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esperienze Luglio 28, 2013

Se potessimo parlare del Diavolo

Se potessimo parlare del Diavolo -colui che si mette di traverso- come si faceva una volta, quando l’umanità era bambina, sarebbe tutto molto più semplice. Il linguaggio allegorico facilitava molto la comprensione.

Vedo e sento dappertutto un dire male, degli altri, di noi stessi. Di quello che non c’è, che non funziona, che va storto, che causa dolore. E quel poco di bene che c’è, che arranca su un piano scivoloso, ogni volta riprecipita daccapo nell’oscurità, con il senso che tutta quella fatica sia stata e sarà sempre inutile.

Se potessimo parlare di Dio, come cominciò a fare a un certo punto Etty Hillesum prima di finire ad Auschwitz, dicendo che se ne doveva “salvare un pezzetto dentro di noi“, perché lui ha bisogno del nostro aiuto, la cosa la capirebbe anche un bambino, anzi soprattutto i bambini, che sono puri di cuore.

A chi giova, questo continuo, ossessivo, meticoloso lavoro di demolizione di ogni cosa? Perché crediamo di poter edificare e di essere dalla parte del giusto soltanto distruggendo e facendo una zelante propaganda al male?

Giova solo al male, che si prende tutto lo spazio e nasconde il bene piccolo e tremulo. E invece dovremmo saperlo, dovremmo averlo definitivamente capito che Dio non molla.

Diamogli una mano.

 

AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, esperienze Gennaio 4, 2012

Quel povero Bene

Tante e tanti, qui, su Facebook e in privato, a proposito di quello che scrivo qui sotto in”Arcobaleni dappertutto” mi ringraziano per la “positività”. La cosa mi stupisce, e allora ci penso un po’ su.

E’ andata così: che non ero di umore strepitoso, con i muscoli anche un po’ indolenziti -accidenti, questi abusi alimentari natalizi ci fanno veramente male!- e allora ho cominciato a cercare qualcosa che mi rallegrasse, e ho incontrato questo pensiero su quello che in quest’anno cruciale ci sarà da fare. E quest’idea di vigilia, di stato nascente -anche con tutta la fatica di quello che deve cambiare e morire- mi ha scaldato il cuore, mi ha sciolto i muscoli, essendo che siamo un unicum, corpoanima, e ho voluto offrirla e condividerla così come si condivide un sorso di buon vino davanti a un camino scoppiettante.

Penso che si dovrebbe sempre fare così, scovare il meglio, anche quando non è facile vederlo, e offrirselo reciprocamente, dare un’opportunità al bello e al buono, a quel povero bene che fa così fatica, una grotta a Gesù Bambino che deve nascere. Io non sempre ci riesco, anche perché nei blog -tutti, non solo questo- tanti vanno per rovesciarci il loro peggio, come in una discarica emotiva, per travasare negatività e rabbia, e devo dirvi che ogni aggressione virtuale fa un male reale. tanto che qualche volta mi sono chiesta se la vera funzione dei social network e delle community non sia quella del contenimento terapeutico.

Ma insomma, ogni volta che ci riesco provo a dare un’opportunità alle cose buone, a fargli un po’ di propaganda, nella vita e anche qui. Fare un po’ di festa, si potrebbe anche dire in questo modo, e a questo proposito voglio condividere con voi una lettera che mi è arrivata, e che mi ripaga di tutto.

Buongiorno signora  Marina; se sono invadente, la prego di scusarmi.
Un caro amico di Milano mi ha recapitato un  articoletto di Marina Terragni (che lui definisce brava e famosa giornalista del Corriere) dal titolo: “BEATO CHI STA BENE…”, commentandolo con nobili ed ammirate parole nei miei riguardi.  Io sono in sedia a rotelle per un brutto incidente automobilistico e dichiaro sempre la mia grande serenità e  la gioia di vivere  nonostante la menomazione. Per colmo della casualità (le “Moire” dei Greci), l’incidente si è verificato al culmine della mia personale realizzazione lavorativa, spazzandola via di brutto.  Come dicevo, dichiaro a tutti il mio star bene cercando di trasmettere ottimismo. Ma non ho merito alcuno; io credo che subentrino forze e spinte insospettate quando tutto sembra crollare. Sentirsi circondato dall’ affetto di parenti ed amici è una grande consolazione, ma sentirsi amato e protetto  da una moglie meravigliosa è una cosa sublime che ti fa superare ostacoli insormontabili. Sono stato per sette ore in sala operatoria, mi sono svegliato con la consapevolezza che mai più avrei potuto camminare con le mie gambe: poteva sembrare la fine di tutto. Ma sentirmi dire <<se possibile ti vorrò ancor più bene>>,  ha, in un solo istante, fugato ogni  timore per il futuro.  Sono passati 5 anni,  passo le mie ore con ” le dita felici di picchiettare sui tasti”!.
La saluto, gentile signora, e la ringrazio per la sua testimonianza, perché non è da tutti, di questi tempi, riflettere sulla natura umana.
Ugo Brugnara, Montebelluna – TV

Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 23, 2010

TENTATI DAL DIAVOLO

diavolo

Tempo fa la lingua era molto più efficace nel dire il fascino del male, parlando del Diavolo e delle sue tentazioni, allegoria di chiarezza lampante, in cui le cose diventavano immediatamente evidenti. Se ci fate caso, il male ha la caratteristica di essere ipnotico, di chiamarci al suo cospetto e di impedirci di distogliere lo sguardo da lui, riducendoci all’impotenza (a vendergli l’anima). Anch’io cedo alle sue tentazioni, e sto lì, come tutti, a contemplare il disastro della corruzione nel nostro paese, oggetto degli ultimi post. E invece lo sguardo va velocemente distolto di lì, perché possa posarsi sul bene in essere.

Io non rubo, non sono corrotta e non mi lascio corrompere, non faccio “marchette” (in gergo, prestazioni giornalistiche su commissione), cerco sempre di dire la verità, onoro i miei debiti, cerco di non volere il male di nessuno, insegno a mio figlio la convenienza dell’onestà e dell’amore, insomma non sarò perfetta ma cerco di fare le cose che, sono sicura, fanno tutti quelli che passano da queste parti, e un sacco di altra gente. Ci scommetterei, la maggioranza della gente del nostro paese.

Così, io dico, dobbiamo guardarci l’un l’altro, e andare avanti per la nostra strada, fiduciosi, e fare in modo che da questa integrità e da questa fiducia vengano buone idee e si ingeneri quel circolo virtuoso che ci porterà fuori di qui. Non dico che si deve fingere di non vedere, ma si deve saper vedere anche quello che c’è di buono e stargli vicino. Si deve seguire l’esempio degli illuminati e dei santi, che al Demonio hanno sempre opposto la loro perfetta indifferenza, scostandosene rapidamente. Solo così verrà qualche buona idea, solo così si potrà contenere e ridurre il male che ci affligge.

Quanto alla corruzione, abbiamo tante volte detto che l’effetto paradosso di Tangentopoli è stato quello di “sdoganare” e diffondere queste cattive pratiche. Come è potuto capitare? Forse, mi domando -piena di dubbi, ma me lo domando- è che gli abbiamo dato troppa importanza? Forse è che siamo stati troppo al cospetto di quel male, fino a sfibrarci e a ridurci all’impotenza?

esperienze, TEMPI MODERNI Marzo 5, 2009

DA SUBITO

Dopo la breve citazione del libro di Tolle, nei prossimi giorni vi parlerò di un altro libro molto importante, sempre in questa linea della fiducia. Che di questi tempi, mi rendo conto, è una parola grossa, e “grossa” lo intendo in un duplice senso -tutte le parole possono essere prese almeno in due versi-: cioè nel senso abituale di parola che oggi è arduo pronunciare, ma anche nel senso di qualcosa che, in mancanza di altro, prende spazio, diventa quasi l’unica cosa che conta e pesa, la più importante, e ci riporta all’essenziale del vivere. E tocca a chi, per propria natura o per particolari circostanze, di fiducia ne ha di più darne anche agli altri, spargerla, propagarla.

Qui io faccio spesso questa lotta, che ha i suoi fieri oppositori: di non lasciarmi mai andare più di tanto al peggio, di cederle soltanto una piccola parte delle mie e nostre attenzioni, di non lasciarmi rapire dall’ipnotica litania dell’elencazione dettagliata dei nostri guai. Perché, se ci pensate bene, ogni volta che lo facciamo perdiamo energie, non ce ne restano più per vedere il buono e per nutrirlo.

Vi dico che, per quello che vedo io, una volta fatto questo salto non si torna più indietro, il guado è passato, la rivoluzione è fatta per metà. E le categorie che ci sono servite fino a quel momento, organizzate intorno al predominio assoluto dello spirito critico, diventano zavorre di cui liberarsi prima possibile.

Dice per esempio sempre Tolle -qui lo cito non letteralmente- che finché, pur con tutte le migliori intenzioni, la metteremo nei termini di “fare la guerra a” (alla fame, alle ingiustizie, alla droga, eccetera), la cosa che conta è che continueremo a praticare la guerra e il suo linguaggio. Quello che c’è da fare, se la guerra non la si vuole, è smettere di farla da subito, depotenziarne e svuotarne il senso qui e ora, volgendo il consapevolmente nostro sguardo sul presente libero dalla guerra, facendo immediatamente esistere un mondo che la guerra non la fa, o meglio rendendoci noi stesse e noi stessi mediatrici e mediatori di quel mondo. Dandogli fiducia. E quello esisterà.

AMARE GLI ALTRI, ANIMALI, esperienze Dicembre 21, 2008

IL BENE CHE RITORNA

Qualcuno l’ha stampato come biglietto di Natale, da mandare gli amici. Mi fa molto piacere! Nel caso vi servisse…

Il mio vecchio cane Tom è pieno di artrosi. Gli massaggio le spalle e la colonna, gli muovo le articolazioni arrugginite, sperando di dargli sollievo. Lui ricambia le mie energiche carezze con sguardo dolcemente grato. Si capisce che quanto meno non gli dispiace. E ogni volta, alla fine del massaggio, le mie spalle sempre contratte sono un po’ più sciolte, la mia colonna meno indolenzita. Come se qualcuno avesse massaggiato me, e proprio in quegli stessi punti.
L’ho provato anche con gli umani: un’“impastata” al trapezio di un amico, e anche il mio trapezio si è sentito meglio. Non so esattamente come capiti. Deve avere a che fare con il meraviglioso e misterioso meccanismo dei neuroni specchio, che evidentemente funziona anche tra specie diverse. Tu vedi qualcuno che ha due occhi, un naso, una bocca come la tua: o anche tratti diversi, da vivente di altra specie, ma antropomorfizzato dal tuo amore. Cogli sul suo viso espressioni di gioia, di paura, di dolore. E nel tuo cervello si attivano gli stessi circuiti neuronali- della gioia, della paura, del dolore- che presiedono alle emozioni manifestate dall’altro. Senti quello che sente lui, o quasi. Su questo meccanismo stupefacente si basa la possibilità di empatia tra soggetti diversi, e quindi l’esperienza del legame.
Così, stiracchiando il ginocchio del mio Tom, ho pensato che così come fargli del bene mi fa stare bene, fargli del male mi farebbe stare male. E che ogni volta che auguriamo il male a qualcuno, o gliene facciamo, credendo di trarne soddisfazione -per rabbia, per vendetta, per antagonismo-, l’urto del male investe anche noi. Il male che fai, come dice la saggezza popolare, “ti ritorna”. L’odio che provi ti infesta. L’invidia ti corrode. Al contrario, disarmarsi e astenersi dai cattivi sentimenti –non è poi così difficile: si tratta di cominciare, e pian piano ci si abitua-, o addirittura, scandalosamente, “amare il tuo nemico” e provare compassione per lui, lo lascia stupefatto e lo disarma a sua volta, spalancando il suo cuore all’unisono con il tuo.

Ho pensato a un regalo da farvi a Natale, cari lettrici e lettori, e ho scelto questo. Tanta felicità per la luce che ritorna.

(pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 20 dicembre 2008)

esperienze Novembre 21, 2008

IL DIAVOLO, PROBABILMENTE

Il fascino del negativo (parlo per me stessa, anzitutto) è irresistibile.

Ore, giorni, anni, vite intere spesi a scovare il male, a cercare tutto quello che non va, e a descriverlo minuziosamente, a farne una mappatura estenuante: i partiti, e i vecchi, e i corrotti, e la burocrazia… E quindi a servirlo, dedicandovisi con zelo e passione. Una vita intera non basterebbe, e se bastasse ci sarebbe subito pronto dell’altro male a cui dedicarsi, rapiti dal vortice, senza possibile via di fuga. Tutto il nostro tempo e le nostre energie investite nell’indagine adorante di quello che non va, quando lo sappiamo già tutti benissimo, l’abbiamo detto più e più volte, e da sempre, nei secoli dei secoli. Cambiano i particolari, ma la storia è sempre la stessa, e noi che collaboriamo con zelo a propagarla e perpetuarla.

il diavolo (rosalinda celentano) in "la passione di cristo" di mel gibson

Il diavolo (Rosalinda Celentano), da "La passione di Cristo" di Mel Gibson

Il diavolo, probabilmente: basterebbe dire questo, e sarebbe detto tutto. L’angelo caduto e invidioso che non può che tentarci e distrarci dal bene -dalla notte dei tempi non dispone di altre armi-, per abbagliarci e farci precipitare insieme a lui. Che ci impedisce di credere e di costruire, e ci consente come unica possibilità di illusorio movimento il cerchio snervante e soffocante di una rabbia e di un’indignazione sterili, sempre uguali a se stesse.

Ma è solo il bene a fare la differenza. E’ sul bene -o su Dio, sul Logos, su Amore, ognuno ha il suo modo di chiamarlo-che si dovrebbe tenere fisso lo sguardo, per mettersi al suo servizio e farlo crescere. Ed è così difficile. Ci vogliono occhi così limpidi, guariti da ogni male, e una tale fervida fiducia nella buona novella che ci si annuncia di continuo, e che chiede che la diffondiamo…

Se ci si riuscisse con continuità, a volere bene con tutto il nostro cuore, il più sarebbe fatto. E amen, o Om, che poi è dire lo stesso: sia ciò che E’, ora e sempre.

Archivio Settembre 13, 2008

COSE

A me capita soprattutto, scusate, con i prodotti per il trucco. Cerco tra gli scaffali dei blush, trovo con fatica un colore che va bene –ho un incarnato difficile-, dico alla commessa: “Mi dà quello?”. Lei si china a frugare nel cassettone. Niente. “Mi spiace. Il 543 l’abbiamo finito”. La roba che vorrei comprare io –e la vostra?- manca sempre. Succede anche per acquisti più impegnativi. Stavolta, negozio successivo, è una lavatrice: “Al momento quel modello non l’abbiamo”. “E allora” dico “perché lo esponete?”. “Perché esiste”. “E quando arriva?”. “Provi  lunedì”.
Esco dal negozio un po’ arrabbiata. Mi accoglie la vampata rovente della strada. Ho perso una mattina. Il mio cuore –o la mia testa, o tutti e due- parte alla ricerca del buono che c’è.
Ho imparato da una signorina di nome Etty Hillesum: cercare sempre il buono che c’è, in tutte le circostanze. Mi spiace scomodare quella santa ragazza per una sciocchezza del genere, ma il suo insegnamento è talmente pervasivo e convincente che in me è diventato un riflesso automatico.
Mi capita qualcosa di tremendo, o semplicemente fastidioso, e io penso: “Anche qui, da qualche parte, del buono ci sarà”.
Sono diventata una specie di detective del bene. In questo caso il bene è: che mi sono fatta una camminata di un’ora, andata e ritorno, quasi di corsa e sudando, e il cuore ringrazia, e anche le articolazioni, e il metabolismo, l’umore, tutto quanto il corpo e quindi anche l’anima; che ho visto la frenetica allegria di una mattinata in città; e poi c’è qualcosa di più sottile, che vorrei provare a spiegarvi. La metodica non-corrispondenza tra scaffali belli pieni (trecento tipi di fard, trenta modelli di lavatrici) e l’effettiva disponibilità della merce, che manca sempre, sembra volermi avvertire dell’illusorietà delle cose. Che pare che ci siano, e invece non ci sono. E noi stiamo al mondo lo stesso.
Le cose, quindi, non sono poi così necessarie. E ogni volta che diminuisce la necessità, per noi esseri umani cresce la libertà. Questo il bene che ho portato a casa stamattina. Mi sono sentita più leggera. Non è poco.

(pubblicato su  “Io donna”-“Corriere della Sera” il 6 settembre 2008)

Archivio Settembre 6, 2008

CELEBRAZIONI

Nella vita, mi scrive Giovanni -buddisticamente- “tutto è impermanente”. E se provassimo viceversa a pensare che “tutto è permanente”? Ovvero che niente va perduto, nessun istante, per ciò che è, nel suo bene e nel suo male. E quindi non deve essere perduto, quindi ogni momento va vissuto e celebrato nel suo potenziale di unicità e di eternità, e mai sprecato? E per celebrarlo intendo dire, etimologicamente, proprio abitarlo, starci dentro. E quindi permanerci.

Certo, ci sono momenti in cui è più facile abitare. L’altro giorno, a Mantova, il bianco splendore di Palazzo Te, o quel magnifico affresco trecentesco che raffigura la città circondata dai suoi laghi. In qui momenti si resta volentieri, ed essi ricambiano restando a lungo con noi a irradiarci. Ci sono momenti invece da cui si vorrebbe solo fuggire, e anzi si può dire che siano molta parte dei momenti, dato come sono messe le nostre vite. E allora lì, sì, non si può che attaccarsi all’impermanenza, alla fiducia che prima o poi passino. E forse invece, con un po’ di allenamento, si può stare anche lì, celebrare anche quelli, cercare il bene che stenta se noi non gli andiamo incontro, se non gli diamo una mano a essere.

O Signore, io predico tanto bene e poi razzolo così male, con tutta l’inquietudine che ho addosso. Ma per esempio scrivere, e poi camminare, camminare, camminare, queste per me sono le palestre in cui mi esercito a celebrare, e ognuno ha certo le sue.

Voglio dire che quest’idea dell’impermanenza mi è sempre sembrata un po’ disumana, e animata da una sostanziale sfiducia. Si può stare fiduciosamente, invece, e celebrare la permanenza e l’eternità di ogni cosa che è, con un po’ di allenamento. E qualcuno a cui poter raccontare quello che viviamo e vediamo.

Archivio Settembre 5, 2008

SI RICOMINCIA!

E così, con la riapertura delle scuole, si ricomincia davvero. La ruota riparte, e noi sopra, tenendoci il cappello con la mano, a tutta velocità. Ricominciamo, più squattrinati di prima, i mutui al loro apice, l’ansia che ci annoda lo stomaco, come diavolo si farà? Quel poco di vacanza già archiviato nella cartella “ricordi”, uno spaesante sentimento di deriva, la montagna del nuovo anno da scalare: ce la faremo?

Facciamoci una promessa, tutti quanti, io e voi: che proveremo ogni giorno a scovare il buono che c’è, certi che ce n’è sempre, e gli staremo attaccati, con determinazione e fiducia, come alla veste di un angelo, per volare insieme a lui. Che al bene apriremo la strada ogni mattina, anzitutto dentro di noi, che gli daremo semore un’opportunità, e lo faremo fiorire, liberandoci dei cattivi sentimenti divoratori di energie.

Facciamoci questa promessa, e poi raccontiamoci come va.

Archivio Agosto 25, 2008

GOOD NEWS

Sfoglio rapidamente le pagine di un quotidiano qualsiasi, in un giorno qualunque. Rapido colpo d’occhio ai titoli: “basta”, “uccisa”, “nemico”, “irresponsabili”, “senza freni”, “problema”, “rischia”, “fucili”, “manipolati”, “smembrare”, “odio”, “agguato”, “rivalità”, “addio”, “killer”, “morti”, “muore”, “coltello”, “guai”, “insoddisfatti”… Provate a rovesciare i termini nei loro contrari: “ancora”, “viva”, “amico”, “responsabili”, “moderati”, “opportunità”. E ancora “amore”, “nasce”, “soddisfatti”.
L’effetto che fa è addirittura fisico. Prima serie: diaframma contratto, respiro corto, irrigidimento muscolare, spalle alzate in difensiva. Seconda serie: pupille che si dilatano, pressione che scende, respirazione addominale, rilassamento, fiducia.
Leggo qualche settimana fa in “Est/Ovest”, rubrica firmata su queste pagine da Franco Venturini, che il Senato romeno ha approvato all’unanimità una norma che impone a tg una quota di buone notizie. Provvedimento assurdo, certo, e per almeno due ragioni: non si deve imporre mai nulla, in particolare quando si tratta di informazione; non è sensato guardare al mondo come divisibile tra bene e male. In realtà, e il collega Venturini lo sa molto meglio di me, l’applicazione di una quota di “buone notizie” –in gergo “colore”, “costume”, “rosa”, “gossip”- è pratica corrente nei mezzi di informazione. Compito di alleggerimento che spesso viene affidato alle cose di donne, o più semplicemente all’esibizione del corpo femminile, intero o in quarti.
Nei giornali pensati da-e-per uomini ma sempre più letti e-ahimè- ancora troppo poco scritti da donne, che il femminile venga individuato come correttivo ha una sua plausibilità. Ma ci si deve intendere: non è che le donne vogliano o portino solo “buone notizie”. Le donne –e penso ormai anche un gran numero di uomini- vogliono semmai poter vedere il bene che c’è in ogni cosa che capita, buona o cattiva che sia. Per dirla in modo un po’ più complicato, vogliono vedere le cose dal punto di vista di ciò che nasce. Dalla parte della  nascita, come diceva Hanna Arendt. Non c’è mai una notizia solo e assolutamente cattiva. Bene e male sono inestricabili. Si tratta di torcere la notizia verso il bene che inevitabilmente contiene, di spremerne tutto il bene e la speranza. Di portarla via alla morte. Di saper resistere al male, e al suo fascino.
(puublicato su “Io donna”-“Corriere della Sera” il 23 agosto 2008)