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protesta

scuola Ottobre 5, 2012

Caro Sindaco Giuliano

la polizia carica gli studenti oggi a milano

Caro Sindaco Giuliano,

te lo ricordi come eravamo da ragazzi, vero?

E anche tu ti sarai chiesto tante volte com’è che i ragazzi di oggi sopportano tutto, mandano giù tutto, privati del futuro, umiliati dalla mancanza di lavoro, dal fatto di dover vivere ad libitum in famiglia, dall’impossibilità di progettare, di fare coppia, di avere bambini. Rimbambitevi con le canne e gli happy hour, lavorate precariamente e dite anche grazie, accettate lo scadimento della scuola e della formazione disastrate dai tagli e state zitti.

Io non ero a Milano, oggi, ma le immagini tv delle cariche della polizia mi hanno restutuito un’immagine intollerabile della nostra città.

Io spero, caro Sindaco, che tu ritenga opportuno, insieme alla ferma condanna di ogni gesto violento da qualunque parte provenga, ribadire che Milano non tollera che i suoi ragazzi vengano caricati selvaggiamente, che la loro protesta è sacrosanta, e che le forze dell’ordine sono tenute a comportarsi responsabilmente, elevando la tua protesta alla Ministra degli Interni.

Milano non accetta lo stile “Diaz”.

Donne e Uomini, Politica Febbraio 1, 2011

DOPPIO SGUARDO: DALLA PROTESTA ALLA PROPOSTA

Ok, ci siamo sfogate. La rabbia è giusta, un sentimento che dà forza, purché duri quello che deve. Presa la spinta della rabbia, si deve velocemente saltarne fuori e fare quello che si deve fare, altrimenti si finisce stritolate. Ora si tratta di passare dalla protesta alla proposta. E la proposta la sintetizzerei così: che lo spazio pubblico, a cominciare dalla politica, ci rappresenti per quello che siamo, per che cose che sappiamo e possiamo, per la forza che abbiamo. Come capite, è un problema degli uomini, più che nostro. La questione è maschile. Sono loro che devono accettare di fare un passo avanti (interrogarsi su se stessi), e un passo indietro (lasciare spazio). Registrare che il patriarcato è finito.

Questo è il passaggio più duro. Perché finché si tratta di essere idealmente dalla parte delle donne che esprimono la loro indignazione e la loro rabbia, nessun problema. I problemi cominciano quando le donne praticano -dico praticano, e non rivendicano- il loro protagonismo politico. Ovvero quando dicono: quello che facciamo ogni giorno è già politica, la nostra politica deve essere riconosciuta e nominata come tale, e deve fare mondo. Ovvero dobbiamo poter decidere quale sviluppo, quale territorio, quale gestione delle risorse, quale organizzazione del lavoro, della società e della vita.

Per fare questo si devono trovare le necessarie mediazioni con la politica che non ci piace, quella di cui leggiamo ogni giorno sulle prime 4-6-8 pagine dei quotidiani. Si deve entrare in quella politica, venire a patti con i suoi modi e i suoi tempi per cambiarli. Si deve prendere parte al governo delle cose. Non si deve avere paura. Si deve voler vincere.

Io auspico che le mobilitazioni che vedremo e a cui parteciperemo nelle prossime settimane, grandi e piccole, in piazza o online, mostrino di avere un obiettivo politico preciso, diverso dal semplice per quanto umanissimo desiderio di mostrarsi nella propria dignità. Obiettivi generalissimi -come quello che ho indicato ieri, un premierato Bindi– o radicati nei contesti. Spero che la grande energia della rabbia si incanali velocemente nel minimo comun denominatore a cui io ho do il nome di un “doppio sguardo” che deve guardare dappertutto.

Il momento è adesso (kairòs), l’opportunità va colta. E per questo ci sarà da lottare, anche con gli uomini più amici.