Quello che ha detto Matteo Salvini -radere al suolo i campi rom- è semplicemente spregevole, e ricorda le soluzioni finali. Spregevole, soprattutto, è il modo in cui il segretario della Lega cavalca la questione per raccattare voti, spargendo benzina sul fuoco del disagio.

Ma la risposta alla spregiudicata campagna di Salvini non può essere la santificazione dei Rom: chi vive accanto a uno di quei campi vedrà negata la propria esperienza quotidiana, fatta di difficoltà, disagi e paura, e si sentirà a maggior ragione rappresentato da chi la sta significando, anche se  pro domo sua. Si sentirà abbandonato, e la sua esasperazione crescerà.

La risposta a chi dice “i rom sono tutti ladri” non può essere che “tra i rom non ci sono ladri”: ho esperienza personale di quelle ruberie, come molti di noi. Ho il ricordo atroce di uno zingarello caduto da un tetto su cui si era arrampicato per raggiungere le abitazioni. Ho strappato la mia borsa dalle mani di una rom. Ho memoria di un tratto di strada chiuso per anni al pubblico passaggio da insediamenti rom, e difeso con i cani.

Ci sono ladri in tutte le etnie, rom compresi. E il disagio della vicinanza a quei campi, normalmente situati nelle periferie urbane già provate dall’abbandono e dalla carenza di servizi, non può essere sprezzantemente bollato come razzismo da chi, trincerato nel centro storico, canta le meraviglie della cultura nomade.

Ci vuole pazienza, attenzione politica, pratica di relazione, vicinanza, e severità, quando è necessaria. Serve un forte impegno contro il disagio, quello dei rom che vivono nel fango così come quello dei loro vicini di casa.

L’ideologia è pericolosa tanto quanto l’irresponsabilità politica di Matteo Salvini.

 

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