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ambiente, bellezza, economics, lavoro, Politica Gennaio 1, 2014

#2014: aggrappiamoci alla bellezza

Pizzo Calabro, Chiesa rupestre di Piedigrotta

Questa di cui vedete uno scorcio è la Chiesa Rupestre di Pizzo Calabro, scavata nel tufo, affacciata su una piccola baia turchese. Pochissimi la conoscono: varrebbe un viaggio da Oltreoceano. Ci penso continuamente da quando mi ci hanno portata. Pensiero che è fonte di energia e di gioia.

Dappertutto nel nostro Paese, a pochi passi dalle nostre case, abbiamo bellezza e bontà. Mi sono chiesta com’è che è capitato proprio da noi. Com’è avvenuto che un terzo di tutte le bellezze artistiche del pianeta siano state edificate sulla nostra penisola.

Credo che sia andata così: che le bellezze naturali erano tali e tante, così varie e sovrabbondanti, che chiunque sia nato in mezzo a tanto splendore o si sia trovato a passare di qui ha provato a emularle e a gareggiare invidiosamente, arrivando spesso a sfiorare il sublime.

Se noi perdiamo il senso della bellezza, se, per esempio, e come in gran parte è accaduto, ci affidiamo alla misura unica del denaro, perdiamo tutto. Ma se lo riguadagnamo, e siamo in tempo per farlo, ricominceremo a primeggiare.

Qualunque cosa facciamo, di qualunque cosa ci occupiamo, e lo dico in particolare alle amiche e agli amici del Sud, con tutta la sua magia, aggrappiamoci alla bellezza, contempliamola, fidiamoci dell’istinto che ne abbiamo, produciamola, offriamone al mondo.

Nutriamo il pianeta!

Questo è il mio augurio -e il mio manifesto politico- per il 2014.

p.s. Si chiama proprio “La Grande Bellezza” il film di Paolo Sorrentino che sta conquistando le platee di tutto il mondo. E’ un segno, ed è un auspicio. Jep Gambardella torna alle sue radici e si aggrappa alla bellezza per rinascere. E’ quello che dobbiamo fare tutti.

ambiente, economics, esperienze, Politica Novembre 19, 2012

Siamo molto ma molto meglio dei nostri politici

Renato Guttuso, Contadini al lavoro

Prova del nove del fatto che il Paese reale è molto ma molto ma molto meglio della sua classe dirigente, il sondaggio pubblicato stamattina dal Corriere -e che, lo dico al direttore Ferruccio De Bortoli, io avrei sbattuto in prima, e non a pagina 21-: per 9 italiani su 10 arte, ambiente e agricoltura saranno il motore della nostra ripartenza, il cuore del modello italiano di sviluppo, la vera possibilità di crescere e creare occupazione.

Per più del 90 per cento degli intervistati questi settori “potrebbero rivelarsi fondamentali per la ripresa e invece sono ingiustamente trascurati“. Hanno ragione.

Questa mancanza di visione e di slancio costituisce il vero grande limite dell’esperienza Monti, troppo ripiegata sul qui e ora, su un iperrealismo finanziario senza prospettive, per salvaguardare interessi che non sono certo quelli della maggioranza dei cittadini, su un ragionierismo asfittico che non sta ci sta portando da nessuna parte.

Come diceva tanti anni fa Alexander Langer, il buon senso di un popolo vale ben più di qualunque espertocrazia: notazione perfetta per raccontare quello che capita oggi.

Sono anche commossa perché combatto per questa visione da tanto tempo, nel mio ultimo libro ne ho parlato diffusamente, e sono sicura che presto sarà il nostro mainstream.

A patto di mandare al governo una classe politica che sia non dico meglio, ma almeno all’altezza di noi cittadini, che sappia favorire processi già in atto: è questo il compito principale della politica.

Dobbiamo lottare tutt* per questo.

 

economics, esperienze, Politica Novembre 11, 2012

Fine del Nord

Fata Morgana, Reggio Calabria

Mio marito mi guarda sorridente mentre giro sconsolata per casa e mi chiede se ho il “mal d’Africa”…

La notte scorsa a Reggio Calabria ho dormito con le finestre semiaperte, il vento caldo che agitava le palme del lungomare. Ora sono qui un po’ intirizzita, una ventina di gradi in meno. Con Melania Mazzucco, Vito Mancuso, Giulio Giorello, Rosario Villari sono stata onorata del premio letterario Rhegium Julii per il mio ultimo libro. Sul palcoscenico dell’Odeon di Reggio ho detto che se la straordinaria bellezza del Mediterraneo è stata così potente da dare impulso alla civiltà umana, non è escluso che lo faccia di nuovo, il Sud come baricentro e centro propulsore del Paese nuovo. Dello sviluppo, come si dice malamente.

I calabresi -come i potentini, i pugliesi, i campani, i siciliani: capita ogni volta che esterno la mia fiducia- hanno accolto con gratitudine le mie parole. E di fiducia ce ne vuole molta, perché a pochi metri dal teatro c’era un enorme mucchio di spazzatura -il comune di Reggio è stato sciolto per infiltrazioni mafiose ed è commissariato- e a meno di un chilometro i Bronzi giacciono sdraiati da tre anni -TRE ANNI- in attesa di un luogo che possa ospitare il loro splendore.

Eppure io questa fiducia ce l’ho. Al Sud c’è tanto da fare -il che mi accende tantissima voglia di fare-, c’è un’enorme ricchezza fatta di natura, di cultura e di capacità di relazione che attende di essere messa a frutto. Come dicevo ieri a una mia giovanissima amica e lettrice, io lì ormai mi sento a casa. Ogni volta sbarco dall’aereo in quella luce abbagliante e qualcosa dentro di me dice: “Rieccomi a casa”.

Il Nord mi sembra tanto stanco ed esausto. Uno dei miei nonni arrivò qui, quasi un secolo fa. Forse è arrivato il momento che io ritorni. I giovani meridionali percepiscono qualcosa di nuovo, e resistono lì dove sono, almeno ci provano, lottano, si aggrappano: si chiama “restanza”.

Io non so bene perché vedo questo. E’ una specie di miraggio, come fata Morgana, quel prodigio che da Reggio ti fa vedere Messina in mezzo allo Stretto, o fluttuante nel cielo.

Eppure ci credo, ci credo e desidero.

AMARE GLI ALTRI, ambiente, Politica Luglio 7, 2012

Alex Langer: Non per il potere

Nella primavera del 1988 ero incinta e affamatissima.

Un giorno mi capitò di andare a Bologna con Alex Langer –stavamo insieme nei “primi” verdi-, per incontrare un signore, poi diventato politico di primissimo piano.

Ci vedemmo a colazione. Io feci fuori 4 o 5 portate. Alex mi guardava sorridente e sbigottito. “Dio benedica te e il tuo bambino”, mi disse.

Un piccolo ricordo, apparentemente impolitico, suscitato dalla lettura commossa di “Non per il potere”, Alexander Langer (Chiarelettere Instant Book).

Risento la sua voce di angelus novus, messaggero visionario, nelle parole che qui vi ripropongo senza commenti, se non questo: che sembrano pronunciate oggi.

Una delle “urgenti ragioni per ripensare a fondo la questione dello sviluppo… è la perdita di qualità di vita e di autonomia delle persone e delle comunità, anche nelle fortezze dello sviluppo”.

“Una scelta di espansione … è una scelta di riarmo. Una scelta di contrazione è una scelta di disarmo”.

“Di fronte alla malferma salute della biosfera, le scelte che fanno bene al pianeta sono per forza di cose anche scelte che fanno bene a noi stessi… (è) sacro egoismo tra i meglio investiti”.

“Dalla faticosa lotta degli uomini contro la natura siamo passati a una situazione in cui quasi la natura non ce la fa più a difendersi dall’uomo”.

Esiste un “impatto generazionale di tutto ciò che noi facciamo, sia a livello macrosociale che micro sociale”. Si tratta di “perdersi per ritrovarsi… Se non si trovano nel presente (per esempio nel rapporto di amore) sufficienti ragioni per volere un futuro, non vi potrà essere nessuna astratta ragione, nessun rapporto del Club of Rome o delle Nazioni Unite”.

Il piccolo potere è il potere del “consumatore”… Qualcuno dovrà pur cominciare, e indicare e vivere un privilegio diverso da quello della ricchezza e dei consumi: il privilegio di non dipendere troppo dalla dotazione materiale e finanziaria”.

Alex Langer, nato a Vipiteno il 22 febbraio 1946, è morto suicida a Pian Dei Giullari, Firenze, il 3 luglio 1995.

Nel suo biglietto d’addio era scritto: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.

Dal quel 3 luglio –qualche giorno fa il diciassettesimo anniversario- cerco di pregare per lui ogni giorno, con gratitudine.

Donne e Uomini, economics, lavoro, leadershit, Libri, Politica, Senza categoria, TEMPI MODERNI Marzo 6, 2012

Forza ragazze! (Colpo di bacino)

Questa meravigliosa bambina l’ho amata a prima vista. L’ho incontrata googlando, e ho detto all’editore: “Voglio lei. Nessun’altra che lei”. Quella mossa apotropaica del bacino, che dice forza femminile. La caparbietà del broncio. Una vera dura, una tosta. Una che sa quello che vuole.

Non è stato facile averla. E’ una piccola americana, fotografata dal suo papà. L’ho supplicato con una lettera struggente, e lui ha ceduto. Me la guardo e me la riguardo. Quella piccola mi dà coraggio. E’ empowering. E dice precisamente quello che avevo da dire. Che questo è un gran momento per le donne di questo Paese. E che non va sprecato nemmeno un attimo. Senza di noi non andranno da nessuna parte. Senza di noi non combineranno niente di buono. Si tratta di saperlo, e di dare quello stesso colpo di reni.

In questo libro parlo di donne e di uomini, di rappresentanza, di potere, di economia e di crescita, di fatica e di bellezza. L’auspicio è di poter accompagnare, per quello che so e che posso, una svolta storica per il nostro Paese: quella che vedrà finalmente anche noi donne, accanto a uomini di buona volontà, dire la nostra sulla nuova agenda politica, stabilire le priorità, riportare la vita, i bisogni, le relazioni al primo posto. Primum vivere.

Quest’anno è cruciale, non dobbiamo distrarci!

Con l’augurio che possiate leggere quello che ho scritto e pensato-e discuterne con me, donne e uomini: si parla anche di loro- vi anticipo qui parte dell’introduzione.

Buona lettura.

 

“… Questa che stiamo attraversando non è una semplice «crisi», non c’è backlash che tenga. Questa è proprio l’apocalisse, nel suo senso preciso di «rivelazione». E ciò che viene rivelato ci dà ragione. Le cose non possono più andare in questo modo. L’economia non può più essere questa. La politica non può più essere questa. Il lavoro, la vita non possono più essere questi. Vale per le donne e anche per gli uomini.
La narrazione del patriarcato non sta funzionando più. Doesn’t work. Non si trova una sola donna, ma non ci sono più nemmeno troppi uomini disposti a credere che il mondo gira soltanto se uno dei due sessi si mette al centro, nella parte dell’Assoluto, tenendo l’altro fuori e sotto il tallone. Questa, semmai, è la malattia da cui il mondo chiede di guarire. Dovrebbe ormai essere chiaro che «the opposite to patriarchy is not matriarchy, but fraternity», come canta Sinéad O’Connor. Fraternità nella differenza, ecco il tempo che ci aspetta.
Questo libro lo scrivo per convincervi a confidare insieme a me, a non sentire il freddo, a non lasciarvi impressionare dai backlash e dai colpi di coda. Siamo nel bel mezzo di un rivolgimento grandioso, a paragone del quale quelle che la storia ha chiamato rivoluzioni sono solo timide increspature del mare. Servono pazienza e nervi saldi. Non sarà un giro di valzer. Ma potrebbe essere molto divertente. Un privilegio, poter vivere questo momento. Capire bene quello che sta capitando tra le donne e gli uomini, che è la grande parte di quello che sta capitando, significa dargli una grossa mano a capitare: il più del lavoro è qui. Poi ci sono alcune cose che vanno semplicemente fatte, senza dargli tutta questa importanza.
Mi è sempre piaciuto molto il modo spiccio in cui lo dice la mistica beghina Hadewijch di Anversa,rimbrottando una discepola esagitata: «Non trascurare opera alcuna, ma non fare nulla in particolare». Quello che deve capitare capiterà: il lavoro più grande è stare in questa fiducia, che per Hadewijch era fede in Dio o Amore. È prendere confidenza con i grandi orizzonti che ci si aprono davanti, abituare losguardo, adattare il passo. Poi, certo, ci sono due o tre cosette da sistemare.
Bene: è venuto il momento di sistemarle. Non possiamo aspettare ancora.
Una delle cose da sistemare riguarda la rappresentanza politica. Ci sono troppi uomini, lì. Un eccesso che sta creando molti problemi. Ci sono troppi uomini deboli, narcisie attaccati al potere nei luoghi in cui si decide – o non si decide – su tante cose della vita di tutti.
Bisogna mandarne via un bel po’: una delle opere da «non trascurare» è questa. E a quanto pare il modo più semplice per mandare via un bel po’ di uomini è che un numero corrispettivo di donne vada al loro posto.
Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare ordine.
Poi ci sarà ben altro, da fare. Ma nessuna paura. Ne abbiamo passate di peggio”.

ambiente, economics, Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 24, 2012

Beati noi ultimi (potremmo essere i primi, e i più verdi)

Noi che siamo in fondo a svariate classifiche internazionali, abbiamo oggi la grande opportunità di diventare i primi.

Lo dice Alex Roe, direttore di Italy Chronicles: Italy Should Be Number One, nel senso di prima economia europea, se puntasse su territorio, ambiente, arte, bellezza, qualità della vita.

Lo dice Jeremy Rifkin, che dirige la Foundation ofi Economic Trends di Washington, ed è consulente di vari governi europei: potremmo diventare la Biosphere Valley del mondo, alla testa della rivoluzione energetica ed ambientale. Abbiamo tutto cio’ che serve per diventare i primi.

Lo dice, indirettamente, perfino Bill Gates, fondatore di Microsoft, che parla dell’agricoltura come motore di innovazione planetaria: e noi di agricoltura ce ne intendiamo da alcuni millenni, e resiste, come dice il Censis, il nostro “scheletro contadino“.

A proposito di scheletri: l’altro giorno ne è affiorato uno, sepoltura di epoca tardo romana, a Milano, accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, dove si scava per realizzare un parcheggio che preoccupa non solo i residenti, ma anche la comunità internazionale. Le tombe recuperate in quel luogo sono finora una novantina. E’ il cimitero dei martiri cristiani. Lì Ambrogio volle edificare la sua basilica.

Ma le ruspe non si fermano. Il comune ha bloccato la realizzazione di altri parcheggi, ma di quello, inspiegabilmente, no. Eppure esisterebbe una clausola secondo la quale il Comune non sarebbe tenuto a pagare penali alla ditta costruttrice in caso di ritrovamenti archeologici. Ditta costruttrice che fa capo a Claudio De Albertis, presidente dei costruttori, re del cemento, recentemente e inspiegabilmente incoronato presidente di Triennale, prestigiosissimo ente milanese (lunedì in consiglio comunale Marco Cappato dei radicali e David Gentili del Pd chiederanno che il sindaco Pisapia e l’assessore alla Cultura Boeri intervengano “per impedire che un luogo simbolo della cultura e della religione subisca un atto di empietà”).

Questa vicenda, insieme a quella di Triennale, ha un forte valore simbolico e indica in che direzione si sta muovendo la giunta di Pisapia.

Che cosa c’entra con quello che dicevamo sopra? Che cosa c’entra con Rifkin, Bill Gates e via dicendo? C’entra moltissimo. Perché Milano, di quella rivoluzione della bellezza e dell’ambiente, di quel nuovo modo di guardare al territorio, dovrebbe essere l’Hub, e per almeno tre ragioni:

1. Milano è sempre stata laboratorio politico, e la cosiddetta “rivoluzione arancione” si era presentata anche -forse soprattutto- come una rivoluzione verde. Promessa mantenuta in modo intermittente.

2. Milano è sempre stata la piazza del mercato di quella che è la regione più agricola d’Italia, e per questo la più ricca.

3. A Milano si farà Expo, proprio sui temi della nutrizione, ma l’illuminato masterplan sugli orti planetari sembra cedere ogni giorno di più alle logiche cementizie.

In sintesi, a Milano è in corso un braccio di ferro tutto politico -anche, purtroppo, all’interno della giunta arancione, che scarseggia in visione – tra Cemento e Territorio (agricoltura, ambiente, bellezza, arte, energie rinnovabili). E’ qui che potrebbe delinearsi una nuova idea di sviluppo e un nuovo modello di crescita per il Paese- E’ qui che potremmo (ri)cominciare a essere The Number One.

P.S. E’ in uscita per Chiarelettere “Green Italy” di Ermete Realacci. Lo leggo e poi vi dico.

 

ambiente, economics, lavoro, Politica Dicembre 13, 2011

Soldi verdi

Due notizie che potrebbero scapparvi, e che invece la dicono lunga sul nostro possibile modello di crescita.

Nonostante la crisi nerissima, secondo le proiezioni questo Natale il made in Italy alimentare registrerà un fatturato che per la prima volta supera i 2,5 miliardi di euro, con ordinazioni da tutto il mondo.

L’altra notizia  riguarda il complesso dei parchi e delle aree protette del nostro paese, che copre quasi 6 milioni di ettari comprese le aree a mare, il 10 per cento del territorio italiano. Ebbene, il pur minimo investimento di 70 milioni l’anno arriva a rendere 6-7 volte tanto. Un potenziale straordinario volano economico.

Dipendesse da me, saprei cosa fare e dove investire risorse, quale ricerca e quale formazione intraprendere. E come fare fruttare i quattrini di Expo. Ma vedessero loro.

economics, esperienze, lavoro, Politica, TEMPI MODERNI Dicembre 8, 2011

Ma voi ci credete?

Do un’occhiata alle ultime, Bce, tassi di sconto, le borse giù, lo spread su. Ci capisco poco o niente. Mi pare di non poterci fare niente. Vedo che andò in pensione sui 67 anni e rotti, ho fatto il pieno stamattina, sono austera e pronta a pagare di tasca mia gli spaventosi guai combinati da altri. Ma sono scettica sul fatto che servirà.

Servirà a che cosa, poi? Nella migliore delle ipotesi, mi pare, a portare il livello di m…a nel nostro paese in media con il resto d’Europa. E poi? Quando saremo felici di galleggiare a livello della Francia, in modo da poter sprofondare tutti insieme appassionatamente? Chi ci muoverà guerra -perché è una guerra-, poi: gli Stati Uniti? La Cina, con il suo abbondante cash? Vorrei essere turca, paria dell’euro, fuori dal turbine.

Che cosa ci sarà, poi? Come vivremo? Che cosa diventeranno le nostre vite? E il lavoro? E i consumi? E le case? Come diavolo andrà a finire questa storia? Qualcosa dovrà morire, questo è certo.

L’unica cosa che vorrei fare è comprare un pezzetto di terra, umida e fertile, spendere quei pochi soldi lì, in quella terra che al momento vale poco o niente. Metterci uno sgabello in mezzo, e stare lì a rimirarmela. Perché la terra è vera, la senti sotto i piedi. Ci pianti un seme, e quello cresce.

Io vedo terra, vedo tecnologie pulite, vedo energia alternativa, cose che durano, realissime. Il nostro “scheletro contadino”, il glocal della rete, la comunità che prende il posto della società. Io vedo questo.

Ma chi sta decidendo per noi, chi sta decidendo per tutti, chi cerca solo di far sopravvivere quello che è destinato a morire, di fare crescere quello che non crescerà più, che cosa vede?

Qual è la visione?

AMARE GLI ALTRI, ambiente, Donne e Uomini, economics, Politica Settembre 28, 2011

Il Paese del Wellness

Non sono Mario Monti, o Prodi, non sono Mario Draghi e nemmeno Rosy Bindi. Sono niente di niente, solo una donna che si dà la libertà di pensare e di comunicare quello che ha pensato, e a cui interessa più la nostra casa comune che la sua propria. E che ha bisogno di capire di che cosa stiamo parlando quando parliamo di economia, che cosa si intende per crescita, ad esempio, e per sviluppo. Una che, come quasi tutti -salvo quei pochi che della confusione si giovano e speculano, facendo ballare il resto del mondo-, vorrebbe sapere da che parte spingere per andare incontro al meglio, per noi e soprattutto per i nostri ragazzi.

E allora quando penso al nostro paese, penso due cose: che ce la faremo, ce l’abbiamo sempre fatta, purché cresca il numero di donne e uomini di buona volontà che impegnino le loro energie e il loro desiderio in questa direzione; e che si deve accettare il nuovo che arriva, nel suo bene e nel suo male, e aprirgli la strada. Mi immagino un paese, è quello in cui vorrei vivere, in cui penso che convenga vivere, e provo a raccontarvelo. Se tu sai quello che vuoi, se lo vedi, se lo pratichi, è come se lo mettessi già al mondo -la mia diletta Mary Daly parlava di “campi morfogenetici” ingenerati dal desiderio-.

Io la vedo così: un paese che ha come risorsa non il petrolio, non l’oro, ma il bene della bellezza in tutte le sue forme. Un piccolo paese a cui la Provvidenza, se ci credete, ha dato il compito di testimoniare il qualis, più che il quantum. E’ questo che ci viene bene, è questo che il resto del mondo viene a cercare qui, senza dubbio: la bellezza naturale e artistica nella sua stupefacente varietà, la capacità di trasformare la materia in bellezza, il piacere, la dolcezza di vita che ne viene.

Di questo potremmo avere il privilegio di vivere. Di bellezza, di wellness. E’ in questa risorsa che dovremmo investire. E’ a questo, in tutte le sue declinazioni, che dovremmo preparare le ragazze e i ragazzi. A valorizzare, a produrre, ad amministrare bellezza in tutte le sue declinazioni. Agevolando in ogni modo l’apprendistato delle nostre belle arti. Favorendo e sostenendo la libera impresa in tutti i settori che hanno a che vedere con questa risorsa, dal turismo alle attività culturali, all’agricoltura, all’enogastronomia, all’artigianato. Creando tutte le infrastrutture necessarie. Finanziando ricerca, anche biomedica, che abbia a che vedere con la sana alimentazione, con il buon vivere (per es. nel settore della medicina preventiva e antiaging).

Insomma, ne ho dette solo alcune e in ordine sparso, per capirci. Volendo, qui ci sarebbe l’embrione di un programma di sviluppo. Ma finché le dico solo io… Sarebbe bello che la politica della rappresentanza -o politica seconda-, con la più ampia convergenza, assumesse se non proprio questa visione, che mi convince molto, quanto meno UNA visione, facendone il goal del lavoro di ricostruzione che ci tocca, come ci toccò dopo la guerra, la stella polare di quel “retto vivere” invocato dalla Chiesa, esortazione a cui tutti dobbiamo corrispondere, a cominciare naturalmente da chi si è assunto le più onerose responsabilità pubbliche e che la retta via l’ha del tutto smarrita.

Temo che per tutto questo servirà un rinnovamento radicale -non parlo solo di alternanza politica, oggi sarebbe troppo poco– una nuova classe di amministratrici e amministratori, capaci di assumere una visione -io la mia modestamente l’ho presentata qui- di renderla chiara a tutti, il che sarebbe già un grande passo, e di agevolare la sua materializzazione.

E credo che Expo 2015, evento sul quale vi invito a porre la massima attenzione, potrebbe costituire il laboratorio del nostro Paese nuovo.

Donne e Uomini, economics, lavoro, Politica Luglio 12, 2011

Doppio sguardo sulla crisi

Posta qui la lettrice Marisa Calzolari: “In Italia manca il lavoro e quel poco che c’è è, spesso, dequalificato. In più il futuro si presenta ancora meno roseo del già tremendo presente. L’Italia, se mai ce la farà, e io ho dei seri dubbi, uscirà dalla crisi per ultima tra i paesi europei. E tu Marina pensi che il problema sia il “doppio sguardo”?“.

Risposta: sì. Più precisamente: è il fatto che sullo spazio pubblico si eserciti solo lo sguardo maschile, questo eccesso di maschile nei luoghi in cui si decide -o si dovrebbe decidere- per il bene di tutti, le ondate testosteroniche che hanno travolto la finanza mondiale, quindi non il maschile in sé, che è dato di natura, ma il suo troppo, che ha relegato il femminile nell’eccentrico e in un supposto “privato”, a darci una chiave efficace anche per leggere le spaventose turbolenze di questi giorni, il venerdì nero, il lunedì nerissimo e ora vedremo il martedì.

Come scrive tra l’altro sul Corriere di oggi Maurizio Ferrera, proponendo soluzioni per la crescita del Paese: c’è anche il fatto che “il nostro welfare non fa investimenti sociali: asili, formazione, inserimento al lavoro, sostegni all’occupazione giovanile e femminile, casa, famiglia, lotta all’esclusione…“. Tutti temi di cui nella due giorni di Siena si è discusso molto. “E’ almeno un decennio che parliamo di rimodulare il welfare, ma in realtà ci siamo limitati a una rimodulazione dell’esistente”. Ferrera propone che le scelte in materia di politica economica e sociale siano definite dal governo “in collaborazione con organismi indipendenti che poi valutano attuazione e risultati… L’Olanda ha sperimentato un meccanismo simile negli anni Ottanta ed è oggi uno dei paesi virtuosi“. E chiude auspicando che questa nuova authority abbia una “presidente donna e componenti tutti rigorosamente sotto i 40 anni“. Donne e giovani, cioè gli esclusi dal potere (dei vecchi maschi, dei padri saturnini che non mollano).

Il ragionamento di Ferrera assume in pieno il doppio sguardo. Abituiamoci ad applicarlo per leggere ogni circostanza, anche e soprattutto quelle politiche, sociali ed economiche. Lo fa Maurizio Ferrera, lo fanno molti osservatori autorevoli, facciamolo anche noi, cara Marisa.