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Dalai Lama

Corpo-anima, Donne e Uomini, esperienze, femminicidio, WOMENOMICS Gennaio 28, 2013

One Billion Rising: parla Eve Ensler

 

“La danza è una “via diretta alla verità”. E’ pericolosa, gioiosa, sensuale, sacra, dirompente, contagiosa, e rompe le regole. Si può ballare in ogni momento, in ogni luogo, con chiunque, e gratis. Il ballo unisce e spinge ad andare oltre: questo è il cuore di One Billion Rising”.

Per il prossimo 14 febbraio (15° V-Day, movimento contro la violenza sulle donne) Eve Ensler, la creatrice di “I Monologhi della Vagina” Eve Ensler ha invitato il mondo a una festa da ballo planetaria. R.S.V.P.: e il mondo, 189 paesi (ne mancano appena 9) ha accettato l’invito.Si danzerà dappertutto per fermare la violenza che opprime ogni giorno un miliardo di donne nel mondo.  Ma se “un miliardo di donne violate è un’atrocità” dice Ensler “un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione”.

One Billion Rising è una protesta creativa e non violenta a cui hanno aderito “singoli e associazioni di tutti i tipi. Intellettuali, star come Robert Redford, Rosario Dawson, Jessica Alba, Sally Field, Yoko Ono, Laura Pausini. Personalità politiche come Michelle Bachelet, ex-presidente del Cile, e Berenice King, figlia di Martin Luther King. Lavoratori migranti. Contadini e ballerini professionisti. Grandi organizzazioni mondiali, da Amnesty International ai sindacati americani. Piccoli centri antiviolenza. Il Dalai Lama, che ha dichiarato: “E’ necessario che ricorriamo al nostro buon senso, e che incoraggiamo gli altri a fare altrettanto, per capire quello che la violenza contro le donne e le ragazze comporta. Non ci sono circonstanze che la rendono giustificabile, dalla violenza non viene mai niente di buono. La sola cosa certa è che dove c’è violenza c’è sempre e inevitabilmente sofferenza. Capire che la natura della violenza è la sofferenza ci aiuta a comprendere la sua inutilità e la sua nocività”. E ancora, tante tante attiviste grintose e appassionate. Gente di tutti mondi e di ogni posizione politica, economica, sociale ed etnica che lotta e balla insieme per un comune obiettivo. Mi pare straordinario”.

Eve, torniamo un po’ indietro. Raccontaci il tuo personale V-day: il giorno in cui ti è nata l’idea di “I Monologhi della Vagina” ed è cominciata la tua travolgente V-Adventure.

“E’ andata così: io e un’amica stavamo parlando di menopausa, e ci è capitato di nominare la vagina. Mi sono improvvisamente resa conto di non sapere nulla del modo in cui le donne “sentivano” questa parte del loro corpo. Non c’erano parole a raccontarlo. Tutto è nato da questa grande curiosità”.

Come ti spieghi il successo virale e planetario dei Monologhi?

“Siamo costrette al segreto e al tabù su molte cose, e questo provoca sofferenza. Quando hai l’opportunità di rompere il silenzio ti senti sollevata ed eccitata. Ti rendi conto di quanto sia importante comunicare, e di come prendere parola può cambiare la tua vita. Questo è capitato con i Monologhi a milioni di donne in ogni luogo del mondo”.

Qual è stata l’emozione più forte legata allo show?”.

“Al Superdome di New Orleans, decima rappresentazione. Io che di fronte a 18 mila spettatori ho aperto lo show saltando fuori da un’enorme vagina!”.

Dai Monologhi, l’idea del V-Day…

“Dopo gli spettacoli tantissime donne venivano a raccontarmi le loro storie. Nella gran parte dei casi erano storie di abusi sessuali, di incesto, di violenza. Non avrei mai potuto continuare a fare i Monologhi se non avessi rotto il silenzio su questo enorme sommerso di dolore. Così nel 1998 abbiamo deciso di usare lo show per aumentare la consapevolezza sulla violenza nascosta e per raccogliere fondi destinati all’obiettivo”.

E per il prossimo V-Day, l’One Billion Rising, danza planetaria.

“La danza è occupazione di spazio, e anche se non c’è una coreografia lo faremo tutte insieme”.

Sei appena rientrata dall’India, dove hai preso parte alle grandi manifestazioni contro la violenza sessuale.

“Lo stupro di gruppo che ha provocato la morte di Jyoti Singh Pandey è stato un fatto orribile, che ha risvegliato le masse, provocando una vera frattura nelle coscienze di tutti. E’ la prima volta, nella mia lunga vita di attivista, che vedo la violenza sessista diventare la questione principale di una società, con enorme risonanza nel resto del mondo”.

Saprai certamente che in Italia stiamo vivendo un’emergenza femminicidio: come spieghi questo violento “contrattacco” maschile?

“In Italia c’è il quartier generale della Chiesa Cattolica, la più potente confessione del mondo, l’unica a possedere uno stato, una banca, una propria polizia. Una Chiesa che ha sempre avuto paura del femminile, e che continua a insegnare alle donne a stare ai margini, silenziose e ubbidienti. Anziché incoraggiare amore e rispetto tra i sessi, padri, preti e governo pretendono di decidere quello che le donne possono o non possono fare del loro corpo e delle loro vite. Il che non è saggio né sensato, crea odio e paura, fa crescere la violenza. Ma anche nel mondo cattolico qualcosa sta cambiando: ho incontrato molte suore che lottano insieme a noi. In un recente viaggio nelle Filippine ho conosciuto sorella Mary John, straordinaria monaca benedettina, esempio vivente di fede nella parola di Gesù e nella rivoluzione delle donne. Che piaccia o meno, una femminista radicale”.

Robert Redford definisce la violenza una “crisi globale”: pensi che la sensibilità maschile stia crescendo?

“Gli uomini amorosi e saggi –ce ne sono tanti- sanno di non poter più voltare la testa dall’altra parte. Riconoscono che la violenza contro le donne è sempre stato un problema maschile. Nelle manifestazioni indiane c’erano anche molti uomini. E tanti aderiscono a One Billion Rising: emozionante”.

Ti capita mai di sentirti sovrastata da questo enorme impegno?

“Certo che sì. Ma da 3 anni, da quando sono guarita dal cancro, sento in me un’enorme energia, qualcosa che non ho mai sperimentato prima. Il sostegno di tanta gente in tutto mondo mi solleva e mi incoraggia, malinconie e stanchezza si trasformano in gioia e senso di possibilità”.

Che cosa ti ha insegnato l’esperienza della malattia?

“Parlo proprio di questo nel mio prossimo libro, “In the Body of the World”, che uscirà ad aprile”.

Raccontaci un po’ di programmi…

“Il mio impegno non ammette vacanze. Il V-Day è ormai un movimento mondiale che richiede attenzioni quotidiane e ininterrotte. Da tempo sono attratta in particolare dalla vita e dallo spirito di continenti come Asia e Africa, che pulsano di energie fresche e di nuove visioni. L’Occidente è depresso e autoindulgente, sopraffatto dal desiderio di avere sempre di più, o semplicemente di non perdere potere e privilegi. Dobbiamo fare spazio per concepire un nuovo mondo, una nuova visione, un altro stile di vita”.

Dove ballerai, il 14 febbraio?

“A Bukavu, in Congo, nella “mia” “City of Joy”, villaggio che ho fondato e finanziato con gli incassi dei “Monologhi” e con il contributo dell’Unicef, e che ogni anno ospita e rimette al mondo 180 donne vittime di brutali violenze. Ballerò insieme a migliaia di donne che stanno trasformando in forza le loro sofferenze, e a migliaia di uomini che sostengono il nostro progetto”.

 

Tutte le altre notizie le trovate qui.

 

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Gli eventi di ONE BILLION RISING si svolgeranno in location celebri come la cattedrale di St. John The Divine a New York, la Grace Cathedral di San Francisco e il Parlamento Britannico.

 

Qui come avere tutte le info sulle LOCATION ITALIANE (al momento hanno aderito 70 città)

(in prossimità del 14 febbraio meglio verificare eventuali cambiamenti di location e orari già indicati)

 

ALESSANDRIA

Etimo Donna  http://etimodonna.blogspot.it/   –  etimodonna@gmail.com

Micaela Balice    micaela.balice@yahoo.it

 BARI

Angela Saracino  saracinoangela@libero.it

La grande madre   Alessandra Cappiello

BENEVENTO

Gruppo Exit Strategy

BERGAMO

Americana Exotica scuola di ballo:http://www.americanaexotica.it/tag/dancehall-bergamo/
Beatrice Secchi  –  beatrice.secchi88@gmail.com

BOLOGNA

Casa delle donne

http://www.casadonne.it/cms/

info.casadonne@women.it

Associazione Anatroccolo Rosa – http://www.anatroccolorosa.it/

Chiara Cretella  chiara.cretella@gmail.com

La corte delle fate www.lacortedellefate.org

BRESCIA

Laura Nicoletto – ing.nicolettolaura@bresciaonline.it

Chiara  Caffi – chiara.fontanella@yahoo.it

CALTANISSETTA

ONDE IN MOVIMENTO  http://ondedonneinmovimento.blogspot.it/

Lidia Trobia    ondedonneinmovimento@gmail.com

CATANIA

UDI Catania  udichiama.catania@gmail.com

CERVETERI

SNOQ Cerveteri  https://www.facebook.com/senonoraquando.cerveteri

snoq.cerveteri@gmail.com  Luisa Ermini

http://senonoraquandocerveteri.blogspot.it/

CUNEO (Largo Audifreddi, ore 16-20)

SNOQ Cuneo  http://www.senonoraquando.eu/?tag=snoq-cuneo

Giulia Conte  senonoraquando.cuneo@gmail.com

FERRARA

Caterina Tavolini

info@fabriziobonora.net 

Alessandro Suardi  a.suardi@gmail.com

www.alessandrosuardi.altervista.org

FIRENZE  (piazza della Repubblica , ore 15)

SNOQ Firenze  http://senonoraquandofirenze.wordpress.com/

Stefania La Rosa   stefanialarosa64@gmail.com

Artemisia http://www.artemisiacentroantiviolenza.it/index.php?n=Artemisia.Associazione

Nicoletta Livi Bacci  nicobacci@virgilio.it

CGIL Toscana   coordinamento Firenze,Prato,..  CGIL , SNOQ, centri antiviolenza

Anna Maria Romano      aromano@tosc.cgil.it

Libere tutte

http://liberetuttefirenze.blogspot.it/  Pagina FB: Libere Tutte

Coro “Le Musiquorum”  Pagina FB: /MusiQuorum

Centro Ideazione Donna http://www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it/

Nicoletta Livi Bacci  nicobacci@virgilio.it

The Global Teatre Project      info@theglobaltheatreproject.org

Clelia Marmugi clelia@florencetheatre.com
Bari Hochwald  bari@florencetheatre.com

BAGNO A RIPOLI (FI)

roberta montanari   robyger77@yahoo.it

GENOVA

SNOQ Genova http://www.senonoraquando.eu/?tag=snoq-genova

Eva Provedel evaprovedel@gmail.com    senonoraquandogenova@gmail.com

Rita Falaschi Provincia di Genova – falaschi.r@provincia.genova.it

Direzione Risorse Umane, Finanziarie e Patrimonio
Servizio Organizzazione e Sviluppo- Ufficio Benessere Organizzativo e pari Opportunità

IMOLA

Trama di Terre  www.tramaditerre.org

Silvia Torneri info@tramaditerre.org

centrointerculturaledelledonne@tramaditerre.org

JESI

Chiara Bizzani

LANUSEI

Loredana Rosa Brau

https://www.facebook.com/events/321065521344677/

LECCO
Telefono donna lecco www.telefonodonnalecco.it
Giusi Panzeri –  tiarsa@alice.it   + Associazione Ballatella

DonneViola   http://donneviola.wordpress.com/

Marta Proserpio marta.prose@gmail.com

LIVORNO

UDI  Pieralda Giovacchini   pieraldagiovacchini@gmail.com

scuola di Ballo EOS – Stagno Collesalvetti  Anna Caiazzo occhiverdi64@hotmail.it

LODI

SNOQ Lodi  snoqlodi@gmail.com

Katia Menchetti

LUCCA

SNOQ Lucca http://www.senonoraquando.eu/?tag=se-non-ora-quando-lucca

Brunella Peschiera anastasia.b@fastwebnet.it

MASSA (Piazza Aranci, ore 18)

SNOQ Massa

MILANO (Stazione Centrale, ore 19: ma la location non è ancora definitiva)

Cooperativa Sociale A R. – Contro La Violenza Alle Donne http://cerchidacqua.org/?p=29

info@cerchidacqua.org  –  Daniela Lagomarsini

milanoonebillionrising@gmail.com

Livia  Grossi   livia.grossi@tiscali.it

Rete delle reti femminili  http://www.facebook.com/LaReteDelleRetiFemminili

rotelle@portaledelledonne.org

INTERVITA  http://www.intervita.it/IT/default.aspx

Greta Nicolini greta.nicolini@intervita.it

 

MODENA (piazza Grande, ore 18-21)

Ass. Il Cacomela ilcacomela.blogspot.com

Agnese – ilcacomela@gmail.com

Casa delle donne di Modena  http://associazioni.monet.modena.it/cddonna/casa.htm

Centro documentazione donna:http://associazioni.monet.modena.it/cddonna/casa.htm
cddonna2@comune.modena.it – Vittorina maestroni

LAG – Libera associazione genitori http://www.lagvignola.it/info@lagvignola.it

Barbara Pasquariello b.pasquariello@lagvignola.it

Vivere donna centro antiviolenza di Carpi http://viveredonna.org/vd/
viveredonna@gmail.com   Paola Vigarani

NAPOLI

-Rosaria Guarino -Patrizia Cipullo  – Antonella Marini   https://www.facebook.com/events/239565799509882/

Associazione Rio Abierto   Anna Tucci    tucana53@alice.it

ARZANO (NA)  
Paola Serra

PADOVA
Padova donne  http://www.padovadonne.it/  –  padovadonne@gmail.com

Roberta Lotto  roberta.lotto@gmail.com

Elena  Ditadi   sue.ditadi@gmail.com

Rete studenti medi Padova  http://reds-retedeglistudentipadova.blogspot.it/

reds.padova@gmail.com

PAESTUM
Commissione Pari Opportunità di Capaccio

ARTEMIDE

Gabriella  Paolucci – http://www.facebook.com/groups/186881198009132/

PALERMO (Piazza Verdi -teatro Massimo)
Coordinamento Antiviolenza 21 luglio Palermo: www.coordinamento21luglio.altervista.org
Stefania Savoia – Coordinamento21lugliopalermo@gmail.com

PARMA (piazza Garibaldi + Centro commerciale Le Torri)

CENTRO VIOLENZA PARMA http://www.acavpr.it/AcavPR/

Sara Conz  sara.conz@live.it
Marinella Milanese     

PESCARASNOQ Pescara http://www.senonoraquandopescara.org

comitato@senonoraquandopescara.org  Maristella

PRATO

Coordinamento Donne della C.d.L. -CGIL Prato

Nora Toccafondi ntoccafondi@prato.tosc.cgil.it

RAVENNA  (3 flash mob scuole + Centro commerciale)
Ecco la danza http://www.facebook.com/groups/eccoladanza/

Maurizia Pasi  mauriziap@gmail.com

Casa delle donne

Diva Ponti  pontidiva@libero.it

REGGIO CALABRIA
UDI NAZIONALE   udinazionale@gmail.com

RIMINI

Associazione – Centro Antiviolenza “Rompi il silenzio” http://www.rompiilsilenzio.org/

Paola Gualano presidente –  rompiilsilenzio@virgilio.it

ROMA  (Casa internazionale delle Donne, ore 18.30)

SNOQ

Luisa Rizzitelli, luisa.rizzitelli@gmail.com  –

Cinzia Guido, cinziaguido@gmail.com

Loredana Taddei loredana.taddei@gmail.com

Giorgia Serughetti giorgia.serughetti@gmail.com

Carlotta Cerquetti  carlottacq@gmail.com

Casa Internazionale delle Donne Roma – Francesca Koch  francescakoch@tin.it

Accademia Nazionale di Danza- Margherita Parrilla margherita.parrilla@libero.it

LEI –DONNE IN MOVIMENTO  leidonneinmovimento@live.com

Lobby Europea delle Donne – Maria Ludovica Tranqulli Leali      m.tranquillileali@virgilio.it

Laboratorio Donnae – Pina Nuzzo  –  laboratoriodonnae@gmail.com

LABICO (RM)

Associazione Socialmente Donna, Argia Simone

ROVERETO (TN)
Veronica Loperfido

SIRACUSA

Centro antiviolenza Tiziana Biondi   titti.1973@hotmail.it
Biagioni  martina      erocapinera@yahoo.it

Stonewall    www.stonewall.it

TARANTO
Ethra http://www.associazioneethra.org/  Angela Petra Blasi

TORINO
Ass. Alma Terra. Centro interculturale della donna:

http://www.almaterratorino.org/
roni_ud@hotmail.com

Raffaella Gallo

TRENTO

Giovanna Covi

VERONA 

Scuola di danza   Marinella  Marchiori – marinella.marchiori@alice

Il Laboratorio del Movimento Martine Susana    martinesusana@alice.it

VIAREGGIO

Casa delle donne    http://www.casadelledonne.it/

VITERBO

CENTRO ANTIVIOLENZE ERINNA

BOLSENA (VT)

Sirka – sirkarte@gmail.com

 

per aggiornamenti e altre info:

http://obritalia.livejournal.com

www.facebook.com/groups/onebillionitalia

contatti:

Nicoletta Corradini: nico@onebillionrising.org

Elena Montorsi: elena@onebillionrising.org

Nicoletta Billi : nicolettabilli@gmail.com )

 

 

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VANDANA SHIVA  

 

COME LA VIOLENZA ECONOMICA CONTRIBUISCE ALLA VIOLENZA SULLE DONNE

 

Sul tema della violenza sessista e del femminicidio è recentemente intervenuta su Al Jazeera Vandana Shiva, ecofemminista, attivista per la biodiversità e i diritti dei contadini, vincitrice del Premio Nobel Alternativo – Right Livelihood Award – nel 1993, autrice di oltre 20 libri e 500 dissertazioni accademiche, fondatrice della “Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia”.

Titolo della sua relazione: “How Violent Economic ‘Reforms’ Contribute to Violence Against Women” (“Come le “riforme” economiche violente contribuiscono alla violenza contro le donne”).

 Nella nota introduttiva, Vandana Shiva ha detto: “La coraggiosa vittima dello stupro di gruppo di Delhi ha tratto il suo ultimo respiro il 30 dicembre 2012. Questo articolo è un tributo a lei e alle altre vittime della violenza contro le donne”.

 

La violenza contro le donne è vecchia quanto il patriarcato, ma recentemente si è intensificata ed è divenuta più pervasiva. Ricorre a forme più brutali, come nel caso della morte per stupro di gruppo a Delh,i e in quello del suicidio della 17 enne vittima di stupro a Chandigarh.

Negli anni i casi di stupro e di violenza sono aumentati. Il National Crime Records Bureau (NCRB) registrava 10.068 casi di stupro nel 1990, che sono aumentati a 16.496 nel 2000. Con la cifra di 24.206 nel 2011, i casi di stupro fanno un incredibile balzo del 873 per cento dal 1971, quando l’NCRB cominciò a registrarli. New Delhi si rivela come la “capitale dello stupro dell’India”: vi accadono il 25 per cento dei casi.

Si deve sostenere il movimento per fermare questa violenza, fino a che giustizia sarà fatta per ciascuna delle nostre figlie e sorelle che è stata violata. Ma mentre intensifichiamo la nostra lotta perché le donne abbiano giustizia, dobbiamo anche chiederci perché i casi di stupro sono aumentati del 240 per cento a partire dagli anni ’90, quando le nuove politiche economiche furono introdotte. E’ necessario esaminare le radici della crescente violenza contro le donne.

C’è una relazione fra la crescita di politiche economiche violente, ingiuste e imposte in modo non democratico, e la crescita dei crimini contro le donne? Io credo di sì.

In primo luogo, il modello economico che si concentra in modo miope sulla “crescita” comincia con una violenza contro le donne, non tenendo in conto il loro contributo all’economia. Più il governo parla, sino alla nausea, di “crescita inclusiva” e di “inclusione finanziaria”, più esclude i contributi delle donne all’economia e alla società.

Secondo i modelli economici patriarcali, la produzione per il sostentamento vale come “non-produzione”. La trasformazione del valore in disvalore, del lavoro in non-lavoro, della conoscenza in non-conoscenza, si ottiene tramite il numero più potente che governa le nostre vite, il costrutto patriarcale detto “Prodotto Interno Lordo” (PIL), che molti commentatori hanno cominciato a chiamare “Problema Interno Lordo”. I sistemi contabili nazionali che sono usati per quantificare la crescita come PIL sono basati sull’assunto che se i produttori consumano ciò che producono, in effetti non hanno prodotto per nulla, perché si situano fuori dai confini dell’area produttiva.

L’area produttiva è un’invenzione politica che lavora per escludere da sé i cicli di produzione che implicano rigenerazione e rinnovo. Perciò, tutte le donne che producono per le loro famiglie, per i loro bambini, per le loro comunità e società, sono trattate come “non-produttive” e “inattive economicamente”. Quando le economie sono confinate nel mercato, l’autosufficienza economica è percepita come deficienza economica. La svalutazione del lavoro delle donne, e del lavoro fatto nelle economie di sussistenza del Sud, è il risultato naturale di confini di produzione costruiti dal patriarcato capitalista.

Restringendosi ai valori dell’economia di mercato, così come definita dal patriarcato capitalista, i confini della produzione ignorano il valore di due vitali economie che sono necessarie alla sopravvivenza ecologica e umana. Nell’economia della natura e nell’economia di sussistenza, il valore economico è la misura di come la vita della Terra e la vita umana sono protette. La sua moneta corrente sono i processi che danno la vita, non il denaro o il prezzo di mercato.

In secondo luogo, un modello di patriarcato capitalista che esclude il lavoro e la creazione di ricchezza fatti dalle donne, approfondisce la violenza cacciando le donne dagli ambienti naturali da cui dipendono le loro vite: le loro terre, le loro foreste, la loro acqua, i loro semi, la loro biodiversità. Riforme economiche basate sull’idea di una crescita illimitata in un mondo limitato possono essere mantenute da un potere che si appropria delle risorse di chi è vulnerabile. L’arraffamento delle risorse che è essenziale per la “crescita” crea una cultura dello stupro: lo stupro della Terra, delle economie locali autosufficienti, delle donne. L’unico modo in cui questa “crescita” è “inclusiva” è che include numeri sempre più grandi nei suoi cerchi di violenza.

Ho ripetuto più volte che lo stupro della Terra e lo stupro delle donne sono intimamente connessi, sia metaforicamente, nel dare forma a visioni del mondo, sia materialmente, nel dare forma alle vite quotidiane delle donne. La sempre più profonda vulnerabilità economica delle donne le rende più vulnerabili a ogni forma di violenza, incluse le aggressioni sessuali, come abbiamo scoperto durante una serie di udienze pubbliche relative all’impatto delle riforme economiche sulle donne, organizzate dalla Commissione nazionale sulle donne e dalla Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia.

In terzo luogo, le riforme economiche tendono a sovvertire la democrazia e a privatizzare i governi. Il governo parla di riforme economiche come se essere non avessero nulla a che vedere con la politica e con il potere. Parlano di tenere la politica fuori dall’economia, mentre stanno imponendo un modello economico a cui danno forma politiche specifiche per genere e classe. Le riforme neoliberiste lavorano contro la democrazia. Le riforme guidate dalle corporazioni economiche creano una convergenza di potere economico e politico, approfondendo le diseguaglianze e la crescente separazione tra la classe politica e la volontà del popolo che si suppone essa rappresenti. Questa è la radice della sconnessione fra i politici e l’opinione pubblica, di cui abbiamo fatto esperienza durante le proteste contro lo stupro di gruppo di Delhi.

Peggio ancora, una classe politica alienata ha timore dei suoi cittadini. Questo spiega l’uso della polizia per schiacciare le proteste nonviolente che abbiamo testimoniata a Nuova Delhi, le torture e gli arresti (Sori Sori a Bastar, Dayamani Barla a Jharkhand), le migliaia di violenze contro le comunità che lottano per non avere una centrale nucleare a Kudankulam. Uno stato privatizzato dalle corporazioni economiche deve giocoforza diventare in fretta uno stato di polizia. Perciò i politici devono circondarsi di sicurezza al massimo livello, distogliendo le forze dell’ordine dai loro compiti di protezione dei cittadini ordinari e delle donne.

In quarto luogo, il modello economico del patriarcato capitalista si basa sulla mercificazione di tutto, donne incluse. Quando fermammo i lavori del WTO ministeriale a Seattle, il nostro slogan era: “Il nostro mondo non è in vendita”. Un’economia “liberalizzata” che deregolarizza il commercio, privatizza e mercifica semi e cibo, terre e acqua, donne e bambini, rinforza il patriarcato ed intensifica la violenza contro le donne. I sistemi economici influenzano le culture e i valori sociali. Un’economia di mercificazione crea una cultura di mercificazione, dove tutto ha un prezzo e niente ha un valore. La crescente cultura dello stupro è l’esternalizzazione sociale delle riforme economiche. Dobbiamo tenere udienze pubbliche istituzionalizzate per le politiche neoliberiste, che sono lo strumento centrale del patriarcato nella nostra epoca. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora nel nostro settore dei semi, 270.000 contadini non si sarebbero suicidati in India, come invece è avvenuto sin da quanto le nuove politiche economiche sono state introdotte. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora sul cibo e in agricoltura, non avremmo un Indiano su quattro che ha fame, una donna indiana su tre malnutrita, e un bambino su due perduto o devastato a causa della denutrizione. L’India, oggi, non sarebbe la Repubblica della Fame di cui ha scritto Utsa Patnaik.

La vittima dello stupro di gruppo a Delhi ha innescato una rivoluzione sociale. Dobbiamo sostenerla, approfondirla, espanderla. Dobbiamo chiedere che la giustizia per le donne sia più veloce e più efficace, che i processi condannino rapidamente i responsabili di crimini contro le donne. Dobbiamo assicurarci che le leggi cambino, di modo che la giustizia non sia così elusiva per le vittime di violenza sessuale. Dobbiamo continuare a chiedere che vengano resi noti i nomi dei politici che hanno precedenti penali. E mentre facciamo tutto questo, dobbiamo cambiare il paradigma vigente che ci viene imposto in nome della “crescita” e che sta alimentando i crimini contro le donne. Mettere fine alla violenza contro le donne include il muoversi oltre l’economia violenta formata dal patriarcato capitalista, verso le economie pacifiche e nonviolente che rispettano le donne e la Terra.

 

 

 

 

 

Archivio Maggio 5, 2008

RIFARSI IL CERVELLO

Nel giro di una ventina d’anni, secondo le nerissime previsioni Oms, la depressione sarà il male umano numero uno: saldamente al primo posto nei paesi ricchi, al secondo posto, preceduto solo dall’Aids, nella classifica mondiale delle malattie. Una crescita esponenziale a cui purtroppo non sembra corrispondere un progresso altrettanto rapido delle neuroscienze: di come funziona il cervello si capisce ancora molto poco. Sulle cause e sulle terapie della depressione si sta ancora cercando.
Le ricerche degli ultimi vent’anni si sono concentrate su un paio di neurotrasmettitori, serotonina e norepinefrina, ai cui livelli troppo bassi si assocerebbe la depressione: gli antidepressivi SSRI, come Prozac e Zoloft, agiscono proprio su queste sostanze. Studi più recenti si sono invece focalizzati sulle cellule nervose e sui circuiti cerebrali: la depressione potrebbe essere l’effetto di danni permanenti a queste strutture, provocati da un’esposizione prolungata allo stress, da una risposta eccessiva a più eventi stressogeni o anche a un’unica esperienza traumatica. La terapia dovrebbe quindi mirare a bloccare o ridurre l’eccesso di reattività individuale allo stress.
Un altro studio comproverebbe una certa efficacia antidepressiva del Dhea, madre degli ormoni sessuali, venduto negli Stati Uniti come integratore alimentare. Il Dhea funzionerebbe soprattutto sulla depressione della mezza età.
Un problema che ritarda e complica la diagnosi e la cura della depressione è la sua “clandestinizzazione”: i sintomi depressivi si associano spesso a sensi di colpa e a vergogna, soprattutto tra gli uomini, che diversamente dalle donne non hanno nemmeno l’“alibi” delle fluttuazioni ormonali. Ma il problema è ormai così radicato e diffuso da non poter più essere tenuto nascosto. Sul numero crescente di uomini vittime del “cane nero”, così Winston Churchill chiamava la depressione, negli Stati Uniti sono stati pubblicati saggi come “Unmasking Male Depression”di Archibald Hart, e “I Don’t Want to Talk About It: Overcoming the Secret Legacy of Male Depression”, di Terrence Real.
Come si sa, i medici raccomandano di non dire mai a un depresso cose del tipo: “fatti forza”, “usa la testa”, “mettici un po’ di buona volontà”. Un vero depresso non ha forza né volontà da usare, ed esortazioni di questo genere non fanno che aggravare il suo senso di inadeguatezza. Eppure c’è qualcosa, in questo appello alla volontà e al bene, che potrebbe rappresentare una speranza, o addirittura il principio di un nuovo approccio alla malattia.
La rivoluzione copernicana è la scoperta della plasticità del cervello, organo soggetto a continui cambiamenti indotti dai rapporti con l’ambiente, dalle esperienze, dalle sostanze con cui entra in contatto. Un esempio: in un pianista l’area cerebrale che controlla il movimento delle dita tende ad allargarsi a scapito di altre funzioni attivate più raramente. Nel tempo, il nostro cervello diventa la fotografia della vita che abbiamo condotto. La sua specializzazione, quindi, non è fissata una volta per tutte dall’anatomia o dai geni, ma è il risultato di quello che ci è capitato.
Per decenni, il dogma prevalente nelle neuroscienze era quello della fissità e dell’immutabilità del cervello adulto. Oggi si sa invece che la neuroplasticità è una caratteristica permanente, e che anche un “vecchio” cervello, non solo quello di un bambino, può subire modificazioni fisiche significative.
Una scoperta rivoluzionaria, perché se un cervello può cambiare, e quindi può ammalarsi in seguito a eventi e situazioni che ha subito, la strada non è a senso unico: sul cervello si può attivamente agire per modificarlo, e quindi per guarirlo, applicando pensiero e volontà in una sorta di “rieducazione emozionale”. Perché si è visto che anche l’attività puramente mentale e il semplice pensiero possono cambiare il cervello. I segnali che producono cambiamenti non arrivano solo dal mondo “fuori”, ma anche da “dentro”, dalla nostra interiorità, dalla nostra mente. Possiamo quindi diventare promotori consapevoli e attivi di questo processo, allenarci al benessere, pensare pensieri che ci fanno stare meglio.
Il saggio “Train Your Mind, Change Your Brain” (Allena la tua mente, cambia il tuo cervello- Ballantine Books, New York, 2007) di Sharon Begley, senior editor e science columnist di “Newsweek”, ragiona in profondità su questi temi, ed è un libro straordinario per la sua capacità di infondere speranza con argomenti solidamente scientifici. Sul risvolto di copertina, un’immagine della giornalista accanto a un sorridente Dalai Lama. Come spiega nella prefazione Daniel Goleman, autore del best seller “L’intelligenza emotiva”, “le pratiche di meditazione buddista sembrano poter offrire ai neuroscienziati una dimostrazione “in natura” della neuroplasticità al suo massimo potenziale”.
Con il consenso e la collaborazione del Dalai Lama, che firma l’introduzione al saggio di Begley, un gruppo di monaci con una lunga esperienza di meditazione sono stati sottoposti a test strumentali nei laboratori di Richard Davidson, neuroscienziato dell’università del Wisconsin. I test hanno inequivocabilmente dimostrato che la ripetuta pratica di una particolare tecnica di meditazione “sulla compassione” aveva prodotto significativi mutamenti in certe aree del cervello (la corteccia prefrontale) dei meditatori veterani, mutamenti associati a un incremento dello stato di felicità e di benessere, di empatia e di amore “materno”, a scapito di rabbia, depressione e “bad feeling”. La meditazione, quindi, aveva cambiato fisicamente il cervello dei monaci rendendo più attivi i “circuiti della felicità”, chiara dimostrazione che importanti cambiamenti possono essere volontariamente indotti con un’intenzionale applicazione del pensiero. Ci si può “allenare” a essere felici, insomma, o almeno a essere meno negativi e infelici. E una volontà costante può fare molto.
La meditazione non è l’unica strada. Spiega Sharon Begley: “Le ricerche si sono focalizzate soprattutto su questo, ma alcuni studi evidenziano che anche la terapia cognitivo-comportamentale può mutare certi modelli di attività cerebrale, fino a trattare la depressione e a ridurre la percentuale di ricadute. Vi è motivo di ritenere che altre forme di training mentale, la stessa preghiera cristiana probabilmente, possano indurre e indirizzare consapevolmente la plasticità del cervello”.
In una serie di incontri tra il buddismo e la scienza promossi a Dharamsala (India) dal Dalai Lama, in collaborazione con il Mind e Life Institute di Louisville, si è discusso degli eclatanti risultati delle ricerche sulla plasticità cerebrale: Sharon Begley ne riferisce nel suo appassionante reportage. Uno dei casi riportati è l’esperimento di Alvaro Pascual-Leone, neuroscienziato della Harvard Medical School. Pascual-Leone ha chiesto a un gruppo di volontari di eseguire un semplice esercizio a cinque dita al pianoforte, due ore al giorno per una settimana. Alla fine dell’esperimento si è visto che l’area cerebrale deputata al movimento delle cinque dita andava “colonizzando” le aree contigue. Cioè un quantitativo sempre maggiore di corteccia cerebrale veniva delegata al compito di far muovere le dita. La neuroplasticità infatti non è semplicemente la capacità del cervello di creare nuove sinapsi, cioè nuove connessioni tra neuroni, “tracce” di nuovi apprendimenti e nuovi ricordi, ma va ben oltre. E’ la stessa funzione delle aree cerebrali che può mutare: una zona del cervello geneticamente assegnata a un compito, per esempio alla vista o all’udito, può mettersi a fare altro. Ma ci vuole un’applicazione intenzionale. In una parola, serve allenamento e volontà perché questo possa accadere.
Le scoperte di Alvaro Pascual-Leone non finiscono qui. A un secondo gruppo di volontari lo scienziato ha chiesto di eseguire lo stesso motivo musicale solo mentalmente, semplicemente immaginando di muovere le cinque dita: ebbene, anche in questo secondo caso la regione di corteccia che controlla i movimenti delle dita è andata espandendosi. La struttura fisica del cervello quindi può cambiare non solo in conseguenza delle cose che facciamo o delle esperienze che abbiamo subito, ma anche di quelle che “semplicemente” pensiamo. Scoperta che, osserva Begley, può avere importanti implicazioni terapeutiche: si tratta in sostanza di pensare le cose adatte e nel modo adatto ad alterare le connessioni cerebrali su cui si fonda il disturbo mentale. Si può parlare di “neuroplasticità auto-diretta”. Evitarci il male e il dolore non è nelle nostre possibilità, ma controllarne gli effetti negativi probabilmente sì.
La prova delle capacità di autoguarigione della mente in alcune ricerche condotte dall’università di California: la terapia cognitivo-comportamentale sarebbe infatti in grado “acquietare” l’iperattività anomala dei circuiti cerebrali connessi al disturbo ossessivo-compulsivo. Mutuando dalle tecniche della meditazione buddista, il neuroscienziato Jeffrey Schwartz ha istruito alcuni pazienti a “osservare” i loro stessi pensieri ossessivi come delle “sciocchezze emesse da un circuito difettoso”. Dopo dieci settimane di trattamento, 12 dei 18 pazienti erano significativamente migliorati, e l’attività nella corteccia orbitale frontale, centro del disturbo ossessivo, si era drammaticamente ridotta, come capita in chi assume farmaci ad hoc.
Perché allora non ricorrere direttamente ai farmaci? “Perché in genere hanno effetti collaterali” spiega Begley “e per evitare ricadute depressive spesso vanno assunti per tutta la vita. Gli effetti della “mindfulness”, invece, della piena consapevolezza e dell’allenamento mentale, durano per sempre e non hanno controindicazioni. Inoltre non c’è farmaco che sappia incrementare l’empatia e l’amore come sa fare l’allenamento mentale”.
Richard Davidson, il neuroscienziato dell’università del Wisconsin che ha studiato i monaci, sottolinea l’esistenza di “una tremenda lacuna nella nostra visione del mondo: riconosciamo l’importanza dell’allenamento per aumentare le nostre forze, per l’agilità fisica, per le capacità atletiche, per l’abilità musicale… per tutto, salvo che per le emozioni”. E invece anche la felicità può essere appresa come un’arte: agli scienziati americani il Dalai Lama ha raccontato di essere stato lui stesso un ragazzino ribelle e perfino un po’ bullo. Oggi, dice, non conosce più il sentimento dell’odio.
Le tecniche della meditazione sono nate come risposta a una situazione ambientale molto avversa, che richiedeva grandi capacità di resistenza e di adattamento. Forse oggi, da un punto di vista spirituale, ci troviamo in una situazione ugualmente difficile: “Nel mondo attuale” conviene Sharon Begley “siamo costantemente sottoposti al bombardamento delle cattive notizie, viviamo immersi nel materialismo e nelle atrocità. Oggi più che mai dobbiamo poter contare sulle nostre risorse interiori per andare avanti”.
Qual è l’atteggiamento della scienza tradizionale su queste scoperte? “L’evidenza della neuroplasticità non può più essere negata” dice ancora Begley. “Semmai oggi si discute sui suoi limiti e sulle sue potenzialità. Si può pensare di ricorrere al training mentale anche per trattare disturbi mentali gravi, come la schizofrenia, l’autismo, l’Alzheimer? Per ora non lo sappiamo. Ma io credo che la scienza abbia sottovalutato troppo a lungo le potenzialità di autoguarigione del cervello, e sarebbe un errore liquidare a priori qualunque ipotesi prima di verificarla”.
La scoperta della neuroplasticità e delle potenzialità del training mentale, osserva ancora Begley, potrebbe aiutarci a cambiare radicalmente “anche il mondo, sfruttando appieno la possibilità di allenarci a essere più gentili e compassionevoli, meno difesi ed egoriferiti, meno aggressivi e guerrafondai”.

Il benessere dell’individuo e quello del mondo come un tutt’uno: è la speranza più grande, per il Dalai Lama, per i suoi monaci, per gli scienziati di Dharamsala. E per noi tutti.

(pubblicato su “Io donna” – “Corriere della Sera”)