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utero in affitto

bambini, diritti, Donne e Uomini Marzo 17, 2015

In difesa di Dolce & Gabbana

Difficile, in questo bailamme, capire che cosa abbiano effettivamente detto D&G -entrambi, o l’uno, o l’altro-, scatenando l’ira di Elton John.

Sto ai virgolettati che vedo: “Tu nasci e hai un padre e una madre”. “Non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici” qui a parlare è Domenico Dolce. “Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni”.

E ancora, qui dovrebbe essere Stefano Gabbana: “Un figlio? Sì, lo farei subito. Ma sono gay, e non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. Una di queste è la famiglia”.

Sono sicura che Elton John e il suo compagno -e Ricky Martin, e Miguel Bosè- amino immensamente i loro bambini. Ma che si nasca da un padre e da una madre (anche se in questi casi la madre è criptata) è un fatto indiscutibile. “Figli della chimica, bambini sintetici” suona un po’ duretto, ma la femminista Mary Daly ci andava anche più dura, parlando di “madri maschili” e di “tecnorapina delle uova”. Perché poi, romanticismi a parte, nel 99,9999 per cento dei casi le donne che cedono i loro ovociti e affittano i loro uteri lo fanno perché hanno bisogno di soldi.

Ma la frase che mi interessa maggiormente è questa: “Un figlio? Sì, lo farei subito. Ma sono gay, e non posso avere un figlio“. Bene, dico a Stefano Gabbana: la questione non è affatto l’essere gay o etero. La questione è l’essere uomini. Ci vuole sempre una donna, per mettere al mondo un figlio. Per una donna non è difficile reperire del seme maschile. Per un uomo trovare ovociti e uteri è decisamente più complicato, e comporta la mediazione di una scienza al servizio del mercato, e di leggi che regolino la materia. Non c’è simmetria.

Uno può mettere al mondo un figlio con una donna, in una relazione affettuosa, anche se è gay: il punto non è questo. Il punto è pretendere di far sparire la madre: perchè se a te non piacciono sessualmente le donne, questo non comporta che a tuo figlio non piaccia avere accanto sua madre, o quanto meno sapere chi diavolo sia.

La nostra legge non permette l’utero in affitto, nel rispetto della Costituzione che vieta atti dispositivi del corpo o di parti del corpo. Sì, la nostra bella Costituzione -lo segnalo a chi strilla di libertà priva di limiti, libertà obbligatoria– dice anche questo. E che lo sfruttatore sia gay o etero, verde, giallo o blu, non cambia nulla. Io difenderò usque ad sanguinis effusionem questo sacro principio. Come difenderò il diritto di tutti di esprimere liberamente le proprie opinioni, senza sentirsi obbligato in quanto omosessuale a intrupparsi nel mainstream gay, o viceversa.

Boykott the intolerance!

Aggiornamento sabato 21 marzo: qui un’intervista di Cnn a D&G. Sui social network li stanno linciando. Io non capisco che cosa stiano dicendo di sbagliato.

 

 

bambini, Donne e Uomini, salute Aprile 10, 2014

Fecondazione eterologa: il figlio ha più diritti di tutti. E non solo “a sapere”

Capiremo presto se si dovrà riaprire il dibattito parlamentare sulla fecondazione assistita, come sostiene per esempio la ministra per la Salute Beatrice Lorenzin. O se come ritengono alcuni giuristi, la sentenza della Cassazione, che dichiara lecita la fecondazione eterologa -ovvero ricorrendo a seme o ovulo donati da terzi- non  ha aperto alcun vuoto normativo che renda necessario un nuovo intervento del legislatore.

Mi pare abbia ragione la ministra quando sostiene che la liceità della fecondazione eterologa apre alcune questioni che vanno definite: e in particolare la questione dell’anonimato del donatore-trice e il diritto del figlio-a a essere informato.

In molte legislazioni internazionali si è passati dall’anonimato del genitore “terzo” alla primarietà del diritto del figlio-a a essere informato sulle sue origini biologiche.

In uno dei documenti fondamentali in materia, l’Human Fertilisation and Embriology Act, stilato nel 1990 nel Regno Unito, si legge:

In 2004, the Human Fertilisation and Embryology Authority (Disclosure of Donor Information) Regulations 2004/1511, enabled donor-conceived children to access the identity of their sperm, egg or embryo donor upon reaching the age of 18. The Regulations were implemented on 1 April 2005 and any donor who donated sperm, eggs or embryos from that date onwards is, by law, identifiable. Since that date, any person born as a result of donation is entitled to request and receive the donor’s name and last known address, once they reach the age of 18“.

Si riconosce quindi che il diritto del figlio-a sapere prevale rispetto al diritto del donatore-trice a restare anonimo-a (e della coppia a “cancellare” il donatore-trice).

La coppia che accede a fecondazione eterologa e il terzo-a che cede i suoi gameti scelgono infatti in piena consapevolezza, mentre la consapevolezza del nascituro-a va promossa e tutelata.

Il diritto a conoscere le proprie origini è un diritto fondamentale del minore sancito dall’ art. 7.1 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che riconosce il “diritto […] nella misura possibile, a conoscere i suoi [del fanciullo] genitori […]”. Il termine “genitore” ricomprende tre categorie: il genitore genetico, il genitore biologico che partorisce e il genitore psicologico, ossia colui che cresce e si prende cura del minore per un periodo significativo della sua vita.

Quindi questo diritto va garantito, e la legge 40, profondamente cambiata da ben 32 sentenze in 10 anni, non consentendo fino a ieri la fecondazione eterologa non dice nulla su questo punto.

Vorrei aggiungere due punti alla discussione, questioni che non si lasciano facilmente tradurre in leggi e codici:

a) quello che fa “scandalo” e crea problema nella fecondazione eterologa è la “sparizione” del genitore-trice biologico-a o della madre surrogata. Per ricorrere a un esempio antico, la balia che dava il suo latte al posto della mamma instaurava una relazione tenera e affettuosa con il piccolo che attaccava al seno. Ho il ricordo personale di mio padre -sua madre, lavorando, non poteva allattare- che aveva mantenuto un rapporto tenero anche con i figli della sua balia, “fratelli di latte”. La nostra esistenza si dipana in una rete di relazioni. La “sparizione” del donatore-trice crea inevitabilmente un buco in questa rete. Non è, cioè, solo questione di anonimato e di diritto a sapere. E’ questione della mancanza di relazione -per sentimento di possesso da parte dei genitori, o per il fatto che il donatore-trice mette a disposizione i suoi gameti in cambio di denaro, o semplicemente non intende avere un posto nella vita del nascituro- che può creare un problema al figlio-a. Io credo invece che ci sia anche un diritto del figlio alla relazione. Che nelle relazioni vive tutto possa essere ricomposto: si dovrebbe trovare un nome e una parte nella vita del bambino-a per chi contribuisce alla sua venuta al mondo. Forse ci dovrebbe essere o dovrebbe essere costruita una relazione tra la coppia e il donatore-trice e/o la madre surrogata: un amico che dona il suo seme, o una sorella che “presta” il suo utero è cosa ben diversa da uno studente che offre i suoi gameti in cambio di soldi e poi sparisce, o da una donna indiana che offre il suo grembo per fame.

b) il ricorso alla fecondazione assistita, in particolare all’eterologa, dovrebbe essere intesa come extrema ratio, perché non è mai un’operazione a costo zero (costi psicologici, intendo). Questo significa concentrare i nostri sforzi nella prevenzione dell’infertilità, sulla quale non si fa quasi nulla. Il lavoro che va fatto su questo terreno è un lavoro scientifico -individuare le cause principali dell’infertilità e offrire soluzioni mediche- ma anche politico: creare le condizioni socio-economiche che permettano a una coppia di non rimandare sine die il concepimento. Oggi una donna di a 40 anni potrà anche dimostrarne 30 o ancora meno, ma il suo orologio biologico resta quello di una quarantenne. E concepire a quarant’anni resta molto più difficile che a 2o. Ci sono casi, come il rischio di trasmettere malattie genetiche, che non lasciano molta scelta: a meno di non scegliere di correre il rischio, la fecondazione assistita resta l’unica strada. Ma molti casi di infertilità possono essere prevenuti, e non solo con cure mediche. Una legge come quella che vieta le dimissioni in bianco o una politica che favorisce l’occupazione femminile (le donne mettono al mondo più bambini quando lavorano) possono fare moltissimo.

 

 

 

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, questione maschile Luglio 28, 2012

“Non sempre ciò che vien dopo è progresso”

Titolo non mio, rubato ad Alessandro Manzoni. Ogni volta che vediamo la “Storia” tornare indietro la cosa ci appare come una sorta di tradimento. Come nel caso della rivoluzione khomeinista in Iran, per fare un esempio noto a tutti, inizialmente cantata da alcuni -non solo lì ma anche qui nel West- come superiore libertà (non stancarsi mai di leggere la splendida Marjane Satrapi: “Persepolis”, “Taglia e cuci”, “Pollo alle prugne”).

Nel cosiddetto “progresso” in realtà c’è sempre qualcosa che “va avanti” e qualcosa che “torna indietro”, se vogliamo metterla in questi termini. Il calcolo costi-benefici deve sempre essere molto attento.

Prevale invece un’idea stolida di progresso, inteso come staccarsi sempre di più dalla matrice, liberarsi dai vincoli costituiti dalla materialità dei corpi. Andare avanti sarebbe questo: procedere verticalmente, ascendere, via dalla carne verso un supposto spirito, intesi come separati.

Se tu, come nel caso dell’ultima discussione in questo blog, rallenti la corsa per fermarti a scrutare da vicino i fondamentali -per esempio il fatto difficilmente negabile che serve un utero per fare i figli, e che l’utero è una dotazione femminile-, allora non c’è dubbio, sei contro il progresso.

Se volessi davvero il progresso, allora aderiresti senza tentennamenti (anche solo il fatto di fermarsi a riflettere è sospetto) a tutto ciò che è reso possibile dalla scienza e dalla tecnologia (come se scienza e tecnologia fossero neutre e buone in sé), e quindi in particolare a ogni genere di manipolazione sul principio e sulla fine della vita.

Devi essere per forza a favore della donazione di gameti e dell’utero in affitto con sparizione del donatore (il bambino non può restare in relazione con la sua origine, così come sapientemente un tempo veniva tenuto in relazione con la balia che lo allattava, la relazione è tabù, l’individuo con i suoi “diritti” è tutto). Non devi avere dubbi sull’eutanasia, anche via disidratazione ed essiccamento del malato. Preferibilmente non devi avere nessun tipo di dubbio. Devi pensare maschi e femmine come uguali e perfettamente interscambiabili, senza tenere in alcun conto ciò che appare come differenza (il pensiero maschile, compreso Freud, si danna da millenni per riuscire a dire che cos’è una donna, quando la risposta l’avremmo sotto gli occhi: una donna è una che PUO’ essere madre, come dice Luisa Muraro). Devi affermare il “diritto ad avere un figlio” con chi vuoi, quando vuoi e come vuoi, anche se sei un maschio solo e di donne non ne vuoi sapere (“diritto” che nessuna etica e nessuna legge ha mai riconosciuto, né agli uomini né alle donne, non avendo alcun fondamento: leggere Mary Warnock, decana della bioetica, e in particolare Making Babies: Is There a Right To Have Children? testo del 2001). Siamo contro gli ogm e la riduzione della varietà delle specie viventi, ma per quello che riguarda i due sessi si deve militare per l’omologazione e la reductio ad unum, cioè al modello maschile, l’unico unum di cui disponiamo: il resto è l’eccentrico. Devi negare ogni statuto umano all’embrione, ed essere favorevole alla sperimentazione e al prelievo di cellule (e invece devi opporti a quell’orrore che è la sperimentazione su animali). E così via.

Se ti fermi a pensare, se ti arresti davanti a un dilemma, se prendi tempo, allora sei certamente antiprogressista, antimoderno, sessista. Sei un nemico da odiare e da abbattere. Sei perfino un po’ nazista: il dottor Mengele, come si sa, alle questioni etiche si dimostrò particolarmente sensibile.

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, TEMPI MODERNI Luglio 23, 2012

Coppie gay: 2 padri o 2 madri non sono la stessa cosa

Riduzione del danno, superiore interesse del minore. Per me sono principi politici irrinunciabili. Li metto alla prova dei fatti, e vedo che funzionano.

Sto ascoltando il bel dibattito -molti parlano a partire da sé, ed è una buona cosa- in Consiglio comunale a Milano sull’istituzione del registro delle coppie di fatto (potete seguirlo qui). Quindi, soprattutto delle unioni omosessuali -le coppie etero possono accedere al matrimonio-.

Lo spettro è quello della filiazione. E’ su questo che si agitano le coscienze, ed è un bene che si agitino. Sarebbe irresponsabile che non si agitassero. Trovare l’uscita è molto difficile. A Milano e anche nel resto del Paese ci sono molti bambini di coppie gay. Ci sono GIA’, e vanno tutelati. La serenità dei loro genitori, il riconoscimento dei loro diritti, è la prima tutela.

Resta un nodo enorme che la legge non potrà sciogliere: l’asimmetria tra la filiazione di due donne e quella di due uomini (o di una sola e di un uomo solo, come dirò: l’orientamento sessuale è marginale). Al centro di questa asimmetria c’è la relazione madre-figlio. Nel caso di due lesbiche, questa relazione è mantenuta. Nel caso di due omosessuali maschi, questa relazione è quasi sempre brutalmente recisa. Un uomo che vuole un figlio, che sia omosessuale o eterosessuale, -con un compagno, o tutto per sé- ha due strade: una donna con cui è in relazione che offra i suoi gameti e il suo grembo, e poi sparisca (opzione rarissima); l’acquisto di un ovulo e l’affitto di un utero in Paesi la cui legislazione lo consenta, come la California e il Regno Unito (opzione sempre più spesso praticata). In entrambi i casi, il legame con la madre è reciso. Quella madre (o quelle due madri, la donatrice e la portatrice) DEVE sparire. Al bambino è tolta, non per disgrazia, ma per precisa scelta, la relazione fondativa del suo essere, quella con la madre. Tra il legame con la madre e quello con il padre NON c’è simmetria. Se il bambino senza padre nasce povero, quello senza madre nasce poverissimo. La più povera tra tutte le creature.

Non so riconoscere questo come un diritto, perché contravviene a entrambi i principi politici che mi sono data: fa crescere il danno (aumenta il dolore) e non fa l’interesse del bambino.

Come può, il diritto, rappresentare questa asimmetria?

Bambini così poveri esistono già, e negare diritti a chi ha deciso di chiamarli al mondo presumibilmente li renderebbe ancora più poveri. Ma concedere questi diritti incoraggerebbe queste pratiche. Il dilemma è questo, è tremendo, e appare insolubile.

p.s.  Non è detto che questi padri “soli” siano omosessuali. Non si tratta, cioé, della loro omosessualità, si tratta del loro voler tenere alla larga la madre per le ragioni più svariate, anche per pura e semplice misoginia, o per delirio di onnipotenza. E’ pur vero che questo caso oggi si propone più frequentemente fra i maschi omosessuali che fra quelli eterosessuali. Almeno, fin qui.

p.p.s. L’adozione, ovviamente, è tutta un’altra questione. Lì il danno viene quasi sempre e certamente ridotto -salvo casi limite- e l’interesse del bambino posto al centro.

Donne e Uomini, esperienze, TEMPI MODERNI Dicembre 29, 2010

DUE BAMBINI

Stasera penso a due bambini: al figlio neonato di Elton John, daddy and daddy, very old both, nato da un ovocita e da un utero in affitto, due papà e anche due mamme (ma beffa delle beffe, alla fine neanche una) che erediterà molto, penso ad esempio a una stupenda casa alla Giudecca, e avrà molto amore, di sicuro, ma non quello di sua mamma, una qualunque delle due, la portatrice o la donatrice, e sarà la sua prima domanda: “Where is mummy?“, e non ho idea di quale sarà la risposta: “She isn’t here”? “She’s far”? “She’s dead”? oppure “We don’t like women”? “We hate women”? “Mummies are unnecessary“?

E poi penso a un altro bambinello di appena un mese, imbottito nella lana e deposto in una mangiatoia, con accanto un asinello, uno splendido bue, una ragazza vestita d’azzurro e un uomo certamente molto buono, e poi pastori, e re magnifici inginocchiati davanti alla grotta. Una vera grotta, nel gelo cristallino di Matera, sotto la luce splendente del cielo del solstizio. Il bambino è nato, la luce ritorna, e gli alberi sono già carichi di gemme, indifferenti al freddo che fa. Tutta roba che nasce. Oggi ho visto questo suggestivo e grandioso presepe vivente, il più grande del mondo, ambientato nei Sassi della stupenda città lucana, che la madre la porta già nel nome. 750 figuranti da tutta Italia per una messa in scena mirabile (tanti complimenti all’ideatore caparbio e fervido, Tomangelo Cappelli!). E quando, in fondo al percorso, la folla arrivava alla grotta della Natività, ecco che si produceva un miracoloso silenzio, lo stupore di tutti di fronte al mistero incarnato che lì si reincarnava nuovamente e davvero, anello di un ciclo infinito.

Ecco, penso a questi due bambini.