Non è strano che gli uomini si aspettino da noi donne una presa di parola forte su una questione che è maschile? Ovvero la loro sessualità estenuata e violenta, l’intrico sesso-soldi-potere –di cui talune approfittano-, l’incapacità di fare a meno del dominio delle donne, come di un esoscheletro che li tiene in piedi. C’è oggi una “questione maschile”, altro che “questione femminile”, che coincide almeno in parte con quella che Benedetto XVI ha definito “perversione del rapporto tra i sessi” a causa degli uomini. Sono gli uomini a dovere affrontare la loro questione, a doversi fare qualche domanda nel profondo del cuore. Lo dice perfino Famiglia Cristiana: “Dovrebbero essere gli uomini a organizzare manifestazioni contro la pubblica umiliazione delle donne, il mercimonio del corpo di giovani ragazze, dovrebbero essere i maschi per primi a ribellarsi a questa nausea e disgusto”. Una manifestazione è anche troppo: basterebbe un pensiero pubblico e condiviso su se stessi.
Non è per caso -e anzi, si potrebbe perfino leggere come un disegno provvidenziale- che la bellezza femminile, la vera bellezza dell’essere donna che è soprattutto nel suo genio e nella sua sapienza, tenuta fuori dalla porta, cacciata con violenza dallo spazio pubblico della polis, si ripresenti dalla finestra corrotta e mercificata: quel perverso ritorno del rimosso che sono le prostitute nelle nostre istituzioni rappresentative. E’ la maschera estrema della donna totalmente a disposizione, che rinuncia alla sua autorità e alla potenza materna per diventare figlia compiacente, disponibile nella testa e nel corpo. In un paese misogino com’è il nostro la crisi non poteva che passare di qui, dal corpo femminile, epicentro peraltro di molta parte della storia recente e oggetto-simbolo del civilization clash. E del resto il nostro paese, per la sua posizione geografica e culturale, non è forse ponte tra le due civiltà?
Le fantasie sessuali del premier, a cui ci tocca assistere malgrado noi –lui si lamenta di essere invaso nel suo privato, in realtà è il suo privato che ha invaso lo spazio pubblico, amplificato dalle sue tv- alludono sempre masochisticamente a una donna punitiva: infermiere, dottoresse, poliziotte dotate di un potere al quale rinunciano docilmente, nude sotto i camici e le divise, soggiogate da lui, piegate dalla sua forza, dal suo fascino, dal suo potere. Ogni volta la messa in scena è la stessa: lui che ha la meglio sulla forza femminile: una scena-madre, in un duplice senso. E’ la forza femminile, la sua nemica assoluta. Il suo terrore.
L’uscita di qui non può essere dunque che il protagonismo politico femminile. Riportarci come donne dalla posizione di figlie sottomesse a quella di madri autorevoli. L’irruzione massiccia delle donne, con la loro differenza, nei luoghi di governo del Paese, obiettivo da perseguire con ogni mezzo e senza perdere altro tempo.
E’ un momento di grandi opportunità.