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visione

ambiente, economics, esperienze, Politica Novembre 19, 2012

Siamo molto ma molto meglio dei nostri politici

Renato Guttuso, Contadini al lavoro

Prova del nove del fatto che il Paese reale è molto ma molto ma molto meglio della sua classe dirigente, il sondaggio pubblicato stamattina dal Corriere -e che, lo dico al direttore Ferruccio De Bortoli, io avrei sbattuto in prima, e non a pagina 21-: per 9 italiani su 10 arte, ambiente e agricoltura saranno il motore della nostra ripartenza, il cuore del modello italiano di sviluppo, la vera possibilità di crescere e creare occupazione.

Per più del 90 per cento degli intervistati questi settori “potrebbero rivelarsi fondamentali per la ripresa e invece sono ingiustamente trascurati“. Hanno ragione.

Questa mancanza di visione e di slancio costituisce il vero grande limite dell’esperienza Monti, troppo ripiegata sul qui e ora, su un iperrealismo finanziario senza prospettive, per salvaguardare interessi che non sono certo quelli della maggioranza dei cittadini, su un ragionierismo asfittico che non sta ci sta portando da nessuna parte.

Come diceva tanti anni fa Alexander Langer, il buon senso di un popolo vale ben più di qualunque espertocrazia: notazione perfetta per raccontare quello che capita oggi.

Sono anche commossa perché combatto per questa visione da tanto tempo, nel mio ultimo libro ne ho parlato diffusamente, e sono sicura che presto sarà il nostro mainstream.

A patto di mandare al governo una classe politica che sia non dico meglio, ma almeno all’altezza di noi cittadini, che sappia favorire processi già in atto: è questo il compito principale della politica.

Dobbiamo lottare tutt* per questo.

 

AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, Politica Settembre 29, 2012

Angeli: per un Nuovo Miracolo Italiano

Parlavo qualche giorno fa con un manager di successo. Gli dicevo che oggi non basta più cercare il successo solo per se stessi. Che almeno un pezzetto del proprio talento e della propria fortuna va reinvestito politicamente, per il bene comune, per gli altri.Vi ho raccontato  (“Io donna”, 4 agosto) la storia di Lucia Iraci, parrucchiera parigina di origine siciliana, titolare di un prestigioso e frequentatissimo salon a Saint Germain, che ne ha aperto un altro a prezzi politicissimi –tre euro per un taglio e una piega- nel 18° arrondissement, dove le donne non possono certo permettersi di spendere per l’acconciatura. Lei ha questo da offrire, la sua perizia con tinte e forbici. Ognun* di noi ha un dono, piccolo o grande, da mettere in comune. Non c’è essere umano che non disponga di qualche genere di talento. Si tratta di farlo fruttare, questo capitale, e non solo per sé.
C’è un Paese da rimettere in piedi, e noi abbiamo dimostrato di saper lavorare bene insieme quando è stato necessario. Di saper spingere tutti nella stessa direzione. Basterebbe questo a definire una visione: che ognuno porti in dono un po’ di ciò che ha. Che si senta parte di un disegno condiviso. Questa è politica. Questa è grande politica: fate il confronto con le miserie a cui ci tocca assistere sulla questione della legge elettorale, e a cui si dovrebbe dare, altro che politica, il nome di egoismo e tristitia. In questo, nel portare se stessi in dono, nella comunione, si realizza pienamente l’umanità di tutti. Si diventa come angeli, in definitiva. E poi voi sapete che non c’è niente che funzioni come darsi agli altri per curare quella solitudine penosa ed estrema che chiamiamo depressione.
Non c’è nessuno che abbia così poco da non poter dare: anche il più povero tra i poveri troverà nelle sue tasche quanto basta per dare una mano a un altro. Forse perfino per cambiargli la vita. Insegnare a chi vuole apprendere, passargli la propria esperienza, potrebbe essere grande parte di questo disegno di gratuità: chi sa scrivere insegni a scrivere, chi cucina a cucinare, chi amministra ad amministrare. Buona parte degli sforzi di tutti dovrebbero essere rivolti ai giovani, ai quali abbiamo rubato tanto –fiducia, soprattutto, e risorse ambientali- e con i quali siamo in grande debito.
E allora forza, perché c’è da lavorare. Ognuno di noi si faccia angelo per qualcun altro.
ambiente, economics, Politica Maggio 30, 2012

Un Paese che trema

Partecipato ieri sera a un dibattito a Milano. Un po’ di Pd, un po’ di giunta arancione, Sant’Egidio, e così via.

Fortemente impressionata dal fatto che, a parte Sant’Egidio (e le cose che ho detto anch’io, si parva licet), parlando delle possibili vie d’uscita in vista del 2013 si è discusso sostanzialmente di combinazioni e alleanze, insomma di come sopravvivere al terremoto che scuote partiti e istituzioni, glissando sul tema del ricambio, non esprimendo contenuti e visioni.

L’idea è che gran parte delle energie nella vita interna dei partiti continuino a essere spese in questo modo, nella dialettica tra correnti, nella lotta per l’attribuzione di posti e posizioni, e che il programma sia una specie di prestampato che viene tirato fuori dal cassetto all’ultimo, eventualmente aggiornato con qualche trovata dell’ultim’ora.

Una volta in un dibattito ho domandato a un’esponente di primissimo piano di un grande partito quale fosse la sua visione, e la risposta è stata “la Costituzione”. Perfetto, ma la domanda era un’altra.

Io, per esempio, che non ho come obiettivo salvare un partito, ma salvare, per dirla alla buona, il nostro Paese che trema e il futuro dei nostri figli, garantendo al maggior numero la possibilità di vivere decorosamente e meno infelicemente possibile , tengo nel mio orizzonte l’idea di un Paese che possa costituire un’avanguardia nel mondo dal punto di vista della riconversione energetica e ambientale -la Biosphere Valley di Jeremy Rifkin- e un modello di sviluppo che abbia al centro la bellezza e la generosità del territorio, l’abbondanza di testimonianze culturali, un’elevata qualità di vita basata sulle relazioni e non sul consumo. Magari è un’idea bislacca, ma è pur sempre un’idea.

Come si pensa di poter salvare qualcosa -il Paese, innanzitutto, ma anche i partiti e le istituzioni- senza mai esprimere un solo contenuto?

Visione e innovazione: come si può pensare di scamparla senza questo?

economics, esperienze, lavoro, Politica, TEMPI MODERNI Dicembre 8, 2011

Ma voi ci credete?

Do un’occhiata alle ultime, Bce, tassi di sconto, le borse giù, lo spread su. Ci capisco poco o niente. Mi pare di non poterci fare niente. Vedo che andò in pensione sui 67 anni e rotti, ho fatto il pieno stamattina, sono austera e pronta a pagare di tasca mia gli spaventosi guai combinati da altri. Ma sono scettica sul fatto che servirà.

Servirà a che cosa, poi? Nella migliore delle ipotesi, mi pare, a portare il livello di m…a nel nostro paese in media con il resto d’Europa. E poi? Quando saremo felici di galleggiare a livello della Francia, in modo da poter sprofondare tutti insieme appassionatamente? Chi ci muoverà guerra -perché è una guerra-, poi: gli Stati Uniti? La Cina, con il suo abbondante cash? Vorrei essere turca, paria dell’euro, fuori dal turbine.

Che cosa ci sarà, poi? Come vivremo? Che cosa diventeranno le nostre vite? E il lavoro? E i consumi? E le case? Come diavolo andrà a finire questa storia? Qualcosa dovrà morire, questo è certo.

L’unica cosa che vorrei fare è comprare un pezzetto di terra, umida e fertile, spendere quei pochi soldi lì, in quella terra che al momento vale poco o niente. Metterci uno sgabello in mezzo, e stare lì a rimirarmela. Perché la terra è vera, la senti sotto i piedi. Ci pianti un seme, e quello cresce.

Io vedo terra, vedo tecnologie pulite, vedo energia alternativa, cose che durano, realissime. Il nostro “scheletro contadino”, il glocal della rete, la comunità che prende il posto della società. Io vedo questo.

Ma chi sta decidendo per noi, chi sta decidendo per tutti, chi cerca solo di far sopravvivere quello che è destinato a morire, di fare crescere quello che non crescerà più, che cosa vede?

Qual è la visione?

economics, esperienze, Politica Novembre 10, 2011

Grazie Presy

Be’, amici: giornata storica e terribile, quella di ieri. Finita, per quel che mi riguarda, con il surreale salotto di Bruno Vespa, raggiante lui, allegrissimi tutti, da Alfano a La Russa a Di Pietro: che cosa avranno avuto tanto da ridere? Sembravano sollevati: e da che cosa? da loro stessi? Si vede l’uscita, finalmente. Evidentemente danno tutti per scontato di rientrare e riaccomodarsi. Be’, non ne sarei così certa, al posto loro.

Se tutti spingeremo nella direzione giusta, capiterà al Paese quello che è successo a Milano: dopo l’interludio Monti, che sarà cosa dura per tutti, nessuna illusione, cambio radicale. E’ nelle cose. E io auspico che Milano dia un grande contributo alla svolta. E chi andrà, come è successo a Milano, troverà macerie, rovine, e casse vuote. Dovrà fare grandi pulizie, raccogliere i cocci, buttare quello che c’è da buttare e salvare quello che c’è da salvare. Sarà ancora dura per tutti. Sarà un cambiamento doloroso. Sarà un lavoro di anni.

Ma dateci una visione, dico, diamoci una visione per il nostro Paese, visualizziamola bene tutte e tutti, cominciamo a vivere come se quel Paese nuovo ci fosse già, facciamolo essere nei nostri gesti quotidiani, e vedrete che rifioriremo. Usiamo questo tempo per “vedere”, non limitiamoci a piccoli aggiustamenti, diamoci grandi sogni e grandi orizzonti , e vedrete che ce la faremo, vedrete che i nostri figli, a cui abbiamo dato molto e tolto quasi tutto, avranno di che ringraziarci: “Ben fatto, vecchi”.

P.S. E io dico grazie al nostro vecchio Presidente Napolitano, che con equilibrio, intelligenza e fermezza ha saputo trovare la strada. Grazie Presy. E prenditi un paio di giorni per andartene a Capri, appena puoi.

AMARE GLI ALTRI, ambiente, economics, lavoro, Politica Settembre 11, 2011

Ma la nave dove diavolo va?

Sul Corriere di oggi (Renato Mannheimer, pag.5) leggo che solo il 6 per cento degli italiani direbbe sì alla richiesta di nuovi sacrifici. Non che sia sorprendente. Non si tratta tanto, io credo, del fatto che uno più di tanto non può essere spennato, essendo che le penne finiscono. Il fatto è che è possibile decidere di tirare la cinghia, e anche molto, ma in vista di un obiettivo chiaro.

E’ l’economia del buon senso, l’economia domestica che tutti pratichiamo: devi fare una spesa straordinaria, devi comprare una casa a tuo figlio, o ristrutturare, o arredare, o anche meno, e cerchi per un certo periodo di tagliare su quello che non è strettamente necessario. Ti dai un obiettivo e ti dai dei tempi ragionevoli per realizzarlo.

Il fatto è che molti di noi, la maggioranza di noi, ha la spiacevole sensazione che questi sacrifici siano a fondo perduto, che l’obiettivo sia molto fumoso -non affondare, ok, ma per intraprendere quale rotta?-, che non sia chiaro che cosa si vuole costruire e da quale parte si vuole andare. A questo si aggiunge la sfiducia in coloro che dovrebbero condurre la nave in porto, di qualunque porto si tratti: potremmo anche accettare di navigare a vista, fidandoci del comandante. Ma è evidente che non è questo il caso.

La spiacevole sensazione -e i non-tagli sui costi della politica la confermano- è che buona parte di questi pensino fondamentalmente ai cavoli propri, razziando tutto il possibile prima di affondare, che il bene pubblico non stia esattamente in cima ai loro pensieri, che non siano proprio degli illuminati, che manchino la passione politica, la cultura, lo sguardo necessari all’immane impresa.

Sono convinta che se sapessimo da che parte stiamo andando la fatica di remare ci peserebbe meno. Sentiremmo di partecipare a un’impresa comune. Accetteremmo di condividerere il rischio. Uscendo dalla metafora nautica, manca del tutto una visione. E anche quando si parla genericamente di crescita e sviluppo, non è chiaro che cosa dovrebbe crescere, che cosa dovrebbe svilupparsi.

Manca un’idea di paese. Quali sono i nostri atout, i nostri talenti, le risorse su cui puntare? Che cosa ci fa credere nell’Italia? Facciamo un esempio: le incredibili bellezze artistiche e naturali, non basta una vita per esplorarle tutte, un grandissimo dono di Dio che ci rende una nazione unica nel mondo. Ecco, la bellezza, il nostro senso innato per la qualità, le nostre eccellenze potrebbero essere le carte che noi abbiamo da giocare nell’economia globale? E questo il compito che ci è stato dato? Oppure il nostro grande talento per le relazioni, che ha dentro il nostro bene e anche il nostro male, come il familismo amorale:  potrebbe essere una risorsa da fare crescere? E per conseguire l’obiettivo, quali strutture, quali indirizzi, quale ricerca, quale formazione?

Insomma: qual è il paese che abbiamo in mente? Che cosa ne dite?