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AMARE GLI ALTRI, economics Luglio 14, 2012

Diventare più ricchi

Non ricordo chi l’ha detto: “L’Occidente è il Terzo Mondo delle relazioni”. Un teologo missionario, se non ricordo male. Ma mi batte in testa da anni, forse ve ne avevo anche già parlato.

E’ questo, la solitudine, la fragilità della famiglia, il dissolvimento della comunità, a costituire la nostra povertà più radicale. E’ la vera paura di ogni madre e di ogni padre, che il proprio figlio, così spesso unico, rimanga solo. Lo temiamo anche per noi stessi, di restare soli, circondati dal mare cupo dell’indifferenza. Della risorsa relazionale, invece, quello che chiamiamo Terzo o Quarto Mondo è ben più ricco di noi (con tutte le luci e le ombre).

Cosicché, come in un gioco di bambini –“celo”, “manca”, si dice dalle mie parti- si potrebbe immaginare uno scambio: noi vi diamo un po’ di risorse economiche e materiali, o anche ve ne rubiamo un po’ meno. Voi ci re-insegnate il bene della relazione. Voi imparate a rispettare di più persona all’interno del gruppo, noi disimpariamo un po’ di “individuo”. E così via. I giochi dei bambini sono cose serie. C’è sempre da imparare anche da loro. In questa logica di scambio forse si trova la chiave per prepararsi al giro di boa epocale che ancora in troppi pensano di poter evitare, o quanto meno rimandare.

La Terra non ce la fa più. Non ci sostiene più. Non è più in grado di sopportare lo squilibrio tra l’inumano egoismo di pochi e la disperazione dei moltissimi, dei sempre di più. E chiede a noi, parte di quei pochi –ancora per poco- di restituire risorse materiali, intellettuali e spirituali accumulate, per investirle nella ricerca di un nuovo punto di equilibrio. Ci chiede, questo è certo, di rinunciare a una parte considerevole dei nostri privilegi. Ma il desiderio di guadagno, di stare sempre meglio, è essenzialmente umano, e non va condannato.

Anche la rinuncia cristiana è praticata in cambio di un bene più grande, la benevolenza di Dio. Il bene più grande in nome del quale rinunciare, qui, non potrebbe che consistere in questa risorsa a costo zero, fonte rinnovabile di energia, che è l’amore per gli altri, che è la gioia delle relazioni e dei legami. E nella libertà di potersi sottrarre al dominio crudele del denaro. E insieme, forse, anche nel poter ancora sperare nella benevolenza di Dio.

Il cambio, mi pare, sarebbe vantaggioso.

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 18, 2010

PER AMORE DEL MONDO

Ho preso molto sul serio questa faccenda del sindaco di Milano. Sono una di quegli ex-ragazzi nati e cresciuti nella politica, che a un certo punto hanno continuato a fare la politica, come potevano, nel loro mestiere, hanno pagato il mutuo, hanno cresciuto i bambini, e ora che i bambini sono diventati uomini e donne o quasi, guardano sbigottiti al futuro che li aspetta, e guardano sbigottiti anche loro, questi ragazzi che accettano tutto, che non hanno il minimo senso della lotta, che rischiano di trovarsi privi degli strumenti necessari per affrontare la durezza del mondo (poi questi ragazzi hanno tantissime altre belle cose che noi facciamo fatica a decodificare: un fortissimo senso delle relazioni, una grande capacità di accettare le differenze, a anche la stessa capaicità di patire, che da un certo punto di vista è un grande dono).

E allora mi sono detta: devo darmi da fare per la mia città, che è messa male. Devo portarle in dote tutto quel poco che ho e che so. Non basta più come lo faccio. Bisogna che lo faccia meglio. Mi sono buttata, ho fortemente sostenuto un candidato, Stefano Boeri, gli ho parlato soprattutto di una delle faccende di cui so di più, i rapporti tra gli uomini e le donne, e sono stata sorprendentemente ascoltata, mi sono rispecchiata nel suo civismo, nelle sue visioni, ho ricordato il mio angelo Alexander Langer, ho litigato con altre che pensano che la strada non sia questa, ho litigato con mio marito e con mio figlio che per amore, possesso e senso di protezione non volevano che io mi spendessi così intensamente. Ma io credo in quello che ho sentito dire una volta a Tara Gandhi, nipote del Mahatma: che la vita di una donna e di un uomo si scandisce in 4 tempi, quello dedicato all’apprendimento, quello dedicato alla materialità e al godimento, il tempo dedicato al mondo, e quello riservato allo spirito. Non che le altre cose spariscano (la materialità, il godimento, ovvero l’amore, la famiglia, mio figlio, sono ancora nella mia vita, e così l’apprendimento, che non finisce, e anche lo Spirito Santo), ma sono nell’età in cui si dovrebbe desiderare di dedicarsi al mondo, di applicare lì grande parte della propria responsabilità e del proprio amore.

Ora sto litigando con me stessa, però, perché ogni mattina, come una tossica, mi informo online e sui giornali di ogni cosa che riguardi le prossime scadenze elettorali, di ogni sommovimento, di ogni dichiarazione, ogni schieramento, ogni dimissione, ogni smottamento, ogni tatticismo, ogni sondaggio, ogni conta dei voti, etc.etc. So precisamente che la strada non è questa, ma lo faccio.

Ragazza mia, allora mi dico, guarda che così non va. Guarda che ti stai inoltrando in un territorio di lupi, senza una bussola né la minima attrezzatura. Guarda che ti stanchi per niente, e finirai per perderti. Torna a te stessa. Quello che conta è il tuo amore per la città, non quello che faranno i cattolici, e se la lista di Onida basterà ad arginare il loro dissenso a Pisapia, o se il terzo polo sfascerà il Pd, per non parlare di quello che capita a Roma. Resta ferma sul tuo amore per la città e per le relazioni. Stai su te stessa, su quello che ti attraversa, nel contesto. Non rischiare di farti travolgere da logiche che rifuggi da sempre. Confida in quello in cui ha sempre creduto, solo così avrai la possibilità di vincere. E non necessariamente le elezioni. C’è anche  altro, in palio. Non perdere la fede. Legati ad altre, in questo cammino.

Piccola autocoscienza ad alta voce,  a uso soprattutto di amiche e sorelle messe come me.


AMARE GLI ALTRI, esperienze Ottobre 9, 2010

E NESSUNA PAURA

Ho pensato a quando rivedrò i miei morti. Ho visto quell’istante, se sarà un istante. E prima, se ci sarà un prima, mi parrà di vederli uno a uno, ma poi, se ci sarà un poi, saranno un indistinto d’amore. Tutto l’amore che ciascuno mi ha dato messo insieme a quello degli altri, un urto d’amore così forte che non lo saprò reggere e mi travolgerà, e mi scioglierò anch’io in Amore, risucchiata nel vortice di luce. E nessuna paura.

AMARE GLI ALTRI, Corpo-anima, Donne e Uomini Luglio 22, 2010

CERCANDO IL BELL’AMORE

marina abramovic e ulay, performance

marina abramovic e ulay, performance

La prima cosa che ho pensato, leggendo il discorso del Patriarca Angelo Scola ai veneziani per la bella festa del Redentore, è che il puro sesso è davvero un pessimo investimento. Sempre che esista un sesso in questo supposto stato di “purezza”: il nostro ambiente naturale è il simbolico; per noi, bizzarri animali, le cose, e perfino gli istinti, cominciano a essere solo dal momento in cui gli diamo un nome.
“Normati” e costretti per la vita, anche da vecchi, a rincorrere quel piacere momentaneo; un sacco di energie spese per allestire fuggevoli rendez-vous. Ma fin dai primi e provvisori bilanci esistenziali, ti rendi conto che è già un successo se di quelle circostanze roventi te ne ricordi un paio.
Un tempo il consumismo sessuale tentava solo l’umanità maschile. Gli si davano altri nomi –collezionismo, dongiovannismo– e forse, tutto sommato, qualcosa di sacro resisteva. Oggi il sesso è dappertutto, nella triste e diffusa provincia dei ragionieri scambisti e dei sabati al privé. Ma se il sesso è dappertutto, come dice Charles Melman, allievo di Lacan, vuole dire che non è più al centro. E questo è un guaio per la nostra identità.
Oggi anche l’umanità femminile si dà al raunch e alla caccia grossa, “liberata” nel corso della cosiddetta rivoluzione sessuale, storico imprinting dell’omologazione tra i sessi. E allora, ti dicono tanti ragazzi, meglio una bella partita di pallone, una sgambata in montagna, casomai una sbronza nel week-end. E tocca a un cardinale ricordarci che cos’è il desiderio, il godimento, il “bell’amore”.
Una sera a cena due di questi ragazzi, due ventenni fatti con il pennello e assediati da fanciulle con il piercing ombelicale, mi dicono che di tutto questo ne hanno abbastanza. Che vorrebbero qualcosa di diverso, qualcosa che duri, un’amica, una consolazione, una carezza, un progetto. Una con cui puoi parlare di tutto, perfino di figli, perché dicono di volerne due o anche tre, non come noi baby boomer che ci siamo sterilizzati in tutti i modi possibili. Ma dicono anche che “di ragazze così non se ne trovano”, consapevoli del fatto che se per loro sarà difficile trovare un posto fisso, figuriamoci un amore fisso. Poi non chiediamoci perché si sbronzino.
Il Patriarca vive nel celibato sacerdotale, ma la relazione, il legame, il matrimonio, il “caso serio dell’amore” sono da molto tempo al centro del suo magistero. In cerca di quella ragionevole felicità che si incontra solo quando si smette di credere nell’individuo irrelato, triste chimera che ci sta divorando e che oggi seduce più le donne, neofite dell’individualità, che gli uomini. Convinte di poter fare tutto da sole, lavoro, casa e anche figli, da tirare su senza l’ingombro di un padre, tendono a diventare loro stesse la copia conforme di quegli uomini da cui si tengono accuratamente lontane. Il rischio dunque è che l’esito di quella millenaria “perversione” dei rapporti tra i sessi (giudizio inequivoco di Joseph Ratzinger) che è stato il dominio dell’uomo sulla donna, sia una perversione ben più subdola e sottile, una nuova e più perfetta forma di dominio: l’asservimento delle donne al modo maschile di concepire la sessualità, le relazioni, il lavoro, il mondo.
Il concetto di emancipazione trattiene in sé e ipostatizza l’idea della schiavitù.
La donna ha sempre tenuto il posto dell’altro, e gli ha sempre fatto spazio in sé. Ma se anche lei si scorda vendicativamente di questo, se non vuole più essere l’Altra ed elimina l’Altro dalla sua strada, se non è più lì a testimoniare con il suo corpo schiuso quella radicale apertura che è il soggetto umano, inestricabile dal suo oggetto (certa psicoanalisi è giunta a parlare di oggetti-sé), quel dinamismo spirituale che nell’esperienza della maternità diventa carne, chi lo farà al suo posto suo?
Viviamo in un affascinante tempo di lotta tra l’epica dell’individuo e il “bell’amore” di cui ci parla Scola, quella relazionalità che ci segna fin nella nostra fisiologia più minuta, e che neuroscienze e scienza sociale, da Giacomo Rizzolatti a Jeremy Rifkin, classificano come empatia. In questa lotta la questione della differenza sessuale e del rapporto con il nostro primo altro -l’uomo per la donna, e la donna per l’uomo- è un passaggio decisivo. Oggi il lavoro grosso tocca agli uomini, che devono abdicare dall’assoluto e riconoscersi come differenza, alla ricerca di un’identità maschile che rinunci al dominio; ma anche per le donne c’è molto da fare. Prima di tutto riscoprire che “la maternità è il viaggio”, come diceva Carla Lonzi, geniale pioniera di quel femminismo della differenza che il Patriarca mostra di conoscere bene.
Molte parti del suo bel discorso per il Redentore si prestano a essere lette in chiave di appello a un femminile minacciato di estinzione, che lui vede incarnato soprattutto nell’avventura di Maria, a cui ha dedicato il suo ultimo libro. Anche là dove parla del consumismo sessuale, di quella “smania del tutto e subito” radicata nella paura della morte. Il paradosso è questo: che per sfuggire alla morte ci manteniamo al suo cospetto per tutto il tempo. Che per paura di morire anticipiamo la morte scegliendo la solitudine, e mandiamo a morte le relazioni, o meglio non le facciamo neanche nascere, e non facciamo nascere più nulla. Ma questo tenersi lontani dalla nascita, categoria cara ad Hannah Arendt (e lontani dalla rinascita cristiana, mediante la Resurrezione, in una vita non più minacciata dalla morte), non può forse essere letto come eccesso di maschilità del mondo?
Scola conclude parlando di castità, e riconducendo il termine al suo significato originario, che non è quello di privazione, ma vuole semplicemente dire “tenere pulito, in ordine”, attività che le donne hanno sempre praticato con pazienza meticolosa. Il senso di questa misura e di questa regola ce lo portiamo misteriosamente dentro, come un’impronta indelebile. Perfino certi sesso-dipendenti, tipo David Kepesh e altri disperati protagonisti dei romanzi dello spiritualissimo Philip Roth, con il loro disordine compulsivo non fanno altro che testimoniare la struggente mancanza del “bell’amore”, agitandosi intorno al vuoto scavato dalla mancanza di Dio.

pubblicato su Il Foglio il 21 luglio 2010

Donne e Uomini, WOMENOMICS Marzo 27, 2010

PRETENDIAMO CHE SIA FEMMINA

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Speriamo, anzi pretendiamo che sia femmina. Quando fanno un bambino con fecondazione assistita, 2 coppie americane su 3 scelgono rosa. Se in Cina mancano all’appello per aborto selettivo 100-200 milioni di bambine, nel nostro West femmina=prosperità, meno problemi, sonni tranquilli. “Beata te che hai una ragazza”, è la litania delle madri di maschi. Determinate, idee chiare, brave a scuola: 6 laureate su 10. Fra vent’anni saranno il 70 per cento delle matricole. Vere guerriere. Le uniche a poter competere con i giovani lupi in arrivo dall’ex-terzo mondo. “Dimenticate la Cina, l’India e Internet: la crescita economica sarà trainata dalle donne”. Saranno loro a portarci fuori dalla man-cession, scrive The Economist, che all’onda Womenomics sta dedicando grande attenzione.
Eccolo, il nuovo mainstream. Un mondo sempre più women friendly per Giulia, Martina ed Emma che avranno vent’anni nel 2016. Le nostre bambine terranno le briglie della loro vita, e a quanto pare anche del mondo. Più ricche dei loro partner: tempo 20 anni e guadagneranno più degli uomini.
Quanto ai consumi, sono già leader. In America l’80 per cento degli acquisti è deciso dalle donne -qui siamo sul 60-. 53 auto su 100 le comprano loro, tanto che “i designer hanno cambiato perfino la forma delle maniglie delle portiere perché si adattassero alle nostre unghie più lunghe”, informano Claire Shipman e Katty Kay in Womenomics-Scrivi le regole per il tuo successo (Cairoeditore). Giulia, Martina ed Emma le vorranno più sicure e capienti, con il posto per spesa, bambini e cani. Ma anche più convenienti ed ecosostenibili. Le nostre bambine saranno consumatrici accorte, consapevoli, interattive. Non sarà facile prenderle in giro. Vorranno emozioni, non solo cose. Sempre meno fashion-oriented, orientate a una neo-frugalità. E acquisteranno online: secondo Forrester Research fra 5 anni un italiano su 3 comprerà in rete. Anche la tecnologia dovrà tenere conto delle “native digitali”: le donne comprano già metà dei computer. Dice il neocommendatore Roberta Cocco, direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia, e responsabile di futuro@lfemminile che “se i ragazzi usano le tecnologie anche per giocare, le ragazze le utilizzano soprattutto per socialità e amicizia”. Sono l’80 per cento, sui social network. Il design dovrà essere meno freddo, più empatico.iodonna_V
E’ per fare profitti, e non in omaggio alla parità, che il mercato dovrà diventare womenomics. Il malloppo sarà in questa metà del cielo. Per capire che cosa vogliono le donne dovrà ascoltare Giulia, Martina ed Emma, e chiamarle a decidere nei board e nelle stanze dei bottoni. Ma lì le nostre ragazze vorranno starci a modo loro, non come uomini, ridisegnando organizzazione del lavoro, processi decisionali, idea di leadership. Cucendosi addosso il potere come un vestito su misura. Le imprese dovranno darsi una mossa per non restare fuori dal giro. Come spiegano Avivah Wittenberg-Cox e Alison Maitland in Rivoluzione Womenomics (Sole24ore), già oggi quelle con 3 o più direttori donne segnano +83 per cento del capitale netto, +73 per cento di utili sulle vendite, +112 per cento di rendimento del capitale investito.
Anche la politica dovrà essere women friendly. Le nostre bambine hanno uno spiccato senso civico, sono meno portate al “bowling alone” dei maschi. Se il mondo, come proclama il Fondo delle Nazioni unite per la popolazione, si aspetta di essere salvato da loro, dovrà aprire le orecchie e stare a sentirle.
Con tutti questi pesi sulle spalle, le nostre bambine saranno stressate. Tenderanno a fumare, a bere, a mangiare male. Bisognerà insegnare loro a prevenire. Meditazione e yoga, per restare in equilibrio. Uno stress aggiuntivo verrà dal nostro connaturato maschilismo. “Il modello globale, nordico e anglosassone, si scontrerà con le resistenze italiane” dice Francesca Sartori, docente di sociologia generale a Trento. “La tensione fra le aspettative e la realtà potrebbe farsi insopportabile”. Conferma Carmen Leccardi, docente di Sociologia della Cultura a Milano-Bicocca, da sempre attenta ai giovani: “Le ragazze vivono con grande slancio, si sentono pari, protagoniste. Il rischio è che non trovino nella società quello che si aspettano. Bisogna insegnare loro un maggiore realismo”.
Qualcuna sente già odore di bruciato. Negli Usa molte studentesse brillanti fuggono dalle facoltà di Economia.
Anche da noi ci sono ragazze che “si bloccano negli studi” dice Marisa Fiumanò, psicoanalista che anima “Edipo all’Università”, consultorio psicologico della Bicocca “come schiacciate dal carico di aspettative”. Il prezzo del protagonismo potrebbe essere alto. Anche sul fronte della vita personale.
“Sono deluso dalle ragazze di oggi” scrive su un blog un giovane maschio. “Acide, nevrotiche, perfide, fredde, egoiste, arroganti, strafottenti... fredde robot senza sentimento, stronzette orgogliose. Si sentono superiori, e a te che le guardi ti fanno sentire un idiota”.
Ogni autoaffermazione femminile riduce le capacità di seduzione”, avvertiva nonna Simone de Beauvoir. Gli uomini non ci trovano affatto adorabili per i nostri successi. L’ambizione femminile affatica le relazioni. Per Giulia, Martina, Emma potrebbero essere faticosissime. How To Be The Best At Everything, Come essere meglio in tutto: titola un manuale americano per fanciulle. Ma sul fronte corpo-sessualità-sentimenti le stiamo lasciando sole. Ed ecco certi strani acting-out.
Meno di due anni fa in un liceo di Gloucester, Massachusetts, 17 ragazzine si sono fatte mettere incinte in simultanea per “crescere i bambini insieme”. Sul Corriere una prof milanese racconta di una decina di ragazze in attesa nella sua scuola. Ogni cento bambini che nascono alla Mangiagalli di Milano, 10 non hanno papà: di questi, almeno 5 per scelta delle mamme. In Italia ci sono 10 mila teen-mother, con tendenza ad aumento. Negli Stati Uniti sono 800 mila l’anno. La fantasia fai-da-te è piuttosto diffusa. Realizzabile, avendo soldi in tasca. Quel che è certo, la maternità si è riposizionata al centro, enorme novità rispetto alle prime emancipate. Se la coppia con il partner è eventuale, il nucleo madre-bambino è essenziale.
Le nostre bambine perfette usciranno di casa prima dei maschi. Faranno sesso senza inibizioni: “La frigidità non esiste più” dice Marisa Fiumanò “i problemi semmai si pongono sul legame”. A intermittenza, sogneranno l’amore: “Sono più addestrate al sogno infranto” dice Chiara Gamberale, che ha scelto una ragazzina sui 15 come protagonista del suo nuovo romanzo. Ma la solitudine, vista l’esperienza delle madri, sarà messa nel conto. Per questo le amiche saranno sempre più importanti. Fare network, e non solo per la carriera. La rete ti protegge, ti fa sentire a casa. L’invidia tra donne diventerà un vecchio arnese.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 27 marzo 2010

AMARE GLI ALTRI Luglio 21, 2009

VINCERO'

Cento milioni di euro a Superenalotto. Perfino per una non-giocatrice come me la cosa si fa interessante -sotto i cento milioni non considero nemmeno-. Non ho mai vinto nulla, se non una volta -che gioia quello scroscio di monete!- alla slot machine. Ma oggettivamente ho sempre giocato pochissimo, nemmeno il gratta e vinci del supermercato. Quando me li danno li regalo alla cassiera.

Cento milioni però sono cento milioni. Non giocherò comunque, ma fantastico sugli investimenti. A occhio ne terrei 10-15 al massimo. Gli altri 85-90 porterebbero solo disgrazie. A meno di convertirli subito in puro bene. Una mano a tutti gli amici e parenti che ne abbiano bisogno. E poi fare bene a chi fa del bene, in una moltiplicazione d’amore. Di più non si può sperare di comprare. Investimento più grande non c’è. Quello che conta è liberarsene prima possibile. Anche di quei dieci o quindici, voi dite? Ora ci penso, d’accordo. Ma accidenti, sono un essere umano…

ANIMALI Dicembre 16, 2008

VERO AMORE

Questa è la mia Christmas Card. Vedrete qui in azione tutto l’amore del mondo.

(in sintesi, per chi non mastica l’inglese: due amici adottano un piccolo leone, lo svezzano e quindi, per evidenti ragioni, lo portano in Africa per rinaturalizzarlo. Dopo qualche tempo vanno a trovarlo. Questo è il momento del loro incontro. Il video è stato mandato in onda nel corso dello show The View, Abc).

Archivio Ottobre 24, 2008

CENTO MILIONI D’AMORE

Al supervincitore, come se io fossi un gestore di fondi -anzi, molto meglio, se permettete- consiglio con tutto il cuore di destinare parte cospicua della somma al bene degli altri. I pani e i pesci si moltiplicheranno, e l’amore lo inonderà! Egli sarà davvero padrone della sua ricchezza, e non saranno i soldi a rendere schiavo lui.

Deepak Chopra, uno che se ne intende, al riguardo avverte: “Se vinci alla lotteria puoi esserne molto felice, ma tieni presente che nel giro di un anno tornerai a essere felice o infelice come lo eri prima”. L’amore invece cresce illimitatamente, non va gestito, non si perde mai. Alla borsa dell’amore le quotazioni sono sempre in rialzo. Che Dio illumini il supervincitore!

AMARE GLI ALTRI Luglio 5, 2008

AMO I RAGAZZI

Io amo i ragazzi. E non per parità, alla Germaine Greer, una che è partita nobilmente dall’”Eunuco femmina” per approdare alla matura foemina falloide, che rivendica il diritto di spasimare sui ragazzini, proprio come i vecchi maschi sbavano sulle ragazzine. Io amo i ragazzi tutti interi, li amo maschi e femmine, e amo ben più dei loro omeri torniti e dei loro sterni incavati. E non sopporto più che si parli invidiosamente male di loro, delle bande, del bullying, delle veline, delle bravate e delle canne. Vorrei finalmente vedere le loro sparute truppe partire lancia in resta contro l’immenso esercito di noi “giovanili” baby boomers, con tutto quello che diciamo di loro, le offese che gli arrechiamo, per vendicare il proprio onore e prendersi lo spazio che gli usurpiamo.
Mentre scrivo ne ho qui sette, dico sette, che stanno studiando per la maturità. Terenzio, Dante, Svevo, l’odore di latte acido che si è fatto più aspro, la linea netta della mascella che riesce ancora ad arrotondarsi in un broncio. E il mondo, di fronte alla mia impresa eroica –portarmene sette qui nella casa al mare, sette letti, sette posti in tavola, una valanga di biscotti e merendine per la colazione del mattino, caffè di conforto, pesto fatto in casa e ciotoloni di riso in insalata- si divide a metà, tra chi mi compiange e chi mi invidia. Anch’io mi invidio, e mentre carico lavatrici e stendo lenzuola, con l’ausilio di una collaboratrice carissima che mi permette di continuare a scrivere, guardo i ragazzi e mi dico che la mia vita non è andata poi così male se mi sono conquistata il privilegio di essere qui, in questa casa che vede un paio di isole, un fiume, le Alpi Apuane e un campanile dalla cupola moresca, con sette ragazzi (e un cane) da nutrire e sostenere e portare al mare all’ora di pranzo per un bagno ristoratore. Perché ci sarà anche la maturità ma, Dio mio, è pur sempre giugno e il sole –tra le nuvole- è allo zenith.
Li guardo e azzardo previsioni per ciascuno: quello manager, caparbio e ambizioso com’è; l’altro uno scorbutico dottore; questo chissà, ma un gran padre di sicuro. Nessuno, ma proprio nessuno nasce senza un talento, anche se non tutti incontrano adulti non invidiosi, che gli insegnino a farlo fruttare. Io amo i ragazzi, e al diavolo tutto il resto.

(pubblicato su “Io donna”- “Corriere della Sera” il 5 luglio 2008