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bene

Archivio Agosto 4, 2008

FIORI DI AUSCHWITZ

Dai vostri commenti al mio post mi pare di poter dedurre una visione piuttosto romantica del bene, come qualcosa di lontano e astratto a cui tendere senza arrivarci mai davvero. Ma io intendevo dire invece che il bene è sempre qui, insieme al male, in ogni istante, e che gli si deve fare largo, tendendo tutti i sensi per scovarlo e attivando tutte le nostre risorse per farlo fiorire. Dentro di noi, prima di tutto, perché possa rampicare dovunque attaccandosi alle nostre relazioni con gli altri e con il mondo. La metafora del rampicante non è per caso e rivolgo ancora il mio pensiero a Etty Hillesum, la mia maestra ragazzina morta tanto presto ad Auschwitz, che del bene parla così:

“Il gelsomino della casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste degli ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere scure e melmose (…) ma dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre, e spande il suo profumo tutt’intorno alla tua casa, mio Dio”.

Non sentite anche voi la fragranza del gelsomino di Etty, anche se quel profumo sembra non esserci mai stato davvero, o non esserci più? C’è a questo mondo un fiore che profumi più intensamente di quel gelsomino fatto vivere a ogni costo e con caparbia fiducia dentro di sé?

Archivio Agosto 2, 2008

IL BENE HA BISOGNO DI NOI

Il mio maestro di yoga è un uomo molto positivo e cerca di parlare di cose buone appena può. Un giorno, finita la lezione, si mette a dire bene della medicina, dei suoi progressi, del fatto che certe patologie, fino a poco tempo fa mortali, sono sempre più curabili, e di quella vecchietta sua allieva che poco dopo la sostituzione della testa del femore è già in piedi e si muove agevolmente.
Un paio di ragazze, le gambe ancora incrociate nel “loto”, protestano vivacemente: “Non sempre le cose vanno così”. “Potrei raccontarti storie ben diverse”. Certo. Potrei raccontarle anch’io, violando la mia privacy. Di quella volta che nessuno seppe per lungo tempo diagnosticarmi un serissimo problema ginecologico, ed è quasi un miracolo che io abbia potuto avere un bambino. Di quell’altra che a causa di un banalissimo intervento, la rimozione di una neoformazione benigna al collo, per l’imperizia del chirurgo ci ho rimesso una spalla, che da allora soffre di dolori cronici e non ha più ripreso la sua mobilità.
E invece mi viene da raccontare dell’incontro successivo con un ginecologo che mi ha salvato la capacità riproduttiva, oltre alla pelle. E del fatto che con la pratica costante di alcuni esercizi la mia spalla si muove e fa meno male di un tempo.
Dire il bene è farlo essere, dargli spazio e toglierne al male, farlo dilagare e contagiare quello che c’è intorno. Ma al bene si fa una grande resistenza, come per non dargli soddisfazione. E’ la “magica forza del negativo”, per rubare il titolo a un libro a firma delle filosofe di “Diotima”, che rende bene l’idea. E’ la trappola della critica, scambiata come l’unica possibilità di esercizio della libertà: e certo può esserlo, ma non sempre, comunque e in via esclusiva, portando vias spazio al resto.
Dire bene oggi può essere uno scandalo, nel senso etimologico di intoppo, inciampo, nel senso di qualcosa che ci impedisce di continuare nel nostro percorso di distruzione. Può scatenare rabbia e senso di impotenza. Mentre, a ben guardare, un potere più grande non c’è.

(pubblicato su “Io donna” – “Corriere della Sera”  il 2 agosto 2008)

Archivio Luglio 15, 2008

BUONE NOTIZIE

Ho scritto un libro, l’anno scorso, e mi pare la cosa sia abbastanza riuscita. Un libro riesce, mi sembra, quando arriva a formulare almeno una buona domanda. Una buona domanda è sempre qualcosa di vivo, che urge, chiede di essere ascoltato, e ti lavora silenziosamente dentro. La domanda qui alla fine è stata: che cos’è una donna? “Come si fa a diventarlo?”: a un dibattito una ragazza l’ha messa in questo modo.

Una donna, per esempio, è una che ogni mattina fa ordine, rimette a posto il mondo, lo fa risplendere di nuovo. Asseconda l’armonia, partecipa al suo disegno. Fa molta più fatica a farlo, sommersa com’è dalle cattive notizie: sapete, secondo un modo molto vecchio di vedere le cose, le uniche news sono le bad news. Una donna invece è una che cerca buone notizie, notizie in cui si annuncia qualche nascita, notizie che ti fanno sorridere e respirare.

Non si tratta di selezionare solo cose buone. Non ci sono mai cose assolutamente buone e cose assolutamente cattive. Si tratta di prendere quello che capita e scovare il suo buono, il suo punto di nascita. E di lì cominciare a ritessere, a fare ordine, con allegria.

Quando si parla di giornalismo, ci si concentra troppo su cose tipo: su carta o online? dove sta il futuro della notizia? Il futuro della notizia, io credo, sta nel torcerla ogni volta in direzione del bene. Di cercare sempre il bandolo che ti consente di farlo. Di resistere al fascino del male.