Per celebrare con la necessaria solennità il momento, uso le parole di Alessandra Bocchetti, una delle mothers of us all, al convegno di Paestum: ” Comincio con un paradosso. Mi sembra che sia chiaro a tutte che, oggi, un governo senza donne sia impresentabile. Nessun Presidente del Consiglio si presenterebbe più con una squadra di soli uomini… Dunque, che cosa ha reso impresentabile un governo senza donne? E’ facile rispondere: è stata la forza delle donne“.

La realtà sta perfino superando l’ottimismo di Alessandra. E ha dimostrato con chiarezza un fatto: quando si permette che siano i cittadini a scegliere riducendo le mediazioni, donne e uomini indicano le donne in percentuale uguale e in qualche caso superiore alla quota di uomini. Perché ne conoscono e riconoscono capacità, competenza, onestà e senso di responsabilità.

Dopo l’exploit delle Parlamentarie grilline, con il 55 per cento di candidate, l’indicazione esce fortissima dalle primarie per i parlamentari del Partito Democratico, anche grazie all'”invito” costituito dalla doppia preferenza di genere, che tuttavia ha semplicemente dato corso a un progetto già maturo. Come nota Roberta Agostini, responsabile delle donne del Pd, se “la doppia preferenza di genere è stato lo strumento fondamentale per rendere realizzabile la voglia di cambiamento e il desiderio di esserci e di partecipare delle donne”, non sarebbe bastata la semplice applicazione di questa azione positiva  a garantire che “quasi dappertutto, dal sud al nord d’Italia, le donne venissero premiate dal voto popolare, conquistando i primi posti nella competizione“. Ben più dello strumento, quello che ha contato è stata la volontà politica generale. 

Un sondaggio che ormai più di un anno fa avevo fatto realizzare per “Io donna” evidenziava già un Paese prontissimo al “doppio sguardo”.

Gli altri schieramenti non potranno sottovalutare il segnale: è in corso una vera e furibonda caccia alla candidata -con curriculum pregevole: perché il bello è che insieme alle donne arriva anche il merito– soprattutto da parte di quelle forze che hanno da far dimenticare non solo la propria misoginia politica, ma un uso congiuntamente sprezzante delle donne e delle istituzioni, calpestate con la medesima determinazione. Andazzo protrattosi per quasi un ventennio, causa di un arretramento morale, politico, culturale e sociale della cui misura ci si rende perfettamente conto ogni volta che si varcano i confini nazionali, e che a noi cittadine italiane ha guadagnato un vergognoso 80° posto nel Global Gender Gap Report.

L’esito di questa tumultuosa femminilizzazione della politica -tutto corre veloce, di questi tempi, come al fondo di un imbuto- potrebbe finalmente essere quella rivoluzione del doppio sguardo che aspettavamo da tanto tempo, premessa indispensabile per la ricostruzione del Paese. Come sottotitolavo il mio ultimo libro “Un gioco da ragazze“, ora vedremo “come le donne rifaranno l’Italia“: avendolo scritto nel 2011, in pieno bunga-bunga, la profezia non era affatto facile. Ma la fiducia ha avuto la meglio.

Questa rivoluzione, in verità, altro non è che il risultato del grande, decennale, tenace, microfisico e a tratti disperato lavoro di molte, moltissime donne di questo Paese, dentro e fuori dai partiti, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nei giornali -per quello che ci è stato consentito-: ho ancora in mente, ormai mille anni fa, i computi disperati dei decimi di percentuale con Valeria Ajovalasit di Arcidonna, e poi la Carta delle Donne del Pci, i timidi passi avanti e quelli indietro, la pratica dell’estraneità, il senso opprimente di una realtà che sembrava non dovesse cambiare mai, fino all’esplosione del 13 febbraio e alla lotta per il 50/50 alle amministrative. Se n’è andato un bel pezzo delle nostre vite, in questa battaglia. Ma come dice Bocchetti, quello che ha reso “impresentabile” un governo senza le donne è stata “la forza delle donne”, la straordinaria capacità di resilienza di cui siamo dotate, in grado ogni volta di riguadagnare terreno dopo essere state scaraventate indietro.

E’ il momento di dirlo: è andata. Ci siamo. Di indugiare almeno un poco in questa soddisfazione. Di voltarsi indietro, come ci capita tante volte nella vita, per dirci con stupore: “Non so come sono riuscita a farlo, ma l’ho fatto”. Di rivolgere un pensiero grato a quelle che hanno aperto la strada. Di caricarci di tutta l’energia che servirà a fare il lavoro vero e grande: cambiare la politica per cambiare il Paese.

La mia fiducia oggi è centuplicata.

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