Fibrillazione, in queste ore, in particolare dalla parti del csx, sul tema primarie-liste elettorali. Tutto il nostro faticoso e pluriennale lavoro di donne sta producendo dei risultati -magari insufficienti, eventualmente discutibili-, ma (traggo da un mio libro del 2006, “La scomparsa delle donne”) da rognoso punto di programma, preferibilmente piazzate tra gli anziani e i diversamente abili, da “altra carne al fuoco” (cit. Piero Fassino d’antan), da “scassaminchia” (qui è un indimenticabile Pippo Gianni, Udc), da tema da affrontare all’ultimo minuto con imbarazzo e fastidio (“caxxo, e le donne?”), grazie soltanto alle nostre strenue lotte siamo salite nella graduatoria delle compatibilità di cui tenere conto, ed è tutto un 50/50, o almeno un 40/60, perché di presentarsi come gli ultimi misogini anche i nostri politici non se la sentono più. Bene.

La certezza l’abbiamo: il prossimo Parlamento sarà discretamente bisessuato, ancorché in percentuali variabili tra i partiti, raggiungendo con buona probabilità le medie europee (quelle africane del Rwanda, con il suo 58 per cento, del Botswana e di altri stati ce le sogniamo). Speriamo ugualmente bisessuato il governo. Finalmente il doppio sguardo -che non va solo assicurato come opportunità, ma anche praticato: il vero lavoro comincia lì-. Finalmente tante cittadine di questo Paese che non tabuizzano più il loro desiderio di partecipare alla gestione del Condominio, e forse anche il fuoco-amica (donna-spara-a donna) comincia a diminuire d’intensità.

Alle amiche che vogliono candidarsi mi sentirei di raccomandare una cosa: di non mettersi lì a fare da semplice riempilista, mera carne da Porcellum. Non significa, questo, pretendere a tutti i costi la garanzia di essere elette. Non tutte e non tutti potranno essere eletti, questo è certo. Quello che intendo è pretendere un GUADAGNO dalla propria candidatura, evitando di candidarsi in modo abnegativo e sacrificale.

Mi spiego meglio: per alcune la semplice candidatura ha senso, fa fare loro un passo avanti, definisce meglio la propria collocazione nel partito, è un gesto di testimonianza e di sostegno attivo. Per esempio: nel lontano 1986 io mi sono candidata nelle nascenti Liste Verdi, ma allora non avevo alcuna intenzione di andare a Roma. La “scampai” per un soffio, con le mie 800 preferenze. Ma non mi sono mai pentita di quel gesto di partecipazione. Anzi: lì c’è stato un guadagno per me (consapevolezza, senso di appartenenza, etc.).

Per altre, invece, il passo avanti richiede necessariamente l’elezione: si tratta allora di valutare attentamente se ve ne siano le condizioni, e di non buttarsi allo sbaraglio.

Un altro esempio: alle recenti primarie per la premiership del csx Laura Puppato aveva oggettivamente poche chance di farcela. Sento spesso dire che Laura ha perso: non è affatto così. Non è questione di percentuali. Da perfetta sconosciuta quale era a livello nazionale -era invece conosciutissima e sostenutissima nel suo Veneto-, in tre settimane Puppato ha conquistato una grande visibilità, il coraggio che ha avuto di buttarsi da sola è stato molto apprezzato, e oggi è in condizioni di stare in una partita in cui nessuno l’avrebbe mai cooptata, presumibilmente con un ruolo rilevante nel futuro governo. La sua storia offre un modello interessantissimo per tutte.

Quindi, amiche di ogni schieramento politico: si tratta semplicemente di fare bene i conti, di valutare l’occasione, ciascuna nel proprio contesto, ognuna per la propria vita.

Ripeto: non è necessariamente questione di essere certe della propria elezione. Si tratta di essere certe del fatto che da quella mossa, candidarsi, verrà anche un bene per se stesse.

 

 

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