Browsing Tag

rinnovamento

economics, Politica Gennaio 20, 2013

2012: 124 MILIONI di spese (esclusi stipendi) alla Camera

Mentre noi tutti siamo qui alle prese con l’arrosto o la lasagna, il Pdl sta cucinando patate roventi come la candidatura di Cosentino e di Dell’Utri. Domani tutte quante le liste saranno depositate, e potremo fare un bilancio: con il blocco imposto dall’immondo porcellum, sapremo con quasi matematica certezza chi andremo a eleggere.

Qualcosa si può già dire: un parziale rinnovamento c’è stato, soprattutto dove si sono svolte primarie. Anche se i listini dei segretari hanno garantito sopravvivenza politica a troppi veterani, e le stesse primarie, svoltesi con una tempistica drammatica, hanno di fatto tagliato fuori le candidature civiche: è passato quasi soltanto se non esclusivamente chi poteva avvalersi dell’apparato di partito. Quindi rinnovamento sì, ma in grandissima parte interno, con ingresso massiccio di funzionariato locale e con scarso apporto di talenti e competenze esterni.

Il nostro futuro Parlamento dovrebbe essere certamente più giovane e più femminile: quanto alle donne che saranno effettivamente elette, al buio azzarderei un 35 per cento, che è un quasi raddoppio della percentuale attuale. Quindi il danno del monosex sui 60 anni è senz’altro ridotto.

Un po’ di inquisiti ce li siamo levati di torno, ma incredibilmente non tutti. C’è poi un’imbarazzantissima e cospicua presenza di parenti e famigli un po’ in tutti i partiti, dall’Udc -la famiglia Casini è stra-rappresentata- al Pd (i casi più indigeribili quelli di Marietta Tidei, figlia del sindaco di Civitavecchia, e quello di Fabrizia Giuliani, moglie del consigliere laziale Claudio “spese pazze” Mancini, il quale per aver danneggiato i cittadini evidentemente va premiato, candidata che non è nemmeno passata per primarie e che a Milano resta un Ufo, mai vista né sentita, totalmente assente dalla campagna elettorale, sapremo qualcosa di lei solo dopo averla obbligatoriamente eletta). La sorte di parente “segnaposto” lautamente retribuita tocca per ovvi motivi soprattutto alle donne: ragione per la quale la percentuale di elette sarà appesantita da una quota non insignificante di mogli di e figlie di. L’Espresso in edicola dedica al tema la sua cover story ed elenca tutti i nomi.

In definitiva direi questo: potrà andare meglio al prossimo giro, che secondo gli analisti, ahinoi, non sarà troppo lontano. I bookmaker non scommettono oltre i due anni di legislatura, dato l’alto rischio di ingovernabilità. Speriamo allora di poterci liberare, eventualmente esprimendo preferenze, o tramite primarie meno convulse, del più dei derogati e dei veterani -è incredibile vedere ancora quelle facce a Ballarò e dintorni-, di poter arginare il familismo, che è la causa principale della nostra arretratezza civile, di poter dare un’accelerata al rinnovamento vero.

E speriamo che nei primi cento giorni di legislatura si provveda: a) a cambiare la legge elettorale (ci credo poco); b) a dimezzare il numero del parlamentari (ci credo pochissimo); c) a ridurre in modo drastico i costi della politica, stipendi, emolumenti e spese (ci credo ancora di meno). E’ su questi tre punti che tutti insieme, di qualunque parte e opinione, dovremo battagliare.

Perché non so se lo sapete, ma vi informo, che per sostentare la Camera (non sto parlando di stipendi, ma solo di spese di gestione), nel 2012 della crisi abbiamo speso 124 MILIONI di euro. Suddividendo la spesa per il numero dei parlamentari, significa che la gestione della sola camera ci è costata tra gli 850 e i 1000 euro A DEPUTATO OGNI GIORNO. Questi continuano a fare finta di niente.

IN UN SOLO SEMESTRE 2012 (uso questo maiuscolo anti-netiquette perché sto urlando di disperazione e di rabbia) per fare qualche esempio, abbiamo speso: 200 mila euro per TRASLOCHI E FACCHINAGGI, 500 mila euro di CONSULENZE, 500 mila euro per la BIBLIOTECA, 2 MILIONI e 400 mila euro per il CONDIZIONAMENTO, 180 mila euro per il CERIMONIALE, più di 2 MILIONI di euro per acquisto SOFTWARE (programmi informatici). IN UN SOLO SEMESTRE e SOLO PER LA CAMERA! (qui il link della Camera con tutto il rendiconto, divertitevi!)

Torno in cucina, amiche e amici.

esperienze, Politica Settembre 6, 2012

Il lievito madre, la politica e la 47esima ora

Avete mai provato a fare il lievito madre, o pasta madre (wild yeast)? (ottimerrimo per fare pane e pizza, il sapore è completamente diverso). Be’, provateci. Ognun* ha la sua ricetta, anche online ne trovate tante. Una volta che vi è riuscito, è una creatura vivente in eterno, basta dedicargli un minimo di attenzione e “rinfrescarlo” di tanto in tanto. Girano paste madri vecchie di un secolo, preziose come un gran vino, impastate da generazioni di donne, e ancora arzillissime!

Lo dico perché fare il lievito madre è una lezione, devi avere una grande pazienza e una grande fiducia, è come se lui lo sentisse se non ci credi abbastanza. Acqua, farina (e un po’ di miele, secondo alcune ricette9, non è che serva chissà che cosa, ma pazienza, cura e fiducia sono gli ingredienti principali, se mancano puoi darti tranquillamente per vinta.

Gli dai un’occhiata di tanto in tanto, ti pare che non succeda nulla, l’impasto resta fermo, immobile, non fa una bolla. Ma ecco che alla 47esima ora, di colpo, lo vedi montare e, appunto, lievitare, un’esplosione di vita batterica, quell’inconfondibile profumo acidulo che ricorda un po’ una birra fruttata.

Così, se la prospettiva del Porcellum bis o Ogm ti fa perdere ogni speranza, se le facce sono sempre quelle, e resistono a oltranza, e si fanno belle dei sondaggi favorevoli, se vedi che tutta la fatica che hai fatto sulle donne darà risultati scarsi o nulli, perché entreranno solo le cooptate, quelle che garantiscono di non cambiare di un millimetro le logiche, e anzi, di ubbidire al padre -o al fidanzato, o all’amante, comunque al capobastone- e anzi di essere superzelanti nel rispetto delle sue regole, e allora che ci restino gli uomini; se di rinnovamento non ne vogliono nemmeno sentire parlare, tanto che perfino Sergio Romano, che proprio un rivoluzionario non è, nel suo editoriale di oggi sul Corriere incoraggia i partiti a intraprendere azioni più decise, altrimenti c’è il rischio che gli outsider, gli innovatori certi -nel bene o nel male: leggi Grillo, e anche Renzi, che riempie lo spazio di un grillismo moderato– facciano l’en plein; se insomma il massimo in cui ti pare di poter sperare, mentre ti dissangui dal benzinaio, in posta o al supermercato, sia un timidissimo gattopardismo, be’, pensa alla 47esima ora della pasta madre, a quegli ultimi giorni prima delle urne, alla vitalità politica che potrebbe manifestarsi in un’esplosione “buona” come quella del lievito, al nuovo che potrebbe venire da dove meno te l’aspetti, all’improvviso, verde e lucente.

E ci pensino anche quelli che a questo possibile nuovo guardano con terrore.

 

Politica Agosto 31, 2012

Fujetevenne! (ragazzi con la valigia)

 

Sono un po’ avvilita, stamattina. Parli dei figli con altre madri e altri padri, ed è regolare: “Devono fare un’esperienza all’estero”. Sotto sotto sperando e temendo che a Londra, Parigi, Berlino o Shanghai, dopo aver imparato bene la lingua, lui/lei trovino un’occasione per non tornare più.

Risparmiare, tirare la cinghia per dare ai ragazzi questa chance, che vuole dire che se tutto va bene potresti anche averli tanto lontani, magari per sempre. Ho in mente una coppia di amici, con la loro unica amatissima figlia a lavorare in Cina, flosci come una pianta senz’acqua. Ora che si è trasferita in Europa, a un’oretta di volo, sembrano rinati.

Tantissimi di noi hanno alle spalle lontananze e bastimenti. Mia nonna Elena era nata americana di Pittsburgh. E’ tristissimo che ci debba ricapitare. Anche se li chiamiamo master, esperienze e così via. Dover dire a tuo figlio “Vattene”, quando invece vorresti tenertelo vicino (non è umano?). Fujetevenne: una volta era un destino che toccava soprattutto ai giovani del Sud. Ora tocca a tutti.

La cattiva politica, tra il molto male che ha fatto alle nostre vite, ha fatto anche questo. Perciò non sopporto l’idea che quelli che hanno fatto questa cattiva politica ritengano di avere il diritto di ritornare, pressoché tutti, liquidando con arroganza ogni volontà di rinnovamento. Perché chi ha fatto male oggi dovrebbe sapere fare bene?

Non sono semidei. Sono solo uomini -e quelle pochissime donne cooptate da uomini- che hanno mostrato di non essere all’altezza delle responsabilità che si sono liberamente assunti. Chi amministra male un’azienda, presto o tardi deve lasciare. Perché mai la regola non dovrebbe valere, e a maggior ragione, per chi ha amministrato male un Paese?

Non parlo di maggioranze e opposizioni. Parlo di un’intera classe politica, vecchia e fallimentare, che dovrebbe rassegnarsi a mollare. Non può essere che il legittimo desiderio di rinnovamento, condiviso dalla grandissima maggioranza delle cittadine e dei cittadini, venga tacciato di grillismo e liquidato sprezzantemente a parolacce. Sono loro, non i giovani, che se ne devono andare.

E se contano sulla rassegnazione fanno un grandissimo errore.

Politica Agosto 29, 2012

Allora meglio un Monti-bis

Assisto con disgusto, come voi tutti, al braccio di ferro sulla legge elettorale.

Se questo è lo stile -pensare prevalentemente ai c…i propri, ma proprio ai c..i propri soggettivi- e tenere inchiodato il Paese, com’è sempre successo su mille questioni, salvo poi chiamare l’Espertocrazia perché realizzi in 6 mesi e in modo necessariamente raffazzonato -vedi il decretone sulla salute- le riforme che attendono da decenni, se questa è la prova generale, be’ allora possiamo riporre ogni speranza.

Allora mi arrendo, allora meglio un Monti-bis, mi dico, e me lo dico per disperazione. Allora meglio un premier che goda in giro per il mondo di qualche credibilità: non possiamo fare a meno di questo, qui si propone per la premiership gente che non sa nemmeno spiaccicare due parole in inglese: perché anche per un cococo, per un cameriere che serve ai tavoli, per un tassista l’inglese è tassativo, ma per fare il premier a quanto pare è un optional. Ma un Monti affiancato da una squadra che svecchi la sua visione, la spinga fuori dai limiti dell’iperrealismo finanziario ed economicista, azzardi una diversa idea di crescita, faccia finalmente l’Italia. Una squadra con tanti giovani, e tante donne fedeli al proprio genere e al proprio buon senso.

Se si trovassero le mediazioni per concepire una simile Chimera, se si capisse come arrivarci salvando la democrazia, forse sarebbe la soluzione, almeno per il futuro prossimo. Non è più sopportabile da nessun* l’idea che si torni indietro, alle solite facce di sempre, al solito linguaggio, al solito fancazzismo, alle solite meline, alla solita corruzione, alle solite ruberie, alla solita incapacità politica, alla solita irresponsabilità, ai soliti privilegi, al solito monosex, al solito vecchiume, alla solita mancanza di visione, alla solita ignoranza delle cose, al solito egoismo.

No, davvero non è più sopportabile.

 

Aggiornamento, giovedì 30 agosto:

Ieri abbiamo assistito a un vero e proprio endorsement di Angela Merkel a Mario Monti. Concordato o meno, non so. Aveva il vago sapore di una minaccia: ovvero, ci fidiamo solo di lui, attenti a quello che fate. Sembra il preludio a una ricandidatura.

E’ strano che non si sia inteso il senso del mio post -come se sentissi che qualcosa era nell’aria, e infatti…-. Post scritto da una che non auspica affatto il Monti bis, ma sente che il clima sta montando in questa direzione. Soprattutto perché la gente non si fida dei partiti, è convinta che le cose, da male che vanno, potrebbero precipitare nell’assoluto peggio. E lo spettacolo offerto sul tema della legge elettorale dà drammaticamente ragione a questo timore.

Purtroppo sul fronte dei partiti, a parte la cavalcata di Renzi, non si vede nulla di nuovo. Qualcosa vedremo di sicuro nelle prossime settimane -anche non conoscere la soglia di sbarramento smorza ogni audacia-. Niente dalle donne –che delusione, Se Non Ora Mai Più-, nessun movimento da parte dei giovani, anche gli innovatori dei partiti esitano. Qualcosa vedremo di sicuro, la situazione è in costante movimento. Ma al momento, ribadisco: se la prospettiva è quell’angoscioso ritorno al passato -perché quegli stessi che non hanno fatto ciò che dovevano, ora miracolosamente dovrebbero farlo?- tanto vale che ci teniamo ancora per un po’ quello che abbiamo.

 

ambiente, economics, Politica Maggio 30, 2012

Un Paese che trema

Partecipato ieri sera a un dibattito a Milano. Un po’ di Pd, un po’ di giunta arancione, Sant’Egidio, e così via.

Fortemente impressionata dal fatto che, a parte Sant’Egidio (e le cose che ho detto anch’io, si parva licet), parlando delle possibili vie d’uscita in vista del 2013 si è discusso sostanzialmente di combinazioni e alleanze, insomma di come sopravvivere al terremoto che scuote partiti e istituzioni, glissando sul tema del ricambio, non esprimendo contenuti e visioni.

L’idea è che gran parte delle energie nella vita interna dei partiti continuino a essere spese in questo modo, nella dialettica tra correnti, nella lotta per l’attribuzione di posti e posizioni, e che il programma sia una specie di prestampato che viene tirato fuori dal cassetto all’ultimo, eventualmente aggiornato con qualche trovata dell’ultim’ora.

Una volta in un dibattito ho domandato a un’esponente di primissimo piano di un grande partito quale fosse la sua visione, e la risposta è stata “la Costituzione”. Perfetto, ma la domanda era un’altra.

Io, per esempio, che non ho come obiettivo salvare un partito, ma salvare, per dirla alla buona, il nostro Paese che trema e il futuro dei nostri figli, garantendo al maggior numero la possibilità di vivere decorosamente e meno infelicemente possibile , tengo nel mio orizzonte l’idea di un Paese che possa costituire un’avanguardia nel mondo dal punto di vista della riconversione energetica e ambientale -la Biosphere Valley di Jeremy Rifkin- e un modello di sviluppo che abbia al centro la bellezza e la generosità del territorio, l’abbondanza di testimonianze culturali, un’elevata qualità di vita basata sulle relazioni e non sul consumo. Magari è un’idea bislacca, ma è pur sempre un’idea.

Come si pensa di poter salvare qualcosa -il Paese, innanzitutto, ma anche i partiti e le istituzioni- senza mai esprimere un solo contenuto?

Visione e innovazione: come si può pensare di scamparla senza questo?

Politica Maggio 8, 2012

Pd: il nemico è dentro

 

La tenuta del Partito Democratico in questa tornata di voto amministrativo è un fatto. L’antipartitocrazia –e non l’antipolitica- l’ha sostanzialmente graziato. La flessione è stata contenuta.

Ma il segnale va colto: ultimo avviso.

Il “successo”, in una parte significativa di casi, da Genova a Palermo, si conferma legato a candidature esterne. Grave errore sarebbe sopravvalutare il proprio risultato e accomodarsi sugli allori.

Innovare, flessibilizzare, alleggerire, aprire, restituire in ogni modo ai cittadini la capacità di scegliere, accogliere al proprio interno, omeopaticamente, gli umori antipartito, vincere le resistenze della nomenclatura. Legarsi ai territori, ringiovanire, femminilizzare.

C’è tutto il tempo, di qui al voto politico, per mettere in pratica la lezione.

Il nemico è dentro. E’ chi, in questa fase delicatissima, tenterà in ogni modo di arroccarsi in difesa della propria rendita personale, anche contro gli interessi del partito.

Non passerà un altro treno.

15.25, aggiungo questo:

la tenuta del Pd, abbastanza sorprendente, va capita bene. La logica del “sono tutti uguali” è passata solo fino a un certo punto. A mio parere il Pd incassa anche la lealtà al governo Monti, che pur con tutte le disillusioni, sta godendo ancora di sufficiente fiducia.

Azzardo di più: si è colta maggiore possibile continuità tra Monti e il Pd che tra Monti e il centrodx, non parliamo poi del Terzo Polo. Da questa tenuta si può anche dedurre che la forma partito non è considerata totalmente da buttare: tutto si può dire di Bersani, fuorché che sia un leader carismatico, e che stia guidando un partito personale.

Il Pd, nel bene e nel male, è un partito-partito. Credo che si debba riflettere su questo.

 

economics, esperienze, Politica Aprile 22, 2012

Sweet Revolution

Ora vedremo il voto di maggio, certo.

Ma tu passeggi in una serata sciroccosa in via Tortona, in mezzo a una folla festosa di ragazzi -com’è mite, questa generazione, che applaude senza fare rumore, che balla con le cuffie in testa per non disturbare- e senti un capannello qualunque che parla di “mettere su una lista civica”, con la stessa naturalezza con cui parlerebbero di calcio. Se poi hai passato il pomeriggio a capire che aria tira in un’assise di partito (conferenza programmatica del Pd), ti rendi conto che lo spettro di questa sweet revolution, “tutti a casa”, home sweet home, più volte evocato, non è intuito nel suo potenziale.

Tu vai a darti una spuntata ai capelli dal tuo vecchio coiffeur siciliano di Bronte, che mentre lavora di forbice ti dice che in tre mesi, pulito di tutto, sul suo conto ha messo via 168 euro, mai successo in tanti anni, e poi ti dice “tranquilla, non mi suicido, Prima voglio vederli andare via tutti”, e intanto radio Dj o non so quale radio commerciale in sottofondo alterna la top ten alla lettura delle liquidazioni dei supermanager di stato.

Voglio dire, è una cosa di popolo, e con le cose del popolo non si scherza. E’ questione di sopravvivenza: li vedi cadere come mosche, parenti, amici, conoscenti che da un giorno all’altro perdono il lavoro e restano a casa, e ti dicono: “Se sentissi qualcosa, qualunque cosa…”, e tu ti vorresti ammazzare.

Qui al Nord una “rivoluzione gentile” l’abbiamo già vista, la Moratti-potenza spazzata via dalla stramobilitazione di una città che -gentilmente, nemmeno una rissa- si è rivoltata. Sappiamo che si può fare, basta organizzarsi. Io quell’odore l’ho già sentito, e lo riconosco, e lo risento. E so che quello capita qui poi capita dappertutto. Qui al Nord la botta della Lega Ladrona l’abbiamo presa tutti, leghisti e non leghisti. E il vecchio Bossi, caduto come un tirannello qualunque, lo sa, non ha bisogno di guardare i sondaggi né di crederci, gli basta annusare nell’aria e sentire lo stesso odore che sento io.

Ora vedremo il voto di maggio: anche se è presto per il raccolto vero, e in un anno possono ancora capitare molte cose.

Io fossi un partito non farei finta di non vedere, non farei finta di non capire. Fossi un partito, quest’aria di rivolta non farei finta di non sentirla, attiverei tutte le antenne, assumerei tutte le decisioni che vanno assunte, anche se dolorosissime: rinnovamento radicale, facce nuove, giovani e donne, reintroduzione delle preferenze, lotta senza quartiere alla vergogna dei costi della politica e ai privilegi, sobrietà francescana, giustizia sociale -il colpo da maestro del mite Hollande, che con ogni probabilità disarcionerà Sarkozy, è stata l’idea di tassare del 75 per cento le rendite eccedenti il milione di euro-.

Sanno benissimo quello che dovrebbero fare, se volessero davvero farlo. Difficile che lo facciano. Non puoi andare a sederti come se niente fosse nella tua poltroncina alla Camera e al Senato sapendo che l’ambasciatore italiano a Berlino prende 20 mila euro al mese quando Angela Merkel ne guadagna 9000. Che in Italia, 60 milioni di abitanti, contiamo 945 tra deputati e senatori, contro i 535 degli Stati Uniti per 300 milioni di americani. Che se chiedi un mutuo non te lo danno, o se te lo danno il tasso è il 4 per cento più alto di quello agevolato concesso a un deputato; che nel 2011 si sono spesi circa 19.500 euro al giorno solo per le pulizie alla Camera, e 300 mila euro per tre riunioni sui giochi olimpici 2020. Che il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento Malaschini tra pensione e compenso porta a casa quasi 60 mila euro al mese… Eh no, non puoi mica pretendere di aver avallato tutto questo, una mano lava l’altra, e di essere pure rieletto.

Il valzer a Milano io l’ho già ballato. Ed eccoci pronti al prossimo giro.

 

 

Donne e Uomini, Politica Aprile 20, 2012

50/50 + 75 = Politica Nuova

Quanto al 50/50, giusto per darci tutte quante una bella botta di realismo:

oggi è uscita la notizia della nascita del comitato promotore di Italia Futura Lombardia. Ed eccolI qui: il portavoce è Alberto Fontana, coadiuvato da Nicolò Bastianini. Gli altri componenti: Marco Colombo, Roberto Maria Dall’Olmo, Luca Corvi, Luca De Vecchi, Roberto De Vito, Gianmarco Gabrieli, Armando Montini, Romano Perissinotto e Sergio Scalpelli.

Se non ora quando, le mobilitazioni delle donne, la Lettera ai Partiti… proprio non fanno un plissé. Non c’è una donna nemmeno per sbaglio.

Per chi non lo sapesse -per comodità traggo da Wiki-, “Italia Futura è un’associazione  fondata nel luglio 2009 da Luca Cordero di Montezemolo e costituita da imprenditori e personaggi del mondo dell’imprenditoria, della cultura e della societá, che si prefigge lo scopo di sviluppare iniziative che portino ad un miglioramento della situazione politica italianae del benessere del cittadino. L’associazione si definisce come un think tank, quindi un pensatoio e laboratorio di idee che non esclude la possibilità di trasformarsi in un eventuale partito politico”.  Partito che, qui finisce Wiki e riattacco io, si configura come una possibilità sempre più concreta, vista la situazione dei partiti italiani.

Mi chiedo pertanto come sia possibile che dal think tank sezione Lombardia -dove c’è una vitalissima società femminile, con tanto di giunta 50/50 a Milano, e una Regione che invece è messa come ben sappiamo- il pensiero delle donne non sia ritenuto interessante e utile.

E passo al 75 per cento. Perché oltre al 50/50, ai partiti andrebbe richiesto che si presentassero alle prox elezioni, regionali e politiche, con liste composte almeno al 75 per cento di nomi nuovi, adeguatamente curriculati, e senza problemi con la giustizia.

50/50 + 75 è una delle possibili formule per il rinnovamento.

Vista da fuori dei partiti sembra una cosa semplice-semplice. Da dentro, certo, è tutt’altro film.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 14, 2012

Ma che cos'è questo Movimento Arancione?

Una bella sciarpa arancione al collo di Marco Doria, vincitore delle primarie del centrosinistra a Genova. Ce l’aveva anche Don Gallo, decisivo in questa vittoria, e Nichi Vendola -molto meno decisivo-.

L’arancione l’abbiamo visto nascere quasi spontaneamente a Milano, e credo che sia venuto il momento di capire cos’è.

Qualche dirigente nazionale Pd, scornato dalla sconfitta genovese, ha parlato frettolosamente di “vittoria dell’antipolitica”. Errore. Il desiderio arancione è desiderio di politica, e di politica partecipata. La sconfitta semmai è dei partiti, e in particolare del Pd, visto come ostacolo a questa partecipazione.

Quanto poi al Pd ligure, forse è il peggior Pd che si possa immaginare. Irriducibile partito del cemento, in una regione che di cemento sta morendo.

Perseverando in queste letture sbagliate e autoconsolatorie il Pd rischia di grosso. E’ vero che nei sondaggi si piazza bene, ma è anche vero che in caso di primarie nazionali, l’effetto Milano e Genova potrebbe riprodursi. E non indire primarie nazionali sarebbe un autogoal. Insomma, Scilla e Cariddi.

Per evitare i quali, c’è solo una strada: rinnovamento radicale. Ovvero fare capitare nel partito ciò che, non capitando dentro, capita fuori dal partito: ed ecco Pisapia, Doria, eccetera.

Rinnovamento radicale significa che Bersani, D’Alema, Veltroni e compagnia cantante devono mollare. Al posto delle loro facce se ne devono vedere altre. Resistere a questo rinnovamento, rimandare il turnover significa rischiare il patrimonio rappresentato dal Partito Democratico e dalla sua storia. Serve un gesto di generosità e di responsabilità: portare la rivoluzione arancione dentro il partito.

Anche perché al momento il movimento arancione è fatto più di generali che di truppe. Singoli uomini con i loro staff, che verosimilmente si stanno preparando e coordinando per il salto nazionale. Il cosiddetto movimento arancione non è organizzato, non ha rappresentanti eletti eccetera. Singoli uomini con i loro uomini cooptati. E io continuo a sentirmi più garantita dai partiti che dai singoli uomini -pur stimabilissimi uomini-. Le possibile derive dei singoli uomini le conosciamo. Convincetemi del contrario.

Questo è quello che vedo.

Quanto poi al fatto che a Genova hanno perso le donne: le donne perdono sempre nella politica degli uomini se non stringono un patto tra loro. Parlo di un patto dell’origine, di un patto di genere come quello stretto tra uomini. Che si fanno la guerra, ma questo patto, su cui si fonda anche la loro politica, l’hanno alle spalle. Se tu vai a fare la politica degli uomini da sola, e per di più contro un’altra, e avendo come unica fedeltà quella al partito -le donne, da neofite della politica degli uomini, sono superzelanti- ti fai molto male.

Che non si usi l’argomento Genova per ostacolare l’ingresso delle donne nella politica!

 

 

Donne e Uomini, Politica Gennaio 23, 2012

Vogliamo sceglierli noi

Vogliamo sceglierci i nostri rappresentanti politici.

Vogliamo qualcosa che dovrebbe essere il minimo garantito, ma da tempo non lo è più. Se il Porcellum è oscenamente esplicito nel negare questo diritto, una nuova legge elettorale concertata tra Pd e Pdl potrebbe continuare a negarlo surrettiziamente. Il vecchio non vuole mollare.

Vogliamo una legge elettorale che ci restituisca limpidamente questo diritto. Qualunque assemblea di condominio è più democratica di assemblee parlamentari elette a prescindere da questo irrinunciabile principio.

Oppure dobbiamo ottenere primarie per le candidature. Di qui non si scappa.

Dobbiamo mettere più energie in questo obiettivo, anche se ci sentiamo sfiniti. Mentre il governo Monti lavora a realizzare in pochi mesi le riforme -ci piacciano o non ci piacciano- che hanno atteso per decenni, nei partiti si sta lavorando per individuare un meccanismo che consenta la permanenza delle nomenclature. Noi dobbiamo lavorare in senso uguale contrario.

Dobbiamo lavorare per una radicale femminilizzazione-ringiovanimento -è praticamente lo stesso- della rappresentanza politica. Dobbiamo lottare accanitamente per questo.

Forza, coraggio. Trattasi della nostra vita. Non c’è alcuna ragione per rassegnarsi.