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matteo salvini

italia, Politica Giugno 4, 2015

Celentano e Salvini: il senso di Adriano per il popolo

Su Celentano e Salvini: in ritardo, lo so, ma è perché ho la sensazione che quello che Adriano intendeva non sia stato capito.

Quella di Celentano -“Sto cominciando a pensare a Salvini“, qui tutto il suo postnon è affatto una dichiarazione di voto. Adriano sarà anche diventato ricchissimo, non vive più in città ma nella sua bella villa di campagna, ma gli è rimasto un robusto senso per la gente che vive nelle periferie dove anche lui è nato e ha vissuto, via Gluck eccetera. E se voi vi fate un giro in via Gluck, o in via Lorenteggio o in una qualunque strada della periferia milanese, “Sto cominciando a pensare a Salvini” lo sentirete a ogni pie’ sospinto, nei bar, nei negozi, nei capannelli davanti alle scuole. A quanto pare stanno cominciando a pensarlo, anzi ci hanno già pensato anche in Toscana, in Liguria, in Umbria e così via. E quanti miei amici insospettabili me lo dicono, facendomi spaventare.

Sarei curiosa di avere dei dati sull’esposizione mediatica record di Matteo Salvini: non passa giornata senza che sia in tv, fa audience e perciò i talk se lo contendono con le unghie e con i denti, martedì sera è stato contemporaneamente ospite, previo cambio maglia, dei due talk concorrenti, “Ballarò” e “Di martedì”. E se non c’è lui ci sono le sue dichiarazioni, i suoi tweet, i suoi post su Facebook che vengono prontamente rilanciati dai conduttori.

A causa di questa sovraesposizione il tema dei Rom, suo cavallo di battaglia, è sovrapercepito e criminalmente amplificato. La questione dei campi esiste, ma non fino a questo punto. E il centrosinistra insegue, “scoprendo” in ritardo il tema della sicurezza colpevolmente trascurato, e rischiando di affastellare soluzioni dell’ultimo minuto: ma la toppa può essere peggio del buco, perché fra Salvini e gli pseudo-Salvini la gente preferirà l’originale.

Tornando ad Adriano che parla della “paura di uscire di casa“, dei cittadini che “si sentono abbandonati” e della tentazione di votare Salvini, il suo post va letto come un allarme generale -attenti tutti, perché sta capitando questo- e non come propaganda alla Lega.

Da tempo lo dico anch’io, che abito non lontano da via Gluck: attenti, perchè sta capitando questo. E figuratevi se voterei mai la Lega. Ma conosco bene il mio popolo. L’ho detto personalmente anche a Diana Pavlovic, rappresentante delle comunità Rom e Sinti: alla criminalizzazione dei Rom non si può opporre la loro semi-santificazione.

I risultati della Lega alle regionali sono la prima conferma che un bel po’ di buoi sono ormai scappati dalla stalla. Le stalle potrebbero vuotarsi alle prossime amministrative milanesi.

AMARE GLI ALTRI, Politica Aprile 9, 2015

La santificazione dei Rom fa il gioco di Salvini

Quello che ha detto Matteo Salvini -radere al suolo i campi rom- è semplicemente spregevole, e ricorda le soluzioni finali. Spregevole, soprattutto, è il modo in cui il segretario della Lega cavalca la questione per raccattare voti, spargendo benzina sul fuoco del disagio.

Ma la risposta alla spregiudicata campagna di Salvini non può essere la santificazione dei Rom: chi vive accanto a uno di quei campi vedrà negata la propria esperienza quotidiana, fatta di difficoltà, disagi e paura, e si sentirà a maggior ragione rappresentato da chi la sta significando, anche se  pro domo sua. Si sentirà abbandonato, e la sua esasperazione crescerà.

La risposta a chi dice “i rom sono tutti ladri” non può essere che “tra i rom non ci sono ladri”: ho esperienza personale di quelle ruberie, come molti di noi. Ho il ricordo atroce di uno zingarello caduto da un tetto su cui si era arrampicato per raggiungere le abitazioni. Ho strappato la mia borsa dalle mani di una rom. Ho memoria di un tratto di strada chiuso per anni al pubblico passaggio da insediamenti rom, e difeso con i cani.

Ci sono ladri in tutte le etnie, rom compresi. E il disagio della vicinanza a quei campi, normalmente situati nelle periferie urbane già provate dall’abbandono e dalla carenza di servizi, non può essere sprezzantemente bollato come razzismo da chi, trincerato nel centro storico, canta le meraviglie della cultura nomade.

Ci vuole pazienza, attenzione politica, pratica di relazione, vicinanza, e severità, quando è necessaria. Serve un forte impegno contro il disagio, quello dei rom che vivono nel fango così come quello dei loro vicini di casa.

L’ideologia è pericolosa tanto quanto l’irresponsabilità politica di Matteo Salvini.

 

Politica Marzo 23, 2015

Milano e il dopo-Pisapia: la giostra riparte

La notizia era attesa ma ha ugualmente prodotto una deflagrazione nella piovosa domenica milanese: il sindaco Pisapia non si ricandiderà per il secondo mandato, e  immediatamente è partito il vortice di riunioni, consultazioni, tam-tam sul possibile successore.

Per un centrodestra che sta poco bene Milano può essere l’occasione per un rilancio alla grande: le cose politiche che contano cominciano quasi sempre qui. Il nome di Maurizio Lupi, tra i più accreditati fino allo scandalo e alle  dimissioni di qualche giorno fa, al momento appare improponibile. Ma un accurato rewashing accoppiato alla velocità dei tempi e alla memoria corta (di qui a un anno può capitare di tutto) non permette di escludere del tutto la sua candidatura. Intanto Matteo Salvini scalda i motori e si dice già pronto, sia pure accettando di passare per primarie. E anzi chiede che non si aspetti un anno per votare.

Nel centrosinistra il turbillon è più intenso: accanto alle ipotesi continuiste (in primis Pierfrancesco Majorino, attuale assessore, ma anche altri esponenti della giunta, come Cristina Tajani, e Umberto Ambrosoli, figlioccio del sindaco, che non ha mai nascosto le sue ambizioni), corrono nomi di milanesi esportati a Roma (Emanuele Fiano, Lia Quartapelle, perfino Ivan Scalfarotto), ma c’è anche il papa “straniero” che probabilmente non spiacerebbe a Matteo Renzi (come Andrea Guerra, ex-ad di Luxottica, o Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda, in verità entrambi milanesi; oltre a qualche illustre giornalista, e altri ancora) per il potenziale attrattivo nei confronti dell’elettorato di centrodestra: scelta che tuttavia potrebbe aprire prati o praterie a sinistra. La passione per le primarie si è molto attenuata ma è improbabile che se ne farà a meno, anche se molti chiedono regole più strette.

Ci si può divertire: girano molti altri nomi quasi tutti destinati al rogo, si fa quasi prima a fare il conto di chi non intende candidarsi, e non sono esclusi cappelli e conigli dell’ultim’ora, al momento ben acquattati. Ma la vera partita si giocherà tra il “modello Milano”, che il sindaco Pisapia rivendica orgogliosamente, e le larghe intese nazionali. Molto sta a capire quanto interesse abbia il premier Renzi per la partita milanese: per la politica romana, Milano è sempre stata un oggetto incomprensibile e potenzialmente esplosivo, vediamo come andrà stavolta. Anche la riuscita di Expo e il dopo-Expo, con particolare riferimento al destino delle aree, faranno sentire il loro peso.

Infine, l’incognita “partecipazione”: non è detto che si replichi la grandissima mobilitazione che nel 2011 portò al cambio di giunta, visto che spenti i clamori della campagna elettorale la giunta è andata per la sua strada senza troppe sfumature arancioni e con puntate francamente dirigistiche. Ancora più seria l’incognita “periferie”, sostanzialmente abbandonate da un governo provincialmente centrostorico-centrico, che non ha saputo vedere l’enorme potenziale della città oltre le mura spagnole e la seconda circonvallazione. Ogni possibile e necessarissima “visione” non può che esercitarsi lì. Fatto che i cittadini “periferici” -giustamente- si sono legati al dito.

 

Politica Novembre 28, 2011

Abbiamo un problema: ma non quello vero

A Milano abbiamo un problema. Non respiriamo più. Apriamo le finestre la mattina, e le richiudiamo subito. Per strada camminiamo con il diaframma bloccato, cercando di respirare il meno possibile. I bambini si ammalano di bronchiolite. C’è un grosso problema di leucemia infantile. Al momento si naviga a vista. Blocchi del traffico annunciati e poi revocati. I commercianti dettano legge. Si pensa alle targhe alterne, che non sono mai servite a nulla.

Ma in queste ore si discute di ben altro problema. Del caratteraccio di Stefano Boeri, assessore a Expo, Cultura, Moda e Design. Della sua difficoltà a lavorare in squadra. Del suo stile da “fantasista”. Del fatto che il sindaco non si fida più di lui, dopo le sue numerose “sortite”.

Si discute molto meno del merito: del fatto che se Expo non sarà una kermesse cementizia sarà anche a causa delle sue “alzate d’ingegno”. Che se sulla vendita di Sea Serravalle, vitale per le casse del Comune, è stato individuato un percorso più equo, è stato anche grazie ai suoi “assoli”. Che se la città sembra vivere uno straordinario risveglio culturale, è a causa del suo talento “situazionista”. E se non si edificherà un nuovo museo di arte contemporanea firmato dall’architetto Libenskind a Citylife -ci sono soluzioni molto più ragionevoli e meno dispendiose, è l’opinione prevalente tra i milanesi, in questi tempi di cinghia tirata- sarà grazie a un suo scarto “impolitico” ma efficace. Il suo passo è questo: portare a casa risultati, e in fretta, anche saltando qualche mediazione. Con concretezza (posso dirlo?) femminile.

Ma il sindaco Pisapia il suo ex rivale alle primarie, battute per 3 mila preferenze, lo vuole fuori, non sente ragioni. A minuti l’assessore -ultimatum alle 9- salirà “al Colle” per rassegnare le sue dimissioni. In caso diverso, verrà licenziato.

Il Pd, a cui Stefano Boeri ha portato in dote 13 mila preferenze -è stato il secondo più votato dopo Silvio Berlusconi- sostanzialmente tace. Buona parte dei funzionari spera anzi che sia il sindaco Pisapia a levargli l’incomodo di questo talentuoso outsider. Silenzio dal resto della squadra di giunta. Solo il web esplode, chiedendo all’unisono di non tradire “il sogno”. Se si trovano responsabilmente le mediazioni con Formigoni, com’è possibile non riuscire a dialogare altrettanto responsabilmente con Boeri?

Se Stefano Boeri sarà dimesso, non ci guadagnerà nessuno: non il sindaco, nè il Pd, non ci guadagnerà la politica, non ci guadagnerà la città. Non ci guadagnerà chi guardava a Milano con fiducia e speranza. Sarà una sconfitta radicale per il centrosinistra e per il rinnovamento della politica. Gli unici a guadagnarci saranno gli avversari. Dal cui fronte, peraltro, si leva l’unica voce a difesa di Boeri: “Fanno fuori il loro uomo più significativo” concede l’onore delle armi il leghista Matteo Salvini. “Adesso anche il sindaco dovrebbe dimettersi”.

Mi infilo la maschera antigas, per l’ennesima giornata di inquinamento ben oltre la soglia di attenzione, e “vu a laurà”. Oltre al respiro bloccato ho un po’nausea, stamattina.

Donne e Uomini, Politica Maggio 26, 2011

SCARICATA

Forse l’unico che si sta comportando da gentiluomo con Letizia Moratti è proprio il suo competitor Giuliano Pisapia. Che non si nega a una stretta di mano, anche se nessuno potrebbe biasimarlo se si sottraesse.

Si vede un bel po’ di gente, in quest’ultimo scorcio di campagna elettorale, saltare sul carro di quello che potrebbe essere il vincitore: segnale che vale più di mille sondaggi. Quanto agli alleati della signora Moratti, il governatore Roberto Formigoni invita doverosamente a votarla, dicendo che è meglio la sua padella che la brace di Pisapia. Il leghista Matteo Salvini dice che chiunque verrà eletto sarà anche il suo sindaco, affermazione pleonastica per il futuro prossimo, ma significativa per il presente. Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti sostiene che al sindaco uscente è andata già di culo con quel 41 per cento al primo turno, che non la voleva nessuno, il fatto è che si chiama Moratti, come si poteva fare? Umberto Bossi le tira le orecchie e le dà buca a un’iniziativa. E infine ieri sera a Porta a Porta il premier Silvio Berlusconi, oltre a dare con il consueto garbo della “gente senza cervello” a tutti quei milanesi, più della metà, che hanno votato Pisapia, assesta l’uppercut scrollandosi vigorosamente Moratti di dosso, dicendo che è una candidata debole, e facendo capire che il governo non andrà in nessun modo a fondo con lei.

Quasi in contemporanea a Linea Notte su Rai Tre, in un confronto con Stefano Boeri la signora Moratti annaspa, si contraddice, dà segni di grande fatica fisica e psicologica. Fossi in lei, essendo data per sconfitta, mi concederei un’uscita alla grande, togliendomi tutti i sassolini che posso dalle scarpe. Magari dicendo che sì, probabilmente lei non è una candidata così forte, ma che sfiderebbe chiunque a farcela, avendo dovuto correre zavorrata dalla presenza ingombrante di questo vecchio uomo senza il senso del limite, che ogni lunedì di campagna ha dovuto presentarsi in tribunale, a cui la maggioranza dei milanesi, stanchi della sua inefficacia, della perdita di buon senso e di misura e dai deliri di onnipotenza, e soprattutto le milanesi, umiliate dal suo disprezzo e dai suoi priapismi, hanno presentato il conto.

Prima o poi doveva capitare. Letizia si tolga la soddisfazione, lasci perdere Zingaropoli e tutte le volgarità che è stata costretta a dire, e metta in piedi un gran finale degno.

Donne e Uomini, Politica, tv Maggio 24, 2011

MOSCHEE-BOMBONIERA


Basta! Non è più tollerabile che metà dei dibattiti tv su Milano al ballottaggio siano sulla moschea e sui campi rom! Qualunque cosa si pensi a riguardo, sono temi che occupano l’1 per mille dei pensieri dei milanesi. I milanesi, di destra e di sinistra, cattolici e laici, moderati ed estremisti, donne e uomini, vecchi e giovani, condividono tutti ben altre preoccupazioni. E’ su ben altri temi che gli imprenditori della paura devono fare il loro  sporco lavoro.

Ieri sera ho preso parte a un dibattito a Telelombardia, con Piero Fassino, Roberto Formigoni, Matteo Salvini, e Rosi Bindi ed Emma Bonino in videocollegamento. Matteo Salvini, leghista simpatico e con l’orecchino che aspira al posto di vicesindaco, è arrivato al punto di dire che mentre Pisapia vuole costruire una moschea “enorme”, Letizia Moratti pensa a “moschee-bomboniera”!

Vi prego tutti, la vita dei cittadini è una cosa seria! Che diano almeno l’impressione di occuparsene. I milanesi non hanno paura della moschea, grande o piccola che sia, come non ne hanno paura i parigini e i romani: Giovanni Paolo II si diede personalmente da fare perché il comune di Roma trovasse un terreno adatto a costruire la moschea disegnata da Paolo Portoghesi. I milanesi hanno paura di continuare ad ammalarsi perché non si trova una soluzione ai problemi ambientali e di traffico, hanno paura che i loro figli debbano andarsene perché qui non trovano lavoro né una casa a costi sostenibili, che debbano rinunciare a farsi la loro famiglia, hanno paura di dover continuare a vivere nella solitudine, in una città incocainata, afflitta da passioni tristi, vecchia e inospitale, da cui il sabato chi può scappa per dare ossigeno ad anima e corpo. Hanno paura di vivere in una città culturalmente insignificante, dove non si può neanche passeggiare in pace, dove l’unico gesto che ti è consentito è mettere mano al portafogli per comprare, dove i dané -e la mancanza di dané- sono tutto.

Basta! E basta con i dibattiti fra soli uomini. Lasciate che il buon senso femminile irrompa!

Politica, TEMPI MODERNI Novembre 3, 2010

MA VA’ A CA’ TUA, VA’…

Digh al milanesùn, lumbàrd, padàn Matteo Salvini -e pensàa che gh’é un quaj d’ün che vuraria fagh fàa el sindich…che in milanés “andrò avanti” se dis minga “andarù avant”, ma “tirarùu innanz” (ier sera, dal Bruno Vespa). E dìi che ‘sti chi se vurarian insegnàa el dialet. A nüm.

Ma va’ a ca’ tua, va… ma de bun, damm à tràa.

Translation: dire al milanesone, lombardo, padano Matteo Salvini -e pensare che c’è qualcuno che vorrebbe fargli fare il sindaco… -che in milanese “andrò avanti” non si dice “andarù avant”, ma “tirarùu innanz” (ieri sera, da Bruno Vespa). E dire che questi vorrebbero insegnarci il dialetto. A noi.

Ma vai a casa tua, vai… ma sul serio, dammi retta.



AMARE GLI ALTRI Maggio 8, 2009

METTI UNA SERA IN METRO'

rifiutò di cedere il posto in autobus e ispirò Martin Luther King

Rosa Parks: rifiutò di cedere il posto in autobus e ispirò Martin Luther King

Noi milanesi di nascita che prendiamo il metrò restiamo spesso in piedi mentre i posti sono occupati da filippini, ecuadoriani, senegalesi, srilankesi, marocchini. La parte più turpe di noi ha spesso pensato: “Dovrei essere io a essere seduto-a, non questi qui”.

Ieri il parlamentare e segretario milanese della Lega Matteo Salvini ha detto che ci vorrebbero dei vagoni sul metrò destinati ai milanesi (“era solo una battuta”, ha spiegato). La parte più turpe di noi ha parlato, si è espressa politicamente. Siamo governati dalla parte più turpe di noi. Matteo Salvini dovrebbe andare a casa. In metrò.