Mary-Lou Bagley, Step into Kairόs

Mary-Lou Bagley, Step into Kairόs

Anzi, sapete che c’è? Per rispondere alle domande del nostro amico Francesco, frequentatore del blog, ci ho messo un po’ di tempo e molte buone energie mattutine. Pertanto trasporto qui in primo piano quello che gli ho scritto , perché si veda meglio, in una logica antispreco, così ne parliamo meglio.

Mi chiedeva Francesco:

che cos’è la politica?
diciamo che oggi la politica chiede meno rappresentanza e più relazione, e chiede che si tenga conto che la polis è bisessuata (le donne non sono più estromesse, appena da un pugno di anni). Per questo penso che le più grosse novità possano venire dalle soggette e dal modo in cui loro pensano la polis. Una polis anche femminile nessuna sa bene che cosa sia, ma è già politica il fatto di cercarla costantemente, e da parte degli uomini di favorire questa ricerca, ascoltando con attenzione le donne così come le donne devono ascoltare loro stesse. Per la felicità di tutti, donne e uomini.

– quali la sua funzione e i suoi ambiti?
La funzione della politica è la minimizzazione delle infelicità per il maggior numero dei viventi, donne, uomini, animali e piante, e quindi l’organizzazione della convivenza con questo obiettivo.

– la politica necessariamente rappresenta interessi?
Immagino di sì, ma la lotta grande da fare è districare l’idea di interesse da quella di denaro. L’interesse umano è il guadagno, ogni vivente vuole guadagnare, cerca un plus, ma il denaro è solo uno dei mezzi. Solo denaro o troppo denaro allontana dall’obiettivo della minore infelicità possibile. Occorre testimoniare questo, continuamente.

– caratteristiche essenziali del politico?

Il fervido desiderio degli altri, dall’altro più vicino a quello più lontano. La pratica instancabile della relazione e della mediazione. La fiducia profonda che senza l’altro nemmeno si è. La testimonianza di un interesse solo relativo per il possesso di cose. Il volere bene.

– metodo selettivo affinchè solo i migliori arrivino a tale ruolo?

nella chiave che io dico chiunque può essere politico. Se si ammette che il sistema della rappresentanza è difettoso e chiede di essere ripensato, convertito in un modello postdemocratico che si fonda sulla cittadinanza bisessuata, la questione della selezione si pone diversamente. Non c’è alcuna speranza fondata che i partiti scelgano i migliori. I partiti sono macchine destinate a spendere il 99.9 per cento delle loro risorse ed energie all’autoalimentazione e all’autoriproduzione, e solo il residuale 0,1 per cento alla politica. Non c’è scampo. Un’autoriforma non è immaginabile. Ogni eccezione è del tutto occasionale. Ma queste proporzioni (99,9 e 0,1) non possono essere mantenute ancora a lungo. Le cose sono andate così nei secoli, si dirà, anche se oggi sembra un po’ peggio (e non è così, c’è e c’è stato molto peggio di questo peggio). Perché a questo punto dovrebbero cambiare? Perché oggi entra in campo la variabile femminile, necessariamente rivoluzionaria, nel senso in cui sono state rivoluzionarie le donne nell’ultimo secolo (senza palazzi d’inverno e spargimenti di sangue, intendo). E la faccenda, come si sa, riguarda le donne e gli uomini. Questa variabile tocca le fondamenta della democrazia, che è nata come conventio ad excludendum, tra uomini tenendo fuori dalla polis le donne. Ma probabilmente la rivoluzione della democrazia non avverrà nella politica, negli ambiti di quella che oggi chiamiamo la politica (i partiti, e così via) ma per esempio nel mondo del lavoro. E lì, che la nuova polis bisessuata prenderà forma. E’ lì che si formeranno e si cominceranno a praticare i modelli.

Aggiungo questo: che molti, magari concordando con le cose che io dico, potrebbero opporre che per tutto questo servirà un tempo infinito. Il che, ad un tempo, è vero e non è vero. E’ vero in una logica di tempo lineare e quantitativo, che non si fa mai raggiungere, alla cui coda cerchiamo di aggrapparci senza mai riuscire a prenderla, come in quelle giostre dei bambini (krόnos). Non è vero in una logica di kairόs, di momento opportuno e tempo qualitativo (per i Greci era il “tempo di Dio”), un tempo in cui qualcosa di speciale può capitare, e all’improvviso. Un tempo che non ha bisogno della mediazione del tempo, che può essere qui e ora, in ogni momento, subito. Proprio quando il tempo lineare sembra non procedere, frenando il cambiamento, si apre uno spazio propizio per il tempo qualitativo, che si fa largo tra le maglie del presente. Che dà corpo, in squarci subitanei e rivelatori, al mondo che vorremmo che fosse. E anche alla politica, come stiamo cercando di pensarla. E’ anzitutto dentro di noi, che questi due tempi sono in lotta.

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