Partecipato ieri sera a un dibattito a Milano. Un po’ di Pd, un po’ di giunta arancione, Sant’Egidio, e così via.
Fortemente impressionata dal fatto che, a parte Sant’Egidio (e le cose che ho detto anch’io, si parva licet), parlando delle possibili vie d’uscita in vista del 2013 si è discusso sostanzialmente di combinazioni e alleanze, insomma di come sopravvivere al terremoto che scuote partiti e istituzioni, glissando sul tema del ricambio, non esprimendo contenuti e visioni.
L’idea è che gran parte delle energie nella vita interna dei partiti continuino a essere spese in questo modo, nella dialettica tra correnti, nella lotta per l’attribuzione di posti e posizioni, e che il programma sia una specie di prestampato che viene tirato fuori dal cassetto all’ultimo, eventualmente aggiornato con qualche trovata dell’ultim’ora.
Una volta in un dibattito ho domandato a un’esponente di primissimo piano di un grande partito quale fosse la sua visione, e la risposta è stata “la Costituzione”. Perfetto, ma la domanda era un’altra.
Io, per esempio, che non ho come obiettivo salvare un partito, ma salvare, per dirla alla buona, il nostro Paese che trema e il futuro dei nostri figli, garantendo al maggior numero la possibilità di vivere decorosamente e meno infelicemente possibile , tengo nel mio orizzonte l’idea di un Paese che possa costituire un’avanguardia nel mondo dal punto di vista della riconversione energetica e ambientale -la Biosphere Valley di Jeremy Rifkin- e un modello di sviluppo che abbia al centro la bellezza e la generosità del territorio, l’abbondanza di testimonianze culturali, un’elevata qualità di vita basata sulle relazioni e non sul consumo. Magari è un’idea bislacca, ma è pur sempre un’idea.
Come si pensa di poter salvare qualcosa -il Paese, innanzitutto, ma anche i partiti e le istituzioni- senza mai esprimere un solo contenuto?
Visione e innovazione: come si può pensare di scamparla senza questo?