da me istituito il 30 marzo scorso. Per uscire dalla crisi in cui si trova e per darsi una nuova prospettiva di sviluppo, il paese ha bisogno di ritrovare serenità e coesione su temi istituzionali di cruciale importanza che lo hanno visto per troppi anni aspramente diviso e impotente a riformarsi“.

 

 

economics, Politica, Senza categoria Agosto 1, 2013

Sentenza Berlusconi: l’attesa che non c’è

Se le tv  si eccitassero un po’ di più per quello che riguarda l’insieme dei loro palinsesti -in questa estate magra, con tanta gente in città, la televisione potrebbe offrire un servizio meno scadente di quello che offre- e un po’ di meno per la sentenza della Cassazione su Berlusconi, saprebbero anche rappresentare meglio l’umore del famoso Paese reale. Che della sentenza Berlusconi sostanzialmente se ne sbatte, all’insegna della diffusa e non del tutto infondata convinzione che “tanto non cambia nulla”.

In effetti potrebbe essere così: condannato o non condannato Berlusconi resterebbe il deus ex-machina che è, unico garante dell’esistenza di questo centrodestra che senza di lui evaporerebbe. Il vero problema politico ce l’ha il Pd, che al legno di questo “patibolo” potrebbe auto-crocifiggersi e perire. Ma cosa volete che importi di questo alla stragrande maggioranza del Paese, tutto preso ad arrabattarsi e a tentare di costruire qualcosa -eventualmente in nero- per non perdere il refolo della supposta “ripresina”, e non grazie alla politica, ma nonostante la politica?

Le troupe si eccitano davanti al Palazzaccio come di fronte al St Mary Hospital, in attesa del royal baby: un evento è pur sempre un evento. Stasera ci diranno in diretta. Ma quello che conta è che il governo del fare fa poco e fa male, e ben pochi si aspettano che faccia più di tanto.

Al prossimo giro politico, nel 2014 o nel 2015, sperando di disporre di una legge elettorale non antidemocratica, si dovrà fare in modo di mandare nelle istituzioni gente davvero valida e capace, e in spirito di servizio, altro che i miracolati delle Parlamentarie di Capodanno. L’esorcismo del merito resta il principale problema della nostra classe dirigente. Vale per la politica, ma non solo. Nella burocrazia (il decreto Letta sulle semplificazioni burocratiche consta di 93 commi articolati in sottocommi, punti e sottopunti) si annidano corruzione e familismo. La burocrazia è la vera nemica dei talenti, che nel nostro Paese, se Dio vuole, fioriscono spontanei come il sambuco. Nel piccolo, nel locale, il genio e le capacità hanno più chance.

Continuiamo a lottare e ad avere fiducia, radicati alla terra dei nostri contesti.