Ok, ci siamo sfogate. La rabbia è giusta, un sentimento che dà forza, purché duri quello che deve. Presa la spinta della rabbia, si deve velocemente saltarne fuori e fare quello che si deve fare, altrimenti si finisce stritolate. Ora si tratta di passare dalla protesta alla proposta. E la proposta la sintetizzerei così: che lo spazio pubblico, a cominciare dalla politica, ci rappresenti per quello che siamo, per che cose che sappiamo e possiamo, per la forza che abbiamo. Come capite, è un problema degli uomini, più che nostro. La questione è maschile. Sono loro che devono accettare di fare un passo avanti (interrogarsi su se stessi), e un passo indietro (lasciare spazio). Registrare che il patriarcato è finito.

Questo è il passaggio più duro. Perché finché si tratta di essere idealmente dalla parte delle donne che esprimono la loro indignazione e la loro rabbia, nessun problema. I problemi cominciano quando le donne praticano -dico praticano, e non rivendicano- il loro protagonismo politico. Ovvero quando dicono: quello che facciamo ogni giorno è già politica, la nostra politica deve essere riconosciuta e nominata come tale, e deve fare mondo. Ovvero dobbiamo poter decidere quale sviluppo, quale territorio, quale gestione delle risorse, quale organizzazione del lavoro, della società e della vita.

Per fare questo si devono trovare le necessarie mediazioni con la politica che non ci piace, quella di cui leggiamo ogni giorno sulle prime 4-6-8 pagine dei quotidiani. Si deve entrare in quella politica, venire a patti con i suoi modi e i suoi tempi per cambiarli. Si deve prendere parte al governo delle cose. Non si deve avere paura. Si deve voler vincere.

Io auspico che le mobilitazioni che vedremo e a cui parteciperemo nelle prossime settimane, grandi e piccole, in piazza o online, mostrino di avere un obiettivo politico preciso, diverso dal semplice per quanto umanissimo desiderio di mostrarsi nella propria dignità. Obiettivi generalissimi -come quello che ho indicato ieri, un premierato Bindi– o radicati nei contesti. Spero che la grande energia della rabbia si incanali velocemente nel minimo comun denominatore a cui io ho do il nome di un “doppio sguardo” che deve guardare dappertutto.

Il momento è adesso (kairòs), l’opportunità va colta. E per questo ci sarà da lottare, anche con gli uomini più amici.

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