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50/50

Donne e Uomini, Politica Marzo 7, 2012

Caro partito ti scrivo

Non vi voteremo.
O vi impegnate per il 50/50, o non vi voteremo. In occasione di Ottomarzo, la minaccia si alza da più parti.
Figuratevi se non sono d’accordo. L’ho profferita a Bologna, chiamata a parlare da Pippo Civati. E a Siena, all’incontro di Se non ora quando. Sono quasi un paio d’anni che lo strillo appena posso. Non vi voteremo.
Registro perciò la lettera ai partiti che pubblico qui, e la sottoscrivo. Ci mancherebbe.
Ricordando tuttavia che, per dirne solo alcune.
a) il 50 per cento delle candidature non significa affatto il 50 per cento di elette
b) nulla può sostituire la volontà politica, che deve essere espressa chiaramente dai partiti, di sostenere le candidate e soprattutto di formare una squadra di governo paritaria: il 50/50 di Milano, per esempio, è frutto dell’impegno assunto -e mantenuto- dal sindaco Pisapia in campagna elettorale, e non esito delle elezioni: in consiglio comunale il 50/50 non c’è, mentre c’è in giunta e negli altri incarichi di governo
c) non basta porsi “nell’attesa che riusciate a mettervi d’accordo su una nuova legge elettorale che possa eliminare ogni discriminazione di genere”. Si tratta di essere interlocutrici attive e di formulare proposte su questa materia complessa. Tenendo presenti alcuni paradossi: per esempio, in presenza della chiara volontà politica di cui sopra, il famigerato Porcellum a liste bloccate può consentire l’elezione di molte più donne che altri meccanismi
d) valutare attentamente il “donna vota donna”: finora non ha funzionato
e) tenere ben presente quello che sta capitando ai partiti, messi sotto assedio dalle proposte civiche: si rischia di aprire una faticosa interlocuzione con chi sta perdendo
f) avere pronto un piano B, valutare l’idea di liste civiche che accolgano e promuovano questo forte desiderio femminile di politica.
Ciò detto, ecco la Lettera ai partiti che viene presentata questa mattina a Roma.
Lettera aperta ai partiti: il voto delle donne
Siamo cittadine di questo Paese, alcune di noi lavorano, altre studiano, sono disoccupate o dedicano il loro tempo alla famiglia. Ma tutte noi, nel lavoro, nello studio, fuori e dentro la famiglia, ogni giorno facciamo il nostro dovere, e lo facciamo al meglio perché ci crediamo.
Anche per questo non ci rassegniamo a lasciare questo Paese nelle mani di un’oligarchia, quasi tutta maschile, di “professionisti della politica”. Perché la politica riguarda la vita di tutte noi.  
Scriviamo questa lettera, anche a nome di tutti gli uomini che ne condividono lo spirito, sia a titolo individuale che a nome di varie associazioni e gruppi appartenenti alla società civile perché abbiamo deciso di cambiare l’unica cosa che possiamo cambiare subito: il nostro comportamento!mVe lo comunichiamo perché la cosa vi riguarda direttamente in almeno due punti: 

1) Nell’attesa che riusciate a mettervi d’accordo su una nuova legge elettorale che possa eliminare ogni discriminazione di genere, noi abbiamo deciso di votare solo per quei partiti che presenteranno liste con ugual numero di candidati dei due sessi.
Questo per rafforzare la presenza delle donne nelle istituzioni, dalle quali finora siamo state metodicamente escluse, in nome del principio di uguaglianza sancito dall’art.3 della Costituzione italiana.
Quindi:
I partiti che non presenteranno liste con il 50% delle donne tra i candidati, non avranno il nostro voto

2) Nell’attesa di una legge elettorale che restituisca il potere di scelta alle elettrici e agli elettori, abbiamo deciso di votare solo quei candidati e candidate che, attraverso i partiti che li sostengono, metteranno a disposizione dell’opinione pubblica la loro biografia completa, con la storia dettagliata del loro percorso professionale, patrimoniale e politico, ivi compresi meriti e competenze che noi ci riserveremo di controllare nella loro completezza e veridicità.
Questo in nome di una necessità di trasparenza essenziale al miglioramento della qualità della rappresentanza politica, sia maschile che femminile, che ormai si è ridotta a rappresentare soltanto se stessa.

Quindi:
I partiti che non forniranno i profili dettagliati delle loro candidate e dei loro candidati, non avranno il nostro voto. 
Se queste due richieste saranno disattese, non vi voteremo; lo faremo privatamente, a partire da noi stesse, dalla rete delle nostre relazioni familiari, amicali, professionali, e lo faremo pubblicamente, in modo più organizzato, utilizzando tutti i canali possibili delle donne e della comunicazione politica, sociale, culturale.
Poiché crediamo nell’urgenza di questa battaglia di democrazia e di civiltà, invitiamo tutte le cittadine e tutti i cittadini che ne condividono lo spirito a firmarla e a diffonderla.
Alle donne dei partiti che condividono le nostre richieste chiediamo di farsene interpreti presso le loro segreterie e di rendersi disponibili per un incontro/confronto che contiamo di organizzare al più presto.  
Donne e Uomini, Politica Febbraio 17, 2012

Fuori Berlusconi, alla politica serviamo ancora?

do you remember ruby?

Arietta di backlash -contrattacco-.

Mutande di nuovo in giro, dicevamo, e un governo che non mette le donne esattamente al centro. La legge sulle ributtanti dimissioni in bianco, per dirne una, con tutto il suo portato simbolico e sostanziale, è ancora lì che aspetta.

Precisamente un anno fa eravamo la speranza del Paese, paginate di giornale sul 13 febbraio, dibattiti prima, dibattiti dopo, la dignità delle donne, lo schifo di Arcore, leader di partito in piazza con noi, etc. etc.

Un anno dopo la legge elettorale se la discutono fra uomini, dai giornali siamo nuovamente sparite, in noi non si spera più così tanto. Ok Se non ora quando, ma lasciateci lavorare -che dobbiamo fare le liste-.

Insomma, il 9 febbraio 2011, sul Corriere della Sera, mi permettevo di fare notare questo -che tante non hanno apprezzato, sospettandomi di filoberlusconismo-: “Domanda delle 100 pistole: qual è l’obiettivo del 13 febbraio? La testa del premier? O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede la piazza? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza”.

Ora la testa del premier l’hanno avuta, ex post sappiamo che la diplomazia internazionale era al lavoro da tempo per risolvere l’incresciosa situazione italiana, e la mobilitazione delle donne capitava a fagiolo.

Attenzione, capiamoci! Non sto affatto dicendo che le donne si sono mobilitate in quanto parte consapevole di questo disegno. Tutt’altro! La mobilitazione è stata sincera, spontanea, generosa, straordinaria! Sto dicendo che questa mobilitazione ha goduto dell’attenzione di stampa e politica perché arrivava proprio al momento giusto.

Ma oggi, alla politica, serviamo ancora? Cogliete segnali di attenzione da parte dei partiti? Sentite ragionamenti economici che mettono al centro il potenziale femminile? Io no, e dire che ci sto parecchio attenta.

Avete fiducia che il 50/50 , andato via così liscio, in quel clima favorevole, a Milano, Bologna, Torino, Cagliari, si riprodurrà a livello nazionale? Se non ora quando ci sta lavorando, ma pensate che troverà la strada spianata?

Ecco, ora il Cav. non c’è più -non che manchino altri maiali, in giro- ma la politica machista è ancora lì, intatta, e i segnali di backlash servono precisamente a infiacchirci.

Amiche, questo il contesto. E allora, che si fa?

Io non mollo.

Se per cortesia -chiedo scusa- ci lasciate discutere di questo tra donne ve ne sarò grata.

 

 

Donne e Uomini, Politica, Senza categoria Novembre 6, 2011

E' il momento di incassare

Signore e anche signori, segnatevi da qualche parte questo nome: GUIDO CROSETTO, attualmente sottosegretario alla difesa, protagonista della seguente vicenda:

Omnibus, trasmissione di La Sette. La giornalista della Stampa Antonella Rampino nel corso del dibattito fa riferimento alle “spogliarelliste” elette nelle liste del centrodestra. A telecamere spente, il suddetto Crosetto cerca di intimidirla, umiliandola: “Tanto a te non ti spoglia nessuno“. Più tardi profferirà inutili scuse.

Segnatevi il nome di Crosetto, e segnatevi anche questi, in particolare se siete siciliani: GRECO (GRUPPO MISTO), ARICO’ (FLI), CASCIO SALVATORE (PID, CORONA (PDL), CURRENTI (FLI), D’ASERO (PDL), DI MAURO (MPA), FALCONE (PDL), FEDERICO (MPA), LEANZA EDOARDO (PDL), MINEO (FORZA DEL SUD), POGLIESE (PDL). Sono i parlamentari regionali che hanno chiesto e ottenuto lo scrutinio segreto nel voto sulla doppia preferenza di genere per poterlo tranqullamente impallinare senza assumersene la responsabilità.

Naturalmente non dimenticate IGNAZIO LA RUSSA, protagonista di molte indimenticabili machate, il coordinatore del Pdl lombardo MANTOVANI, quello che ha detto che le vere gnocche stanno a destra, e così via.

Ci vorrebbe la pazienza di mettersi qui a fare tutto l’elenco, certamente sterminato, di tutti i politici che hanno gravemente offeso le donne di questo paese, SILVIO BERLUSCONI in testa. Ma ne varrebbe la pena. Perchè -lo dico a tutte le amiche di Se non ora quando– se si decidesse di diffonderlo, insieme all’indicazione “non votate le liste che candidano questi signori”, rivolta a donne e a uomini di buona volontà, sarebbe una cosa davvero ben fatta. Questi signori si sono presi una libertà che ora devono pagare, e in modo molto salato. 

Ecco una delle moltissime cose che si potrebbero fare in preparazione delle sempre più imminenti elezioni politiche, e di tutte le altre elezioni in calendario. Benché la cosa grande che Se non ora quando avrebbe da fare sarebbe una: indire a breve una grande manifestazione nazionale in cui torni chiaramente a palesarsi la soggettività politica delle donne di questo Paese, e in cui si vada a sintesi, dicendo questo: abbiamo aperto le danze, e ora le chiudiamo. Abbiamo chiesto per prime a febbraio le dimissioni di Berlusconi e la fine della politica macha, e ora siamo qui a incassare quel 50/50 e quel doppio sguardo (che nessun partito, badate bene, si sta preparando a garantire: anche l’accenno di Bersani, ieri in piazza San Giovanni, è stato alquanto timido) che costuisce la condizione minima per poter ricostruire il Paese in giustizia ed equità. E anche la condizione minima per guadagnarsi il consenso delle donne. Il Paese è prontissimo, è la politica a non esserlo.

Se tanto mi dà tanto, ci stiamo avvicinando all’obiettivo. Ma c’è ancora molto da lottare. Nessuna illusione.

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Ottobre 5, 2011

Grazie sindaco Pisapia

il sindaco pisapia incontra le milanesi, 28 settembre 2011

Con il sindaco Pisapia ho avuto qualche passaggio un po’ aspro, diciamo così, al tempo delle primarie per l’indicazione del candidato sindaco del centrosinistra. La lotta è lotta. Mi ero intignata su questa faccenda del 50/50, ero sicura che l’obiettivo era giusto e che il momento era arrivato, e ci davo dentro a più non posso.

Ma devo dire che a ogni nuova tornata di nomine -in queste ore, quelle del Pio Albergo Trivulzio-, vedendo che il sindaco quel principio lo applica con rigore e determinazione, scegliendo donne competenti e di valore, una per tutte Francesca Floriani, mi commuovo sempre di più. Oggi apprendiamo che anche il CdA dell’Università Statale, se non il 50/50 -su, un piccolo sforzo- garantirà che almeno 3 membri su 7 siano donne, in questo senso appare avviato anche il CdA dell’università Bicocca, e così via: un effetto virtuoso e a cascata, le istituzioni milanesi che una dopo l’altra rompono con il monosex. Sono felice di vivere in questa città, che mostra di avere capito.

Ringrazio di tutto cuore il sindaco Pisapia perché nel paese in cui le leggi nascono sempre insieme alla dotazione con cui aggirarle, un principio netto e intransigente come il 50/50 rischiava di dover conoscere molte eccezioni. Insomma, ci vuole quella che si chiama volontà politica, e il sindaco mostra di averla tutta. Immagino che sia per la formazione della giunta sia per le nomine nella municipalizzate Pisapia abbia dovuto tenere duro e anche dire molti no. Immagino che non sia facile, perché un alibi ricorrente della politica e del potere è che di donne “non ce ne sono”: e invece lui le scova sempre, quelle giuste per il posto giusto. E sono sicura che queste signore gli daranno molte soddisfazioni.

Resta il tema Expo, lì si risente ancora molto dell’imprinting misogino, ahinoi, di una sindaca che credeva di essere un uomo e le donne se le levava di torno, e di un governatore che con la sua giunta 15 a una la dice tutta. Speriamo che anche lì il sindaco, che è commissario straordinario, insieme all’assessore Stefano Boeri riesca a introdurre qualche cambiamento.

Ma intanto diciamo grazie, nella speranza che questo principio sia presto esteso al resto del nostro malconcio Paese, proprio allo scopo di farlo rifiorire. Ci vorrà lotta anche e soprattutto qui. E nella speranza per me stessa di non dovermi più occupare di questo, e di poter riservare tempo ed energie ad altro. Perché, onestamente, scusate, ma non ne posso proprio più…

 

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Ottobre 1, 2011

Il doppio sguardo che ci salverà

Come dicevamo ieri, in esclusiva per Io donna Added Value ha sondato gli umori e le opinioni di italiane e italiani sul tema della rappresentanza femminile, intervistando un campione rappresentativo di 1000 cittadine/i. Rivelando a sorpresa un Paese prontissimo alla svolta “naturale” rappresentata da un massiccio ingresso delle donne nelle istituzioni rappresentative, determinato a sostenere una “massa critica” femminile che possa cambiare tempi, modi e agende della politica.

Un Paese ben più pronto della sua classe politica, che invece resiste strenuamente al “turn over”:  50/50, appunto: questa è la strada indicata dalla maggioranza degli intervistati, uomini e donne, sul modello di alcune nuove giunte. Oltre a quella di Giuliano Pisapia, la giunta Zedda a Cagliari (dove siamo addirittura a 6 donne su 10) e la giunta Fassino a Torino, appena sotto il 50. Non quote, quindi, ma una proporzione “naturale” che indica l’auspicio di un doppio sguardo sul bene comune, e il desiderio che la differenza femminile si eserciti a beneficio di tutti anche nei luoghi della politica.

Raccoglie invece pochi consensi l’idea di percentuali inferiori, il 30 o il 40, intese come riserve dedicate a una “minoranza” che poi minoranza non è affatto.

Gli italiani, uomini compresi, si fidano a tal punto delle donne che sarebbero anche entusiasticamente pronti alla “super-alternativa” costituita da una premier.

Ma vediamo il sondaggio nel dettaglio.

I gravi problemi del nostro Paese non dipenderanno anche dal fatto che nelle stanze dei bottoni ci sono poche donne? E’ così per la maggioranza degli intervistati: “abbastanza” (43 per cento) o addirittura “molto” (14 per cento). Solo il 9 per cento ritiene che non vi sia relazione tra le due circostanze.

Le donne saprebbero governare come gli uomini secondo il 61 per cento del campione, o addirittura meglio (29 per cento: percentuale che sale al 43 tra le intervistate).

Che cosa ostacola, allora, la rappresentanza femminile? Il maschilismo dei partiti secondo il 42 per cento, mentre il 30 per cento segnala il peso degli impegni familiari sulle donne. Ma incidono anche la sfiducia nella politica (15 per cento) e il disinteresse al potere (11 per cento).

Che le donne non abbiano accesso alla politica è un vero guaio, perché tutti, maschi e femmine, sono convinti che saprebbero portarvi attenzione alle problematiche familiari (76 per cento), un maggiore di responsabilità (68 per cento), un legame più forte con la vita reale (65 per cento). E ancora: impegno e determinazione, uno sguardo diverso sul mondo, concretezza, minore propensione al rischio, affidabilità e onestà.

Vale per donne di centrodestra quanto per quelle di centrosinistra: solo il 30 per cento ritiene che vi siano significative differenze, mentre quasi 9 intervistati su 10, evidentemente stanchi di risse e contrapposizioni frontali, pensano che almeno su alcuni temi le elette dovrebbero collaborare trasversalmente, come qualche volta è già capitato.

E veniamo al 50/50: alla domanda “lei sarebbe favorevole o contrario all’applicazione di questo principio all’interno degli organismi politici e istituzionali, elettivi e no?”, quasi 8 italiani su dieci (percentuale che sale a 9 tra le intervistate), si dichiara d’accordo. Lo straordinario consenso si alza ulteriormente fra gli under 35.

50/50 è la proporzione giusta, esattamente quella della vita, mentre solo 18 intervistati su cento preferirebbero “quote” del 30 o del 40.

Ampia e generale approvazione anche per un’azione positiva già in atto, quella che introduce il 30 per cento di donne nei board delle società quotate in borsa: norma bipartisan approvata di recente e che piace al 76 per cento degli intervistati. Giusto un po’ meno agli uomini, che comunque si esprimono largamente a favore (67 per cento): un ulteriore segno di fiducia nella competenza femminile.

Ma se si votasse oggi, e se una nuova legge elettorale consentisse di esprimere la propria preferenza anche alle elezioni politiche, quanti voterebbero donna?

Quasi la metà del campione (47 per cento: percentuale che sale ben al 67 per cento tra le donne). Mentre solo il 18 per cento dichiara che sceglierebbe un uomo, contro un cospicuo 35 per cento che al momento non sa. Pronti a indicare un nome femminile soprattutto i/le più giovani.

Ma il dato più significativo è che quasi 7 cittadine su 10 oggi risponderebbero positivamente a una campagna “vota donna”. In passato non ha funzionato come si sperava: ma l’impegno politico delle donne, testimoniato anche dalle piazze del 13 febbraio, oggi probabilmente si esprimerebbe anche nelle urne. Ragione in più per buttare a mare il tremendo Porcellum e per restituire alle elettrici e agli elettori il diritto, usurpato dai partiti, a scegliere da chi vogliono essere rappresentati.

E da chi? Da donne dei partiti o della società civile? Meglio professioniste della politica o outsider?  Le elettrici si dividono equamente (45 e 43 per cento), mentre gli uomini si sentono meglio garantiti dalle già-politiche. Preferibilmente quaranta-cinquantenni: è questa l’età, quella della maturità e dell’esperienza -non quella del sex-appeal- ritenuta più giusta da 7 intervistati su 10. Che in percentuale ancora più alta (83 per cento, 93 tra le donne) vedrebbero con favore, e finalmente, una premier: alternativa chiara, apprezzata soprattutto dai giovani adulti. Nel caso, chi? Qui si registra un certo smarrimento.

Ben 7 su 10 non indicano nessuna, come se non sapessero molto delle nostre politiche, o fossero in attesa di un volto nuovo. Qualche rara indicazione solo per Anna Finocchiaro del Pd (8 per cento), per la radicale Emma Bonino e per la presidente del Pd Rosy Bindi, (entrambe 5 per cento), inseguite dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, dalla Ministra per le Pari Opportunità Mara Carfagna e da Daniela Santanché del Pdl (tutte al 2 per cento). Anna Finocchiaro, seguita da Bindi e Bonino, risulta anche in assoluto la politica più ammirata (dal 15 per cento), prima di Rosy Bindi ed Emma Bonino alla pari (8 per cento).

Italiane e italiani sembrano percepire meglio il protagonismo politico delle “straniere”: la premier tedesca Angela Merkel (40 per cento), la Segretaria di Stato americana Hillary Clinton (31 per cento) e la leader birmana Aung San Suu Kyi (12): forse, fra tutte, la portatrice di una più forte “differenza”.

 

Alla giornalista Ritanna Armeni e alla sua collega parlamentare Fli Flavia Perina abbiamo chiesto di commentare i i risultati del sondaggio

             

 

 

 

 

 

 

 

Ritanna Armeni      Mi pare che dal sondaggio emerga una forte spinta neo-emancipazionista. Come a dire: sappiamo che la differenza femminile esiste, ora vogliamo finalmente vederla in azione. La cosa interessante è che 7 uomini su 10, una netta maggioranza, si dichiarano favorevoli a una premier donna e al 50/50. Un entusiasmo sostanzialmente pari a quello femminile. E’ una cosa che colpisce molto. Significa che le capacità e le competenze femminili non sono più in discussione, che il Paese è davvero cambiato nel profondo. Sono solo gli uomini della politica a non voler cambiare. La casta è in assoluta difensiva. Si difendono posti, logiche, linguaggio, e un massiccio ingresso delle donne costituirebbe una formidabile minaccia. C’è anche un’incultura che impedisce di leggere la realtà e i cambiamenti già avvenuti e registrati dalla società. L’altra cosa che noto è l’apprezzamento per la saggezza e l’autorevolezza femminile: quelle che gli intervistati, uomini e donne, vorrebbero in politica sono le quaranta-cinquantenni, nel pieno della maturità. Di Anna Finocchiaro, che raccoglie il maggior numero di consensi, sono apprezzate la compostezza e quel tratto di autorità che si sposa a una bellezza sobria, con i capelli grigi. Un antimodello rispetto a quelli correnti. Insomma: il tema della rappresentanza femminile è all’ordine del giorno, è la vera leva del cambiamento, e non può più essere eluso. Il sondaggio lo evidenzia con percentuali molto alte, che non lasciano dubbi.

Flavia Perina       Mi ha molto colpito la laconicità delle risposte alla domanda sulle donne politiche nazionali: ben il 61 per cento dichiara di non averne in mente una in particolare. Come se non conoscessero la nostra rappresentanza femminile. Eppure donne come Rosy Bindi, Mara Carfagna e Daniela Santanché godono di una notevole visibilità. Ma è come se non se ne percepisse il profilo politico, come se si pensasse che sono poco incisive, scarsamente rilevanti. Che contano poco, insomma. C’è una notevole discrasia tra il fatto che l’83 per cento degli intervistati si dice favorevole a un premier donna, evidentemente percepita come l’alternativa assoluta all’attuale premiership, e l’incapacità di darle un volto. Io credo che a fronte di una domanda così forte di protagonismo politico femminile i partiti sbaglino a non investire sulle donne. E poi: alla domanda se si preferirebbe votare una donna già in politica o una rappresentante della società civile, vince di misura la politica. Parlando di uomini, forse la risposta non sarebbe stata la stessa. Insomma, è come se le donne politiche fossero percepite come fuori dalla casta, immuni dal contagio, e di loro ci si potesse ancora fidare. E infine, altro dato interessante: tra le donne di centrodestra e di centrosinistra non vengono percepite differenze sostanziali. Evidentemente l’appartenere all’uno o all’altro degli schieramenti è ritenuto secondario rispetto all’essere donne, e alla possibilità di trovare un’intesa su temi e priorità.   

 

 

 

Donne e Uomini, Politica Settembre 30, 2011

Tutti pronti per una premier e per il 50/50 (uomini compresi)

Domani su Io donna:

Added Value ha sondato gli umori e le opinioni di italiane e italiani intervistando un campione rappresentativo di 1000 cittadine/i. E rivelando a sorpresa un Paese prontissimo alla svolta “naturale” rappresentata da un massiccio ingresso delle donne nelle istituzioni rappresentative, determinato a sostenere una “massa critica” femminile che possa cambiare tempi, modi e agende della politica.

Un Paese ben più pronto della sua classe politica, che invece resiste strenuamente al “turn over”: è del luglio scorso la sentenza del Tar che ha obbligato il sindaco di Roma Alemanno, con la sua squadra tutti-maschi-tranne-una, ad aumentare il numero delle assessore. E se per il comune di Milano la promessa del 50/50 è stata mantenuta, nella giunta presieduta da Roberto Formigoni -la Lombardia delle prime emancipate, delle mille imprese femminili- siamo una a 15.

50/50, appunto: questa è la strada indicata dalla maggioranza degli intervistati, uomini e donne, (8 su 10) sul modello di alcune nuove giunte. Oltre a quella di Giuliano Pisapia, la giunta Zedda a Cagliari (dove siamo addirittura a 6 donne su 10) e la giunta Fassino a Torino, appena sotto il 50. Non quote, quindi, ma una proporzione “naturale” che indica l’auspicio di un doppio sguardo sul bene comune, e il desiderio che la differenza femminile si eserciti a beneficio di tutti anche nei luoghi della politica.

Raccoglie invece pochi consensi l’idea di percentuali inferiori, il 30 o il 40, intese come riserve dedicate a una “minoranza” che poi minoranza non è affatto.

8 italiani su 10, uomini compresi, si fidano a tal punto delle donne che sarebbero anche entusiasticamente pronti alla “super-alternativa” costituita da una premier.

Domani i dettagli, con i commenti di Ritanna Armeni e Flavia Perina.

Donne e Uomini, Politica Giugno 3, 2011

UNA DONNA CHI?

Il 50/50 a Milano l’ho proposto da subito alle primarie -ho anche passato i miei guai per questo, con lo stesso Pisapia e con Nichi Vendola, durante le primarie- e così la vicesindaca. Non è che mi piaccia, anzi per nulla, ma la forzatura andava fatta. Se un vivacissimo dibattito è in corso a riguardo, su Facebook e in vari giri di email, è soprattutto a causa di questa forzatura. Diversamente è verosimile che il tema non si sarebbe nemmeno posto, e saremmo al solito 15/85. Queste cosiddette azioni positive, nella loro grossolanità -come dico sempre, equivalgono a una martellata- durano quel che devono durare, fintanto che un processo non si è messo in moto. Così per esempio si prevede nella legge Golfo sul 30 per cento nei board delle società quotate. E vanno intese con la necessaria elasticità: 48/52 o city manager anziché vicesindaca direi che può andare bene lo stesso.

Questa stessa grossolanità ci costringe a un tabù -prima o poi dovremo parlarne, e gli argomenti non mancano- sul fatto che tantissime di noi sono in festa per il fatto che due uomini, Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris, siedono oggi al posto di due donne, Letizia Moratti e Rosetta Russo, entrambe pessime sindache. Perciò dire 50/50 e una vicesindaca, che andava bene all’inizio di tutta questa storia, non funziona più in uscita.

Una chi? Nel frattempo è accaduto quel che accaduto, abbiamo vissuto una lunga ed indimenticabile campagna elettorale, molte donne, nomi e cognomi, sono state protagoniste attive, e altre assenti o inefficaci. E poi che senso ha firmare come “donne milanesi” la lettera che sta circolando, indirizzata a Giuliano Pisapia, che chiede appunto come vicesindaca “una donna”? Che effetto vi farebbe una lettera siglata “uomini di Ascoli Piceno”, o anche “donne italiane”? Ci sono donne milanesi che hanno votato Letizia Moratti, altre che si sono astenute, e altre ancora, come me, che non si riconoscono in un appello così generico. E il sindaco Pisapia è il sindaco di tutti, e anche di tutte.

Tocca a Pisapia decidere la sua squadra e impostare l’azione di governo, su questo nessun dubbio, procedendo a liberissime consultazioni. I partiti sono tra i primi interlocutori, ma ci sono anche le associazioni e tutti quelli e quelle che lui riterrà di dover consultare. Nel formare la squadra il sindaco potrà e forse dovrà tenere conto degli eletti e delle preferenze, ma sceglierà anche donne e uomini che non si sono sottoposti al giudizio degli elettori. Applicherà tutte le mediazioni che riterrà necessarie e infine verrà a una sintesi.

Che cosa vogliamo, noi “donne milanesi”? Che cosa ci tiene insieme? Che cosa possiamo portare unitariamente al tavolo del sindaco Pisapia? C’è una minima, direi, e una massima. La minima è una preoccupazione che ci accomuna, a sinistra come a destra: sappiamo che spesso la mediazione della politica maschile comporta la selezione di donne che “vanno bene agli uomini”, che non portano lì la loro libertà, la loro differenza, il loro linguaggio e la loro creatività politica, molto incomode o semplicemente illeggibili o invisibili per la politica degli uomini, donne che non si legano alle altre, fedeli anzitutto chi le ha scelte, quando non amiche, parenti e così via. Le cosiddette cooptate. La trasparenza nei criteri della selezione -vale ovviamente anche per gli uomini- ovvero la chiarezza sul merito e sulle competenze in relazione al ruolo assegnato è un ottimo presidio contro questo rischio. Come abbiamo constatato, laddove c’è trasparenza nei criteri di accesso -per esempio dove si accede per concorso- le donne, e le più brave, vanno facilmente avanti. Questo possiamo senz’altro chiederlo tutte insieme.

Un’altra cosa che ci può tenere insieme in tante, è chiedere che si considerino soprattutto candidate che abbiano legami efficaci con il movimento delle donne, che portino lì dentro tutta l’esperienza e la forza di queste relazioni, che siano perciò in grado di “femminilizzare” davvero la politica della rappresentanza, innovando le pratiche e i linguaggi e tenendo aperto il passaggio tra il “dentro” e il “fuori” della vita e della politica prima.

C’è poi un livello di massima, che io credo sarebbe il momento di praticare: suggerire al sindaco Pisapia non “una donna”, ma quella donna e quelle donne, nomi e cognomi, spiegandogli il perché e per quale ruolo, in modo che non si trovi a dover considerare per la sua squadra unicamente donne proposte dai partiti. Intendendo i curricula in senso ampio: non si tratta semplicemente di titoli accademici, di pubblicazioni o di esperienze lavorative, in quanto spesso l’eccellenza e la sapienza femminile non si lasciano leggere con queste lenti. Ho in mente, a titolo di esempio, un’amica che è stata manager di qua e dirigente di là, e poi si è messa a fare altre cose. Il mio meglio, dice, è in quest’altro, ma quando tratto con gli uomini a contare è quello che facevo prima.

Quindi, care amiche e anche amici, diamo davvero una mano al sindaco, e facciamogli con trasparenza e chiarezza le nostre proposte, non una, ma quella e quelle, perché lui possa liberamente valutarle.
P.S. Ovvio che ognuna deve portare l’altra, in una pratica di “affidamento”. Ovvero, che ognuna affidi il suo desiderio all’altra. E ciascuna nomini l’altra. Per esempio, io mi sento qui di nominare, oltre ad Arianna Censi, di cui ho già parlato, Lucia Castellano, direttora del carcere di Bollate, con tutta la sua grande competenza in materia di servizi sociali.

P.P.S.  E aggiungo anche questo: oltre a quella e quelle, perché non quello e quelli? Non è detto che le donne debbano offrire la loro indicazione esclusivamente all’interno del loro genere.

Donne e Uomini, Politica Marzo 13, 2011

COPPIA POLITICA

Vedete, amiche e amici, che per femminilizzare la politica le quote non bastano? C’è da fare le liste, oggi a Milano, ma l’esempio milanese è buono per ragionare in generale.

Capita questo: che gli uscenti dei partiti (quasi tutti maschi) vogliono rientrare. Ci sono ottime probabilità che rientrino, disponendo ciascuno del proprio patrimonio consolidato di preferenze, e come voi sapete alle comunali c’è la preferenza unica. Quindi avete voglia a fare liste cosmetiche 50/50. I maschi uscenti rientreranno, e forse qualche rara donna in più, sempre se garantita dal partito in questione. E in genere le garantite dai partiti sono le cosiddette cooptate. Ovviamente cooptate da uomini e per i motivi più svariati (relazionali, familiari e anche, ahinoi, come abbiamo visto spesso, di questi tempi, sessuali). E quindi tenute alla fedeltà assoluta, sia all’uomo che le fa entrare, sia ai codici della politica maschile. E allora non si femminilizzerà un bel nulla, come si è già visto, anche perché la cooptata è separata dalle altre, e quindi da se stessa.

Se in politica si entrasse per concorso, ci sarebbero moltissime donne, probabilmente la maggioranza, come in magistratura e in avvocatura. Ma dove si entra per cooptazione, il risultato è sempre questo.

In ogni caso il 50 per cento di elette, stanti così le cose, ce lo possiamo sognare. E la promessa era questa: 50/50 a ogni livello, consiglio, squadra, municipalizzate, enti, eccetera. Per la giunta e il resto si può rimediare dopo: assessore, presidenti di municipalizzate ed enti possono essere pescate da fuori, non devono essere elette. E’ sufficiente la volontà politica. Ma il rischio che il consiglio sia nuovamente un club per solo uomini è molto concreto. E allora come si fa?

Io ho pensato questo: alcuni dei maschi uscenti lascino “cavallerescamente” il loro posto a una donna, e facciano convergere su di lei il loro patrimonio di preferenze. Un gesto generoso e responsabile, che significa assumere la questione dell’equa rappresentanza come una priorità politica. L’uomo in questione non dovrebbe sparire, ma restare in relazione politica stretta con la “sua” eletta, lavorare politicamente con lei (non c’è bisogno di essere eletti per fare politica), decidere insieme a lei, in un’ottica di doppio sguardo. La scelta della candidata dovrebbe avvenire per affinità: per esempio, un ambientalista dovrebbe promuovere e collaborare con una ambientalista, e così via. O anche in base ad altre affinità. Così si aggirerebbe almeno in parte il meccanismo umiliante e sterile della cooptazione: sia perché le ragioni della sostituzione sarebbero evidenti (merito, competenze, capacità di fare squadra, etc.), sia perché molte più donne si farebbero avanti spontaneamente, troverebbero la forza per dire il loro desiderio, non sapendosi certamente destinate alla sconfitta.

Oltre a garantire un effettivo numero di elette, il passo indietro di alcuni candidati garantiti che decidono di continuare a lavorare fuori dalle istituzioni ma in stretta relazione con la “loro” eletta inaugurerebbe un modello interessante, quello del doppio sguardo politico, della relazione politica di differenza, riproducibile in ogni snodo dell’amministrazione. Già capita in molti luoghi di lavoro: per esempio è sempre più frequente che direttori di giornali, parlo del mondo che io conosco meglio, scelgano una donna per il ruolo della condirezione o vicedirezione (più raramente capita anche il contrario) proprio a significare l’opportunità e la fecondità del doppio sguardo. Anche la politica se ne arrichirebbe notevolmente.

Questa è la proposta che ho abbozzato, consapevole di tutte le difficoltà, la prima delle quali è che alcuni si convincano a fare un passo indietro. Un conto è solidarizzare con le donne in piazza, altro conto è assumere il problema personalmente.

Un’altra possibilità, non praticabile per queste imminenti elezioni, è la doppia preferenza di genere: ovvero l’indicazione anche di una donna ogni volta che si esprime la preferenza elettorale per un uomo, e viceversa. Ma qui manca un aspetto che io ritengo decisivo: quello della relazione politica di differenza, che costituisce la sostanza forte ed efficace della “coppia politica”.